A gennaio Sebastiano Esposito si è presentato al pubblico interista rispondendo alle domande della rubrica “Let Me Introduce...”, dedicata ai giovani talenti del settore giovanile nerazzurro. La breve intervista apre molte finestre sul talento luminoso di Esposito, che si vede palleggiare usando entrambi i piedi sui campi del Centro di Formazione Giacinto Facchetti, ma non chiude gli interrogativi sulla sua collocazione ideale. Raccogliendo le impressioni di chi lo ha allenato e visto crescere, si coglie quasi una sfumatura di imbarazzo nascosta dietro l’entusiasmo febbrile: in che direzione spingere la crescita di un ragazzo che sembra già saper fare tutto?
La naturalezza con cui Esposito sembra vivere tutti gli eventi incredibili che ne hanno marcato l’adolescenza non aiuta a chiudere il cerchio. All’inizio dell’intervista incrocia le braccia, guarda in camera assecondando il format della rubrica e si definisce “Il Goleador”. Con una certa dose di ragione, se consideriamo che nel 2018/2019 ha segnato 45 gol in 57 partite ufficiali tra U17, Primavera e prima squadra. Poco dopo dice che «fin da piccolo il mio calciatore di riferimento è sempre stato Francesco Totti». Totti è anche il motivo per cui è diventato tifoso della Roma, assieme al fratello Salvatore, attualmente in prestito al Chievo e titolare nell’Italia U20.
Poi aggiunge che tra i giocatori in attività il suo modello è Mauro Icardi, «perché lui è bravo ad attaccare gli spazi, in area di rigore è formidabile e sa dove cade la palla, sa come fare gol», creando inconsapevolmente un vertiginoso cortocircuito temporale tra l’attaccante che all’epoca (cioè nove mesi fa) rappresentava il presente dell’Inter, e invece è già il passato, e l’attaccante che simboleggiava il futuro ma per tutta l’estate ha dato l’impressione di poterne già costituire il presente. Esposito sembra quindi subire il fascino dei goleador, dei giocatori nati per abitare l’area di rigore, ma ambire a diventare un attaccante diverso, tecnico e fantasioso, come Totti.
Esposito supera i difensori con la rapidità e l’immaginazione: qui riceve defilato sulla destra, di spalle alla porta, fa finta di andare verso l’interno e si prende il fondo, poi fa finta di crossare e si porta il pallone dal destro verso il sinistro, con cui batte il portiere.
Quando prova a spiegare questa dicotomia, finisce per alimentare il senso di attesa che lo circonda: «a me piace giocare attaccante, però visto che ho una buona tecnica mi piace anche giocare trequartista e fornire degli assist, oltre che fare gol». Una piacevole novità. Per anni abbiamo visto i campionati giovanili dominati dai giocatori più fisici e potenti, non sempre in grado di traslare quella superiorità ai piani alti. Esposito oggi è alto 186 centimetri, ma fino a pochi anni fa, in mezzo ai coetanei, non spiccava né per altezza né per stazza, né per velocità né per elevazione. Lo rendono speciale soprattutto le cose che fa con il pallone, l’equilibrio con cui si rende inafferrabile ai difensori, il tempismo con cui legge gli spazi in cui infilarsi.
Quanti attaccanti di “buona tecnica”, in grado di adattarsi ai compiti del trequartista, abbiamo visto crescere in Italia negli ultimi vent’anni? Qui, del resto, il concetto di fluidità posizionale è attecchito più tardi che altrove, e le brillanti promesse dal potenziale indefinito corrono sempre il rischio di incastrarsi sulla tappa “equivoco tattico”. Madonna, che ha allenato Esposito l’anno scorso nella Primavera, lanciandolo negli ultimi venti minuti della finale scudetto persa, sembra quasi metterlo in guardia quando dice: «è logico che pian piano con gli anni dovrà trovare una sua collocazione precisa». Alla fine però offre una sintesi riconciliante: «è un giocatore che ha l’intelligenza calcistica, e un giocatore quando è bravo può giocare un po’ dappertutto».
Una punizione assurda segnata nelle semifinali degli Europei U-17.
Spontaneamente
Esposito è nato il 2 luglio 2002 a Castellammare di Stabia, terra di grandi canottieri e grandi calciatori. Il padre Agostino ha giocato nelle giovanili del Napoli, poi per anni nella Paganese, fino ad allenare le giovanili della Juve Stabia (e per una partita, nel 2008/09, anche la prima squadra). È stato un arcigno centrocampista, a differenza del nonno Salvatore, anche lui passato attraverso le giovanili del Napoli, poi calciatore in Serie D, poi professore di lettere e filosofia, ricordato come un “geniale trequartista”. La Scuola Calcio Club Napoli, in cui sono cresciuti Salvatore, Sebastiano e il più piccolo dei tre fratelli, Francesco Pio, è la stessa rimasta al centro di un’asta tra Inter e Milan per il 14enne Gianluigi Donnarumma.
