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La Fiorentina ha dato il colpo di grazia alla Juventus
17 mar 2025
Ennesimo atto della tragedia bianconera.
(articolo)
8 min
(copertina)
IMAGO / NurPhoto
(copertina) IMAGO / NurPhoto
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È iniziata con una coreografia piena d’odio, è finita con una vittoria 3-0. I giovani cacciati dal progetto a banchettare sui resti di una squadra in decomposizione. È finita con un risultato quasi imbarazzante da commentare, persino per l’allenatore vincitore, che ai microfoni non se la sente di sparare sulla croce rossa: «La Juve credo non si aspettasse che li prendessimo così alti, togliendo il possesso palla alla prima squadra di Serie A nel dato. Nella prima mezz'ora ho visto una buona Juve, poi hanno perso ffiducia e si sono slegati, andando in difficoltà. Ed essendo molto amico di Thiago, non voglio dare giudizi» ha detto Palladino a fine partita.

La Fiorentina ha scritto un capitolo importante della sua storia recente, pesando il significato simbolico della sfide alla Juventus. Accresciuto dal momento che i rivali stanno attraversando. Oggi siamo nel punto più basso della Juventus di Thiago Motta. Per ora. La sconfitta contro l’Atalanta aveva sorpreso e abbattuto, dopo questa è subentrata la rassegnazione.

La squadra è apparsa svuotata e confusa, senza speranza. Neanche per un momento è sembrato che potesse andare in modo diverso, che potesse girare con un po’ di fortuna. Palladino ha parlato di “buona mezz’ora”, ma ha tralasciato di dire che dopo 18 minuti il risultato era di 2-0 per la Viola. Thiago Motta nell'attesissima conferenza stampa post-partita ha parlato di continuazione dell’ultima con l’Atalanta, come se alla Juventus non fosse bastata una settimana per riordinare le idee dopo la batosta presa in casa. Più volte abbiamo visto i giocatori bianconeri battibeccare tra loro, sulle responsabilità o su differenze di vedute nella singola azione.

È vero che la Fiorentina quest’anno si è difesa spesso bassa e ha rinunciato volentieri al pressing, ma è stato comunque strano vedere la Juventus così impreparata. La squadra di Thiago Motta aveva una settimana di tempo: l’ideale per preparare la sfida. Il fatto che la Fiorentina venisse da una partita questo giovedì era un ulteriore aiuto. Dopo la vittoria di sabato per 1-2 contro il Villarreal, l’allenatore del Real Madrid Carlo Ancelotti si è lamentato per aver dovuto giocare con meno di 72 ore di riposo dalla partita arrivata ai rigori contro l’Atlético in Champions League. L’allenatore emiliano è arrivato a minacciare di non far più presentare la sua squadra se dovesse ricapitare una situazione del genere.

La Fiorentina è tornata in campo domenica alle 18, dopo aver giocato giovedì sera e la formazione in campo è stata sostanzialmente confermata in blocco da Palladino. La squadra più scarica di testa e gambe, quella che sembrava non aver riposato era però la Juventus. La psicologia nel calcio non è subordinata alla tattica, lo stesso Motta ne ha parlato a fine partita, dicendo che la squadra deve ritrovare la fiducia, altrimenti fatica a reagire alle difficoltà create dall’avversario. La Juventus ora ha sia le idee confuse che pochissima fiducia in quello che deve fare. Non ha saputo come gestire il pressing viola pur essendo la prima cosa da preparare in una gara del genere. Quando si trovava col pallone già nella metà campo della Fiorentina riusciva anche a palleggiare al limite dell’area, ma non ha mai trovato il modo per far arrivare il pallone pulito a Kolo Muani.

Se invece però costruiva dal basso allora sembra ritornare lo spettro dell’inadeguatezza mostrata contro l’Atalanta. Spesso preda di errori banali nell’impostazione. L’opzione B diventa in questo caso quella più ricercata: la Juve lascia arrivare la Fiorentina in pressing vicino all'area di rigore, e poi verticalizza su Kolo Muani o Nico Gonzalez. Per far funzionare questa opzione si ha bisogno di controlli puliti del pallone ed esecuzioni tecniche puntuali. Qualcosa che è mancato quasi sempre, qualcosa che invece è riuscito alla Fiorentina grazie a Moise Kean, sempre affidabile nei duelli fisici e nei primi controlli.

Il primo gol, arrivato al quarto d’ora di gioco, nasce da un rimpallo in area su calcio d’angolo che Gosens è bravissimo a sfruttare. Si può parlare sia di poca reattività che di sfortuna. Il secondo arriva tre minuti ed è più indiacativo della forma tattica che abbiamo descritto. Kelly lancia lungo su Kolo Muani perché pressato da Mandragora. Il lancio è impreciso e il francese è poco determinato nell’andare sul pallone, viene anticipato da Pablo Marí che rilancia a sua volta in avanti di prima. Dall’altra parte, Moise Kean capisce subito dove finirà il pallone e lo protegge dall’intervento di Kelly appoggiandola poi di testa. La zona è quella dove si muovono sia Gudmunsson che Mandragora; uno riceve palla e l’altro va in profondità.

Gudmundsson controlla, appoggia su Fagioli, che d'esterno va in profondità per Mandragora, che segna di prima con un tiro a incrociare. Due giocatori scartati da Motta - ovvero Kean e Fagioli - sono stati decisivi nell’azione da gol della Fiorentina e in generale per la prestazione contro la Juventus. In questo caso Fagioli ha potuto muoversi con tanto spazio davanti a sé, libero da Thuram, che si era staccato da lui per coprire lo spazio dove si trovava Gudmundsson andato incontro. Non poteva sapere della copertura in estremo ritardo di Renato Veiga su Mandragora e che quindi la sua posizione era totalmente inutile, ridotto a un semplice spaventapasseri al centro della trequarti difensiva.

Anche il terzo gol nasce da una situazione di cattiva gestione della pressione viola e da una pessima lettura nella successiva azione offensiva. Dopo un inizio di frazione se non altro vivo da parte della Juventus, al 52’ Kelly lancia su Nico Gonzalez. L’argentino, braccato alle spalle da Pongracic, non riesce nello stop e Fagioli può intercettare la seconda palla senza fatica. Il centrocampista allenta la pressione triangolando all’indietro con Ranieri e poi torna proprio a costruire da dietro. A questo punto la Juventus sale in pressing. La Fiorentina pratica la stessa tattica della Juventus, muovendosi nel corto al lato della propria area, fino a scegliere l’opzione lancio lungo quando non c’è l’uomo libero accanto a De Gea. A differenza della Juventus, però, la palla lunga viene gestita con tranquillità. Fagioli scende nella sua metà campo, dialoga con Gosens, trasmette in profondità centrale per Albert Gudmundsson, che arriva al limite dell’area e calcia indisturbato.

Qui c’è tutta la differenza tra Fiorentina e Juventus: il divario che separa una squadra in campo con idee chiare e determinazione e una che sembra in confusione e fatica anche nelle cose più semplici. In questo caso non dobbiamo soffermarci tanto sul tiro di Gudmunsson, torniamo invece al momento in cui Gosens ha ricevuto l'appoggio di prima di Fagioli.

Quando il tedesco riceve palla Koopmeiners va in marcatura su Gudmundsson e vedendo Weah che sta salendo su Gosens, indica a Thuram di seguire il movimento ad allargarsi di Fagioli. Parliamo di una scalata normalissima per una squadra che decide di avere l’uomo come riferimento delle marcature. Thuram non è velocissimo a reagire e quando la palla viene restituita a Fagioli, su di lui va il centrale Kalulu. Dopo aver ceduto il pallone Gosens scatta in profondità, proprio nello spazio tra Thuram e Kalulu, e viene seguito da entrambi. Nel frattempo Koopmeiners aveva lasciato Gudmundsson perché era finito nelle vicinanze di Thuram.

Insomma, un semplice movimento in profondità esca di Gosens, ha generato metri di spazio per Gudmundsson. Veiga, poi, ci ha messo tanto, troppo, a capire cosa stesse succedendo. È rimasto a coprire il movimento di Gosens e non ha accorciato in avanti. Non c’è un singolo colpevole più degli altri, ma un insieme di giocatori lenti nell'elaborare le informazioni in campo e in balia degli eventi. C’è chi sbaglia scelta, chi ha paura di prendersi rischi, e alla fine la Juventus si lascia manipolare in modi scontati, banali.

Ai microfoni Motta si è assunto tutte le responsabilità, ma è chiaro che la Juventus paga anche questa catena di letture individuali errate o semplicemente lente. Non esiste ancora un joystick con cui l’allenatore può evitare gli errori individuali, ma in questo momento Motta sembra comunque così confuso che magari la Juventus giocherebbe anche peggio.

In sintesi, i problemi della Juventus non sembrano avere inizio o fine: sono l’aria che si respira.

All’ora di gioco, da poco col punteggio sul 3-0, Thiago Motta interviene tatticamente. Inserisce Andrea Cambiaso e Alberto Costa al posto di Renato Veiga e Nico Gonzalez. Due terzini per un’ala e un terzino, con Timothy Weah alzato come ala. Non cambia molto. Quindici minuti dopo, con il risultato invariato, Thiago Motta riprova a mettere mano, questa volta inserendo Francisco Conceição e Federico Gatti per Weah e Kelly, praticamente ruolo per ruolo. Anche i nuovi cambi non intaccano la dinamica della partita. Il centravanti Vlahovic, il più costoso giocatore della Juventus da Cristiano Ronaldo, è rimasto in panchina a osservare sotto il cappuccio la sua squadra crollare. La Juventus aveva bisogno di segnare e lui non era considerato all’altezza del compito. Stessa sorte toccata a Yildiz, il più promettente giocatore della rosa, quello a cui è stata affidata la maglia numero 10 ad inizio stagione.

Tutto quello che sembrava promettere ad inizio stagione si è spento in modo netto. La trasferta di Firenze segna un punto di non ritorno. È ormai chiaro che questa squadra è un incidente in atto, in cui non si riesce neanche più a salvare il salvabile. Si fatica a trovare una base da cui ripartire per non scivolare ancora di più in classifica - ora la Juventus è quinta.

Il paragone, oggi un po' abusato, è quello con Gigi Maifredi, arrivato 43enne dopo un'ottima esperienza dal Bologna promettendo calcio champagne con l’ambiziosa squadra di Roberto Baggio e Thomas Häßler. Durò a Torino lo spazio di una stagione conclusa da un girone di ritorno deprimente. Anche in quell’occasione la Juventus aveva perso a Firenze, anche se solo 1-0.

Maifredi si dimetterà al termine dell’ultima giornata di campionato, col mesto settimo posto raggiunto. Sembra ormai verosimile che Motta non verrà confermato a fine stagione. La qualificazione in Champions League resta l’obiettivo minimo di questo progetto nato sotto una cattiva stella, l’unico modo per limitare i danni e tornare a sperare in un futuro migliore.

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