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Seconda forza
12 mar 2015
Protagonista di una crescita costante negli ultimi anni, il Wolfsburg si candida ad essere la reale alternativa al Bayern in Bundesliga.
(articolo)
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Sono le 11 di sera dello scorso 30 gennaio e si è appena giocato il primo turno di Bundesliga dopo la pausa invernale. Siamo nella pancia della Volkswagen-Arena di Wolfsburg, dove Pep Guardiola sta tenendo la consueta conferenza stampa del dopopartita. Una delle tante che lo hanno fatto apprezzare in Germania per il suo tedesco ben più che accettabile, per la moderazione dei toni e per la cavalleria con cui, persino dopo una vittoria con cinque o più gol di scarto, rende comunque l’onore delle armi all’avversario appena sgretolato dal suo Bayern. Questa volta però c’è qualcosa di diverso, quasi inedito. Questa volta, tra i due allenatori, è Guardiola quello con la faccia lunga e stropicciata ed è la sua "Invincibile Armada" rossoblù quella a essere stata fatta a pezzi sul campo, proprio come la flotta di Filippo II al largo di Gravelines nel 1588. «Abbiamo perso meritatamente» ammette Guardiola con i giornalisti. E chi ha seguito la partita, e ha visto il Wolfsburg travolgere l’undici di Pep con una ripartenza chirurgica dopo l’altra, non può che essere d’accordo con lui.

La vittoria del Wolfsburg quella sera è stata netta nel verdetto come nelle dimensioni. Ma la cosa forse più notevole è che non è stata frutto di un appannamento occasionale del Bayern (sì, anche, in parte) bensì di una straordinaria prestazione dei “die Wölfe” biancoverdi. Strepitosi nel chiudere i due rubinetti—Alonso e Alaba—da cui sgorga il principio della fluida manovra bavarese e, una volta recuperata la palla, mordere con ribaltamenti a uno o due tocchi.

Su 100 tentativi non so quante volte Bas Dost metterebbe quell’esterno destro del 2-0, ma l’agonismo e la quantità di uomini con cui il Wolfsburg ha attaccato la difesa del Bayern fa impressione.

La prestazione del Wolfsburg appare ancora più maiuscola se si considera quanto era accaduto tre settimane prima, quando il SUV su cui Junior Malanda viaggiava da passeggero è uscito di strada ed è andato a sbattere contro un albero nei pressi di Porta Westfalica, uccidendo sul colpo il ventenne centrocampista belga di origini congolesi. Malanda, arrivato a Wolfsburg la scorsa stagione dal Zulte Waregem, era considerato uno dei migliori talenti del calcio belga under-21. Il giorno del suo funerale, a Bruxelles c’erano 1000 persone ma, eccetto la famiglia, nessuno sembrava più sconvolto di Kevin De Bruyne, l’ala/trequartista che non è solo uno dei pezzi più pregiati della rosa del Wolfsburg, ma era anche uno dei migliori amici fuori dal campo di Malanda. Il quale peraltro, nonostante la giovanissima età, veniva indicato da tutti i compagni come uno dei collanti dello spogliatoio. E proprio una fotografia di De Bruyne durante la funzione—l’abito scuro, le braccia conserte, lo sguardo incredulo e perso nel vuoto—rappresenta la migliore istantanea dello stato d’animo di tutto il Wolfsburg in quel momento.

Crescita costante

Ma dato che «lo spettacolo deve continuare», appena pochi giorni dopo la morte di Malanda, sui media tedeschi hanno iniziato a circolare interrogativi di dubbio gusto circa le possibili ricadute della tragedia sul morale dei sassoni. Come sempre in questi casi le risposte le ha date il campo. Prima è arrivata la vittoria sul Bayern, giocata con il lutto al braccio che De Bruyne ha alzato al cielo per festeggiare la sua doppietta, e poi un ruolino di marcia dei biancoverdi che nelle ultime dieci partite in tutte le competizioni recita: sette successi, due pareggi e una sconfitta (arrivata proprio lo scorso sabato con l’Augsburg). Il che significa che, complice anche la prima parte di stagione del Borussia Dortmund, con i suoi 50 punti il Wolfsburg è di gran lunga la seconda forza della Bundesliga. Una squadra che potrebbe dire la sua anche ai massimi livelli europei e che a inizio febbraio si è ulteriormente rinforzata con l’arrivo di André Schürrle dal Chelsea (32 milioni di euro). Una squadra che—e da tifoso interista lo dico con una punta di amarezza—al momento sembra un osso davvero troppo duro per gli uomini di Mancini.