Sebastiano è stato costretto a lasciare Castellammare molto prima, partendo in direzione Brescia quando aveva solo 8 anni. Il suo è un caso talmente singolare da meritare un articolo sulla stampa locale bresciana già nel 2011. L’intuizione fu di Roberto Clerici, leggendario talent scout bresciano (tra le sue scoperte: Corini, Volpi, Baronio, Pirlo), che vide giocare Sebastiano per dieci minuti in mezzo ai 2000, e quindi assieme al fratello Salvatore. A fine partita si presentò direttamente dal padre Agostino, gli offrì lavoro come suo assistente e convinse tutta la famiglia a trasferirsi a Brescia. «Sebastiano ha movimenti spontanei da calciatore, è un 2002 che può già stare fra i 2001», raccontava all’epoca Clerici, scomparso un anno fa.
Un gol di grande sensibilità segnato con l’U-17 nella passata stagione, accarezzando il pallone con il collo del piede per anticipare l’intervento del difensore.
E in ogni caso non c’è aneddoto mirabolante delle sue apparizioni da infante prodigio che possa battere questo singolo effetto concreto del suo talento: una famiglia trapiantata da generazioni nella provincia di Napoli decide di trasferirsi a 800 chilometri da casa con quattro figli a carico. «Dovetti litigare con mia moglie, perché erano ancora piccoli e quella scelta avrebbe cambiato totalmente la nostra vita» – ha raccontato Agostino, dedicando un pensiero a Roberto Clerici: «Fummo coraggiosi noi, aveva ragione lui». Con il tempo, Esposito non ha fatto che confermare le sensazioni di chi aveva visto in lui la naturalezza del predestinato. Riavvolgendo il nastro:
- Nell’estate 2014 il Brescia è sull’orlo del fallimento, commissariato da Ubi Banca, che impone le dimissioni di Corioni dopo 22 anni di presidenza. L’Inter fiuta l’opportunità e con discrezione si porta in casa i tre fratelli Esposito.
- Nel 2015, Sebastiano gioca in giro per la Lombardia con i Giovanissimi Regionali. A ottobre decide un Derby con una doppietta. Segna il 2-0, «superando il portiere avversario con un tocco morbido». È una squadra molto forte, ci sono anche il figlio di Stankovic e il fratello di Dimarco, arrivati nel frattempo alle porte della Primavera. Nel 2016 l’Inter vince praticamente ogni partita, e il campionato in anticipo.
- Nel frattempo, colleziona qualche apparizione nell’U-15 di Mandelli. Esordisce a settembre 2016, a 14 anni appena compiuti, entrando dalla panchina. L’Inter è sotto di due gol a Verona a sei minuti dalla fine, Esposito segna una tripletta, finisce 2-3. Un paio di mesi e riceve la prima convocazione in Nazionale, nell’U15 di Antonio Rocca. A maggio si giocano i quarti di finale del campionato e l’Inter ospita la Salernitana: Esposito segna 4 gol nei primi 30 minuti, archiviando il passaggio del turno.
- Al termine della partita contro la Salernitana rilascia quella che sembrerebbe la sua prima intervista, e inizia a seminare qualche indizio su che tipo di attaccante sia. Dice: «sono una punta di movimento, mi piace muovermi e svariare su tutto il fronte offensivo, magari dietro ad una punta centrale». Dice anche: «Ovviamente il mio sogno è arrivare a fare l’esordio in prima squadra con l’Inter». Ci è riuscito in meno di due anni.
- L’anno successivo continua a giocare con l’U-15, di cui diventa capocannoniere con 27 reti, aggiungendo un altro titolo nazionale in bacheca. Nel frattempo, per proseguire nel percorso di sviluppo, inizia a raccogliere presenze con l’U-17 di Zanchetta. A ottobre si smarca a centro area e decide il Derby di testa, anticipando di una settimana esatta la tripletta di Icardi al Milan. A giugno gioca la finale scudetto U16 contro la Juventus, dove segna uno dei suoi gol più iconici: serpentina al limite dell’area e sinistro potente. Finisce 3-0.
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Siamo campioni d’Italia🇮🇹 INTER 3-0 Juventus #10 #gol⚽️ #assist #rivincita Amala⚫️🔵
Un post condiviso da Sebastiano Esposito (@espositosebastiano) in data: 22 Giu 2018 alle ore 2:36 PDT
- La stagione successiva si apre con 16 gol in 14 presenze con l’U-17. A febbraio scoppia il caso Icardi, l’Inter si ritrova senza attaccanti e decide di aggregarlo agli allenamenti della prima squadra. Durante una partitella, segna un gol in rovesciata ad Handanovic a cui l’Inter dà immediata risonanza. Il messaggio vorrebbe essere: non siamo poi così corti! Ma i tifosi rispondono: mi raccomando vendiamo pure questo. A marzo diventa il più giovane debuttante in Europa della storia del club, timbrando venti minuti negli ottavi di Europa League contro l’Eintracht.
