Domenica 24 luglio il tifoso ferrarista si è trovato a rivivere in diretta tv un momento sportivamente drammatico: l’errore di Charles Leclerc, finito contro il muro alla curva 11 del GP di Francia ha ricordato, nel modo di affondare nella barriera di protezione con l’alettone anteriore, quello di Sebastian Vettel in curva 10 al Gran Premio di Hockenheim 2018, uno dei più grandi momenti spartiacque della storia recente della Formula 1.
Non ci ha pensato due volte Leclerc ad ammettere, con il massimo dell’onestà che solitamente lo contraddistingue, di aver commesso un errore grave e probabilmente decisivo per la corsa al titolo mondiale contro Max Verstappen. Forse la stessa onestà Leclerc l’avrebbe pretesa dal team nel commentare pubblicamente le strategie disastrose messe in atto nei Gran Premi di questa stagione, come a Montecarlo e Silverstone, dove gli errori del muretto gli hanno precluso due vittorie praticamente certe. In particolar modo aver mancato il successo a Monaco, sul tracciato di casa dove non ha mai vinto neanche in Formula 2, sarebbe stato particolarmente significativo per Leclerc.
Se però si pensava di non poter fare peggio, il Gran Premio di Ungheria, l’ultimo prima della sosta estiva, è stata una nuova mazzata per Leclerc e per i tifosi. Il passaggio da leader autoritario a metà gara a misero sesto posto finale ha fatto definitivamente deflagrare il dibattito intorno alle strategie del muretto Ferrari. La situazione è diventata imbarazzante a tal punto che il team della Rossa è diventato oggetto di scherno sia attraverso meme generati anche da profili ufficiali come ESPN F1, sia dagli stessi componenti del podio del GP di Budapest – Verstappen, Hamilton e Russell – che hanno riso del fatto che sulla Ferrari di Leclerc abbiano deciso di montare le gomme hard.
Se andiamo a riguardare quello che è successo nel Gran Premio di Francia, oltretutto, l’onestà di Leclerc è parsa perfino eccessiva, tenendo conto che le colpe dell’errore in realtà non sono unicamente sue. È stato infatti sottovalutato quanto la dinamica dell’errore nasca anche dall’ennesima strategia sbagliata del muretto Ferrari. E invece dal management della Rossa non solo non hanno minimamente provato a togliere pubblicamente di dosso qualche responsabilità al pilota, ma sono riusciti a negare anche gli errori – chiarissimi e incontestabili – che hanno fatto sprofondare Leclerc nei Gran Premi di Monaco, Gran Bretagna e Ungheria e che lo costringono ora a un impossibile inseguimento alla leadership di Verstappen nel Mondiale, lontano ormai 80 punti.
Sbagliare aiuta a sbagliare
Per prima cosa dobbiamo fare una premessa: Leclerc avrà anche perso due vittorie praticamente certe a Montecarlo e Silverstone e una possibile a Budapest per colpa del box, ma va riconosciuto al muretto Ferrari di aver preso una decisione non scontata nel finale del Gran Premio di Austria: quella di fare una terza sosta con la Virtual Safety Car, senza la quale il monegasco avrebbe perso perfino al Red Bull Ring. Con Verstappen distante cinque secondi, lasciare che fosse solo l’olandese a effettuare il pit stop per tornare dalle hard alle medie avrebbe significato subire una rimonta piuttosto rapida e probabilmente un sorpasso. Negli ultimi giri con le hard ha infatti girato oltre 2 secondi più lento rispetto ai primi giri dello stint finale con la gomma media: al momento dell’ultimo pit stop mancavano più di 10 giri alla fine, per cui Leclerc rimanendo in pista con le hard non avrebbe resistito a Verstappen.
Si è trattato fondamentalmente dell’unica decisione azzeccata dal muretto Ferrari da moltissimo tempo a questa parte. Una strategia che ha permesso a Leclerc di riuscire a tamponare con più freddezza e meno ansia la risalita del suo rivale, nonostante i problemi accusati sull’acceleratore. Ma, come visto anche in Francia, le decisioni sbagliate del muretto possono invece condizionare in negativo l’umore e la guida del pilota, mettendolo più facilmente in condizione di forzare troppo e di sbagliare.
La frittata del Paul Ricard (con urlo demoniaco nel team radio).
