Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
Le sette discese più belle di Vincenzo Nibali
14 set 2022
Momenti che rimarranno impressi al di là delle vittorie.
(articolo)
10 min
(copertina)
Tim de Waele/Corbis via Getty Images
(copertina) Tim de Waele/Corbis via Getty Images
Dark mode
(ON)

Mercoledì 11 maggio Vincenzo Nibali ha annunciato il ritiro dal ciclismo professionistico alla fine di questa stagione. La notizia è arrivata al traguardo della quarta tappa del Giro d’Italia 2022, che arrivava a Messina, la sua città natale, dove ha iniziato a pedalare. Nibali nell’intervista durante il Processo alla Tappa è evidentemente commosso, mentre passano le immagini di una carriera e soprattutto dei trionfi. Ribadisce che la decisione è stata presa con serenità e si sofferma, e lo farà spesso nei giorni successivi, sull’affetto che la gente gli sta mostrando lungo le strade, sempre e comunque. Come se capisse solo in questo momento che peso hanno avuto la sua carriera e i suoi successi.

Dal giorno successivo Nibali sembra essersi liberato di un peso, e affronta le tappe del Giro 2022 con molta più serenità. Forse conscio che è l’ultimo, il suo unico obiettivo è divertirsi, godersi l’affetto della gente. Pur senza obiettivi di classifica, alla sedicesima tappa (Salò-L’Aprica) si ritrova quinto in classifica generale. L’attitudine di Nibali a questo Giro è evidente proprio durante la salita verso Mortirolo. Nibali, alla testa di un gruppo di quindici corridori, tra cui la maglia rosa Richard Carapaz e gli altri in lotta per la classifica generale, passa per primo in cima al GPM. Appena scollinati, attacca la discesa in testa, una delle sue specialità. Bastano pochi metri per fare selezione e addirittura per fare il vuoto. Luca Gregorio in telecronaca commenta: «Vincenzo non credo abbia proprio attaccato, ma è talmente superiore a livello tecnico in questo frangente rispetto ai corridori dietro che ha preso del vantaggio». L’azione in sé porterà a nulla di fatto, ma tanto basta ai tifosi per esaltarsi di fronte al canto del cigno del campione messinese.

Come disse Paolo Savoldelli in un intervento dalla moto durante un’altra discesa di Nibali dal Mortirolo nel 2010, Nibali «è un grande discesista perché non corregge mai le traiettorie in curva». Per celebrare la sua straordinaria carriera ecco sue sette iconiche discese. Nessun ordine, alcune hanno portato a vittorie, altre ci hanno fatto emozionare.

Sanremo 2018

La prima discesa è in realtà una vittoria, forse una delle più romantiche di Nibali: la Milano-Sanremo del 2018. Trentaquatrenne ormai sul viale del tramonto, "lo squalo", come spesso gli è capitato, non ci sta a essere messo nel dimenticatoio tanto in fretta. Alla prima Classica importante, lancia il più classico degli attacchi sulla salita del Poggio a 7 km dal traguardo. La vista sul mare, il pubblico che si agita per l’emozione, il primo accenno di tramonto, accompagnano le curve di Nibali verso l’Aurelia e gli ultimi due chilometri di rettilineo.

I dieci secondi che prende durante la discesa gli bastano per arrivare fino in fondo. Nell’intervista dopo la tappa è visibilmente felice e risponde alle domande dei giornalisti che lo assediano come se fosse al bar con gli amici.




Lombardia 2015

Durante la Classica delle Foglie morte, Nibali piazza l’attacco decisivo a meno di 17 chilometri dall'arrivo, sulla storica discesa del Civiglio (3,5 km all'8% di pendenza media), prima di entrare a Como, dopo il lavoro in salita di uno stoico Diego Rosa, che contribuisce a fare un’importante selezione. La discesa comincia a 16 chilometri dal traguardo e Nibali in poco più di 4 chilometri guadagna dieci secondi. C’è anche il tempo di prendersi qualche rischio, quando in uscita da una curva a destra si trova davanti la traiettoria di una moto che rimane nel mezzo della carreggiata. Il pilota indica a Nibali con il braccio sinistro di spostarsi proprio da quel lato. L’inerzia spinge la bici verso l’esterno e Nibali decide di assecondare la traiettoria – in caso contrario avrebbe dovuto frenare bruscamente per tagliare dietro la moto. In questo modo si infila alla destra della moto in uno spazio forse di mezzo metro tra il fianco della motocicletta e il muro di una casa. Un gesto tecnico per certi versi folle, che Nibali celebra mandando a quel paese la moto.

