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Scontro tra titani
16 mag 2016
La serie tra Warriors e Thunder ha tutte le premesse per diventare un'instant classic.
(articolo)
12 min
(copertina)
Foto di Ezra Shaw/Getty Images
(copertina) Foto di Ezra Shaw/Getty Images
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Per quanto le attese di un intero anno fossero rivolte a una sfida tra Golden State e San Antonio a livello di finale di conference, non per questo lo scontro tra gli Warriors e gli Oklahoma City Thunder rischia di essere in alcun modo meno interessante. Le premesse sono stellari: nei precedenti incontri tra le due squadre abbiamo assistito ad alcune tra le partite più entusiasmanti dell’anno, condite da esecuzioni fenomenali, tensioni all’intervallo, finali di gara inadatti a deboli di cuore e… questo:

E sarà mica un brutto momento da cui ripartire?

Come arrivano le squadre

Nella serie precedente Oklahoma City ha meritatamente eliminato una delle squadre più solide di sempre, vincendo due partite su tre in casa degli Spurs (dopo che su 41 stagionali i neroargento si erano inchinati solo una volta di fronte agli Warriors tra le mura amiche) e tre consecutivamente dopo essere andati sotto 2-1 nella serie. Ma se il cammino di OKC ha già messo alla prova Westbrook, Durant e soci, al contrario quello degli Warriors — due “gentlemen’s sweep” ai danni di Rockets e Blazers — ha permesso di arrivare al primo vero ostacolo della stagione con gli assi ancora saldamente nascosti nella manica.

Complice il doppio infortunio di Steph Curry, coach Steve Kerr ha potuto perfino permettersi di provare delle soluzioni atipiche senza mai rischiare di esporsi troppo. Per dire: il celeberrimo Death Lineup che non ha lasciato prigionieri in regular season (142.5 di efficienza offensiva con un differenziale di +47.5 punti su 100 possessi e il 72,5 di eFG%, per gradire) ha giocato solo 13 minuti complessivi nei playoff (149.5 di Off Rtg) e anche in stagione è stato schierato meno di un terzo rispetto a quello titolare.

Dall’altra parte, l’attacco dei Thunder ha ormai trasferito il suo baricentro da Durant a Westbrook: il pick and roll tra il numero 0 e Steven Adams è l’inizio della maggior parte degli spartiti dei Thunder, con Durant spostato stabilmente sul lato debole per poter attaccare con la difesa già “mossa”. Westbrook infatti ha una precisione micidiale nei passaggi da pick and roll: è secondo nella lega per True Facilitation (passaggi che portano ad un tiro quando il giocatore è in campo), dietro solo a Rondo, e la sua capacità di Westbrook di avere totale controllo sul mid-range è fondamentale per far rendere al meglio i giochi a due con Adams.

Proprio il kiwi sta assumendo un ruolo sempre più centrale all'interno della squadra: nella serie contro gli Spurs è stato indiscutibilmente il terzo miglior giocatore dei Thunder e la sua capacità di concludere assorbendo i contatti unita alla solidità dimostrata a centro area hanno permesso a OKC di giocare con un quintetto lungo per tutta la serie, controllando i tabelloni e imponendo quell’atletismo che gli Spurs non sono stati in grado di pareggiare. Adams e Westbrook poi hanno portato la loro affinità a un altro livello, trovandosi alla perfezione ogni volta che Adams rolla a canestro e il lungo avversario si focalizza su Russ:

Durant, come accennato, non è più la prima opzione offensiva dei Thunder, ma non per questo è meno efficace: KD genera 1.31 punti per tiro preso, che lo posiziona secondo nella lega tra gli esterni (ovviamente dietro al solo Curry) e la sua capacità di segnare toccando la palla per pochi decimi di secondo ad azione è una delle frecce più velenose nella faretra dei Thunder.

