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Guida alla classe media della Serie A 2020/21
18 set 2020
Otto squadre difficili da decifrare nel prossimo campionato.
(articolo)
18 min
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Sassuolo, la squadra tatticamente più eccitante

Di Daniele V. Morrone

Il Sassuolo è stato protagonista in tante belle partite della scorsa stagione, anche quando ha perso è sembrato altamente competitivo. Questa competitività si è andata a riflettere sulla classifica finale, con l’ottavo posto, in linea con quelle che erano le aspettative positive di inizio stagione. Tra le squadre della classe media, il Sassuolo è stato la migliore, ma è rimasto distante dalle squadre che si sono giocate l’Europa: ha chiuso con 51 punti, ma a 11 punti di distanza dal Napoli settimo e ultimo tra le squadre di alta classifica.

Se quest’anno dovesse confermare tutti i migliori giocatori della scorsa stagione, come anche le parole di De Zerbi sembrano indicare, penso possa puntare a un ulteriore salto ed entrare a pieno titolo nelle zone alte della classifica, che sembra la giusta aspirazione per una squadra che ha giocatori che possono ancora crescere come Locatelli, Müldür e Traorè e un fronte offensivo con Berardi, Djuricic, Caputo e Boga. Praticamente, tolto Caputo, tutti i giocatori fondamentali del Sassuolo sono appena entrati o stanno per entrare nel picco della carriera e in questa stagione dovrebbe avere più spazio anche la generazione successiva: parlo dei ventenni Raspadori in attacco, Frattesi a centrocampo e Tripaldelli come terzino sinistro. Ci sarebbe poi il più talentuoso di tutti, Scamacca, ma non è detto che resti.

Il Sassuolo è una squadra molto più flessibile sulla strategia di gioco di quanto si dice, è basata su concetti di gioco immutabili ma De Zerbi poi cuce strategie che invece vengono impostate in base al tipo di avversario da affrontare. De Zerbi ha creato un sistema che permette al Sassuolo di sviluppare la manovra, e quindi attaccare l’area di rigore avversaria, in tanti modi diversi. C’è da dire che sono stati evidenti anche i limiti nelle transizioni difensive, quando la riaggressione in zona palla non è andata a buon fine: soprattutto nella prima parte della scorsa stagione la squadra ha lasciato a desiderare da questo punto di vista. Ma l’aspetto positivo di avere giocatori giovani di talento come Traorè e Locatelli sta proprio nel fatto che, in teoria, migliorano sensibilmente tra una stagione e l’altra e le stesse evidenti lacune in transizione potrebbero essere meno evidenti con più organizzazione, grazie a una stagione in più passata insieme.

Kaan Ayhan, al momento, è l’unico innesto dal mercato, escludendo i ritorni dei giocatori in prestito. Un difensore centrale dallo stile aggressivo sia a terra che nei contrasti aerei, che si abbina bene all’idea di una squadra dalla linea alta sul campo e che dovrebbe aumentare la concorrenza in un reparto tanto importante per lo sviluppo della manovra del Sassuolo. In carriera però ha giocato anche come terzino destro e centrocampista centrale, confermando quindi come il Sassuolo stia cercando giocatori polivalenti, in linea con le preferenze di De Zerbi per un modulo fluido anche all’interno della stessa partita.

Il vero successo per il Sassuolo sarebbe però riuscire a mantenere tutti i migliori giocatori, e qui sta anche la discriminante per la stagione: mantenere in rosa i giocatori più forti significa poter costruire su meccanismi e chimica in campo già interiorizzati, portando quindi De Zerbi a doversi occupare solo di dare varianti di gioco nuove. Vendere i migliori significherebbe, invece, dover ricostruire il lavoro sui concetti di gioco della squadra, e quindi in sostanza ripartire da un livello leggermente inferiore a dove aveva lasciato la scorsa stagione.

