Questo articolo è uscito originariamente sul blog di Wyscout in inglese. Ne riportiamo la traduzione in italiano.
Andrew Gravillon, 1998, Pescara
Andrew Gravillon è nato a Pointe-à-Pitre, in Guadalupa, la stessa città in cui è nato Lilian Thuram. L’8 febbraio ha compiuto 21 anni ma ha già cambiato tre squadre. A 18 anni dal FCM Garges-Les-Gonesse è passato all’Inter - notato in un torneo quando aveva appena 15 anni - e poi, ancora prima di esordire tra i professionisti, il Benevento lo ha acquistato per la sua prima stagione in Serie A. Gravillon non è riuscito a giocare molto, appena 2 presenze, ma aveva già messo in mostra abbastanza qualità da essere chiamato in prestito dal Pescara nel mercato di gennaio, una squadra di Serie B con ambizioni di promozione.
È al Pescara che Gravillon sta mostrando tutto il suo talento, spiccando fra i migliori difensori della Serie B. Gravillon ha scelto il Pescara per Zeman - «potevo andare al Novara, che è poco distante da Milano, ma, dopo aver parlato con l’agente, ho deciso di venire a Pescara perché qui c’è un tecnico che mi può far diventare “un leone” a livello tecnico» - ma il tecnico boemo è stato esonerato appena un mese dopo il suo arrivo. Al suo posto è arrivato Giuseppe Pillon, che in questa stagione ha fatto tornare il Pescara a competere per le prime posizioni. Gravillon è uno dei pilastri della squadra quinta in classifica, e che era anche una delle migliori difese della categoria, almeno prima di prendere 5 gol dall’attacco del Brescia (che però si sta dimostrando fuori scala).
Come quasi tutte le squadre con ambizioni di promozione, il Pescara domina il campo col possesso, mantenendo una linea difensiva mediamente alta. In questo contesto Gravillon può sfruttare tutta la sua capacità nella copertura della profondità. Gravillon è alto quasi un metro e 90 ma è così muscoloso che sembra più basso. Ha un fisico statuario, su cui poggiano tutte le sue migliori qualità: la potenza nell’uno contro uno, la velocità in campo aperto, la forza negli stacchi aerei.
Gravillon è un difensore moderno e aggressivo, che ama rompere la linea in avanti (con tempi non sempre perfetti) e giocare con molto campo alle proprie spalle, sicuro di poter recuperare su qualsiasi attaccante. La sua capacità nel recupero è così evidente che spesso Gravillon si lancia anche in diagonali di chiusura dalla parte del compagno di reparto - Perrotta o Campagnaro - sempre più lento di lui. Spesso non si limita ad accompagnare l’avversario ma va direttamente per il pallone.
La modernità di Gravillon si esprime anche con la palla fra i piedi. Il Pescara comincia sempre da lui l’azione, che con il piede destro è sempre lucido nelle letture. Quando non può affidarsi al regista - Brugman - sfrutta la sua precisione nel gioco lungo col destro, con cui ama spesso cambiare campo verso l’esterno offensivo sul lato opposto. Gravillon non ha una sensibilità tecnica d’élite, ma le sue esecuzioni sono comunque pulite e quasi sempre lucide.
I suoi limiti maggiori, in questo momento, risiedono nella gestione della difesa in area di rigore. Non è sempre concentratissimo nella marcatura degli avversari in area e quando gli spazi si restringono ed è costretto a lavorare di più con il tempismo e le letture. A volte si perde l’uomo che si inserisce, oppure non accorcia sempre con i tempi giusti (nella partita contro il Brescia ad esempio concede a Torregrossa molto spazio in area per siglare il quinto gol).
Si tratta comunque di difetti legati anche alla sua giovane età. Un difensore di solito raggiunge la maturità attorno ai 25 anni, e Gravillon in questo senso ha davanti ancora alcuni anni in cui può trovare il modo di limitare i suoi difetti ed esaltare invece i suoi pregi, che già ora sono diversi ed evidenti.
Gaetano Castrovilli, 1997, Cremonese
Gaetano Castrovilli ha un fisico asciutto, un destro elegante e la faccia da bambino. A prima vista sembra più giovane e fumoso di quanto non sia in realtà. A 22 anni ha superato le 50 presenze in Serie B, dove ha esordito tre stagioni fa con la maglia del Bari.
Pochi mesi dopo la società pugliese lo cede alla Fiorentina, che già lo aveva avuto in prestito per disputare il Viareggio dell’anno precedente. L’esperienza nella primavera viola dura solo pochi mesi: dopo 6 gol e 8 assist in 14 presenze la società decide di darlo in prestito alla Cremonese, per testarne le qualità in Serie B.
