Ormai anche gli organismi monocellulari sanno che per sopravvivere non è necessario essere il più forte quanto, piuttosto, sapersi adattare. Di sicuro lo sapeva Paulo Fonseca prima di venire in Italia per allenare la Roma, prima di affrontare un autunno in piena emergenza, con un centrocampo così pieno di infortunati che è stato costretto a far giocare un difensore a centrocampo per un mese esatto. Dal 24 ottobre, partita di andata contro il Borussia Mönchengladbach in Europa League, Gianluca Mancini ha giocato centrale di centrocampo (in coppia con il francese Jordan Veretout). Adattato, appunto. Fino al 24 novembre, partita di campionato giocata contro il Brescia, in cui è tornato a giocare in difesa e – tu guarda gli scherzi del destino – ha segnato il suo primo gol con la maglia giallorossa.
Dopo un inizio di stagione non semplice, in cui era stato chiamato a coprire il vuoto tecnico e affettivo lasciato da Kostas Manolas, non riuscendoci fino in fondo, sembrava che Mancini non sarebbe riuscito a confermare la scorsa, grande, stagione con l’Atalanta di Gasperini. Un sistema di gioco così diverso da qualsiasi altro che quasi tutti i giocatori partiti da Bergamo hanno faticato a cambiare maglia: ci stava riuscendo Bryan Cristante prima di infortunarsi – tu guarda, ancora, gli scherzi del destino – proprio nel ruolo che ha ricoperto Mancini in quel mese.
Spostato a centrocampo, Mancini ha mostrato un’intelligenza tattica notevole che gli ha permesso di sbagliare pochissimo con e senza palla, facendo da schermo davanti alla difesa e da primo costruttore di gioco, aggredendo in avanti e abbassandosi tra i centrali difensivi per impostare (a qualcuno avrà ricordato De Rossi). Ma è andato oltre ogni più rosea aspettativa, con una precisione nei passaggi da centrocampista di élite (89.3%) e una visione di gioco sulla trequarti non “da difensore”.
Il gol con il Brescia è un premio del destino anche se arrivato con una giornata di ritardo. Un pallonetto di prima intenzione, su sponda di Smalling – entrambi rimasti in area dopo un calcio d’angolo battuto all’indietro – che non solo non è “da difensore” ma non è neanche “da centrocampista”: la sensibilità nel tocco, la propriocezione e la consapevolezza di dove si trovava il portiere sono da finalizzatore finissimo, da centravanti esperto, nato “con l’istinto del gol”.
La Roma di Fonseca ci ha regalato molte sorprese in quest’ultimo periodo, Mancini forse è stata quella più sorprendente di tutte. E in caso servisse Fonseca potrebbe provarlo anche in attacco, chissà che la Roma non abbia già in casa il prossimo Dzeko (si scherza, ovviamente).