A Le Castellet, infatti, Verstappen decide di fermarsi ai box al giro 16. Monta gomme hard nuove e cerca l’undercut, ovvero provare a recuperare tempo a distanza su Leclerc per sorpassarlo con la strategia ai box, contando sulla momentanea inferiorità di passo della gomma media vecchia di 16 giri del ferrarista. Nell’ultimo mini-settore prima di fermarsi ai box il ritardo di Verstappen da Leclerc è di 1.8 secondi: il monegasco ha forse il margine per fermarsi il giro successivo e mantenere la leadership, ma dal muretto gli dicono inspiegabilmente di proseguire.
In quel giro, infatti, nel settore centrale Leclerc aveva perso da Verstappen solamente 439 millesimi e il suo vantaggio è di oltre 27 secondi, un tempo sufficiente per un pit stop. Eppure al pilota Ferrari non viene detto di fermarsi e, ovviamente, il tempo recuperato da Verstappen aumenta inesorabilmente. Guadagna altri 4 decimi nel terzo settore del giro 17, poi altri 3 decimi nel primo settore del giro 18 e altri 6 decimi al secondo intertempo dello stesso passaggio. Per quale motivo aspettare anziché marcare immediatamente a uomo Verstappen, in una gara dove già nel primo stint l’olandese non era riuscito ad attaccare Leclerc nelle fasi in cui era più veloce? Perché questa titubanza nel montare le gomme hard al giro 17 di 53, con quindi due terzi di gara da percorrere?
I disastri di Silverstone e Montecarlo
Si è trattato di un grave errore del box, che a sua volta ha causato un altrettanto grave errore del pilota, schiacciato dalla foga di tenere la posizione per colpa di una strategia sbagliata. Ma non è stato certamente il peggior errore del muretto nel corso di questa stagione, nella quale la Ferrari ha probabilmente stabilito un platonico primato assoluto nella storia della Formula 1: quello della vettura più veloce di sempre ad essere sabotata.
Forse la strategia più inconcepibile è quella di Silverstone e dell’incredibile decisione di non far rientrare al box Leclerc, leader della gara, per montare le gomme soft in occasione della Safety Car chiamata in pista a 13 giri dalla fine. Qual era la paura del muretto Ferrari, quella di perdere la posizione su Hamilton se l’inglese non si fosse fermato? In ogni caso Leclerc con le soft nuove lo avrebbe sorpassato molto facilmente. Le scuse adottate da Binotto sull’impossibilità di un doppio pit stop – contemporaneo con quello di Sainz alle spalle – fanno acqua da tutte le parti.
Ne ha beneficiato lo spettacolo nel finale, ma certamente il tifoso Ferrari avrebbe preferito altri scenari.
La scelta di marcare Perez a Montecarlo è stata un errore di pari gravità. Asciugandosi la pista, Sainz aveva indicato la giusta via tramite la radio, quella che ad esempio nel 2016 permise a Hamilton nelle stesse condizioni di rimontare e battere Ricciardo: evitare il pit stop per il passaggio da gomme wet a intermedie e cambiare direttamente dalle wet alle gomme da asciutto. Il pit stop di Perez a Monaco 2022, passando da wet a intermedie, era forse un tranello del box Red Bull nella speranza che la Ferrari ci cascasse? In ogni caso è andata proprio così.
Anche a Monaco, bastava controllare i settori per capire che rispondere subito alla strategia di Perez fosse un grave errore. Il messicano era in terza posizione quando è entrato al box per il primo pit stop al giro 16: in quel momento alla Ferrari chiamano Sainz per marcare Perez, ma lo spagnolo giustamente rifiuta perché dice di aspettare qualche altro giro, risparmiare un pit e andare direttamente alle gomme slick. Allora la Ferrari aspetta un altro passaggio e chiama Leclerc, e qui compie il primo disastro: tra il secondo e terzo intertempo del giro 17 e i primi due del giro 18 il ferrarista ha perso su Perez 6.7 secondi, più sicuramente altri decimi negli altri mini-settori dei giri di entrata e uscita dai box. Ne aveva solamente 8 di vantaggio sul messicano prima che quest’ultimo si fermasse.