Alla fine della discesa del Civiglio il guadagno sarà di oltre quindici secondi. Nibali si invola tutto solo verso San Fermo della Battaglia (salita di 2 km a 5,3 km dal traguardo), ancora grazie al grande lavoro di Diego Rosa che marca il gruppo inseguitore formato da Pinot, Chavez, Nieve e Valverde, spezzando il ritmo e impedendogli di trovare un accordo per tirare i cambi. Quest’azione fa esclamare a Riccardo Magrini «Un marcamento che il grande Claudio Gentile se lo sogna» e che permette a Nibali di attaccare l’ultima salita con quaranta secondi di vantaggio. Nonostante Dani Moreno del team Katiusha riesca a tornate discretamente sotto, con quattordici secondi di distacco, Nibali mantiene il vantaggio e taglia il traguardo di Como: mentre percorre gli ultimi metri, una bandierina italiana, di quelle di plastica, si stacca dall’asticella di un – forse – ignaro tifoso e va poeticamente ad appoggiarsi sull’addome di Nibali che è dritto sul sellino con le braccia alzate in trionfo.




Lombardia 2017

Due anni dopo Nibali si ripete, stessa gara, stessa discesa, stesso attacco. L’unica differenza è che non è più in tuta azzurra Astana, ma in quella rossa blu della Bahrein Merida.

A pochi metri dello scollinamento sul Civiglio, circa 300 metri, Nibali si alza sui pedali per andare a riprendere Tibhaut Pinot (sempre lui): c’è un momento in cui Pinot si volta per controllare la situazione degli inseguitori e sembra sorpreso di vederlo a pochi metri di distanza, acquattato sulla bici, prendendo effettivamente la forma di uno squalo. Pinot e Nibali cominciano appaiati la discesa, ma dopo poco tra di loro c'è già una ventina di metri. Pinot non è uno specialista delle discese, addirittura Francesco Pancani durante telecronaca Rai lo definisce, esagerando, “un paracarro”, ma evidentemente si è allenato sul fondamentale e almeno nella prima parte riesce a limitare i danni. Ma è nella seconda parte della discesa, con più curve e quindi più tecnica, che Nibali apre la voragine.

A differenza di due anni prima non ci sono moto di mezzo, non c’è la strada semi bagnata. Nibali scende con una tranquillità disarmante, dà la netta sensazione di conoscere a memoria le curve. Non sembra di guardare un corridore durante una gara, ma un amatore durante la sua uscita settimanale. Dopo la consueta salita di San Fermo della Battaglia, Nibali affronta gli ultimi 5 chilometri con quaranta secondi di vantaggio su Pinot, l’arrivo, come due anni prima, è in gloria.




Giro d’Italia del 2017

Dopo un inizio di Giro complicato, Nibali accusa un ritardo di tre minuti e quaranta dal leader Tom Domoulin. Nel tentativo di recuperare il distacco, sferra un attacco in discesa sul passo dello Stelvio. La tappa del Mortirolo rimane nella storia per un episodio accaduto a circa 32 chilometri dal traguardo. Il leader, Tom Dumoulin, si ferma improvvisamente a bordo strada, si sfila dalla testa in modo goffo la maglia rosa e si accovaccia in preda a fortissimi dolori intestinali. Il gruppo non si ferma e attacca compatto l’inedito Passo dell’Umbrail sul confine tra l'Italia e la Svizzera. Il primo a tagliare il Gpm a circa 20 km dall’arrivo è Mikel Landa in maglia Sky, ma il suo attacco ha i secondi contati perché dietro di lui stanno arrivando Vincenzo Nibali e Nairo Quintana, in compagnia di Il'nur Zhakarin e Domenico Pozzovivo, che stanno cercando in tutti i modi di approfittare della crisi nera di Dumoulin. All’attacco della discesa il distacco del messinese da Landa è di soli tredici secondi, circa 200 metri. Nella prima parte della discesa, il gruppetto si allunga subito. Solo Quintana riesce a rimanere 4-5 metri dietro Nibali, che disegna le sue traiettorie senza incertezze. Nella seconda parte della discesa, dove la distanza delle curve diminuisce e quindi la discesa si fa più tecnica, Nibali attacca, dopo ogni curva rilancia la bicicletta e in pochi tornanti ricuce lo strappo su Landa, mentre Quintana viene nettamente lasciato indietro. Sulla curva che sancisce l’aggancio a Landa, Nibali compie un gesto che rimane nella memoria dei più appassionati: poco prima della curva a sinistra della strada c’è una striscia bagnata, provocata dalla neve; Nibali si accovaccia sui pedali e la salta per evitare problemi sull’imminente tornante. La lunga picchiata verso Bormio si conclude con lo spunto vincente su Mikel Landa. Nibali chiuderà quel Giro sul terzo gradino del podio.




