
Mancano poche giornate alla fine del girone d'andata e la stagione calcistica sta entrando nel pieno. I rapporti di forza tra le squadre in Italia e in Europa si vanno via via delineando, la Champions League sta per entrare in quel momento in cui si iniziano a fare i calcoli su classifiche e combinazioni di risultati.
Proprio le sfide europee hanno creato, come ogni anno, polemiche e discussioni su quanto il calcio italiano sia allenante, fisico e intenso per poter essere all’altezza delle principali squadre degli altri tornei.

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Fabio Capello, negli studi di Sky Sport, dopo la sconfitta interna della Juventus contro lo Stoccarda ha commentato: «Il calcio italiano va troppo piano. Appena le nostre squadre trovano delle squadre che corrono, che pressano, anche tecnicamente non bravissime come lo Stoccarda, ti mettono in difficoltà. Ci vuole più velocità, più agonismo», riferendosi ad un’eventuale gap di intensità con gli altri campionati. Un paio di settimane dopo, però, ai microfoni del post-partita di Real Madrid-Milan 1-3, Fonseca ha dichiarato: «Il Monza gioca uomo su uomo, è più difficile giocare quelle partite rispetto a questa. Il Real è la più forte del mondo ma sono partite molto diverse ed è difficile giocare contro chi fa uomo su uomo», elogiando l’intensità e la precisione del pressing in Serie A.
Capello e Fonseca rappresentano i due poli di questo dibattito, che vede da una parte chi considera la Serie A troppo statica e ossessionata dalla tattica, e dall'altra chi ormai la considera un terreno di caccia delle marcature uomo su uomo di stampo gasperiniano, che in Europa sono ancora merce rara. Tra questi due estremi è quindi interessante chiedersi dove sia la verità: questo gap atletico tra la Serie A e gli altri principali campionati europei esiste veramente?
La pausa per le Nazionali che ci siamo da poco lasciati alle spalle è arrivata in un buon momento per pesare questi discorsi. I dati che ho utilizzato per questo pezzo, che è realizzato in collaborazione con StatsBomb, arrivano fino al 25 novembre, equivalenti alle prime tredici giornate dall’inizio del campionato.
Partiamo da una delle più antiche critiche al campionato italiano, e cioè quella secondo cui in Serie A si giochi meno degli altri. Chi la sostiene tira spesso in ballo la Premier League come esempio virtuoso da seguire e non è raro sentire dire che in Inghilterra ci sono sempre “10 minuti in più” di tempo di gioco effettivo. Ma è davvero così?