Peraltro nonostante l’ingente esborso per averlo, Schürrle non è stato nemmeno il migliore “acquisto” invernale del Wolfsburg. Il nuovo innesto più decisivo nella recente striscia di vittorie, la squadra di proprietà Volkswagen lo aveva infatti già in casa da due stagioni. Si chiama Bas Dost, ha 25 anni, è un pennellone olandese di 1,96 e fino a tre mesi fa oscillava tra panchina e tribuna. Poi, complice la partenza di Ivica Olic all’Amburgo, in maniera tanto inattesa quanto roboante (11 gol nelle ultime 7 partite di campionato) si è trasformato nel finalizzatore imprescindibile del 4-2-3-1 messo in campo da Dieter Hecking.

Cinquant’anni e un paio di sopracciglia mefistofeliche, Hecking è una ex mezzapunta che si è costruito una carriera da allenatore nelle serie minori, fino al 2006 quando è arrivata la chiamata in Bundesliga, all’Hannover 96. Dieter è rimasto in Bassa Sassonia per tre salvezze consecutive, prima di trasferirsi al FC Nürnberg, ottenere un sesto posto con una squadra zeppa di under-23 e guadagnarsi così la fama di raffinatore di talenti grezzi (tra cui quello di Gundogan). La stessa fama con cui è approdato a Wolfsburg nel 2012, con il compito di ricostruire una squadra che dai fasti del titolo del 2009 (Magath in panchina, Grafite e Dzeko davanti, Barzagli dietro) era sprofondata nella parte sinistra della classifica. Nella prima stagione di Hecking peraltro le cose non vanno benissimo: il Wolfsburg vende Mandzukic al Bayern, lo sostituisce con il logoro Ivica Olic (in realtà acquista anche Bas Dost ma, nello scarso rendimento generale della squadra, i suoi 10 gol in 23 partite passano quasi inosservati), rimane impigliato in una serie di equivoci tattici e finisce undicesimo.

Le cose migliorano, e di molto, l’anno successivo, quando il mercato consegna due pedine fondamentali del Wolfsburg attuale–De Bruyne (22 milioni dal Chelsea a gennaio 2014) e Luiz Gustavo (16 dal Bayern)—e contemporaneamente si assiste all’esplosione del giovane e già fortissimo terzino sinistro Ricardo Rodríguez, alla crescita del ventenne jolly di centrocampo Maximilian Arnold e alle maturazioni del ventiduenne Robin Knoche, centrale dai piedi educati, e dell’ala croata Ivan Perisic (è davvero molto triste pensare che anche Malanda avrebbe potuto far parte di questo elenco). Arriva così un quinto posto a un solo punto del Bayer Leverkusen e dalla qualificazione in Champions League. Amaro in bocca quindi, ma anche la sensazione che, apportando qualche ritocco sul mercato, la squadra possa crescere ancora.

Tutto l’oro del Wolfsburg

Il primo dei ritocchi di agosto si chiama Josuha Guilavogui (prestito biennale a 5,5 milioni dall’Atlético Madrid, che lo aveva acquistato per 10 dal Saint-Etienne un anno prima), colosso francese che con Luiz Gustavo forma una cerniera di centrocampo di qualità e sostanza, fondamentale sia per proteggere una difesa non proprio a prova di bomba, sia come membrana elastica tra difesa e attacco se è il Wolfsburg a fare la partita, sia per recuperare rapidamente il possesso quando Hecking vuole giocare di rimessa. Come tanti altri centrocampisti con le sue caratteristiche—passaporto francese, lunghe leve e grande forza fisica—anche Guilavogui a inizio carriera era stato accostato a Vieira. A 24 anni compiuti si può ormai dire che, almeno per quanto riguarda la fase offensiva, forse il confronto gli calzerà sempre (molto) largo ma questo non toglie che stiamo comunque parlando di un giocatore che, alla sua prima esperienza in Germania, si è rivelato uno dei migliori incontristi della Bundesliga, vincendo alcune diffidenze che ne avevano accompagnato l’arrivo.

Il secondo dei ritocchi è Sebastian Jung, terzino destro proveniente dall’Eintracht Frankfurt che in passato aveva destato la curiosità di Inter e Roma. Abile in entrambe le fasi di gioco anche se più portato per quella difensiva, con il suo ottimo senso della posizione e la sua resistenza, Jung ha colmato un buco di reparto e dato un po’ di solidità in più a quello che è il vero punto debole del Wolfsburg: una difesa che si concede almeno un paio di inspiegabili amnesie a partita, a prescindere dalla qualità dell’avversario.

