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L'Inter si è accontentata, il Milan no
07 feb 2022
La squadra di Inzaghi ha pensato di aver vinto la partita troppo presto.
(articolo)
9 min
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La vittoria del Milan nel Derby ha reso più aperta la sfida al primo posto, ora distante solo un punto sia per i rossoneri che per il Napoli, anche se con una partita in più rispetto all’Inter. La squadra di Inzaghi, pur avendo controllato senza grossi problemi l’andamento della partita per oltre sessanta minuti, si è fatta recuperare e superare da una fiammata improvvisa degli uomini di Pioli, ricordando come – se non è mai consigliabile accontentarsi di un gol di vantaggio – in un derby lo è ancora meno.

I vantaggi strutturali dell’Inter

Inzaghi si è presentato a San Siro con la sua formazione classica, mentre Pioli ha scelto di schierare Kessié alle spalle di Giroud, forse per controllare meglio Brozovic. Per l’allenatore del Milan disporre di un giocatore di maggiore intensità senza palla nel corridoio centrale era probabilmente una priorità, così da togliere all’Inter qualche certezza nella fase di uscita palla dal basso. Il pressing dei rossoneri è stato buono per la maggior parte della gara, e in effetti l’Inter non ha fatto vedere soluzioni ricercate che sono nelle sue corde, coinvolgendo meno del solito Brozovic, ma questo non ha significato limitarne la pericolosità, anzi. La squadra di Inzaghi ha potuto contare su soluzioni alternative e, pur senza dominare il possesso, nei primi 45 minuti è stata l’unica squadra in grado di arrivare con facilità nell’area avversaria.

Oltre a Brozovic controllato da Kessié, Barella e Calhanoglu avevano addosso Bennacer e Tonali quando rimanevano nella porzione centrale del campo, così entrambi si sono mossi spesso verso l’esterno, e più di rado all’indietro, cercando di liberarsi per la ricezione. Anche se i due mediani del Milan non si sono fatti portare molto “a spasso”, l’Inter ha mantenuto la calma e mosso la palla da un lato all’altro fino ad alzare il proprio baricentro e arrivare nella metà campo avversaria sfruttando soprattutto due fattori: la propositività della catena di sinistra e i movimenti delle punte, in particolare Dzeko.

Tre delle azioni potenzialmente pericolose dell’Inter sulla sinistra.

La spinta di Perisic, coadiuvata principalmente da Calhanoglu e meno spesso del solito da Bastoni, è stata decisiva in un paio di occasioni per attaccare lo spazio alle spalle di Calabria. Oltre al gol annullato per fuorigioco, l’Inter ha avuto anche un’occasione simile sempre con Dumfries, capace di inserirsi alle spalle di Theo. Due situazioni che hanno dimostrato la difficoltà del Milan nel difendere contro squadre che riescono a servire il taglio dell’esterno con un pallone alto con il terzino, in questo caso Theo, costretto a stringere la posizione in corsa per compensare la scalata dei centrali, impegnati sull’altro lato. Queste situazioni possono essere pericolose anche perché Leao tende a partecipare poco alla fase difensiva, lasciando così il terzino francese in balia di almeno due avversari, proprio per la struttura a cinque dell’Inter.

Oltre alle combinazioni di fascia, la squadra di Inzaghi ha potuto anche godere del vantaggio competitivo delle punte rispetto ai centrali difensivi del Milan, che sono stati spesso in difficoltà a leggere i movimenti incontro dei loro riferimenti.

Romagnoli in difficoltà su Dzeko e Lautaro.

Le volte in cui l’Inter riusciva a superare il pressing del Milan riuscendo a risalire il campo dall’esterno, era poi in grado di trovare in diagonale il movimento della punta con facilità. A questo punto per il Milan diventava difficile fermare l’attacco nerazzurro, che è riuscito a creare diversi pericoli alla porta di Maignan, fino ad arrivare al gol di Perisic, arrivato da un corner calciato alla perfezione con traiettoria a uscire da Calhanoglu (verso una zona che il Milan faticava a controllare con la sua struttura difensiva, come testimoniato da una seconda conclusione di Perisic pochi attimi prima della sua sostituzione). Per l’Inter, anche se non ha trovato il gol, la partita di Dzeko è stata molto importante, non solo come punto di riferimento centrale, ma anche per una varietà di movimenti e soluzioni che hanno messo in difficoltà gli avversari. L’attaccante bosniaco è stato utile anche in fase difensiva.

Tre azioni di un onnipresente Dzeko. Nelle prime due immagini (stessa azione), prima si propone molto aperto sul lato debole e poi prosegue arrivando al cross dopo aver scambiato con Perisic; nella terza lo vediamo attaccare lo spazio alle spalle di Theo arrivando poi a servire Lautaro (che a sua volta servirà Barella, una delle più grandi occasioni della partita). Infine, una ripartenza propiziata da un anticipo di Dzeko su Bennacer.

Il fatto che l’Inter non sia riuscita a trovare un gol su azione nonostante un atteggiamento in possesso che è sembrato più convincente di quello avversario potrebbe essere un campanello d’allarme per Inzaghi, e magari il rovescio della medaglia di aver avuto uno Dzeko così disponibile in giro per il campo è stato proprio questo: un svuotamento dell’area di rigore che non ha permesso all’attacco di essere così efficace come avrebbe potuto.

Un Milan incerto ma subdolo

Il Milan, pur non andando sotto nei duelli individuali, nel primo tempo aveva faticato moltissimo a costruire occasioni contro un’avversaria che si difendeva compatta. I rossoneri, nonostante la consueta fluidità, finivano per commettere molti errori nell’ultimo quarto di campo e soprattutto hanno mostrato più di una difficoltà nel riconoscere i vantaggi creati dalla loro strutturazione.

La squadra di Pioli impostava da dietro tenendo i due tenendo i due terzini alti e i due mediani oltre la linea di pressione, ma quando il baricentro si alzava verso la metà campo questa struttura cambiava: uno dei due mediani (principalmente Bennacer) si abbassava sulla linea dei due difensori centrali, mentre i due terzini si stringevano quasi sempre all’interno. In questa dinamica, Leao e Saelemakers partivano larghi mentre Kessié navigava più vicino possibile a Giroud. Il problema principale del Milan è stata una certa confusione nella ripartizione degli spazi, nata probabilmente dal desiderio di attaccare le seconde palle intorno a Giroud, che ha portato la squadra di Pioli ad attaccare in maniera poco armonica, rimanendo aggrappata a qualche iniziativa personale di Tonali.

Perisic e Dumfries avrebbero dovuto controllare Theo e Calabria, ma la presenza di molte maglie rossonere nella metà campo dell’Inter avrebbe dovuto creare qualche incertezza nelle uscite. Nell’immagine qui sopra, per esempio, vediamo Theo libero di ricevere con Barella che richiama Dumfries che invece era rimasto basso su Leao, una crisi decisionale che il Milan avrebbe potuto forzare di più attraverso un palleggio più articolato e che avrebbe permesso di creare situazioni pericolose o con le conduzioni dei terzini oppure cercando l’uno contro uno di Leao contro il difensore laterale dell’Inter (situazione in cui il portoghese è letale, anche se va detto che i difensori dell’Inter hanno quasi sempre vinto i duelli individuali sull’esterno). Il Milan invece ha prediletto una ricerca rapida di Giroud attraverso i lanci o delle rapide verticalizzazioni, finendo spesso per intasare il centro e togliendo ritmo e soluzioni di gioco ai suoi centrocampisti.

Tonali chiuso, Leao Theo e Giroud tutti al centro.

Il Milan, insomma, ha fatto poco per mettere in difficoltà le uscite in pressione dell’Inter, talvolta addirittura rendendole più semplici, come nei casi in cui Leao andava ad accentrarsi troppo verso Skriniar, ragione che ha portato Pioli a richiamare il portoghese all’occupazione dell’ampiezza scegliendo di limitarne gli accentramenti e gli scambi di posizione con Giroud.

Due occasioni in cui il Milan ha attaccato meglio: Giroud riceve un laser pass di Bennacer, tagliando verso sinistra dopo uno scambio di posizione con Leao, e scarica pulito su Tonali che poi parte in conduzione (prima e seconda immagine); Leao approfitta della posizione stretta di Theo Hernandez per ricevere largo alle spalle di Dumfries.

Per un’ora il Milan è stato in balia delle sue incertezze, finendo per incartarsi da solo pur non giocando una cattiva partita nei singoli e non riuscendo mai a mettere in difficoltà la difesa posizionale dell’Inter. Forse l’aspetto più negativo è stata l’impossibilità di coinvolgere nella fase offensiva Leao, quello che è in questo momento il giocatore più determinante della squadra.

Theo potrebbe sfruttare Leao contro Dumfries, ma sceglie di verticalizzare su un isolato Kessié.

Paradossalmente, però, potrebbe essere stata proprio questa difficoltà del Milan nel creare i presupposti per un buon attacco a far rilassare troppo l’Inter, che nel secondo tempo è sembrata voler solo controllare la partita, senza cercare la seconda rete che avrebbe probabilmente chiuso qualunque discorso. Certo, il Milan deve ringraziare il suo portiere che nel primo tempo è stato autore di alcuni interventi prodigiosi, ma sarebbe ingeneroso etichettarla come una partita vinta grazie a due episodi casuali nel finale.

La squadra di Pioli, nonostante le difficoltà, non ha mai mollato la presa, limitando i possibili danni grazie ad alcune prestazioni dei singoli, come quella di Maignan appunto, ma anche al lavoro di Bennacer, sempre pronto a coprire i buchi con le sue corse all’indietro e intercettando più volte palloni pericolosi. Infine è stato lo stesso Giroud, il giocatore che più di tutti sembrava aver contribuito a inceppare la manovra milanista e che era stato controllato abbastanza agilmente da de Vrij nella maggior parte dei duelli, a risolvere la partita con due giocate molto diverse, ma ugualmente indicative del suo talento in area di rigore. Nella prima è stato caparbio e rapido nel leggere l’azione facendosi trovare al posto giusto al momento giusto, nella seconda ha mostrato tutta la qualità che gli ha permesso di giocare in alcune delle migliori squadre al mondo.

Se c’è un altro duello che il Milan ha vinto, poi, è quello in panchina. Con le sostituzioni Pioli ha aggiustato gli errori che aveva commesso nell’undici iniziale – come la posizione di Kessié. L’ingresso di Brahim Diaz (ma anche quello di Messias a destra, fondamentale per il secondo gol) ha permesso alla squadra di avere un opzione tra le linee per risalire il campo più rapidamente e in maniera più pericolosa. Inzaghi invece forse è stato un po’ frettoloso in alcune scelte, dettate forse dai cartellini o dalla volontà di portare energie fresche che però hanno diminuito la capacità di controllo della partita da parte dell’Inter.

Il finale è che una partita che per oltre un’ora aveva confermato la sensazione dell’Inter come squadra incontrastata nella corsa verso lo Scudetto, una squadra in grado di controllare la rivale diretta pur senza giocare una partita eccezionale, è risultata essere invece la partita che riapre i giochi per la vittoria al campionato. La strada è ancora lunga e l’Inter è ancora la squadra da battere, ma questo derby ha mostrato che non si può dominare la Serie A senza essere cinici e concentrati per 90 minuti. Dall’altra la rimonta del Milan alimenta non solo l’epica di una vittoria che sembrava impossibile, ma è un’iniezione di fiducia che gli uomini di Pioli dovranno sfruttare nelle prossime settimane affinché questo derby non sia solo un acuto ma la base di una vera impresa.

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