
Non è ancora ufficiale ma sembra che siano "bastati" i 14 milioni, euro più euro meno, dell'offerta dell'Al-Jazira perché la Roma si separasse da uno dei migliori giocatori della stagione 2013/14, la cavalcata da 85 punti. Circa 5 milioni di plusvalenza, abbastanza ma neanche troppi per quello che sembrava il pupillo di Rudi Garcia. E forse non è un momento facile per il mister di Nemours, costretto a privarsi di alcuni suoi uomini dello staff dopo l'annata difficile, e ora anche di Yao Kouassi Gervais, con lui dai tempi di Le Mans. Cosa è andato storto? Cosa ha convinto la società a potersi privare di Gervinho? E cosa perde la Roma? Per dare una risposta esaustiva ho guardato al periodo in cui tutto girava alla perfezione, stagione 2013/14.
Gervinho arriva a Roma con la descrizione del dribblomane e assist-man. A Londra era mal sopportato per l'eccessiva sterilità sotto porta e anche a Roma, all'inizio, sembra confermare la sua fama di finalizzatore goffo. Nelle prime quattro giornate fa il contrario che incantare. Contro il Verona, in casa, si divora due occasioni d'oro solo davanti al portiere. A Parma subentra a partita in corso e il pubblico giallorosso inizia a riconoscere lo stile di Gervinho: le sue movenze inconfondibili, la ricerca dell'uno contro uno fino alla linea di fondo. Tanta confusione, certo, ma associata a una capacità di spaccare in due le partite con accelerazioni, falli subiti e assist. Al Tardini guadagna il calcio di rigore che chiude la partita, dopo una progressione, un dribbling su Cassani e un mancato passaggio a Borriello. In molti credono che non sarà un titolarissimo, ma un giocatore da inserire a partita iniziata, uno con la capacità di allungare la squadra avversaria e sfruttare le ripartenze.
In realtà, già dai due errori contro il Verona si vede la significativa novità che Gervinho porta alla Roma: la profondità. Quando ancora gran parte del pubblico rumoreggia per l'imprecisione cronica dell'ivoriano, Garcia trova conferma alle parole pronunciate poco dopo l'arrivo del calciatore che aveva già allenato a Lille: «È veloce, dà profondità». Lo reputa fondamentale come i nuovi innesti Maicon e Strootman.
I due errori sotto porta dell'ivoriano: prima in profondità grazie a Pjanic (min. 1:18), poi la giocata orizzontale-verticale con Totti, un leit motiv di questi due anni (min 1:39). Se volete rifarvi gli occhi, mettete al minuto 1:04... no comment.
C'era una volta
Nel 2007, Garcia ha schierato per la prima volta il ventenne Gervinho da titolare allo Stade de Gerland, contro l'Olympique Lione reduce da sei titoli consecutivi (prossimo al 7° proprio in quell'anno) e con giocatori del calibro di Sidney Govou, il giovane Karim Benzema e il capitano Juninho Pernambucano. Garcia aveva fatto scendere in campo il suo Le Mans con quattro uomini offensivi e per 70 minuti aveva incantato: su tutti spiccava proprio il giovane ivoriano, che partendo dalla destra aggrediva il più esperto Anthony Réveillère, saltandolo più volte (Réveillère che i romanisti ricordano per i doppi passi di Amantino Mancini che lo hanno fatto impazzire in Champions League).
Gli spazi creati da Gervinho venivano sfruttati dai movimenti della punta, de Melo, e del trequartista, Sessègnon. Al 43’ e al 55’ le treccine di Gervinho umiliano il terzino lionese, costringendo prima Vercoutre a una papera clamorosa, sfruttata al meglio da Sessègnon, e poi portando alla doppietta il centrocampista beninese con un cross perfetto. A quel punto però il Lione ha reagito: in sette minuti Govou, Benzema e Baros hanno ribaltato il risultato. L'impressione destata da Gervinho, però, resta. La sua prima stagione in Francia tutto sommato sarà un successo: 26 presenze, 19 da titolare, solamente 2 gol (in pieno stile Gervais), ma 5 assist decisivi e una mole enorme di occasioni create.
Le incredibili magie di Gervinho che portano alla doppietta di Sessègnon (min. 1:40 – 3:00).
L'intesa con Totti
Questo era Gervinho prima di Roma. Capace di creare e disfare sulla fascia destra, con la tendenza a cercare quasi unicamente il fondo. Limita al minimo le incursioni centrali, sia perchè ancora acerbo tatticamente, che per la presenza al centro del brasiliano Túlio de Melo, poco mobile sui lati. Qualcosa cambierà a Lille, con Moussa Sow capace di adattarsi a ogni ruolo del tridente, con Gervinho impiegato a volte centralmente. A Roma questo passaggio si vivrà in una fase ben precisa: a cavallo tra la 13.esima e la 14.esima giornata, contro Cagliari e Atalanta, gare nelle quali non era in campo Francesco Totti. Ma la presenza di Totti in campo è fondamentale perché la Roma scopra il vero Gervinho.
È il movimento di Totti verso il centrocampo a creare il corridoio che indirizza Gervinho verso la porta avversaria, tramite tagli centrali da sinistra a destra. Non più solo il fondo, quindi, ma anche l'area di rigore. Una scelta obbligata, anche per l'atipicità dell'attacco romanista, la dialettica tra il duo Totti-Gervinho si svolge in un'alternanza continua di verticalità e orizzontalità: il dinamismo di Gervais crea spazi, fa indietreggiare la difesa che si distanzia dal centrocampo, lasciando così campo libero tra le linee per Totti, che arretra ricevendo sempre, e dico sempre, il passaggio orizzontale o all'indietro dell'ivoriano.
Gervinho si limita agli appoggi corti, lasciando a Totti le verticalizzazioni, per lo stesso Gervinho, o per l'inserimento del terzino.
C'è un po' tutto in questa azione: la profondità data da Gervinho e premiata da Strootman, il passaggio arretrato per Totti che indietreggia da punta atipica, l'assist sull'inserimento alle spalle di tutti di Balzaretti. Coralità applicata.
L'intesa con Strootman
Questo tipo di intesa riguarda solo il numero 10 e il 27 della Roma. Il secondo con cui viene sfruttata la profondità di Gervinho chiama in causa Kevin Strootman. La capacità dell'olandese di rubare palla si associa a una razionalità tattica fuori dal comune, oltre che a una tecnica che gli permette di confezionare ripartenze rapide e dolorose per gli avversari, e per esaltare queste sue doti le qualità di Gervino erano perfette. L'ivoriano aveva la forza e la velocità necessarie per correre alle spalle del terzino avversario, oppure, più raramente, per affrontare il centrale difensivo e saltarlo in uno contro uno (spesso cercando il fallo). Già durante Roma-Verona si vede come l'olandese sappia bene chi cercare come terminale offensivo. La perfezione della loro intesa viene però raggiunta a San Siro contro l'Inter.
La partita del 5 ottobre 2013 racchiude in soli 90 minuti il meglio delle potenzialità di Gervinho e del suo contributo nel 4-3-3 di Garcia. Al terzo minuto la Roma ruba una palla in fase difensiva, riparte rapida con una giocata di Totti al limite dell'area per Florenzi, che serve sulla corsa Gervinho. Qui Gervinho compie una giocata in pieno stile Le Mans o Lille: punta il terzino, lo fa fuori cercando il fondo e mette la palla in mezzo alla ricerca della punta. Peccato, l'azione sfuma: il capitano è a 50 metri dalla porta e Florenzi non è proprio un bomber.
17° minuto: da un errore di Ranocchia si mettono in moto i tre giallorossi davanti: Florenzi riceve sulla sinistra, Gervinho si schiaccia al centro e la difesa nerazzura lo segue, lasciando uno spazio libero alle sue spalle. Gervinho serve orizzontalmente il capitano che calcia di collo e segna l'1-0.
38° minuto: si concretizza l'intesa dell'ivoriano con Strootman. L'olandese ruba palla, alza la testa e lancia per 60 metri sopra la testa di Cambiasso. Gervinho si deve allargare perché pressato dall'argentino, aspetta che la palla rotoli fin quasi alla bandierina e poi sterza con un tocco di interno. Cambiasso ha anticipato l'intervento e viene saltato. Accorre Alvaro Pereira, ma con tre tocchi, stavolta tutti di esterno che disegnano un'onda sul terreno di gioco rispetto al movimento precedente, Gervinho conquista il fallo da rigore (in realtà era fuori area) del 2-0.
72° minuto: un'azione simile, con Strootman che recupera palla quasi sulla linea di fondo e lancia da fermo superando la metà campo, Gervinho ha già iniziato la sua corsa dietro il centrale nerazzurro: stavolta punta la porta ma spreca per via della sua scarsa lucidità offensiva. Qualche mese dopo Totti dirà: «Se [Gervinho] facesse anche gol sarebbe Cristiano Ronaldo». In questo caso Handanovic lo ipnotizza, lui si sposta la palla sul sinistro ma tira debolmente.
Contro l'Inter si vede anche come il numero 27 giallorosso venga marcato male e gli venga lasciato spazio per correre e puntare il suo avversario diretto, senza prendere contromisure particolari. Poco tempo dopo il Bologna paga a carissimo prezzo questa leggerezza, con la prima doppietta in Serie A di Gervinho. Il Catania non è da meno, ma a graziarlo è lo stesso Gervinho, che sbaglia un numero clamoroso di occasioni (prende il palo a porta vuota), segnando poi il 4 a 0 finale calciandosi con il destro sul sinistro, dopo aver saltato mezza difesa. Al sospiro di sollievo dell'Olimpico si aggiungono i sorrisi divertiti della squadra, su tutti di Rudi Garcia.
Video che monta il tragicomico errore di Gervinho con la sua esultanza dopo il gol in Coppa Italia contro la Juventus.
Durante l'ottava vittoria consecutiva, in vantaggio per 1-0 sul Napoli in casa, Gervinho si lesiona il retto femorale ed è obbligato a saltare le quattro partite successive. Rientra con il Cagliari, e senza Totti in campo parte quasi sempre da posizione centrale. Seppur ispirato, senza l'appoggio di Totti, né una punta vera per cui raggiungere il fondo e servire al centro, non riesce a incidere.
La Roma si scopre in quel periodo Gervinho dipendente: con la Fiorentina torna alla vittoria dopo due pareggi, in coincidenza con un'altra prestazione sopra le righe di Gervinho. Cerca e trova il fondo sul primo gol dribblandone un paio, poi nel secondo tempo testa la catena che diventerà fondamentale nel finale di stagione, quella con Mattia Destro.
Un assist e mezzo (min. 1:04 e 3:05); in generale una grande prestazione.
Involuzione
Il 9 marzo 2014 inizia l'involuzione di gioco della Roma che si prolungherà fino a tutta la stagione appena trascorsa. Il ritorno in campionato a Napoli, infatti, non è fatale solo per il gol di Callejón, ma soprattutto per il terribile infortunio di Kevin Strootman, che si rompe il legamento crociato. Da qui in poi cambia qualcosa e l'espressione migliore di questo mutamento è proprio il gioco di Gervinho: perde quasi del tutto la profondità (una delle ultime volte in cui riesce a metterla in mostra è in casa contro la Sampdoria) e regredisce: limitando al minimo le corse nello spazio senza palla, tornando invece a interpretare, come gli riesce molto bene, il ruolo dell'esterno puro.
Garcia dà vita per alcune giornate a un tridente inedito, con l'ivoriano più Totti e Destro. Anche il magnetismo con il capitano diminuisce e Gervinho si concentra stavolta sull'attaccante di Ascoli: non contando le ultime tre giornate, che sostanzialmente la Roma non gioca, Gervinho fa 4 assist (di cui 3 per Destro) in 8 partite successive all'infortunio di Strootman. Numero alto se si pensa che nelle precedenti 24 ne aveva fatti solo 5.
Gervinho torna a fare l'esterno puntando l'avversario, cercando se possibile il fondo, servendo il centravanti. Segna ancora tre gol, ma senza la genialità di Strootman e l'intesa con il capitano, in un tridente in cui si muoveva anche un altro esterno (generalmente Florenzi), sembra fuori contesto.
Tutti i gol di Destro, tra cui quelli con i tre assist di Gervinho post-infortunio Strootman: Udinese (min. 1:12), Torino (1:42) e Cagliari (2:13).
La stagione dell'addio
Dopo il Mondiale, Gervinho sembra in forma smagliante: taglia a fette la difesa della Fiorentina alla prima giornata, partecipando al primo gol e segnando il secondo: in quell'ocasione Nainggolan veste i panni di Strootman, verticalizza in profondità e l'ivoriano non deve far altro che accelerare per scartare difensore e portiere, sbagliare diventa poi diventa (quasi) impossibile.
A Empoli assiste dalla panchina alle prime difficoltà della squadra di Garcia. Il modo in cui Sarri gioca contro la Roma influirà su tutto il seguito del campionato giallorosso: pressing alto, soprattutto sulla mediana, che costringe la Roma a lanciare. Nessuno nella Roma sembra in grado di forzare verticalizzazioni e il gioco diventa prevedibile. Da quel giorno è chiaro come si bloccano le fonti del gioco romanista. Gervinho gioca solo nove minuti, lo aspetta la partita di Champions League contro il CSKA Mosca.
In quell'occasione si inaugura un'intesa tra Gervinho e Iturbe che, purtroppo, non vedremo più in seguito (se non a Torino contro la Juventus). Il CSKA si posiziona in alto, ma senza un'adeguata pressione a centrocampo e viene subito punito: Gervinho taglia da sinistra a destra, palla filtrante per l'inserimento tra il centrale e il terzino dell'argentino, facile vantaggio. Poco dopo Gervinho gioca in velocità con Pjanic e la palla finisce sull'esterno a Iturbe, il solito movimento di Totti a rimorchio al limite dell'area libera lo spazio al centro per l'ivoriano, che segna il 2-0.
Il quarto gol è un compendio dello stile di Gervinho: palla a Totti all'altezza della linea di centrocampo, ma prima di toccare il pallone Gervinho ha già disegnato una mezzaluna verso l'esterno girando attorno al diretto avversario. Quando sta per partire il pallone il terzino russo è messo male con il corpo rispetto al giallorosso, che ha cominciato la corsa e ha poco meno di un metro di vantaggio. A quel punto Gervinho invece di mettere la palla al centro per Florenzi aspetta il ritorno del difensore, sterza con l'interno, rientra sul sinistro e calcia: Akinfeev ci mette del suo.
Un'illusione di settembre.
Sembra la stagione del coronamento, Gervinho ha giocato solo 189 minuti e segnato 3 gol: da qui in poi, invece, più nulla. Un acuto in Roma-Inter, forse l'ultima partita giocata ad alti livelli dalla squadra di Garcia (significativo che i due eventi coincidano), poi la partenza a fine dicembre per la Coppa d'Africa. Nell'anno solare 2014 ha giocato più di 40 partite ufficiali con Roma e Costa d'Avorio (senza contare le amichevoli in Nazionale), per un totale di 3.772 minuti: Gervinho va in Guinea Equatoriale cosciente che questa è una grande occasione per il suo paese per vincere qualcosa dopo tredici anni.
Gioca 4 partite su 6 nel giro di venti giorni (due saltate per il pugno al guineano Keita), segna 2 reti. Torna a giocare con la maglia della Roma il 15 febbraio, dopo un mese e mezzo di assenza, contro il Parma. Nel frattempo la Roma ha gettato via lo scudetto: il gennaio nero (non che i mesi a seguire tendano al grigio) ha portato solo 7 punti su 15, una vittoria e quattro pareggi, passando da -1 a -7 nei confronti della Juventus. Gervinho non cambia rotta alla squadra, se non in Europa League. Nella doppia sfida contro il Feyenoord fa vedere per l'ultima volta il vero Gervais.
All'andata parte sempre da sinistra, taglia nello spazio creato da Totti e sfrutta i palloni serviti da destra. Un errore, poi il gol di tacco.
https://www.dailymotion.com/video/x2hlnki_gervinho-fantastic-back-heel-goal-as-roma-1-0-feyenord-19-02-2015-uefa-europa-league-hd_sport
Tacco all'andata.
Stessa cosa al ritorno. Ancora Torosidis dalla fascia, taglio al centro dietro il difensore centrale e appoggio in porta.
https://www.dailymotion.com/video/x2i79p4_gervinho-goal-feyenoord-1-2-as-roma-26-02-2015-uefa-europa-league-hd_sport
Gol decisivo al ritorno.
Una stagione che ricorda la prima di Gervinho a Londra con l'Arsenal: un inizio non convincente, poi la Coppa d'Africa fino alla finale (persa proprio per un suo errore dal dischetto contro lo Zambia) e poi, una volta tornato in Europa, zero reti. Frustrato dalla poca fiducia da parte di Wenger, la stagione successiva scorre con pochi acuti e tante critiche. In comune con la stagione appena passata c'è una condizione fisica deficitaria che ha limitato il suo gioco, impedendogli le corse in profondità, già diminuite per la prolungata assenza di Strootman, e ha reso più farraginoso il suo dribbling.
Nel caos che sembra regnare nella Roma in questo periodo non è chiaro perché Gervinho non sia più utile, se Garcia abbia rinunciato al suo pupillo per andare incontro a un'idea di squadra nuova o se, invece, l'allenatore francese abbia semplicemente perso fiducia nell'ivoriano. Resta l'impressione bruciante di un calciatore in grado di cambiare le partite con un paio di corse palla al piede, poco preciso, eccezionale in alcune cose, eccezionalmente mediocre in altre, sicuramente fragile. Un fenomeno goffo quando la Roma giocava bene, un corpo estraneo quando si è iniziato a chiedergli troppo.