Il grafico rappresenta il tempo medio in cui il pallone è stato in gioco. Sono presenti la stagione corrente e le ultime tre stagioni complete, distinte per campionato. Si può vedere che nelle stagioni 21/22 e 22/23 la Serie A è stata anche seconda tra i 5 campionati, mentre nelle ultime due è scivolata al quarto posto. In ogni caso la differenza di poco più di un minuto con gli altri tornei non è così consistente da rendere il calcio giocato tra i diversi paesi sport “diversi” e quindi imparagonabili.
Stabilito questo, possiamo iniziare a considerare alcune metriche di pressing e di intensità senza palla. Nei tre grafici che seguono sono raffigurate le riconquiste della palla, la distanza media delle azioni difensive dalla propria porta e le "azioni aggressive" in generale (quindi tackle, pressioni e falli che seguono una ricezione avversaria).
Da questi grafici si può evincere una realtà interessante. La Serie A da una parte è il campionato in cui si conquista meno palla e in cui si aggredisce meno la ricezione, ma allo stesso tempo è anche quello in cui tendenzialmente si difende più alti.
Quest’ultima statistica forse non sorprenderà chi segue abitualmente il campionato italiano: Gasperini e le marcature uomo su uomo sono state una delle rivoluzioni tattiche più di successo degli ultimi 20 anni del nostro calcio, e oggi i suoi discepoli le fanno proliferare praticamente ad ogni livello (basti pensare solo per la Serie A a Thiago Motta, Palladino e fino a poco tempo fa Juric, anche se con interpretazioni molto differenti).
C'è un fondo di verità, però, nell'idea che la Serie A sia un campionato meno aggressivo senza palla. Nel nostro campionato sembra esserci un gap rilevante che questa stagione sta toccando picchi di addirittura 20 tra contrasti, falli e pressioni per partita in meno rispetto a Ligue 1 e Premier. Sono numeri importanti che danno una prima indicazione, che possiamo approfondire isolando le singole pressioni.
Nel grafico che troverete qui sotto è riportato il numero di volte che una squadra porta una pressione all’avversaria, sempre distinguendo per campionato e per anni (per ogni lega in ordine crescente da sinistra ci sarà quindi la 21/22, la 22/23, la 23/24 e l’attuale 24/25). Il grafico inoltre separa le pressioni nella propria metà campo (raffigurate dalla barra in alto) da quelle esercitate in quella avversaria.
I risultati sono abbastanza interessanti. Innanzitutto possiamo osservare un trend: in tutti i campionati il pressing sta aumentando nelle ultime stagioni e lo sta facendo in modo proporzionato. Per quanto riguarda le due aree considerate, le azioni di pressing di squadra stanno aumentando percentualmente più o meno in modo omogeneo, ad eccezione della Premier League. Nel campionato inglese le pressioni nella metà offensiva hanno aumentato il loro peso: prendendo come riferimento le pressioni totali, quelle dopo la linea di centrocampo sono passate in meno di quattro anni dall’essere il 44% delle globali al 49%.
Anche questa distinzione, per tornare al nostro discorso, sembra confermare però la tesi secondo cui in Serie A si pressi meno - in particolare dai numeri che la vedono all’ultimo posto tra i cinque principali campionati europei sia per pressioni nella metà avversaria sia per quelle generali.

C'è da dire, però, che esistono tanti tipi di pressing e un difetto di questo grafico è che non può distinguere come una squadra pressa. La metrica più utilizzata per capire quanto una formazione sia aggressiva e alta, per esempio nei confronti della costruzione bassa avversaria è il PPDA, cioè i passaggi “permessi” prima di effettuare un’azione difensiva.
È la variabile più famosa sia perché permette di avere un numero puro, ma soprattutto per l’immediata comprensibilità del dato: più la statistica è bassa più la squadra risulterà efficace nel togliere tempo e spazio all’avversario in fase di avvio di azione.

La 21/22 sembra la stagione in cui il PPDA ha avuto il proprio picco in tutti i campionati, mentre il pressing sulla costruzione bassa pare farsi meno efficace ogni anno rispetto a quello prima, in quanto i numeri si stanno alzando progressivamente (ricordo che questa metrica va letta “al contrario”).
La Serie A come campionato sembra abbia perso smalto in questo particolare aspetto, alzando il suo dato di 2,4 punti nelle ultime quattro stagione, mentre la Bundesliga è ultima per distacco (quindi è il campionato più aggressivo).
Un altro aspetto da considerare per capire le attitudini difensive sono gli interventi dei portieri. Dall’avvento rivoluzionario di Neuer le competenze richieste ad un portiere di alto livello sono aumentate moltissimo in diversi aspetti. Uno di questi è la capacità da parte dell’estremo difensore di accorciare in avanti, per colmare lo spazio che sempre più squadre tendono a lasciare dietro la propria linea difensiva. Per il nostro discorso, quindi, può essere utile capire di quanti metri escano i portieri per intervenire.
I dati arrivano da questa stagione e sono stati rappresentati tramite dei boxplot per raffigurare l’ampiezza della distribuzione dei vari giocatori. Il portiere che salta all’occhio maggiormente è, come pronosticabile, Neuer, che interviene difensivamente in media a poco più di 36 metri dalla propria porta. Un dato assurdo.
In generale la Bundesliga (la media è riportata nel punto bianco) e la Premier sembrano i campionati dove i portieri tendono più ad uscire, mentre la Serie A dei cinque tornei è quello che sembra usare un approccio più conservativo con i propri portieri. Un dato in assoluta controtendenza (e per questo interessante) con l’altezza media degli interventi difensivi in Serie A in generale, visti poco sopra, che riportavano il dato più alto.

