La Serie A è finita. O almeno questo è quello che viene da pensare a guardare acquisti e cessioni dell’ultima sessione di calciomercato in Serie A. Pochissimi acquisti, tutti strani e arrabattati, e nemmeno troppe cessioni. Cessioni minori, lontane dalle clamorose plusvalenze degli scorsi anni. Come se anche i nostri pezzi pregiati fossero finiti. Venduta tutta l’argenteria abbiamo preso un telo e lo abbiamo steso per strada, riempiendolo di pentole e bicchieri.
Le cessioni di questo calciomercato sono state particolarmente tristi, perché non abbiamo venduto i nostri pezzi migliori ma giocatori promettenti che dovevano ancora pienamente realizzare il loro potenziale. Abbiamo iniziato a vendere i giocatori quindi prima che riescano ad acquisire il loro pieno valore, tecnico e quindi anche economico. Ho classificato le cessioni più tristi di questo calciomercato di gennaio.
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5. Sasa Lukic al Fulham
Quanto può diventare forte: 6
Quanto ce lo siamo goduto: 7
Grado di tristezza complessiva: 8
Il capitano del Torino, il leader tecnico dei granata, è passato al Fulham per 10 milioni. Lukic che appena poche settimane fa aveva dominato sul centrocampo del Milan, centrocampista completo, duttile, capace di tutto, con un livello atletico che sembrava a tratti troppo alto per il nostro campionato. In Inghilterra forse sembrerà un giocatore normale. Qui era eccezionale.
Lukic non accettava le offerte di rinnovo da parte del Torino, già in estate aveva chiesto la cessione. E tuttavia questa cessione resta triste, perché era un giocatore fondamentale di una squadra in un ottimo momento di forma, e che nel bel mezzo del campionato dovrà ristrutturarsi. Il Torino ha preso Ilic, un centrocampista interessante ma dalle caratteristiche molto diverse da quelle di Lukic. Un buon esempio della scarsa progettualità dei club italiani, anche quelli più nobili come il Torino, che arrivano al punto di cedere i loro giocatori più influenti a stagione in corso, facendo finta di niente.
4. Ruslan Malinovskyi all’Olympique Marsiglia
Quanto può diventare forte: /
Quanto ce lo siamo goduto: 7
Grado di tristezza complessiva: 6
Lo abbiamo buttato via come un ferro vecchio, uno scarto industriale del sistema di pensiero gasperiniano. Il tecnico aveva litigato con lui quest’estate. O meglio: aveva chiesto la sua cessione come se fosse per qualche motivo infastidito dalla sua stessa presenza. Malinovskyi era rimasto e aveva segnato contro il Milan, uno di quei gol pieni di veleno. Segnato tirando fortissimo di collo pieno dal limite dell’area.
Appena ne ha avuto l’opportunità, Gasperini ha rimesso in panchina Malinovskyi. Non è difficile capire perché non gli piacesse: anarchico, disordinato, un giocatore di livello medio quando si tratta di scelte e letture offensive. A Gasperini sulla trequarti servono giocatori più raffinati. Malinovskyi era però un’eccellenza della Serie A per quanto riguarda un singolo aspetto: il tiro in porta. Una partita dell’Atalanta con lui in campo valeva la pena di essere guardata anche solo in attesa di una sua bomba a mano da fuori. Ci sono pochi giocatori al mondo che calciano meglio di lui. Certo, questo non basta a essere un giocatore d’alto livello e la cessione dell’Atalanta è comprensibile, la squadra è migliorata senza di lui. È quindi una cessione diversa, meno triste da altre che sono in questa lista. E tuttavia è triste pensare che un giocatore mezzo svenduto, andato via per una cifra abbordabile (un obbligo di riscatto a 10 milioni più 3 di bonus), e che ha già dimostrato di poter fare la differenza nel nostro campionato, non sia stato comprato da nessuno in Italia. Un giocatore magari non di livello eccelso, ma capace di cose eccelse (di tiri eccelsi). Un giocatore divertente, che migliorava il divertimento nel nostro campionato.