La scorsa stagione è stata quella dell’apprendistato, per il centrocampista, che nel giro di poche settimane è riuscito a calarsi bene nel gioco verticale e aggressivo di Tesser. Castrovilli era la prima alternativa al trequartista Piccolo, ma nel corso della stagione è riuscito a guadagnarsi spazio giocando anche come mezzala, nonostante un contesto molto fisico come quello della Serie B.
Col tempo il centrocampista ha imparato a compensare la sua leggerezza fisica con un buon tempismo, che gli permette di sporcare la giocata dell’avversario o tagliargli la strada con la corsa. La crescita è stata relativamente veloce, e nella seconda parte della stagione è riuscito anche a prendersi il posto da titolare, chiudendo l’anno con 26 presenze, un gol e 4 assist.
In estate la Cremonese ha deciso di rinnovare il prestito, e Castrovilli si è preso definitivamente un posto in mezzo al campo. Finora il centrocampista classe ’97 ha giocato tutte le partite in cui era a disposizione, giocando in quasi tutti i ruoli tra centrocampo e attacco. Esterno a destra e a sinistra, sia col 4-4-2 che col 4-3-3, trequartista nel rombo e all’occorrenza mezzala. Questa versatilità affonda le radici nelle sue ottime doti tecniche, che gli permettono di condurre palla o coprirla, scambiare nello stretto o cambiare gioco.
Le cose migliori le fa vedere quando può partire dalla zona sinistra del campo, in modo da poter tagliare dentro sul piede forte. Nonostante sia alto un metro e ottanta Castrovilli ha un ottimo equilibrio, che gli permette di tenere la palla incollata al piede nonostante le tante finte di corpo e i cambi di direzione.
L’altissima percentuale di dribbling riusciti di Castrovilli.
Qualche mese fa, in un’intervista, il centrocampista ha raccontato che il suo primo amore era quello per il ballo. Dopo un anno di danza classica Castrovilli ha scelto il calcio, senza abbandonare del tutto la sua vecchia passione: «Molto spesso mi capita di pensare a una finta, a un dribbling o a una giocata e paragonarla ad un passo di danza. Mi viene più naturale».
Questa connessione si vede anche in campo: Castrovilli ha grande ritmo e progressione, ma sa giocare anche con le pause, come quando rallenta il movimento per tagliare fuori un avversario, o va in surplace per aspettare il compagno a rimorchio. In questo fondamentale ha un grande senso del gioco, anche se a volte si fida troppo del suo istinto.
Il suo destro è un grimaldello utile per tutte le occasioni, sa giocare con l’esterno e crossa bene da entrambe le fasce (non a caso, batte quasi tutti i corner e le punizioni). Finora non è riuscito a sfruttare il suo destro in zona gol, anche se il secondo gol al Perugia faccia presumere una crescita anche in tal senso. Complessivamente si tratta di un centrocampista duttile ma non completamente formato, con prospettive di crescita ancora ampie.
David Okereke, 1997, La Spezia
Quando all’inizio di dicembre David Okereke ha segnato il terzo gol contro il Cosenza, grazie a un destro sul secondo palo forte e preciso, il commentatore ha urlato in maniera scomposta «questo è fortissimoooo». Era il quinto gol stagionale per il nigeriano classe 1997 in forza allo Spezia, che si aggiungeva a cinque assist. Da quel momento il suo nome ha iniziato a circolare in ottica calciomercato, accostato addirittura alla Juventus come il nuovo Kouamé.
Nato a Lagos, Okereke è cresciuto calcisticamente nell’Accademia di Abuja, fondata in Nigeria da Gabriele Volpi, presidente dello Spezia. Da qui sono passati anche Sadiq e Nura, poi finiti anche loro allo Spezia, e Okonkwo, oggi di proprietà del Bologna. Dopo un veloce passaggio in Primavera, dove si è fatto notare per un grande torneo di Viareggio nel 2016, Okereke ha disputato un’ottima mezza stagione in prestito al Cosenza, in Serie C, che gli è valsa il ritorno allo Spezia, dove in questa stagione si sta facendo notare come uno dei prospetti più interessanti della Serie B.
Nel 4-3-3 dei liguri Okereke viene impiegato come punta centrale, tranne qualche rara occasione in cui è stato schierato esterno destro accanto a Galabinov. Schierarlo in quel ruolo è stata una mossa controintuitiva di Pasquale Marino, considerando la sua formazione da seconda punta e i suoi limiti in fase di finalizzazione, ma che sta pagando i suoi frutti.