Giro d’Italia 2016

Anche al Giro del 2016 Nibali si trova in difficoltà, con alcune giornate opache. Il 29 maggio arriva la 19° tappa, e arriva la cima Coppi rappresentata dalla durissima salita verso il colle dell’Agnello. Circa 20 km al 7% di pendenza media: scollinamento a 2.744 metri. Se il versante italiano è durissimo, la discesa sul versante francese invece digrada più dolcemente anche se comunque molto veloce. Nibali, in difficoltà durante la salita, può contare su un inossidabile Michele Scarponi che transita per primo sul gpm per poi attendere più avanti il suo capitano e scortarlo verso il traguardo. La prima parte della discesa, così come la salita, presentano il pericolo del bagnato. La strada infatti si snoda tra due muri di neve alti due metri, con i corridori che passano in un tunnel di ghiaccio. Proprio questa prima parte sarà fatale alla maglia Rosa Stefan Kruijswijsk che sbaglia la traiettoria in uscita da una leggera curva a destra e si schianta nella neve finendo letteralmente gambe all’aria. Nibali consapevole di quanto successo spinge la bici lungo i 40 km di discesa, tallonato dal solo Esteban Chavez, toccando picchi di 80 km/h. A fondovalle trova Scarponi che lo scorta sull’ultima salita verso Risoul, dove Nibali si libera di Chavez e vince in solitaria: sarà il preludio al suo secondo successo al Giro.




Giro d’Italia 2010

Il primo trionfo in una tappa del Giro d’Italia per Nibali. Quella del 2010 è la terza partecipazione al Giro e Nibali è presente come gregario di Ivan Basso, nella squadra verde-bianca-blu della Liquigas. Nibali ha quasi 26 anni e non disdegna l’idea del successo di tappa, della gloria di giornata. Quell’anno il Giro parte con tre tappe dall’Olanda.

Nibali coglie la sua occasione alla 14° tappa, con partenza a Ferrara. Dopo una prima parte pianeggiante fino ad Asolo nell’altopiano di Asiago, segue l’ascesa al Monte Grappa a 40 km dall’arrivo (1.775 metri, 18 km all'8%, con 1.400 metri di dislivello). A circa 7 chilometri dalla cima, si forma un gruppetto con Nibali, Ivan Basso, Cadel Evans e Michele Scarponi. Nibali scollina per primo e poi attacca la lunga discesa di 25 chilometri lungo la storica strada Cadorna. Nonostante la pioggia, che funesta tutta l’ascesa dei corridori e soprattutto rende pericolosissima la discesa, Nibali fa il vuoto, guidando la bicicletta con una tale naturalezza e tranquillità che sembra quasi una banalità per uno spettatore, anche se lui sta scendendo a una velocità senza senso. La straordinarietà dell’atto è evidente dal confronto con gli inseguitori, come si vede bene dalle riprese televisive: tra brusche frenate, slittamenti della ruota posteriore, frenate lunghe in curva, e soprattutto la posizione rigida di quasi tutti, sintomo di paura. Il confronto con Ivan Basso è impietoso. Nibali taglia il traguardo per primo con 23 secondi di vantaggio proprio su Basso.

All’arrivo l’unico scontento di questa prima impresa di Nibali è proprio Ivan Basso: qualche giorno dopo, durante la discesa del Mortirolo alla 19° tappa, nel giorno in cui Basso conquista la maglia rosa, con condizioni climatiche molto simili alla tappa del Grappa, è più che evidente che gli ordini di squadra per Nibali siano stati chiari: scortare il capitano in discesa. Nibali è come un levriero ai cancelletti prima dello sparo: chiaramente costretto a scendere con il freno a mano tirato per assistere nella discesa il suo capitano, si volta in continuazione per controllare Basso, completamente irrigidito alla guida della bici. Nibali ci mette tutta la buona volontà a non staccarlo, ma la sua superiorità è talmente lampante che nemmeno mettendosi d’impegno può evitare l’inevitabile.

Manca poco alla fine della carriera di Nibali, ma i ricordi che ci ha lasciato sono ancora molto vividi nelle menti di tutti. E al di là delle vittorie dei grandi Giri, con mitici attacchi in salita, ciò che rimane sono soprattutto le sue fenomenali discese.




Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura