L’ultimo ricordo è sempre quello che tende a rimanere più fresco nella mente, più indelebile. Un bel percorso interrotto da una sconfitta tende a farti mettere in discussione le certezze, ciò che ha rappresentato il tuo cammino sino al momento in cui la corsa si ferma, e la musica non suona più per te. Con la sola eccezione del Mondiale 2019, chiuso nella seconda fase, è da 10 anni che ogni esperienza dell'Italia in un massimo torneo FIBA (Europei, Mondiali, Olimpiadi) si interrompe sulla soglia di una semifinale.
«Siamo un po’ stanchi di perdere ancora ai quarti», ha detto in zona mista Simone Fontecchio dopo il ko della squadra di Pozzecco contro gli Stati Uniti per 100-63. «Meritavamo un po’ di più, ma ci saremo anche la prossima estate e quella dopo ancora. Lavoreremo ancora più duramente quest’anno per essere più forti la prossima estate», gli ha fatto eco in sala stampa Nicolò Melli. I ko azzurri una volta entrati tra le prime otto di un torneo hanno poco in comune tra loro, e la sconfitta contro Team USA è indubbiamente la più dura nel punteggio e nello svolgimento.
La partita dell’Italia e l’immediato futuro
Statisticamente il confronto diretto è stato impari: il -37 finale passa in archivio come il divario più ampio nella storia azzurra al Mondiale. La partita è durata il tempo del buon avvio nel primo quarto, anche se le prime avvisaglie di una partita difficile le si erano avute da subito. Il primo tema del match, infatti, è stato senza dubbio quello dei rimbalzi offensivi: nei primi cinque minuti l’Italia ne ha concessi quanti in tutta la partita contro Portorico, e 7 dei primi 11 punti della squadra di Kerr sono arrivati su seconda opportunità, con le triple successive di Tyrese Haliburton, Brandon Ingram e Austin Reaves che hanno messo in ritmo la second unit americana dopo un inizio lottato ma non brillante.
Altro tema è stata la scelta in avvio di Steve Kerr di insistere con Anthony Edwards in marcatura sul principale portatore di palla avversario - spesso Marco Spissu, ma non solo - costringendo l’Italia a non entrare in maniera pulita nei giochi offensivi. La costruzione dei set offensivi azzurri non è stata malvagia, ma la squadra di Pozzecco non è riuscita davvero mai ad entrare in ritmo chiudendo il primo tempo con un 9/37 dal campo (di cui 2/19 da 3) che restituisce una difficoltà chiara nel fare canestro.
La scelta del coaching staff azzurro di limitare Edwards (pericolo pubblico numero uno) in attacco trova un contraltare nell’ottimo impatto di Mikal Bridges, efficace sia come tiratore sugli scarichi che nell’attaccare il ferro. All’intervallo lungo il giocatore dei Brooklyn Nets aveva già eguagliato il suo miglior fatturato nelle prime cinque partite del suo Mondiale, i 14 punti nella sconfitta con la Lituania.
L’avvio di ripresa dell’ex Phoenix Suns è stato altrettanto inarrestabile, con 10 rapidi punti a chiudere definitivamente i giochi e anche un fallo tecnico - indirizzando la sua classica esultanza nei confronti della panchina azzurra - ad accendere gli animi di una partita già ampiamente indirizzata nel punteggio. Il terzo quarto è stato stranamente nervoso con l’Italia che ha puntato a sbloccarsi sul tabellone (lo ha fatto soprattutto Fontecchio con 10 punti consecutivi) e gli Stati Uniti che hanno più che altro inviato messaggi al resto del torneo.
Battere gli Stati Uniti è difficile di suo; battere gli Stati Uniti in una serata in cui loro sfiorano il 50% da tre (17/36) e tu non segni mai (7/38) è semplicemente impossibile.
La partita non ha avuto molto da dire, se non nel dare minuti a chi ha giocato di meno nel corso del torneo. Italia e Stati Uniti conosceranno il loro domani dopo la seconda giornata a eliminazione diretta: gli azzurri giocheranno la semifinale per il 5° posto contro la perdente di Germania-Lettonia, incrocio che esprimerà anche la squadra che contenderà a Team USA un posto nella finalissima di domenica.
Le due partite di piazzamento per l’Italia avranno soprattutto un significato: omaggiare al meglio la carriera di Gigi Datome. Le due sfide che determineranno il posizionamento dell'Italia saranno le ultime da giocatore di un simbolo della nostra pallacanestro, vincente con i club e modello di abnegazione alla causa azzurra. Il match che è valso il primo ingresso italiano ai quarti di finale dei Mondiali dal 1998 è stato anche il numero 200 per il nativo di Olbia in azzurro. Un traguardo tagliato, prima di lui, solo da altri 10 giocatori nella storia, una lista che comprende tanti dei nomi che hanno fatto grande il nostro basket.