Nelle ultime tre stagioni, dopo aver creato un sistema che funziona per far giocare in modo proattivo la rosa a disposizione, De Zerbi ha dimostrato di non volersi accontentare di quanto fatto, ha provato nuove soluzioni, oltre a migliorare i meccanismi già esistenti, sia a stagione in corso che durante la preparazione estiva. Ma è soprattutto sullo sviluppo dei calciatori, sia nella tecnica individuale che nelle letture con la palla, che il suo lavoro è ancora più importante per una squadra come il Sassuolo. Giocatori come Berardi, Locatelli, Boga sono l’esempio di come De Zerbi riesca a creare valore con il suo lavoro. Anche senza bisogno di intervenire sul mercato, il Sassuolo sa che la sua rosa è migliore rispetto a quella dello scorso anno, perché i giocatori a disposizione durante la stagione sono migliorati e la sua gestione delle rotazioni ha permesso poi a qualcun altro di uscire fuori durante la stagione, come Raspadori, che a inizio stagione era una promessa e nel post quarantena si è assestato nelle rotazioni. Il Sassuolo parte da una base migliore rispetto a quella dello scorso anno e quindi è lecito aspettarsi che possa migliorare anche la classifica finale.




Fiorentina, la squadra con più talento

Di Alfredo Giacobbe

Per me è la Fiorentina la squadra da tenere d’occhio per questo campionato. Se Kouame e Ribery non andranno incontro a lunghi stop come nella passata stagione, Iachini avrà l’occasione di levarsi di dosso l’etichetta di allenatore-speculatore.

Già nella seconda parte della stagione scorsa, la Fiorentina ha mostrato una proattività nuova nella ricerca del recupero della palla. L’ultima Fiorentina di Iachini pressava di più e meglio, ad esempio, del Lecce di Liverani, una squadra che con la palla ha messo in mostra un’idea di calcio offensivo di caratura europea, ma che senza palla rinunciava del tutto alla pressione, chiudendosi velocemente a protezione degli ultimi sedici metri.

Il centrocampo della Fiorentina è tra i più interessanti del campionato: Amrabat e Duncan garantiscono fisicità ma sono anche uomini di ordine, non solo di rottura, con qualità nell’esecuzione del gesto e con comprensione dei tempi di gioco; Castrovilli e Bonaventura, seppur in punti diametralmente opposti della loro parabola professionistica, sono tra i centrocampisti italiani di maggior talento della Serie A.

https://twitter.com/acffiorentina/status/1306159915283746816

Per ora Iachini sembra orientato a confermare la difesa a tre, con una cerniera di centrocampo formata da due uomini, un sistema che ora come ora gli dà più garanzie. Ma non è detto che l’abbondanza di soluzioni di qualità sulla mediana non possa fargli cambiare idea. Questa Fiorentina, a mio parere, sembra nata per il modulo ad albero di Natale ancelottiano: difesa a quattro fondata sulla coppia centrale Milenkovic-Pezzella; centrocampo con Amrabat nel vertice basso, Duncan o Bonaventura con Castrovilli come mezzali; Ribery e Chiesa a fare gioco alle spalle dell’unica punta Kouame.

Il trio d’attacco è uno dei più eccitanti, con Ribery a fare da chioccia agli altri due. Chiesa e Ribery già l’anno scorso hanno mostrato le loro capacità nel cambiare il fronte di gioco conducendo palla al piede, e Castrovilli è un altro che sembra correre meglio con la palla che senza. Sicuramente la Fiorentina proverà ad attaccare in campo largo anche quest’anno, a creare spazi alle spalle dei difensori avversari. Kouame aggiunge un ulteriore elemento alla ricetta: la capacità di vincere i duelli aerei. Con Kouame in campo, la Fiorentina potrà appoggiarsi al suo centravanti, per far salire la squadra e per andare a contestare le seconde palle. Ciò non esclude che, in determinati frangenti, Iachini possa puntare su un attacco “leggero”, con Chiesa avanzato al posto di Kouame, Bonaventura sulla linea dei trequartisti con Ribery. E in panchina Iachini ha ancora risorse: Vlahovic e Cutrone sono pronti a insidiare la titolarità agli altri.