Leclerc viene quindi chiamato al pit stop in marcatura quando ha meno di 20 secondi di vantaggio su Perez: anziché dare la posizione per persa e decidere quindi di seguire per entrambi i piloti la strategia di Sainz – ovvero una sola sosta per passare da wet a slick – il muretto Ferrari fa la strategia di Perez con Leclerc e la fa male, perché ormai, tardi per tardi, era diventata sbagliata. Così facendo il monegasco ha perso una posizione nonostante un vantaggio di più di 8 secondi. Questo errore ha poi propiziato lo sprofondamento fino alla quarta posizione finale. La cosa più incredibile, e anche abbastanza ridicola, è che tutti sanno ovviamente che a Montecarlo, per impossibilità di sorpassi, è regola aurea quella di effettuare meno pit stop possibili: Leclerc ha effettuato la seconda sosta appena 3 giri dopo la prima, dimostrando palesemente che Sainz avesse ragione.
L’altro errore, poi, è stato quello di montare le gomme hard come pneumatici d’asciutto: è vero che nel giro di uscita Leclerc ha perso tempo per qualche curva anche dietro a un doppiato, Latifi, ma nel settore centrale del giro successivo entrambe le Red Bull – con gomme intermedie – sono state più veloci di entrambe le Ferrari – su gomme hard – e in questo modo Leclerc è finito anche dietro Verstappen. Se avesse montato le medie anziché le hard, privilegiando l’attacco alla posizione piuttosto che i timori del degrado gomma – pressoché ininfluente a Montecarlo – avrebbe almeno guadagnato il podio e qualche punto sul suo rivale, invece di perderne altri.
L’ultima polemica
Si arriva quindi all’ultima – in ordine di tempo, ci si augura anche in assoluto, almeno per questa stagione – figuraccia, quella di Budapest, che ha definitivamente messo alla gogna gli strateghi Ferrari anche al di fuori dei nostri confini nazionali (un esempio è Joel Embiid, che su Twitter sarcasticamente ha commentato che anche lui avrebbe potuto fare lo stratega per il "cavallino rampante"). La scelta di montare le gomme hard a Leclerc, in quel momento in testa al Gran Premio, su una pista dove stava già piovigginando e dove in ogni caso le temperature erano relativamente basse, ha fatto sprofondare nuovamente il monegasco dalla prima posizione fino alle retrovie, stavolta in sesta posizione, dando con ogni probabilità la mazzata finale al campionato.
A Sky Sport F1 Italia hanno insistito sul fatto che al muretto Ferrari si sarebbero dovuti accorgere che le gomme hard montate già dalle due Alpine-Renault, non funzionavano. Effettivamente Alonso e Ocon, che si sono fermati rispettivamente ai giri 21 e 23, hanno girato su tempi medi dell’1:25 basso/1:25 e mezzo fino al giro 39, quello in cui a Leclerc hanno montato le hard. Le due McLaren di Norris e Ricciardo – che lottavano alla pari con le Alpine ma avevano montato la gomma media per il secondo stint – andavano mediamente un secondo al giro più veloci rispetto a Ocon e Alonso.
C’è da aggiungere poi due cose: le Alpine avevano già stabilito una strategia a una sosta, per cui Alonso e Ocon si sono fatti rispettivamente 49 e 47 giri con le gomme hard, mentre Leclerc le ha montate rispettivamente 18 e 16 giri più tardi. Poi va detto anche che le previsioni davano pioggia in aumento, cosa che si è effettivamente verificata e ha reso ancora più fredda la pista e meno performanti le gomme hard. Leclerc in quei giri aveva un passo intorno all’1:23 e mezzo, mentre Verstappen andava costantemente sull’1:22, ricalcando più o meno i rapporti di forza visti su Alpine e McLaren.
I problemi gestionali e di comunicazione
Alla base di tutti questi episodi così grotteschi e ravvicinati – a cui va aggiunto l’ultimo inspiegabile pit stop di Sainz in Francia – c’è chiaramente una scarsa connessione comunicativa tra il team e i piloti, Leclerc in particolare, che a sua volta deriva da inefficienze gestionali. La troppa libertà concessa ai piloti di lottare internamente in pista, senza stabilire neanche di volta in volta le priorità, ha creato situazioni nocive sia a Silverstone, sia nella sprint race dell’Austria dove Verstappen si è potuto avvantaggiare della lotta tra Sainz e Leclerc, potenzialmente dannosa anche per la griglia di partenza della gara vera del giorno dopo.
Se fossero andati a sbattere sarebbero partiti 18esimo e 19esimo nella gara della domenica.