- L’annata 2018/19 si chiude con 45 gol segnati. Nella seconda metà della stagione riesce a ritagliarsi uno spazio da prima riserva in attacco nella Primavera di Madonna, a dispetto della folta concorrenza. Debutta a dicembre negli ottavi di Coppa Italia contro il Palermo e segna subito una doppietta. Ad aprile entra durante il Derby a un quarto d’ora dalla fine. Gli avversari sono mediamente due anni più grandi e in porta c’è Plizzari. La punizione se la prende Colidio ma la calcia lui, così:
- A giugno perde la finale del campionato Primavera, entrando dalla panchina, ma una settimana dopo ha la possibilità di riscattarsi nella finale del campionato U-17, da giocare contro la Roma di cui è tifoso. Il pallone gli arriva addosso senza che neanche vada a prenderselo, come dopo un minuto e mezzo, sul retropassaggio sgraziato di un difensore. Decide la finale con una tripletta, per due volte ribattendo in rete una respinta del portiere, poi segnando un rigore che si era procurato in dribbling. Con il cucchiaio.
- L’estate 2019 è quella che lo introduce al grande pubblico. Prima grazie agli Europei U-17 in cui mette a segno 2 assist e 4 gol, tra cui due punizioni da stropicciarsi gli occhi, una alla Germania nella gara di esordio, l’altra alla Francia nella semifinale. L’Italia perde in finale contro l’Olanda, Esposito torna a Milano e si riscopre prima opzione dell’attacco dell’Inter all’alba dei 17 anni. Segna un bellissimo gol alla Virtus Verona, che contiene echi suggestivi di Diego Milito a Madrid.
- La giocata migliore del suo precampionato è però un assist, molto simile a quello realizzato da Timothy Weah pochi giorni prima contro la Roma. Muovendosi perfettamente alle spalle di Perisic, seguendo i dettami del gioco di Conte, pesca in corsa con l’esterno del piede destro l’inserimento di Sensi al di là della linea di difesa del Tottenham. Vertonghen rimane di sasso, l’Inter pareggia e poi vince ai rigori nel nuovo White Hart Lane.
Il primo bivio
Ad oggi la carriera di Sebastiano Esposito non ha conosciuto battute di arresto. Lo abbiamo visto bruciare in pochi anni tutte le tappe in cui è frazionato il mondo dei settori giovanili, reggere serenamente il confronto con avversari di uno o due anni più grandi, e continuare a segnare gol in tutti i modi. Di destro, di sinistro, di testa, da calcio di punizione, da calcio di rigore, persino direttamente da calcio d’angolo. La sola tecnica di calcio sarebbe sufficiente a renderlo un giocatore di primo livello, motivo per cui bisogna cercare altrove, nelle pieghe del gioco e della sua personalità, eventuali campanelli di allarme.
Dopo averlo fatto esordire in Europa, Spalletti ha detto che «è molto giovane, ha una spiccata personalità e ha una grande idea su cosa fare in area». Poi ha fatto ricorso al suo lessico oracolare per lanciargli segnali di avvertimento: «C’è da metterlo in condizione di crearsi quella corazza per diventare campioni che si chiama essere uomo. Deve crearsi l’armatura che lo difenda dalle insidie. È tutto sulla giusta strada, è chiaro che gli ci vuole ancora un po’ di tempo». La sensibilità di Esposito ritorna nei racconti dei compagni e della sua famiglia, poi salta fuori senza troppi filtri anche dalle sue pagine personali, come quando condivide video di Castellammare e scrive che non riesce a smettere di piangere.
Finora però è sempre riuscito a convertirla in energia positiva, sviluppando un’inclinazione da leader naturale. In campo, Esposito è sempre esagitato. Dopo aver segnato corre a raccogliere il pallone dalla rete, oppure combina una serie di esultanze diverse, sopraffatto dalla gioia: grida, si sbraccia, salta, continua a correre. E nonostante viva in funzione del gol è un attaccante altruista, in grado di restare lucido sotto pressione e di conservare una buona visione periferica per servire i compagni. Per questo motivo, nonostante le numerose marcature collezionate nel corso dell’anno, durante gli Europei U-17 è stato impiegato prevalentemente da trequartista, da vertice alto di un 4-3-1-2.
Una giocata da rifinitore, decisiva per il passaggio dell’Italia alle semifinali: si infila nello spazio intermedio e con il collo esterno chiude il triangolo con Tongya che si muove alle sue spalle. Esposito conserva la stessa sensibilità con tutte le parti del piede destro.