A Marsiglia è già entrato in una bella polemica, dopo aver salutato il russo Golovin dopo la partita col Monaco. «Voglio scusarmi con gli ucraini. Capisco che sarebbe meglio non salutarlo, ma è successo che è venuto verso di me» ha detto. Ha già tirato una punizione che sembra essere stata disegnata in post-produzione, giusto per farci sentire la sua mancanza.
3. Jean-Victor Makengo
Quanto può diventare forte: 6
Quanto ce lo siamo goduto: 5
Grado di tristezza complessiva: 7
Erano un paio d’anni che cullavamo l’idea di Makengo, da quando cioè l’Udinese lo aveva prelevato dal Tolosa, nel 2020. Il tipo di acquisto della Golden Era dell’Udinese, capace di ravanare nei meandri dei campionati per pescare giocatori dalle doti fino a quel momento inosservate. Makengo era arrivato in punta di piedi, come si dice per quei giocatori da cui non ci si aspetta granché. Poi vedendolo abbiamo pensato: forte. Un mediano/mezzala completo, bravo in tutto. Con un controllo palla di alto livello nei corridoi centrali, bravo nei duelli fisici, offensivi e difensivi. Al primo anno ha cominciato a prendere confidenza con l’Italia, si stava ambientando. Non conosceva la lingua, è stato difficile, come da lui stesso confessato. Un ragazzo dolcissimo, che ha un idolo dolcissimo come Kanté. Quando gli chiedono perché gli piace così tanto dice: «Perché corre tanto». Come si fa a non amarlo? Altro segno che è un bravissimo ragazzo: non gioca al Fantacalcio.
Dopo un primo anno d’ambientamento Makengo ha mostrato una crescita nella scorsa stagione, soprattutto da quando è arrivato Cioffi in panchina. Lui stesso ne ha avuto la percezione: «Sono cresciuto tanto in questi due anni qui soprattutto sotto l’aspetti tattico e dell’intensità». Se guardiamo le statistiche non è tra i centrocampisti migliori della Serie A. L’impressione, però, è che a 24 anni Makengo non abbia ancora completato il suo sviluppo. Intendiamoci: Makengo sogna di vestire la maglia della Nazionale francese, ma è difficile che raggiunga quel livello. Eppure è anche con questo tipo di giocatori che si alza la competitività media del campionato. Con ottimi giocatori, ancora di prospettiva, che giocano nel centrocampo della classe media.
Makengo lo abbiamo perso a gennaio, nel bel mezzo di una stagione che stava facendo bene. L’Udinese sembra non voler chiedere più nulla a questo campionato, contenta di quella partenza esagerata che l’ha messa al riparo da ogni turbamento. Vendere Makengo a gennaio non significa nessuna resa, va bene, ma perché venderlo a 10 milioni al Lorient, alla primissima occasione disponibile?
A rendere triste questo trasferimento c’è che il Lorient ha venduto Ouattara in Premier League a 22 milioni e ha girato meno della metà di questi soldi per acquistare Makengo. Cioè un giocatore di prospettiva di una squadra media della Ligue 1 vale più del doppio di uno di una squadra media di Serie A. Mi rendo conto che si rischia di mischiare capra e cavoli, visto che Ouattara e Makengo sono giocatori diversi, ma facendo un ragionamento di gerarchie e percorsi nei due campionati ci sta. Makengo quindi era stato prelevato in Francia dal Tolosa, e tornerà in Francia al Lorient, come se la sua carriera non avesse vissuto nessuno scarto significativo, in avanti o all’indietro. Nel frattempo qualcuno agita lo spettro di Seko Fofana, ceduto addirittura per meno di 4 milioni dall’Udinese in una squadra media della Ligue 1 e poi diventato semplicemente un fenomeno.
2. Jacub Kiwior all’Arsenal
Quanto può diventare forte: 8
Quanto ce lo siamo goduto: 2
Grado di tristezza complessiva: 9
A differenza di altri trasferimenti in questa lista, ci sarebbero diversi motivi per rallegrarsi di vedere Kiwior all’Arsenal. Un giocatore raffinato che forse allo Spezia era un tantino sprecato (con tutto il rispetto), e che ora giocherà nella squadra prima in classifica in Premier League. Per di più, un’operazione in controtendenza con molti discorsi qualunquisti sul nostro campionato. Sulla scarsa competitività del nostro campionato, cioè.