Grazie a una velocità e a una forza fisica oggettivamente fuori scala per la Serie B, Okereke interpreta il ruolo di riferimento offensivo centrale con grande varietà: può tagliare in profondità grazie alla sua velocità, ma anche giocare spalle alla porta sfruttando i suoi 182 centimetri d’altezza e i 75 chili di peso. Ma non solo, il giovane nigeriano spazia molto su tutto il fronte offensivo, evitando di dare punti di riferimento ai difensori avversari, dato che da fermo dimostra di avere ancora molti limiti. Il suo movimento costante apre spazi interessanti per i compagni che proprio il nigeriano è bravo a servire, tanto che oggi Okereke ha più assist (10, è il secondo migliore in serie B, anche per occasioni create) che gol (8).
La sua arma principale è la velocità sia nel breve che in progressione, che gli permette di essere una minaccia costante in campo aperto (come esempio si può guardare lo scatto con cui si è procurato il rigore nella partita contro il Brescia), ma anche di essere efficace nel dribbling, pur non essendo un giocatore particolarmente tecnico o con un gioco di gambe raffinato. Okereke esegue 4.45 dribbling ogni 90 minuti, con una percentuale di successo del 68,9%.
In area, come prima punta, Okereke dimostra di essere ancora piuttosto grezzo, non ha dei movimenti abbastanza efficaci per anticipare gli avversari sui cross, né delle letture particolarmente elaborate: la finalizzazione è il suo più grande limite. Okereke calcia di destro e di sinistro, e quando ha tempo per coordinarsi riesce anche ad imprimere una discreta violenza alle sue conclusioni, tuttavia quando deve provare a costruirsi un tiro con pochi tocchi o che richiede uno sforzo di preparazione maggiore, il risultato è spesso povero: le sue conclusioni sono spesso strozzate o imprecise, tanto che solo il 36,8% di esse centra lo specchio della porta e circa 1 su 10 diventa gol.
Ad appena 21 anni, Okereke ha tempo per limare i difetti del suo calcio, che sono ancora molti. Al contrario il mix di potenza, velocità e caparbietà che lo caratterizzano sembrano freschi e naturali, e lo rendono un prospetto interessante anche per un salto di categoria nel breve termine.
Sandro Tonali, 2000, Brescia
Con la stessa rapidità con cui celebriamo la consacrazione di un fuoriclasse, ci affrettiamo quasi subito a designarne il successore. In Italia il dibattito intorno ad Andrea Pirlo è arrivato a toccare livelli di degenerazione che hanno portato perfino a una distorsione della sua figura. Dopo Aquilani, Montolivo e Verratti, avremmo dovuto aspettare il nuovo millennio per vedere nascere il giocatore in assoluto più somigliante a Pirlo dal punto di vista fisico.
Come Pirlo, Tonali è cresciuto e si è affermato nel Brescia, e sono poche le differenze immediatamente percepibili nelle movenze. L'affinità fisica non deve però ingannare sull'analisi dell'aspetto più importante, ovvero quello delle qualità effettive mostrate sul campo.
A differenza di Pirlo, Tonali ha iniziato fin da subito la sua carriera davanti alla difesa, ereditandone l'evoluzione del concetto di regista. Tonali ha attinto da Pirlo quella che sembra essere la sua migliore qualità, ovvero la precisione nei lanci lunghi a palla scoperta. Tonali nel gioco lungo possiede un'ottima sensibilità anche con il piede sinistro, suo piede debole, mentre con il destro effettua lanci precisi anche di prima intenzione. Il suo margine di sviluppo in questo fondamentale riguarda la parabola: i ritmi di gioco relativamente ridotti della Serie B gli permettono ora di essere efficace con lanci piuttosto morbidi, ma per adattarsi alla Serie A o ad altri campionati Tonali dovrà necessariamente rendere più tesi e penetranti i suoi palloni lunghi, per non dare tempo alle difese avversarie di riposizionarsi.
Tonali è molto più efficace come mediano che come trequartista anche perché le sue stesse abilità nel corto - soprattutto nel gioco di prima con il piede destro - e nei passaggi filtranti emergono con più efficacia quando imposta da dietro, mentre mostra ancora qualche carenza in fase di rifinitura contro difese schierate. Un suo limite in fase di costruzione, tuttavia, è rappresentato dagli smarcamenti: in linea con la sua indole piuttosto compassata, Tonali fatica a muoversi per ricevere palla eludendo le marcature su di lui. Questo aspetto potrebbe causargli difficoltà in Serie A dove il pressing è più organizzato, soprattutto se dovesse essere inserito in una squadra con portiere e difensori non particolarmente abili nella costruzione del gioco con i piedi.
La sua percentuale di riuscita dei filtranti e dei passaggi smarcanti, soprattutto verso l'area avversaria, è ancora un po' bassa. Tonali deve migliorare nella rifinitura quando si trova giocoforza a ridosso dell'area avversaria contro una difesa schierata.