E per quanto riguarda i giocatori di movimento? In quale campionato vengono effettuati più spesso contrasti e intercetti? Nel grafico successivo è riportata la distribuzione di questa variabile tra i cinque principali campionati europei, sempre rappresentati con i box plot per visualizzare bene la mediana (la riga centrale) e la varietà di calciatori.
La statistica è tarata considerando il possesso palla della squadra in cui ogni giocatore gioca in modo da rappresentare meglio le tendenze di un giocatore ad intervenire molto, nonostante non abbia molte occasioni per farlo.
In questo caso è la Ligue 1 a farla da padrona: i suoi giocatori intervengono in media quasi 0,5 volte di più di tutti gli altri campionati, che si attestano intorno a valori simili. In Serie A, Hien è il giocatore che sembra avere più attitudine al contrasto aggressivo, un dato non sorprendente per chi ha visto giocare almeno una volta l'Atalanta.

Visti i dati campionato per campionato, una curiosità che ha senso soddisfare per avere un quadro più completo sono le diverse strategie difensive in fase di pressing messe in atto dalle squadre quest’anno. Insomma: vedere come i diversi club nei loro campionati riescono a trasformare il loro pressing alto in tiri.
Nel grafico che segue c’è il già citato PPDA rapportato ai tiri scaturiti da una riconquista in pressione. In questo ambito è molto alto il dato del Bologna, che permette più passaggi prima di intervenire solo di Monaco, Tottenham, PSG e Barcellona, riportando il quinto dato più basso.
Per quanto riguarda lo sfruttamento di questo pressing, Southampton e Newcastle sono squadre ben rodate, mentre è stranissimo il dato dell’Eintracht Francoforte, che pressa (molto) meno delle altre la costruzione bassa, ma tira tantissimo. Un dato surreale, esattamente come quello del Getafe, dalla parte opposta dello spettro.
Rimanendo in Italia, il Parma sembra efficacissimo nel crearsi tiri in questo tipo di contesti, mentre l’Inter per ora non riesce a creare ancora delle occasioni dalla propria pressione alta.

Quali sono invece le migliori squadre per efficienza nei propri pressing e gegenpressing? Il Bayern è per distacco la migliore squadra in Europa per questo aspetto: quasi il 17% delle sue riaggressioni e il 26% delle sue pressioni provocano una riconquista della palla. Appena dopo c’è l’Inter, che si conferma una macchina da pressing, mentre la Real Sociedad è il miglior club a riaggredire l’avversario dopo una palla persa.
In Serie A è rilevante la presenza di molte squadre che sembrano saper quando e come pressare come Monza, Como o Fiorentina.

Visti i dati, possiamo trarre alcune conclusioni, che si possono riassumere con una massima: il pressing sta cambiando il calcio, e il calcio sta cambiando il pressing. Il dato delle pressioni sempre crescenti, associate ad un PPDA sempre maggiore, tradisce forse un’abitudine da parte delle squadre nel saper costruire in maniera più efficiente.
Probabilmente il continuo stress che le squadre che provano a costruire dal basso ricevono ogni partita le ha portate a trovare soluzioni più sicure per uscire palla al piede. È una questione per cui ovviamente nessuno ha una risposta, ma sarà interessante vedere come proseguiranno questi trend.
In Italia non sembra ci sia mancanza di capacità di pressing, ma più probabilmente una diversa attitudine nell’esercitare intensità in avanti. È probabile che, non disdegnando fasi di difesa posizionale, in Italia si tenda a privilegiare il controllo tattico e quindi l'azzeramento dei rischi. Anche in questo caso non una sorpresa per chi segue il nostro campionato.
In Serie A non mancano allenatori che applicano un pressing radicale, come Gasperini o Italiano, e più che un problema di qualità sembra essere una questione di attitudine e frequenza. Le squadre italiane che eccellono in Europa spesso lo fanno adottando un approccio più moderno e aggressivo, segno che il pressing non è estraneo al nostro calcio. Per ora, però, il pressing in Italia sembra rimanere più l’arma tattica di alcune squadre che una attitudine sistematica.