Il terzo e ultimo ritocco, che poi è anche quello più fresco e pubblicizzato, è ovviamente André Schürrle; e per il trio composto da lui, De Bruyne e Dost si è già rispolverata l’espressione “triangolo magico”, il soprannome con cui è passato alla storia il meraviglioso tridente Bobic, Elber, Balakov dello Stoccarda 96/97. Schierato in tutte le partite giocate dal Wolfsburg da quando è arrivato, Schürrle ha dimostrato di dover ancora assimilare pienamente il “playbook” di Hecking ma di essere assolutamente compatibile con la filosofia offensiva del suo allenatore. La quale, ai tre giocatori dietro la prima punta richiede assoluta intercambiabilità e, occasionalmente, di trasformarsi loro stessi in finalizzatori, aggredendo lo spazio al centro quando Dost arretra per smistare i palloni alti. Schürrle, un destro che può giocare tutti i ruoli d’attacco, si inserisce perfettamente in questo contesto, proprio come, ma con una sapienza tecnico-tattica persino superiore, Kevin De Bruyne, al momento il secondo MVP della Bundesliga dopo Arjen Robben.

A 23 anni il trequartista belga sta facendo quest’anno il definitivo salto di qualità nel gotha d’Europa. Secondo miglior finalizzatore (11 gol) e primo uomo assist (18) del Wolfsburg, se parlassimo di hockey (dove gli assist vengono conteggiati quanto i gol) De Bruyne guiderebbe la classifica punti della Bundesliga. Anche senza questo riconoscimento statistico è evidente che Kevin è sempre più la guida carismatica della squadra. Calciatore totale—nel senso proprio e cioè cruijffiano del termine—se ce n’è uno, lo si vede a volte scendere quasi fino alla difesa per far salire palla al piede la squadra e poi, pochi secondi dopo, gettarsi in profondità o tagliare tra linee per ricevere un pallone dalla mediana un buon venticinque metri più avanti. Come ha raccontato Luiz Gustavo a Kicker: «con De Bruyne in campo non hai mai il problema di non sapere a chi passarla. Un modo di farsi trovare libero lui lo scova sempre». È forse una bestemmia anche solo da pensare, ma se De Bruyne continuasse su questi livelli, al Chelsea potrebbero chiedersi se non abbiano puntato sul belga “sbagliato” (o quantomeno rimpiangano di non averli tenuti entrambi).

Di destro, di sinistro, da fuori, in inserimento: Kevin De Bruyne.

Schürrle, De Bruyne, Dost, Perisic, Rodríguez, Luiz Gustavo. Dopo tanti periodi di vacche magre, nella città della Volkswagen, nata dal nulla nel 1938 per ospitare gli operai che lavoravano alla costruzione del neonato Maggiolone, si sono improvvisamente ritrovati con un parco di fuoriserie. Se a Wolfsburg riusciranno a resistere alle lusinghe del mercato (De Bruyne è nella lista della spesa del Manchester United, Rodríguez in quella del Real Madrid) e ad apportare qualche altro correttivo mirato (per esempio un centrale difensivo di alto livello e un’alternativa a Dost che non si chiami Nicklas Bendtner), dalla prossima stagione Pep Guardiola potrebbe iniziare a dormire sonni meno sereni.

Per quanto riguarda la stagione in corso invece, detto che le scarse e residue speranze di riaprire il campionato se ne sono andate sabato con lo scivolone ad Augsburg e che la zona Champions League pare invece già assicurata (i punti di vantaggio sullo Schalke 04 sono 12); per iniziare a vincere qualcosa, agli undici in verde non restano che la Coppa di Germania, dove il Wolfsburg è ai quarti, e l’Europa League, che al momento passa dalla doppia sfida con l’Inter.

Al contrario di quanto hanno scritto alcuni giornali in Italia per creare polemica sul nulla, Hecking non ha assolutamente dichiarato di essere contento di incontrare i nerazzurri perché si tratta di un incrocio facile. Semmai ha detto il contrario. E ovvero di essere felice, per i suoi giocatori e per i tifosi del Wolfsburg, di incontrare una squadra di tradizione, per quanto in un momento non proprio felice, e di non sentirsi sfavorito nonostante il nome importante dell’avversario. E va da sé che una squadra che nell’ultimo mese e mezzo ha battuto 4 - 1 il Bayern in casa e 5 - 4 il Leverkusen in trasferta, giustamente non può scendere in campo intimorita al cospetto dell’Inter attuale. Specialmente perché la squadra di Mancini ha tutte le caratteristiche che vanno a genio al Wolfsburg: meccanismi difensivi lenti, eccessivi spazi tra difesa e centrocampo, fasce deboli e tendenza a un’eccessiva circolazione di palla per linee orizzontali.

L’Inter dal canto suo, per passare, può, o sperare in una doppia pessima giornata dei tedeschi, oppure fare due partite di grandissima concentrazione difensiva a partire da Icardi, accorciare le distanze tra i due pacchetti arretrati e lasciare l’iniziativa al Wolfsburg che, quando sposta troppo stabilmente il proprio baricentro in avanti, tende a perdere concentrazione dietro. Esattamente la ricetta tattica preparata sabato scorso dall’Augsburg.

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