Questa, col senno di poi, è la giocata che ha deciso gara-5 e quindi anche la serie con San Antonio. Appena Westbrook recupera il rimbalzo e parte come un treno in contropiede, la preoccupazione della difesa è di collassare nel pitturato per evitare una delle sue celebri schiacciate coast to coast — ma basta dimenticarsi un secondo di Durant e Westbrook è in grado di trovarlo ad occhi chiusi per una tripla in transizione ad altissima percentuale.

Anche l’aura di misticità legata alle capacità in ISO di Durant si è affievolita, e i Thunder ricercano sempre meno questa soluzione — se non in momenti di confusione o ignavia (vedere l’unica sconfitta nella serie con i Mavs) o in situazioni di completo ristagno offensivo. A un attacco profondamente semplicizzato come quello di OKC basta poco per essere sufficiente, ma ha comunque bisogno della produzione del supporting cast. Perché per quanto Westbrook e KD non hanno difficoltà a segnare il 45-50% dei punti della loro squadra ogni singola sera, per passare il turno occorre che gli altri siano dannatamente efficaci: nelle partite vinte in questi playoff il trio Waiters, Kanter e Singler (i primi tre panchinari per minutaggio) hanno tirato con un complessivo 57.8% dal campo, mentre nelle sconfitte questo dato crolla a 37.5%.

L’attacco degli Warriors al contrario è quanto di più elaborato e machiavellico si possa trovare, tanto che sono primi per blocchi portati nella lega con un distacco di circa 400 blocchi sulla seconda squadra (!). Questo dato è diretta conseguenza dell’ampia gamma di soluzioni che la corazzata Golden State è in grado di proporre: quando Curry è chiamato a gestire il pallone sui blocchi di Bogut o Ezeli, gli altri tre giocatori sul perimetro sono in grado di tirare, palleggiare, passare, tagliare e bloccare in egual misura; se invece è Draymond Green a portare il blocco le cose si complicano ulteriormente, fornendo a Curry uno dei portatori di blocchi più granitici della NBA (e sappiamo tutti cosa è in grado di fare l’MVP quando ha un minimo di spazio), un solido tiratore dal pick&pop e una terrificante forza agonistica rollando verso il ferro. Fateci caso, ma almeno una volta a partita Green prova a schiacciare in faccia al miglior difensore avversario: spesso questi sono tentativi vani o che al più portano a due tiri liberi, ma quello di Green è un modo per mettere in chiaro la fisicità in campo, una sorta di intimidazione iniziale per marcare il territorio. E per una squadra non particolarmente fisica e capace di procurarsi falli, è un’iniezione di adrenalina fondamentale.

Il vero spauracchio della serie per i Thunder sarà il Death Lineup formato da Curry-Thompson-Iguodala-Barnes-Green, con cui gli Warriors hanno fatto a pezzi qualunque avversario gli sia capitato a tiro negli ultimi due anni. In genere i giochi di questa lineup si basano sul far portare palla a Green o Iguodala, far muovere senza palla Curry e Klay mentre gli altri possono portare blocchi ciechi, effettuare backdoor a canestro o appostarsi negli angoli per i più classici dei Canestri Golden State™. Oppure, in mancanza di altro, giocare il semplice quanto immarcabile pick and roll tra Steph e Draymond.

Non c’è una soluzione semplice a questo quintetto, e forse non ne esiste nemmeno una più complessa. Ci sono analisti come Jeff Van Gundy che suggeriscono di triplicare (!!!) il portatore di palla in modo da fargli raccogliere il palleggio e bloccargli la linea di passaggio diretta; altri invece che suggeriscono banalmente di fare fallo a chiunque non sia in odore di tiro e concedere due liberi a Golden State pur di non farli entrare in ritmo. Ma gli Warriors sono estremamente cinici e utilizzano questa vastità di soluzioni per mettere a nudo il peggior difensore avversario e martellarlo di attacchi ad un pace senza pari. Gli Spurs, probabilmente per la mancanza di gioco dinamico, non sono riusciti ad esporre Enes Kanter e hanno permesso ai Thunder di schierare sempre due lunghi in campo, controllando i tabelloni in attacco. Gli Warriors invece lo punteranno come un cane famelico punta un succulento taglio di carne.