Diciamo spesso che i nostri giocatori in Premier League potrebbero fare al massimo i lustrascarpe. E allora come conciliare quel pensiero col fatto che la prima in classifica ha comprato un difensore della sedicesima della Serie A? Nemmeno un difensore troppo considerato. Di Kiwior si parla poco, meno di altri colleghi più appariscenti (Igor) o più buffi (Baschirotto). Lo scorso anno lo avevo inserito fra i giocatori più sottovalutati del nostro campionato.
Kiwior non è atletico e la sua tecnica è asciutta e senza fronzoli. Le sue doti migliori sono quelle invisibili: l’intelligenza delle sue letture, col pallone e senza. Doti che forse saranno più evidenti in una squadra dal gioco complesso come l’Arsenal che in una che deve pensare a salvarsi come lo Spezia.
Il suo trasferimento ha saltato tutti i passaggi di rito: l’interesse del Sassuolo, della Fiorentina. Poi ha saltato l’interesse dell’Inter, della Juve, del Milan. Il possibile inserimento di giovani come contropartite tecniche. La tiritera sulla formula dell’operazione, su cifre stirate fino al limite estremo della trattabilità. Niente di tutto questo: di punto in bianco è arrivato l’Arsenal, ha staccato un assegno da 25 milioni, e se l’è portato via prima ancora che potessimo investire un poco del nostro entusiasmo su di lui. Siamo forse diventati così indifferenti al talento nel nostro calcio che lo vediamo partire senza nemmeno accorgercene?
1. Hamed Junior Traoré
Quanto può diventare forte: 10
Quanto ce lo siamo goduto: 6
Grado di tristezza complessiva: 10
Come le notizie più dolorose, è arrivata all’imbrunire, con già il favore delle tenebre: Hamed Traorè al Bournemouth. Non al Manchester City, non al Tottenham, nemmeno al Wolverhampton: al Bournemouth. La squadra della città dei turisti inglesi, dove Zaniolo non andrebbe neanche carcerato. La squadra che oggi occupa la terzultima posizione del campionato inglese, che dopo aver perso Eddie Howe in panchina sembra sbandare in una direzione imprecisata. Lì è finito Traorè, uno dei talenti più splendenti del nostro calcio.
Traorè è stato considerato un fenomeno precocemente. A 17 anni era già titolare in Serie B con l’Empoli. La sua storia di trasferimenti è confusa. Nel 2019 è passato al Sassuolo con la Juve che versa 1 milione di euro per avere la priorità su un futuro trasferimento. Tre anni dopo quella priorità è scaduta e Traorè passa al Bournemouth. Nel frattempo non ha affatto deluso le attese. Nelle ultime due stagioni la sua crescita è stata evidente, sia con De Zerbi che con Dionisi. Quella scorsa è stata la sua migliore stagione realizzativa, con 8 gol, e quella in cui forse ha definito meglio il suo ruolo. Sulla trequarti, sia centrale che più esterno, Traorè può far valere le sue doti tecniche superiori. In un campionato che dedica sempre poca attenzione alla tecnica e al dribbling, Traorè spicca per i suoi primi controlli e per la velocità con cui rientra sul suo destro per calciare. Quest’anno un brutto infortunio ne ha rallentato la parabola. Nel 2023 è rientrato davvero, e stava cominciando a ritrovare il ritmo partita. Nelle ultime due partite ha servito due assist.
C’erano tutte le premesse per aspettarsi un grande girone di ritorno: uno dei giocatori da guardare con amore in questa seconda parte di stagione. Invece il Bournemouth l’ha rapito, ripiegando su di lui dopo il rifiuto di Zaniolo. Non valeva forse la pena aspettare, anche per il Sassuolo, per provare a venderlo meglio? 30 milioni non sono pochi, ma appena un anno fa Traorè sembrava destinato ai palcoscenici della Champions League. Forse il club temeva che l'infortunio lo avesse un po' compromesso? L'impressione però è che sia stato venduto prima che potessimo scoprirlo, prima che potessimo apprezzarlo davvero.