Gran Premio dopo Gran Premio Leclerc sta dimostrando di essere più veloce di Sainz, con pochissime eccezioni, e di aver digerito molto meglio la vettura, oltre a essere in vantaggio nella classifica piloti. Eppure alla vigilia di Budapest Binotto ha nuovamente affermato che non è ancora arrivato il momento di puntare su un unico pilota. Anche in Ungheria, nel primo stint, lasciar passare Leclerc in seconda posizione gli avrebbe permesso di attaccare molto prima il leader Russell e magari di prendere un vantaggio che avrebbe reso molto meno affannosa la strategia a coprire immediatamente Verstappen montando le gomme hard.
Come se non bastassero i problemi di comunicazione e gestione interni, gli umori dei tifosi sono messi a dura prova dalle continue giustificazioni espresse da Binotto ai microfoni dopo ogni Gran Premio. È singolare come, mentre in passato alcune teste in Ferrari siano cadute fin troppo frettolosamente – il caso più eclatante è quello del progettista Aldo Costa che ha poi fatto le fortune della Mercedes – in questa stagione nessuno tra gli strateghi, su tutti il principale responsabile Iñaki Rueda (direttore sportivo e strategico della Ferrari), venga messo minimamente in discussione e, anzi, Binotto stesso ha tenuto a ribadire dopo Budapest che nel muretto non verrà mossa alcuna pedina.
Lo stesso Binotto, che ha ricoperto con successo ruoli tecnici in Ferrari fino alla sua promozione a team principal nel 2019, non sembra altrettanto a proprio agio in un ruolo manageriale nel quale la comunicazione è praticamente tutto. Agli occhi dei tifosi è rimasto il famoso dito puntato di Silverstone, una gara che Leclerc ha chiaramente perso per colpa del muretto, ma nonostante tutto si è preso un rimprovero in favor di telecamera nell’immediato post-gara. Binotto ha perfino dichiarato che non pensava sarebbe stato ripreso, in un ambiente dove da anni ormai girano perfino le telecamere di Netflix per la serie Drive to survive.
Scena evitabile.
In questo interessante articolo di Federico Albano si sottolinea inoltre quanto strana sia questa protettività nei confronti del reparto strategia, accettando perfino che molti tifosi si sentano presi in giro. Albano evidenzia anche la rigidità dei modelli adottati per elaborare le tattiche di gara, comparandola invece con la maggiore flessibilità della Red Bull, molto più aperta all’improvvisazione: la scelta di montare le soft in partenza su Verstappen e Perez, ad esempio, sembra sia stata fatta all’ultimo in base alle condizioni della pista.
Viene quasi da pensare che in Ferrari si stiano eccessivamente affidando agli algoritmi, trascurando la fondamentale importanza dell’interpretazione del momento e del fattore umano, alla stessa maniera in cui pare che l’Inghilterra abbia scelto i rigoristi per la finale dell’Europeo a Wembley. La Ferrari, che ha migliorato tantissimo la correlazione dati tra simulatori e pista dal punto di vista aerodinamico al punto da avere immediati benefici a ogni pacchetto di aggiornamenti, non ha invece avuto un simile sviluppo parallelo nell’elaborazione delle strategie.
C’è un altro problema che si collega a quest’ultimo: Leclerc, grandissimo talento per istinto di guida, non sembra altrettanto carismatico e raffinato nell’analisi della gara da dentro l’abitacolo, forse non sufficientemente sicuro degli scenari tattici che elabora sotto il casco al punto da prendere in mano la situazione e contraddire il team quando c’è bisogno. In questi ultimi anni, grazie alla pubblicazione dei team radio, abbiamo potuto assistere a quanto spesso alcuni piloti – Alonso e Verstappen su tutti, ma anche Vettel in Ferrari – facciano la strategia da soli durante la gara. Lo stesso Sainz si è imposto a Montecarlo e ha avuto ragione, mentre non si è mai sentito Leclerc cambiare con decisione le scelte del muretto.
Forse, oltre a qualche errore di troppo che ancora non riesce a evitare di commettere, è proprio quello della visione strategica di gara l’ultimo step da compiere per diventare davvero una leggenda di questo sport. Per ora gli 80 punti di vantaggio, alle soglie del secondo Mondiale consecutivo, ci suggeriscono che Verstappen – magari non nel giro da qualifica – gli è complessivamente superiore. Di certo, però, avere una scuderia alle spalle capace di prendere le decisioni migliori, aiuterebbe a rendere la competizione tra i due, e quindi quella per il titolo mondiale, più incerta e appassionante. Dopo anni difficili è quello che meriterebbero i tifosi della Ferrari.