Quello che rende gli Warriors ingiocabili è che non c’è possibilità di nascondere nessuno: se i Thunder proveranno a nascondere il loro peggior difensore su Barnes o Iguodala (identificabili come i peggiori attaccanti di quel quintetto di Golden State), a Kerr basterà far portare a loro il blocco su Curry per dare scacco. E anche quando OKC si troverà a inseguire Curry lontano dalla palla non ci sarà salvezza, perché l’MVP è uno dei portatori di blocchi più attivi ed efficaci lontano dalla palla — e ogni volta che lo fa i risultati sono eccellenti.

La mappa dei blocchi lontano dalla palla di Stephen Curry. Risultato: un sacco di rosso pressoché ovunque.

Non è difficile da immaginare come situazione: le squadre che vedono Curry sprintare in una direzione vanno in allarme rosso per paura di subire una tripla ad alta percentuale dalla miglior macchina offensiva dell’era moderna; quando poi Curry, invece che schivare gli avversari, porta un blocco cieco per un compagno è ormai troppo tardi — perché tutti i giocatori di quel quintetto sono passatori eccellenti in grado di sfruttare uno spazio, figurarsi le voragini provocate da una situazione del genere.

Defense wins championships

Billy Donovan è un allenatore estremamente sapiente, e la difesa di Oklahoma ha fatto dei balzi da gigante in questi playoff. Spariti i numerosi cali di concentrazione che li hanno puniti in occasione delle prime sconfitte di ogni serie, la difesa di OKC ha raggiunto livelli di eccellenza, toccando quota 99.5 di efficienza difensiva nelle ultime 5 partite contro San Antonio e migliorando di 10 punti il loro dato stagionale, raggiungendo così una quota che li avrebbe classificati 3° in NBA invece che 11° come hanno fatto.

Stando a quanto visto in regular season, non ho dubbi che i Thunder riusciranno a limitare più di chiunque altro lo juggernaut offensivo della Oracle Arena, ma richiederà un’estrema dose di sacrificio ed energie preziose che potrebbero essergli fatali nei finali di gara. Tuttavia la fisicità e freschezza di OKC è sempre stata un vantaggio: non a caso gli Spurs sono riusciti a strappare delle W contro di loro solo quando avevano più di un giorno di riposo, salvo soccombere nei finali delle altre gare per mancanza di atletismo e lucidità, quando i Thunder a confronto loro sembravano appena essere usciti da una seduta di riscaldamento leggermente più intensa del solito.

La difesa degli Warriors può invece contare su picchi di eccellenza da parte di molti giocatori: Iguodala può essere schierato indistintamente su Westbrook e Durant, così come Green è uno dei pochi difensori al mondo in grado di inseguire Durant lontano dalla palla che di cambiare su Westbrook in situazione di pick and roll. Inoltre gli Warriors possono avere il lusso di giostrare le marcature in difesa: se Iggy è stanco o semplicemente seduto in panchina, possono essere Thompson o Livingston a provare a gestire Westbrook per alcuni possessi, così come lo stesso può fare Harrison Barnes su Durant — e senza contare che Curry, con ogni probabilità dirottato su un non-tiratore come Roberson, sarà in roaming difensivo per raddoppiare sulle due stelle e mettere le sue rapidissime mani su qualsiasi pallone passi nelle sue vicinanze. Sotto canestro poi Bogut e Ezeli offrono entrambi una quantità sufficiente di protezione al ferro, e specialmente Bogut può inscenare un derby d’Oceania con Steven Adams che rischia di essere una partita a Knifey Spooney ricca di colpi proibiti in area.