«Siamo focalizzati troppo sui risultati, nel senso che ci sono altre cose che contano quando vivi in un gruppo, addirittura forse di più», ha detto in sala stampa Pozzecco, rispondendo a una domanda sulle ultime due partite del Mondiale italiano. «Il rapporto che tutti hanno con Gigi è meraviglioso, il rispetto che noi abbiamo per lui chiaramente ci mette nella condizione di voler fargli vivere le sue ultime due partite nel miglior modo possibile. Il rispetto che abbiamo per Gigi farà in modo che i giocatori gli regalino le sue ultime emozioni sul campo. Se lo merita».
Manila, quindi, si va ad aggiungere a una lista di palcoscenici che hanno visto gli azzurri issarsi in alto ma non in altissimo. In un’epoca di altissima competitività del basket per Nazionali, mantenersi tra le prime otto con continuità è un merito - soltanto la Spagna, oltre all’Italia, ci è riuscita nelle ultime quattro edizioni di EuroBasket - ma è naturale chiedersi quando tale soglia verrà superata.
Un risultato di prestigio, in una competizione che si svolge nello spazio di tre settimane durante l’off-season, è conseguenza di molteplici fattori non interamente imputabili al merito e alle capacità oggettive. Insistere su un progetto chiaro, coerente e in piena fase di ricambio generazionale può pagare dividendi in un futuro nemmeno troppo lontano, con un’agenda che propone, dopo il Mondiale, il Preolimpico del prossimo anno e l’Europeo 2025, a cui l’Italia dovrà qualificarsi chiudendo tra le prime tre in un girone composto anche da Turchia, Islanda e Ungheria al via da febbraio 2024.
Quale versione di Team USA si giocherà una medaglia?
Nello spazio di 48 ore la squadra più seguita, discussa, analizzata e osservata dell’intera competizione iridata ha mostrato il meglio e il peggio di sé stessa. Da un lato la bruciante sconfitta contro la Lituania, maturata anche grazie a percentuali di tiro irripetibili per i baltici (partiti 9/9 da 3, chiudendo 14/26) in avvio e a un controllo difensivo sulla partita irregolare da parte della squadra di Kerr.
Dall’altro l’eccellente esibizione nella prima sfida senza un domani, dove la posta in palio non ammetteva errori. L’aggressività a rimbalzo offensivo dei primissimi minuti, la pressione difensiva anche a tutto campo e la maggiore volontà di fare circolare il pallone puntando meno sugli uno contro uno sono stati elementi immediatamente ricercati sin dalla palla a due. Questo si è affiancato ad alcune certezze già emerse nel corso delle cinque partite della fase a gironi.
Tutto parte dalla difesa in queste competizioni, anche per una versione nuova e inesperta degli Stati Uniti in area FIBA. E non si può non parlare dell’impatto di Paolo Banchero, perno difensivo in grado di cambiare la partita al momento dell’ingresso in campo con la second unit decisa da Kerr a inizio torneo. I due rapidi falli in avvio di Jaren Jackson Jr hanno anticipato il primo ingresso del giocatore degli Orlando Magic, che ha mostrato (come diversi altri compagni) il suo vestito migliore contro l’Italia.
Il modo in cui Haliburton e Banchero hanno chiuso il terzo quarto ha messo la pietra tombale su una partita mai davvero cominciata.
Appartenente alla second unit americana è anche Tyrese Haliburton, capace di alimentare il ritmo offensivo dei suoi dando il via alla prima “ondata”, la sequenza di triple consecutive che ha regalato il primo vantaggio in doppia cifra a Team USA e sostanzialmente chiuso i conti. Il dubbio su cosa si vedrà venerdì, nella semifinale contro la vincente di Germania-Lituania, parte prima di tutto da quale sarà l’avversaria della squadra di Kerr.
Tra i tedeschi di Gordon Herbert, battuti in rimonta dal -17 nell’amichevole di Abu Dhabi e rimasti l’unica squadra imbattuta del torneo, e l’esaltante truppa guidata da Luca Banchi c’è una differenza di livello che va oltre quello che sarà il risultato del terzo quarto di finale mondiale, in programma nel pomeriggio filippino di mercoledì. Differenza soprattutto nel potenziale matchup, con la Germania che appare più indicata a reggere i diversi colpi che Team USA è in grado di assestare lungo i 40 minuti.
La sensazione principale, però, è che la principale avversaria degli Stati Uniti sulla strada per la medaglia d’oro sia, con buona pace anche di Serbia, Canada e Slovenia che si giocheranno un posto in finale dall’altra parte del tabellone, lo stesso Team USA. E la sua capacità di imparare dalle difficoltà - ad esempio quelle palesate contro Nikola Vucevic prima e Jonas Valanciunas poi nelle due partite del secondo girone - e rafforzarsi sui punti di forza che pongono la squadra di Kerr decisamente avanti in un ipotetico power ranking, anche se non ancora in maniera decisiva e inappellabile.