Le statistiche accumulate da Footure Lab durante la manifestazione continentale descrivono un attaccante di sorprendente completezza, brillante nel primo controllo, intelligente nella protezione del pallone, completo tecnicamente. Esposito utilizza spesso il piede debole, il mancino, anche se con precisione inferiore rispetto al destro, con cui riesce ad alternare con disinvoltura gioco corto e gioco lungo. Forse non è sufficientemente creativo per completare uno sviluppo da trequartista, ma poche squadre in quella categoria di età possono disporre di un giocatore così tecnico e forte fisicamente, capace di mettere giù il pallone in quella zona nevralgica del campo, e di riciclarlo con qualità.
A questo punto però il nodo del suo sviluppo tattico torna a proporsi. Guardando al suo percorso nelle giovanili dell’Inter, Esposito ha giocato veramente ovunque. Nell’U-15 di Mandelli ha giocato principalmente da seconda punta di un 4-4-2, girando intorno a un centravanti classico come Cancello. Nel 4-2-3-1 dell’U-16 di Bonacina si è disimpegnato spesso da ala destra, con licenza di muoversi verso il centro, mentre nell’U-17 di Zanchetta è tornato seconda punta di un 4-3-1-2. Quando si è affacciato nella Primavera di Madonna, ha giocato da ala sinistra di un 4-3-3 o da seconda punta di un 4-3-1-2.
Per certi versi è giusto così, che i giovani abbiano la libertà di esprimere le proprie qualità in tutte le zone del campo, ma con il tempo individuare un percorso tattico lo aiuterà ad assorbire l’impatto con il calcio dei professionisti, soprattutto per quanto riguarda la specializzazione delle mansioni che il grado di preparazione delle partite impone. Esposito ha un talento veramente versatile, che emerge sia quando tocca molti palloni, sia quando si muove alla ricerca degli spazi, e che lo rende complementare a un trequartista creativo e a un centravanti tradizionale, perfetto per muoversi da “11” intorno a un “10” e a un “9” come Oristanio e Bonfanti nell’U-17.
Conte lo ha utilizzato un po’ in questa maniera. Al termine della partita contro il Tottenham ne ha ribadito la straordinaria precocità, con il chiaro intento di raffreddare i facili entusiasmi: «Parliamo di un ragazzo molto giovane che l'anno scorso non era neanche in Primavera. Ha grande prospettiva, ha 17 anni e sta crescendo». Poi ha rimesso al centro il tema dell’umiltà, ed è sembrato un ulteriore certificato della qualità di Esposito: «Gli fa bene allenarsi con i grandi, è un ragazzo che se mantiene i piedi per terra ha grandi prospettive». Un modo poco lusinghiero ma molto responsabile per sottolineare che i principali campanelli di allarme sono quelli che oggi non possiamo vedere.
Nel ripeterlo, Conte ci ha infilato un suo vecchio cavallo di battaglia, che aveva già tirato fuori con una certa frustrazione al suo arrivo in Inghilterra, sostenuto da Pochettino: i giovani devono allenarsi con i grandi. «Sta a noi farli crescere nel modo giusto, tenerli con noi e farli giocare con la Primavera. Se Esposito mantiene l'umiltà e la stessa voglia di lavorare che sta mostrando potrà essere in futuro importante per l'Inter». Così, nonostante gli arrivi di Lukaku e Sánchez, Esposito è rimasto aggregato alla prima squadra al termine del mercato estivo, e non è stato ceduto in prestito come diverse società di Serie B auspicavano, secondo le cronache di mercato. Anche PSG e Roma avrebbero effettuato un sondaggio, vedendosi rifiutare ogni offerta.
Con l'infortunio di Alexis Sanchez - che lo terrà forse fuori fino al 2020 - e le partite che si devono giocare ogni tre giorni, Esposito potrebbe entrare nelle rotazioni di Conte come prima o seconda (dietro Politano) alternativa in attacco. Il progetto quindi di lasciarlo in Primavera a crescere con calma per il momento è stato abbandonato. La speranza, condivisa da tutti i tifosi italiani alla ricerca del nuovo grande centravanti azzurro, è che seguendo questa strada Esposito impari da subito a parlare la stessa lingua calcistica dei grandi campioni.
Per il momento i segnali sono confortanti. Quando Lukaku ha segnato il suo primo gol ufficiale con la maglia dell’Inter, dopo aver salutato il pubblico con un inchino, si è girato verso la panchina e da lì gli è piombato addosso Esposito, lanciato in corsa per atterrare sul suo petto. Un episodio che sembra strappato all’incipit di una fan fiction su Wattpad, e che invece è solo l’ultima tappa di un’adolescenza stellare.