La domanda più importante della serie riguarda la lotta a rimbalzo: se gli Warriors saranno in grado di reggere a rimbalzo difensivo contro Adams e Kanter anche con il quintetto con Green da 5, in attacco potranno banchettare contro i quintetti a due lunghi dei Thunder. Se invece non ci riusciranno, si vedranno costretti a tenere sempre in campo un centro di stazza come Bogut o Ezeli, soffrendo un po' di più in attacco per la mancanza di spaziature che il Death Lineup fornisce.

La creatività di Kerr si vedrà quando verrà il momento di trovare una soluzione nei momenti in cui sia Durant che Westbrook richiederanno un raddoppio di marcatura, lasciando quindi un singolo giocatore avversario a tenere a bada gli altri tre. In regular season Golden State ha preferito chiudere il pitturato negando canestri facili a Ibaka e agli altri lunghi, preferendo battezzare i tiratori avversari. Nessuno tra Waiters, Roberson e Foye ha prodotto infatti risultati così buoni da far propendere per una soluzione diversa — e Donovan non ha minimamente fiducia nello schierare il tiratore designato Anthony Morrow, sapendo quanto gli costa nella propria metà campo. La solidità al tiro dei tre sopra citati, in aggiunta a quella di Ibaka, potrebbe cambiare davvero il favore del pronostico.

Ma se Donovan ha appreso velocemente che l’aspettativa di vedere un quintetto produttivo senza le sue due stelle in campo è decisamente vana, Kerr sa meglio di chiunque altro che le ambizioni da titolo dei suoi passano giocoforza da tutti i minuti in cui Curry passa in campo con altri quattro bipedi a piacere. Sebbene Curry non sia più la catastrofe difensiva di un tempo, Westbrook deve punirlo a puntarlo ogni volta che ne ha l’occasione dopo un cambio, visto che l’MVP è di sicuro l’anello più debole di una catena difensiva pressoché impenetrabile. Curry non farà spesso figure barbine nel confronto perché è un grande ladro di palloni (leader di lega nella categoria) e Westbrook ha tendenza di perdere palla quando attacca a testa bassa, ma alla lunga lo scambio gioverebbe comunque ai Thunder perché Westbrook rimane il più grande generatore d’inerzia e fisicità di questo gioco, anche a costo dei suoi evidenti errori difensivi.

Turnover e falli rischiano di essere i dettagli in grado di fare la differenza per entrambe le squadre. Per VantageSports i Thunder sono i peggiori della lega con distacco per Turnover per 100 tocchi, a quota 5.49; gli Warriors possono vantare il sesto miglior posto nella categoria, ma hanno poco da festeggiare essendo i primi assoluti per percentuale di palle perse non derivate da pressing difensivo, con un altisonante 66%. Entrambi i dati sono ampiamente migliorabili dalle due squadre: gli Warriors possono ridurre quel numero semplicemente evitando di cazzeggiare come fatto nelle numerose vittorie a ampio distacco in stagione; i Thunder possono ridurre al minimo i minuti dei portatori di palla secondari ed evitare di buttare via il pallone seguendo linee di passaggio coperte da difensori longilinei. Ciò su cui i Thunder hanno un indiscutibile vantaggio è la capacità di procurarsi tiri liberi: OKC è tra le prime 7 squadre nella lega per liberi tentati mentre gli Warriors sono tra le peggiori 7; inoltre la difesa di Golden State è una delle più fallose, concedendo 9 falli per 100 tiri, dato che la posiziona in testa nella post-season.

La serie che ci attende dunque mette a confronto due filosofie di gioco profondamente diverse ma entrambe indiscutibilmente efficaci. Sarà un gioco di aggiustamenti e di micro-management, e dell’enormità di dettagli che ogni staff studierà per la propria squadra saremo in grado di apprezzarne solo poche cose in campo. Ma vale decisamente la pena di perdere qualche ora di sonno per seguire tutti i trend tattici di una serie che ha tutte le premesse per essere memorabile.

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