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Il Siviglia non si arrende mai
22 nov 2017
Berizzo NON ha comunicato alla squadra del suo cancro a fine primo tempo, ma la rimonta sul Liverpool è comunque una storia epica.
(articolo)
8 min
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L’epica di una squadra è quel misto di convinzione e memoria selettiva che permette di costruirsi un’immagine astratta, ma emotivamente positiva e rassicurante, e va oltre il gruppo di giocatori di una singola stagione: viene tramandata dai senatori ai rookies appena usciti dalle giovanili, dai padri ai figli sugli spalti. È una qualità intangibile che per i tifosi conta quanto la maglia e lo stemma, e che tutte le grandi squadra hanno, l’una diversa dall’altra. L’epica può essere rappresentata da un motto, da una frase nata dalla storia stessa del club o magari da un’abile strategia di marketing: c’è la squadra per cui “vincere non è importante, è l’unica cosa che conta”, quella che “non camminerà mai sola”, quella che è “più di un club”. La notte di Siviglia-Liverpool è stata l’apoteosi dell’epica seviglista che dice che la squadra andalusa “nunca se rinde”: non si arrende mai.

Un’epica che si è rafforzata nell’ultimo lustro grazie alle partite più importanti giocate in casa, soprattutto nelle notti europee. Se lo ripetono i tifosi, ma se lo ripetono anche i giocatori e questo fa del Ramón Sánchez-Pizjuán uno stadio con un ambiente pregno di una fede semplicemente incredibile. In casa il Siviglia non ha mai perso con più di due gol di scarto in Europa nella sua storia, e non perde da un anno esatto, campionato compreso, dalla partita con la Juventus del 22 novembre 2016. In casa il Siviglia ha rimontato partite difficili con grande successo in passato e prova sempre a farlo fino alla fine.

Nella scorsa Liga, ad esempio, la squadra di Berizzo aveva interrotto l'imbattibilità del Real Madrid che durava da 40 partite. Sotto di un gol fino all'85', era riuscita a ribaltare il risultato grazie a un'autorete di Sergio Ramos e a un guizzo al 91' di Stevan Jovetic, al debutto in campionato e già in gol contro il Madrid appena tre giorni prima. L'anno precedente anche Ciro Immobile aveva contribuito a rimontare i "Merengues", battuti 3-2 dopo essere passati in vantaggio con Sergio Ramos.

Anche se giocate lontano dal Sánchez-Pizjuán, l'epica del Siviglia si è alimentata con le tre finali di Europa League vinte consecutivamente. Anche in quel caso le rimonte hanno rappresentato un marchio di fabbrica della squadra allenata allora da Unai Emery: sia nel 2015 contro il Dnipro che nel 2016 contro il Liverpool, il Siviglia ha vinto la coppa dopo aver ribaltato un gol di svantaggio. Per i "Reds" e per Jürgen Klopp, insomma, essere rimontati dal Siviglia non ha rappresentato una novità.

https://twitter.com/sidlowe/status/933290135852023808

Il Pizjuán sembra uno stadio fatto apposta per le partite che fanno la storia.

Ieri sera, dopo neanche un minuto e mezzo il Liverpool era già in vantaggio da calcio d’angolo. Passati venti minuti, ancora su calcio d’angolo, il Liverpool aveva trovato il secondo gol e, dopo appena mezz’ora, su contropiede era arrivato anche il terzo gol. Il Siviglia attaccava, ha avuto le sue occasioni (ha preso anche un palo), provando ad assestarsi sulla trequarti del Liverpool, ma ogni contropiede della squadra di Klopp sembrava poter finire con la palla in area. Il tridente della squadra inglese aveva sugli esterni Salah e Mané, due giocatori che vanno a una velocità impossibile da difendere per quasi tutti, a cui gli esterni del Siviglia non riuscivano a porre rimedio. Il Liverpool non rallenta mai, non controlla, ma da parte sua il Siviglia non aveva neanche l’intensità difensiva classica delle squadre allenate da Berizzo. Stare sotto di tre gol all’intervallo era una situazione umiliante per un gruppo di giocatori e tecnici che sta faticando a sbloccarsi in questa stagione, una squadra inferiore al momento alle versioni passate di sé stessa.