In linea con il suo temperamento in apparenza flemmatico, Tonali orienta la sua fase difensiva in una protezione della zona. Non è aggressivo nelle uscite sull'uomo, né per tentare di intercettargli il pallone davanti e nemmeno nell'ingaggiare contrasti. Spesso si fa anticipare dall'uomo che gli passa davanti, ma è in grado comunque di proteggere piuttosto efficacemente la sua zona a difesa schierata, intercettando i palloni che gli transitano intorno. Nel gol dell'1-1 del Carpi a Brescia si vede anche sui calci piazzati la sua scarsa propensione nella marcatura a uomo.
Senza dubbio siamo di fronte a un talento raro nel panorama italiano degli ultimi 10 anni, un giocatore oltretutto già piuttosto maturo dal punto di vista della personalità e delle responsabilità in campo. Un ragazzo anche molto scaltro nel modo di usare il fisico, sia nel contatto fisico che nelle finte di corpo. La Nazionale di Mancini ha imboccato la strada della massima qualità in tutti i reparti e del dominio del possesso: in questo contesto sarà interessante vedere come Tonali si inserirà gradualmente nei prossimi anni.
Luca Vido, 1997, Perugia
In un campionato il cui capocannoniere, Alfredo Donnarumma, ha segnato 21 gol gli altri attaccanti stanno passando sotto traccia. Eppure ci sono finalizzatori e giocatori offensivi che si stanno mettendo in mostra, e uno di loro - fra i più giovani - è senz’altro Luca Vido.
Non è la prima stagione di Vido in Serie B, che ha già frequentato con la maglia del Cittadella prima nel 2017 e poi nel 2018, con in mezzo un breve ritorno all’Atalanta, la squadra che lo ha acquistato dal Milan nell’estate del 2017. Si parla di Vido come un grande talento da quando ha vinto, da protagonista, il bronzo con la Nazionale U-20 e militava nelle giovanili del Milan. A 22 anni ha però ancora faticato a trovare il contesto che potesse massimizzare un talento evidente ma particolare e disperso in molti aspetti.
Vido infatti non è un attaccante semplice da inquadrare. Non ama giocare spalle alla porta e non ha negli smarcamenti senza palla il suo punto di forza; non è un finalizzatore implacabile, né un rifinitore. Vido però sa fare tutte queste cose piuttosto bene, e il suo talento ha a che fare soprattutto nel mix fra le sue qualità fisiche e tecniche. Vido è alto un metro e 82 e ha un fisico slanciato e potente. Quando parte in accelerazione è temibile: controlla la palla con l’esterno destro, con una frequenza di passi molto rapida, e può cambiare direzione all’improvviso.
Queste qualità stanno esplodendo in questa stagione nel Perugia, dove Vido è una delle due punte del 4-3-1-2 schierato da Alessandro Nesta. Vido ha messo insieme 7 gol e 3 assist in 21 presenze, ma il suo contributo si esprime anche in zone distanti dalla porta avversaria, spesso esterne, dove è utilissimo per risalire il campo. Dall’esterno destro poi Vido tende ad accentrarsi, cercando di associarsi con i compagni - la punta Melchiorri o il trequartista Verre - oppure provando direttamente la conclusione in porta.
Vido deve migliorare la precisione delle sue conclusioni, troppo centrali.
Nonostante non sia il tipo di attaccante che vive in funzione del gol, negli ultimi metri Vido diventa temibile. Specie per la qualità balistica del suo tiro in porta - ama calciare soprattutto di potenza con l’esterno destro del piede - ma più che per la precisione soprattutto per il modo in cui se lo prepara. Vido non è abilissimo nei movimenti senza palla, ma in compenso quando ha il pallone è molto reattivo ed esplosivo, e la sua frequenza di passi gli permette di ricavarsi la conclusione anche in spazi molto ristretti. Un aspetto che spesso lo porta anche ad esagerare nella ricerca del tiro.
Vido sembra un attaccante perfetto per giocare in squadre verticali e ad alta intensità, che amano recuperare il pallone in alto e ridurre l’articolazione della manovra offensiva per arrivare presto alla conclusione. Al contempo però sembra poter dare il meglio di sé quando può puntare frontalmente la porta, non lavorando troppo nel lavoro a muro e di sponda, e per questo ha bisogno di giocare magari vicino a giocatori che davanti lavorano per lui e che diano un riferimento offensivo. Al momento Vido è ancora di proprietà dell’Atalanta, chissà che non sia proprio un maestro come Gian Piero Gasperini a trovare il modo per massimizzare i frutti di un talento così peculiare.