Quando nel 1997 Andre Agassi riceve la notifica dall'ATP di positività alle metanfetamine la sua carriera è sull'orlo dell'abisso. Sceso al 141 del mondo e alle prese con la complicata relazione con Brooke Shields il “Kid”di Las Vegas prende una decisione che racconterà anni dopo nella sua autobiografia Open. Risponde all'ATP che l'uso di droga è stato accidentale, e così facendo si salva da una squalifica che avrebbe probabilmente sepolto definitivamente la sua carriera, che dopo questa vicenda conoscerà una lenta risalita.
I controlli per doping nel tennis sono un tema complicato, e in certi casi generano ingiustizia. Il tema di come il tennis protegga i propri migliori giocatori dentro una campana di vetro è tornato d’attualità nella giornata di martedì, quando è emersa la notizia dell'assoluzione di Jannik Sinner. Il tennista altoatesino è stato scagionato di qualsiasi accusa di doping dall'ITIA per la presenza nelle urine del Clostebol, uno steroide, durante il torneo di Indian Wells. Un torneo in cui Sinner è stato eliminato da Carlo Alcaraz in semifinale in tre set.
Facciamo un po' d'ordine. Sinner viene trovato positivo al Clostebol il 10 marzo, al termine del match vinto per 6-3 6-4 con Struff. Il 18 marzo il tennista italiano risulta positivo anche alle analisi tenute al di fuori del torneo. Nelle urine di Sinner viene trovato una quantità minuscola di Clostebol: 0.1 milionesimi di grammo per litro. Il Clostebol è uno steroide anabolizzante, già noto come sostanza dopante utilizzata in maniera massiccia nel doping di stato della DDR. In Italia è presente in tanti medicinali di uso comune, facilmente comprabili senza ricetta. Uno di questi è il Trofodermin, usato per trattare le ferite superficiali. Diciamolo subito, come ribadito da tutti i medici interpellati in queste ore: la quantità di sostanza non può essere considerata "dopante", in grado di alterare le prestazioni sportive, in alcun modo.
Sinner viene sospeso in due periodi diversi, tra il 4 e il 5 aprile e tra il 17 e il 20 aprile. In entrambi casi il (poi) numero uno del mondo ha chiesto e ottenuto una sospensiva, potendo quindi continuare a giocare e soprattutto senza avere l'obbligo di rendere nota la sospensione, che infatti è arrivata come un fulmine a ciel sereno quando è stata rivelata ieri. Il 20 agosto Sinner è stato definitivamente assolto dal tribunale dell'ITIA, stabilendo che l'assunzione non è stato né dolo, né negligenza ma dato che il Clostebol è stato nel corpo del campione italiano durante Indian Wells gli sono stati revocati 400 punti e l’intero prize money del torneo.
Una punizione anche un po’ illogica se pensi che chi la riceve è innocente; sembra suggerire quasi che in realtà Sinner sia stato “risparmiato”, seppur colpevole. Non è così: nonostante Sinner sia stato assolto anche dall'accusa di negligenza per quanto riguarda l'assunzione della sostanza proibita, L'ITIA in ogni caso non poteva esimersi dal togliere punti e prize money: Sinner non era risultato colpevole dell'assunzione della sostanza, ma aveva comunque partecipato a un torneo ATP da positivo, anche se lievemente positivo, anche se la quantità di sostanza assunta non era in grado di alterare le sue prestazioni sportive. Sono le regole.
Com'è arrivato il Clostebol dentro Sinner?
La sostanza è entrata nel corpo di Sinner tramite il suo fisioterapista Giacomo Naldi, che gli ha applicato dei massaggi senza guanti con un dito ferito, e medicato con uno spray contenente la sostanza. Naldi è stato visto con un vistoso cerotto sul dito proprio durante Indian Wells. L'impianto difensivo del pool di avvocati di Sinner si basa su una serie di fraintendimenti e cattive comunicazioni. Umberto Ferrara, preparatore atletico di Sinner, compra in una farmacia di Bologna il Trofodermin, uno spray per ferite superficiali, il 12 febbraio. Il 5 marzo Ferrara, che si era portato il Trofodermin nella trasferta del Sunshine Double, suggerisce a Naldi di usare lo spray per curare una ferita al dito fatta usando il bisturi. Qui le versioni divergono: Naldi dice di non essere stato avvertito da Ferrara che fosse uno spray con dentro il Clostebol, Ferrara invece dice di averlo avvisato.
Il dito fasciato di Naldi.
In ogni caso il tribunale riconosce nella sentenza come il Clostebol sia entrato nel corpo di Sinner tramite i trattamenti fatti dal fisioterapista tra il 5 e il 13 marzo. In particolare il 9 marzo il tennista avrebbe ricevuto un trattamento di 60-90 minuti, come riportato da questa ricostruzione di Riccardo Bisti.
Al Clostebol basta poco per entrare nel corpo e anche un trattamento effettuato senza guanti è sufficiente per causare una contaminazione. Secondo la difesa quindi Sinner non era in grado di sapere che Naldi stesse effettuando trattamenti con il Trofodermin sopra la pelle. E proprio dentro la sostanza viene citata una domanda del 3 marzo di Sinner a Naldi, confermata dallo stesso, in cui il numero uno del mondo, notando la ferita al dito, chiede al fisioterapista se stesse usando uno spray. Naldi risponde di no, ed effettivamente non aveva ancora iniziato il trattamento con il Trofodermin.
Andando avanti nelle motivazioni Naldi però poi ammette di non ricordarsi se tra l'utilizzo dello spray e i trattamenti di Sinner si era lavato le mani. E considerando che Sinner riceve lunghi trattamenti nel corso di Indian Wells è così che la sostanza proibita entra nel corpo del campione. Le misure in cui entra sono ridottissime, 76 picogrammi. Una quantità talmente piccola che i tre medici indipendenti interpellati dall'ITIA scrivono nella sentenza che non può avere effetti dopanti sul corpo dell’atleta.
In un’intervista precedente alla sentenza il coach Mouratoglou descrive con esattezza il caso Sinner. Il caso era già noto all’interno del circuito?
Da fuori quella di Naldi appare come una leggerezza incredibile di un fisioterapista esperto. Naldi è stato il fisioterapista di Marco Cecchinato e ha un passato anche nel basket, con la Virtus Bologna. In realtà è pratica comune dei fisioterapisti quella di operare sui tennisti senza guanti, reputati scomodi per loro e per gli atleti stessi. Una prassi confermata da Andy Roddick in un'intervista di queste ore. Non stupisce quindi che la contaminazione sia potuta arrivare durante un trattamento, e per le proprietà della sostanza la penetrazione è estremamente semplice.
In Italia, dove il Clostebol si trova in molti medicinali senza ricetta, sono successi numerosi casi di doping legati a questo anabolizzante. Nel calcio José Luis Palomino dell’Atalanta è stato prima accusato di doparsi con Clostebol salvo poi essere assolto per lo stesso motivo di Sinner, mentre Fabio Lucioni fu squalificato per un anno. Nel tennis sono successi i due casi di Marco Bortolotti e Stefano Battaglino, e se Battaglino ha subito una squalifica di quattro anni, Bortolotti, numero 87 del mondo di doppio, ha subito una pena identica a quella di Sinner. La differenza di trattamento di Battaglino è spiegabile col fatto che in quel caso il tennista non era riuscito a dimostrare l’origine dell’assunzione - giudicata quindi intenzionale. L’impianto difensivo di Sinner invece è stato ritenuto solido.
L'ITIA ha fatto scalpore negli ultimi anni anche in casi molto lontani dal Clostebol. Un esempio è il tennista svedese Mikael Ymer, mai trovato con sostanze dopanti nel corpo ma squalificato per 18 mesi a causa di tre test anti-doping saltati. In tutti e tre i casi Ymer non ha mancato volontariamente il test, piuttosto è stato vittima di un errore di comunicazione tra il suo agente e gli agenti dell'anti-doping. La sua vicenda, piuttosto incredibile, è stata ricostruita da lui stesso.
Un altro caso celebre è quello di Simona Halep. La campionessa rumena aveva subito 4 anni di squalifica per l'assunzione di Roxadustat, una sostanza ritenuta dopante perché aumenta i livelli di emoglobina nel sangue. L'assunzione però era arrivata tramite il Keto MCT, un integratore usato da Halep durante lo US Open. Il CAS ha poi dato ragione ad Halep, riducendo la pena a nove mesi sulla base del fatto che Halep, che poi ha denunciato l'azienda, non potesse sapere che l'integratore conteneva la sostanza proibita. Halep è stata penalizzata da un processo estremamente intricato e ricco di falle, ricostruito qui da Federico Ferrero.
Per i medici interpellati dall’ITIA Sinner ha assunto in maniera involontaria il Clostebol, e comunque in una quantità talmente bassa da non ricevere effetti dopanti. E in generale il Clostebol è reputato obsoleto anche come sostanza dopante dai medici. In sostanza Sinner ha sicuramente evitato danni più gravi alla sua carriera nel breve e medio termine, ma per legge la WADA può ancora ricorrere in tribunale al TAS di Losanna, anche se le probabilità sono basse. Il tribunale infatti ha riconosciuto come Sinner abbia agito nella massima cautela possibile, liberandolo quindi da ogni possibile negligenza. Lo spazio di manovra degli avvocati dell’accusa può vertere sulla negligenza di Sinner, e su quanto l’atleta sia stato realmente premuroso nel prevenire un'eventuale contaminazione.
Sulla disparità di trattamento
Il danno d’immagine è stato non da poco, con la notizia che ha aperto molti TG nazionali e preso le prime pagine di tutto il mondo. Per una volta Sinner non è stato un cattivo solo nel contesto italiano. Tra chi si è accanito di più contro l’italiano ci sono stati alcuni colleghi: Denis Shapovalov, Nick Kyrgios e Lucas Pouille, oltre a influencer di tennis su Twitter. Kyrgios, negli ultimi anni sempre benevolo verso Sinner, ha parlato di una sentenza “ridicola” e che «avrebbe meritato almeno due anni». Shapovalov ha parlato di «regole diverse per giocatori diversi».
Sono stati commenti ingenerosi per Sinner, ma che volevano puntare il dito soprattutto sui problemi di sistema e le sue diseguaglianze strutturali - più che altro Shapovalov, che ha poi chiarito che non si riferiva specificamente a Sinner. Da questo punto di vista ci sono delle ragioni evidenti. La stessa associazione che gestisce l’antidoping è composta da tutti i membri di governo del tennis mondiale: WTA, ATP e Slam. Lo stesso tema sollevato dal caso Zverev: che interesse avrebbe la ATP, che deve svolgere le analisi interne, a sanzionare una delle proprie stelle?
Proviamo però a restare sul caso di Jannik Sinner, senza inquinare le acque, perché in questo caso si è seguita la procedura in modo piuttosto ligio. A fare storcere il naso ad alcuni commentatori è stata la mancanza di una sospensione successiva alla positività.
Anche qui però Jannik ha agito nel completo rispetto delle regole. Il programma anti-doping permette una sospensione della squalifica provvisoria in attesa di giudizio, una possibilità concessa a tutti i tennisti. La vera differenza qui è tra chi possa permettersi o meno un ricorso d’urgenza, molto oneroso e che prevede la presenza di un pool di avvocati molto esteso. La disparità, dunque, esiste, ma ha a che fare con le risorse finanziarie e i disequilibri della struttura economica del tennis. Non è una disparità giuridica. Chi ha insinuato che Sinner abbia beneficiato un trattamento giuridico di favore ha commentato con troppa superficialità. Bisogna precisare anche che due dei tre medici chiamati a giudicare di esperti le analisi non conoscevano l’identità del giocatore.
Già dall’accettazione del ricorso era palese la buona riuscita dell’appello: di solito l'ITIA lo concede solo a fronte di una spiegazione estremamente credibile e motivata.
Chi ne esce peggio
Probabilmente ci vorrà un po’ per guarire questa ferita mediatica per Sinner, che ha anche accusato un calo fisico nei mesi successivi alla vittoria di Miami. Sicuramente non deve essere stato semplice gestire in questi mesi la prosecuzione del caso assieme alla vita delle normali competizioni sportive. Chi ne esce male da questa storia è sicuramente il sistema tennis, che ancora una volta mostra una gestione confusa dei suoi stessi regolamenti. Il tennista australiano John Millman, prendendo le parti di Sinner, sottolinea un punto importante: si può definire davvero funzionante un protocollo che porta a una squalifica per la contaminazione di una quantità di sostanza così infinitesimale, ma che allo stesso tempo consente agli atleti di abusare delle esenzioni terapeutiche? Un vado di pandora che non è il caso di scoperchiare ora. Chissà però se un caso così al limite come questo, che ha coinvolto il numero uno del mondo, non porterà a una revisione di alcuni protocolli.
Per Jannik ora ci sarà uno US Open da gestire con un peso sulle spalle in meno e un Masters 1000 in più, con la certezza che il primo numero uno italiano della storia non ha mai assunto sostanze ritenute dopanti.