Per me la Fiorentina è una delle squadre da seguire. La qualità del suo centrocampo e l’abbondanza delle soluzioni in attacco spingeranno Iachini a osare di più. Se gli infortuni daranno tregua agli uomini-chiave, i viola si candidano a occupare le posizioni all’interno, o subito a ridosso, della zona Europa League.


Torino, la squadra che cambia filosofia

Di Flavio Fusi

Tra le squadre che potrebbero sorprendere dobbiamo inserire anche il Torino, anche perché francamente sarebbe difficile fare peggio della stagione passata. È inutile girarci intorno: per larghi tratti dello scorso campionato il Torino è stato tra le peggiori squadre della Serie A, se non la peggiore in assoluto, soprattutto alla luce della rosa a disposizione di Mazzarri prima e Longo poi. I granata hanno chiuso la stagione con il minimo indispensabile (40 punti) e non sono rimasti seriamente invischiati nella lotta per non retrocedere solo grazie alle ultime tre classificate.

La scelta di affidare la panchina a Giampaolo è sicuramente radicale, tanto che lo stesso ex allenatore del Milan, ha sottolineato come il Toro venga «da una tradizione diversa rispetto al mio modo di pensare». Come sappiamo, il nuovo allenatore scelto da Cairo si era guadagnato la chiamata dei rossoneri grazie a una proposta di gioco in cui la circolazione del pallone, le verticalizzazioni, l’uso sapiente del dribbling e la volontà di difendere lontani dalla propria porta erano dei veri e propri cardini. Un taglio netto con il passato che potrebbe richiedere tempo per portare i suoi frutti, ma che era assolutamente necessario.

Con Giampaolo, apparso a parole molto motivato, sarà abbandonata la difesa a 3 per la linea a 4 che dovrebbe essere la base del “suo” 4-3-1-2, tanto che, oltre alla promozione dalla Primavera di Wilfried Singo, sono subito arrivati tre terzini di ruolo: a destra il kosovaro Mërgim Vojvoda dello Standard Liegi e a sinistra Ricardo Rodríguez e Nicola Murru, già allenati rispettivamente in rossonero e in blucerchiato. Izzo è sul mercato, dunque i centrali, salvo sorprese, dovrebbero essere Nkoulou, che fino a quando è stato motivato era una certezza, e il promettente Bremer, forse ancora un po’ acerbo ma che potrebbe crescere molto in questa stagione.

A centrocampo mancava una mezzala e si è deciso di puntare su Karol Linetty, altro giocatore del tecnico di Bellinzona alla Sampdoria. Forse manca ancora un regista, che potrebbe essere Lucas Torreira, altra vecchia conoscenza di Giampaolo e ormai in rotta con l’Arsenal. Da scoprire l’attacco, dove l’unica certezza è Belotti: Berenguer dovrebbe essere adattato a trequartista, Iago e Zaza vengono da stagioni al di sotto delle aspettative; mentre Verdi, che va obbligatoriamente rilanciato, si è visto solo mezz’ora nel precampionato a causa degli infortuni e potrebbe essere più adatto al ruolo di seconda punta che come rifinitore.

Se Giampaolo ha il vantaggio di conoscere molti giocatori abituati al suo gioco, è altrettanto vero che il Toro arriverà alla prima giornata con tantissime incognite, visto che la positività di un membro dello staff ha costretto il club ad annullare le ultime due amichevoli con la Primavera e la Sampdoria.

La squadra potrebbe stentare nelle prime giornate, ma se la società darà al suo allenatore il tempo richiesto allora i granata potrebbero fare un salto di qualità notevole sul piano del gioco e della qualità collettiva e individuale, che potrebbe riportare il Torino a lottare per qualcosa di più della salvezza.


Sampdoria, la squadra senza fronzoli

Di Alfredo Giacobbe

E se la Sampdoria facesse il salto di qualità, garantendosi una posizione tranquilla a metà classifica? La squadra di Claudio Ranieri, nel post-lockdown, nonostante le difficoltà che ha avuto – 14 positivi alla Covid-19 tra calciatori e membri dello staff – per imbastire le sessioni di allenamento e garantire un livello di forma accettabile per tutti i componenti, ha raccolto comunque gli stessi punti della Lazio.

La Samp non è cambiata molto, se si escludono le uscite di Murru, Linetty e Caprari, e da un certo punto di vista ciò può costituire un vantaggio sulle concorrenti della parte bassa della classifica – le neopromosse e le squadre in ristrutturazione – che giocoforza hanno ora la necessità di incorporare tanti nuovi acquisti. Ranieri ha avuto a disposizione lo stesso gruppo di lavoro su cui innestare i principi di un gioco solido e remunerativo: il 4-4-2 con cui la Sampdoria si sistema in campo rispecchia la mentalità no frills del proprio allenatore.

In difesa, la Samp ha in Yoshida e Colley una coppia di centrali da un metro e novanta ben assortita: Yoshida, tra i due è il più compassato e il più attento alla copertura della profondità; Colley il più aggressivo nelle uscite dalla linea e il più coraggioso nelle scelte di passaggio. Sulle corsie le chances della Samp si controbilanciano: Bereszynski sta per iniziare il quarto anno in Serie A ed è una garanzia nel ruolo di terzino destro; Augello, che Ranieri ha iniziato a inserire fin dalla passata stagione, è la scommessa per la fascia sinistra.

A centrocampo, Ranieri si tiene stretta la solidità di Ekdal e di Thorsby, mentre spera di vedere finalmente compiuta l’esplosione di Jankto. Il mancino ceco ha poco da star tranquillo, perché alle sue spalle scalpita uno dei pochi volti nuovi di questa stagione, la stellina Mikkel Damsgaard, 22 tra gol e assist in 56 partite nel massimo campionato danese. E non è detto che il mercato non porti ancora un rinforzo in questo reparto (ci starebbe bene, per esempio, uno scambio Ramirez-Verdi, che sulla carta accontenterebbe sia le esigenze della Samp che quelle del Torino).

In attacco, Quagliarella e Gabbiadini sono una coppia più che collaudata. Ma se fosse l’anno di Federico Bonazzoli? Il ventitreenne di Manerbio lo scorso anno, pur nel suo impiego part-time, ha tenuto un’invidiabile media di 0,76 gol ogni 90 minuti. È un attaccante che fa un ottimo uso del corpo, che ha una buona tecnica di calcio. Magari Ranieri riuscirà a razionalizzare la parte del suo gioco senza la palla.

Ranieri ha preso la squadra in corsa e dall’ultimo posto è riuscito ad issarsi fino alla quindicesima posizione. Partendo da inizio campionato, può sognare una salvezza tranquilla puntando la soglia dei 50 punti.


Bologna, la squadra dei giovani

Di Emanuele Atturo

Ogni anno il Bologna ambisce ad arrivare in Europa League, ma poi finisce due o tre posizioni più indietro, come se non fosse logicamente possibile non trovare 6 o 7 squadre migliori nel campionato italiano. Anche quest’anno la squadra rischia di tornare nello stesso limbo in cui è difficile trovare motivazioni, ma negli ultimi due anni, da quando cioè Sinisa Mihajlovic si è seduto in panchina, i piazzamenti del Bologna sono sempre più interessanti nel modo in cui arrivano. Lo scorso anno il Bologna è stato una delle squadre con i numeri più estremi per quanto riguarda il pressing, con un gioco atletico, intenso ed estremamente verticale.

Col calciomercato condensato, il Bologna ha deciso di non cambiare molto. È arrivato solo Lorenzo De Silvestri, un terzino destro affidabile che dovrebbe permettere a Mihajilovic di schierare Tomiyasu centrale difensivo con più continuità, dopo una stagione passata soprattutto sull’esterno. Un centrale difensivo, richiesto soprattutto dall’ambiente, non è arrivato e il Bologna spera ancora nell’affidabilità dell’esperto Danilo e di Bani, lo scorso anno protagonista di un’ottima annata.

Se la difesa lascia dubbi - soprattutto per la difficoltà di difendere nel sistema ambizioso di Mihajilovic - dal centrocampo in su il Bologna sarà una delle squadre più interessanti da seguire la prossima stagione. Ha un'età media tra le più verdi della Serie A e alcuni dei suoi giovani più peculiari, da cui ci aspettano miglioramenti con un anno di ambientamento in più. I due talenti da cui ci si aspetta di più sono senz’altro Musa Barrow e Nico Dominguez, protagonisti di un ottimo girone di ritorno e che sembrano in grado di prendersi grandi responsabilità da subito. A centrocampo ci si aspetta da Svanberg la continuità che finora non ha avuto, ma da tenere d’occhio sono anche i giovanissimi Baldursson (‘02), Juwara (‘01) e Vignato (‘00), uno dei profili più tecnici della squadra.

Anche senza obiettivi stagionali troppo definiti, il Bologna promette di essere una miniera di storie da seguire.


Parma e Hellas, le outsider della scorsa stagione

Di Daniele V. Morrone

Le due squadre che lo scorso anno hanno vestito i panni delle outsider, l’Hellas Verona e il Parma, alla fine hanno entrambe chiuso la stagione a metà classifica, con 49 punti. Il Parma di D’Aversa aveva migliorato la stagione precedente, mentre l’Hellas di Juric, neopromosso, ha stupito tutti per l’impatto che ha avuto in Serie A. Ed è interessante che abbiano scelto due modalità opposte per affrontare la nuova stagione.

L’Hellas continua con Juric e il suo 3-4-3, e quindi si è mossa per rinforzare la rosa di conseguenza, andando a prendere i centrocampisti Adrien Tameze (visto all’Atalanta), per trovare il sostituto diretto di Amrabat, e Cetin dalla Roma come sostituto di Kumbulla. Aggiungendo poi Benassi come incursore per aumentare le opzioni di un tridente offensivo che Juric è solito modificare nell’altezza dei giocatori in campo a seconda della forma e dell’avversario. L’idea è quindi quella di fidarsi del lavoro di Juric e della capacità della squadra di confermare quanto fatto.

Nel Parma, che ha cambiato proprietà e si è rinnovato anche a livello dirigenziale, invece, il nuovo DS Marcello Carli ha confermato in blocco la rosa, scegliendo però a sorpresa di cambiare allenatore, puntando su Fabio Liverani al posto di Roberto D’Aversa. Un cambio di paradigma netto e anche rischioso, visto quanto aveva costruito D'Aversa in questi anni a Parma, ma anche una dichiarazione d’intenti, perché con Liverani la nuova dirigenza vuole distaccarsi dalla precedente anche nello stile di gioco della squadra, prendendo un allenatore mostratosi più attento alla tecnica.

C'è da dire, comunque, che sia il Parma che il Lecce, che a prima vista si trovavano sullo spettro opposto dello stile di gioco, hanno condiviso dei tratti fondamentali del proprio gioco, come l’attenzione alla costruzione della manovra dal basso (sviluppata in modi diversi) e alla scelta di non utilizzare il pressing ma di preferire la copertura dello spazio in fase difensiva. Ma è anche vero che, mentre D’Aversa ha utilizzato la costruzione dal basso fondamentalmente per creare spazio da attaccare attirando il pressing avversario, Liverani invece ha impostato il Lecce con l’idea di risalire il campo compatto attraverso passaggi corti. Per farlo ha utilizzato come modulo il 4-3-1-2, con cui ha lavorato in queste settimane anche a Parma.

Il Parma di Liverani quindi modificherà le geometrie in campo per avere un centrocampista in più e due attaccanti più vicini tra loro rispetto alla scorsa stagione. Una scelta che rispecchia il punto di forza di poter ruotare come coppia di attaccanti due tra Inglese, Cornelius e Gervinho, ma bisogna vedere se Liverani riuscirà a sfruttare le risorse, visto che il Parma è stato costruito per il 4-3-3 e ha fin troppi esterni: Karamoh, Sprocati, Siligardi e neanche un trequartista di ruolo. Nell’ultima amichevole precampionato Liverani ha provato come vertice alto il centrocampista centrale Hernani, il più tecnico a disposizione, con il rombo poi composto da Brugman vertice basso e Kurtic e Kucka ai suoi lati. Ma non è un caso se gira il nome di Saponara, trequartista che la scorsa stagione ha giocato a Lecce.

La grande incognita è se il poco tempo a disposizione permetterà ai giocatori di fare loro i nuovi concetti o se il Parma finirà per essere una squadra a metà tra le due identità, che quindi difficilmente potrà fare meglio dello scorso anno.


Cagliari, la squadra che punta sulle idee dell'allenatore

Di Dario Saltari

Se provare a intuirne le prospettive adesso è difficile per qualsiasi squadra, date le poche amichevoli a disposizione per preparare la stagione e il mercato ridotto all’osso, lo è ancora di più per il Cagliari, che viene da una stagione quasi indecifrabile. La squadra sarda ha vissuto un’annata esattamente spaccata a metà, con una prima parte esaltante in cui è stata una delle grandi rivelazioni del campionato e una seconda metà deprimente in cui ha finito per sedersi sui punti fatti fino a quel momento, e che l’ha portata a chiudere il campionato a un grigio 14esimo posto. La società ha cambiato nuovamente allenatore, dopo aver esonerato Rolando Maran a inizio marzo, e si è affidata a un tecnico dall’identità netta come Eusebio Di Francesco, che a sua volta è in una fase interlocutoria della sua carriera dopo l’esperienza da incubo alla Sampdoria.

Nonostante ciò, nell’unica amichevole contro una squadra di Serie A giocata finora, contro la Roma, il Cagliari è sembrato già una squadra molto definita dalle idee del suo allenatore, con una ricerca spasmodica del pressing alto e della difesa in avanti anche senza palla. Proprio il gol che ha aperto la partita contro la squadra di Fonseca è nato da un recupero palla alto sulla costruzione avversaria - un anticipo di testa di Faragò su Mkhitaryan che ha permesso a Simeone di ricevere la palla in area e di girarla verso Rog, probabilmente il giocatore che più può beneficiare dei principi di Di Francesco. Come l’anno scorso, il centrocampo è ancora oggi il punto di forza della squadra sarda, che in Rog e Nandez può trovare sicuramente due ottimi interpreti dei movimenti iper-cinetici richiesti dall’allenatore abruzzese alle sue mezzali. Per il resto, però, il calciomercato del Cagliari è stato molto conservativo, e non solo perché ha perso senza riuscire a rimpiazzarlo quello che era stato il suo leader tecnico, e cioè Radja Nainggolan. La difesa continua a essere decisamente impacciata quando c’è da difendere con molto campo alle spalle - e nessuno come Di Francesco chiede di difendere in alto - e a questo proposito sarà interessante scoprire Sebastian Walukiewicz, giovanissimo centrale polacco “il cui istinto lo porta sempre a cercare l’anticipo in zone avanzate del campo”. Sulla trequarti invece è arrivato Riccardo Sottil, la cui qualità tecnica in spazi stretti sembra fare proprio il caso dell’allenatore abruzzese, che chiede alle sue ali di venire a giocare dentro al campo.

A parte questi innesti di prospettiva, comunque, la rosa è rimasta praticamente invariata rispetto alla scorsa stagione, con tutte le potenzialità e i limiti che questo comporta. In questo senso, forse non c’è giocatore che incarna meglio questo nuovo corso di Simeone, un giocatore che porta in campo l’intensità richiesta da Di Francesco in fase di pressing alto e la capacità di portare palla in verticale in campo lungo, ma che ha anche i suoi limiti tecnici, soprattutto in fase di finalizzazione (l’anno scorso 12 gol fatti). Insomma, il Cagliari ha bisogno di seguire le idee del suo nuovo allenatore fino in fondo, rendendo il pressing una fonte di gioco costante, per colmare le lacune della sua rosa e avere una stagione sorprendente. Alla fine è proprio a quello che serve l’identità di gioco.




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