Nel secondo tempo, Berizzo è intervenuto cambiando prima di tutto il contesto tattico: ha arretrato definitivamente Banega, portandolo dalla trequarti a centrocampo, facendogli spazio con l’uscita di N’Zonzi per il "Mudo" Vázquez, inserito sulla trequarti. Per contrastare l’intensità del Liverpool, ha aggiunto un giocatore capace di mettere in pausa la gara, di aumentare il controllo del Siviglia e agire alle spalle del centrocampo elettrico di Klopp, così da spegnere sul nascere il pressing della squadra inglese. Ma quello rientrato in campo nel secondo tempo era un Siviglia molto diverso non solo dal punto di vista tattico, capace di arrivare al gol che “accorcia la distanza” dopo neanche cinque minuti e di attaccare ogni pallone, trovando il secondo gol (su rigore) con perfetto tempismo, quando mancava ancora mezz’ora alla fine. L’ultimo quarto d’ora il Siviglia ha forzato ancora di più i ritmi delle proprie giocate, mandando la palla in area il più spesso possibile e prendendo anche una traversa mentre era ancora sotto di una rete.

I difetti della difesa del Liverpool, incapace di mantenere la concentrazione durante la partita, hanno fatto il resto. Ma il Siviglia è riuscito anche a disinnescare sul nascere la capacità del tridente offensivo di arrivare rapidamente in area in transizione: il Liverpool nel secondo tempo è riuscito ad arrivare al tiro solo due volte. Poi, nei minuti di recupero, proprio perché il Siviglia non si arrende mai, è arrivato l’incredibile pareggio.

https://twitter.com/WissBenYedder/status/933092351085445121

Pareggiare 3-3 dopo essere stati sotto di tre gol contro la squadra che, su questo stesso risultato, ha costruito la propria epica recente ha un valore che va oltre la semplice curiosità.

Si tratta di un avvenimento eccezionale, reso meno straordinario solo dal fatto che dal formato moderno della Champions League ci sono state altre sei squadre capaci di rimontare tre gol di svantaggio. La rimonta più famosa, ovviamente, è stata proprio quella del Liverpool. Quello che rende realmente speciale la serata del Siviglia è quanto accaduto pochi minuti dopo la fine della gara, con il comunicato ufficiale con cui la società dava notizia del cancro diagnosticato a Berizzo. Una notizia che la squadra aveva già, ma che serve per dare una luce diversa alla partita.

L’asimmetria informativa che da sempre circonda lo spogliatoio di una squadra all’intervallo, e le persone al di fuori di esso, nell’epoca delle fake news e della caccia al retweet, ha portato alla creazione della leggenda secondo cui Berizzo avesse raccontato proprio in quel momento ai giocatori della sua malattia, per motivarli. In realtà giocatori e staff ne erano già al corrente, ma aspettavano fosse Berizzo a divulgare la notizia, come è giusto che sia.

Anzi, se si legge riportato il discorso che lo stesso allenatore argentino ha detto di aver fatto alla squadra nell’intervallo, ci si rende conto che è stato un motivatore ancora più fine e intelligente. Oltre ad aver deciso il cambio tattico giusto, Berizzo ha dato voce proprio all’epica della squadra, utilizzando la psicologia della rivalsa collettiva per fare la storia. Insomma non ha detto: “Fatelo per me”, ma piuttosto: “Facciamo qualcosa di grande”.

“Ho detto loro che eravamo davanti a una grande opportunità che non capita molto spesso. Che avevamo cinque minuti per uscire e correggere i nostri errori, che potevamo correggere una brutta serata. Ringrazio la fiducia che i miei giocatori hanno avuto in queste parole, hanno reso una serata indimenticabile. In questo stadio possono succedere cose come quelle successe oggi, come allenatore mi sento molto orgoglioso di questa squadra”.

Certo, la situazione che sta vivendo Berizzo avrà aiutato a fare presa nella psiche dei giocatori e lo stesso discorso assume una luce diversa anche per noi, ora che sappiamo dei suoi problemi di salute. Una sfumatura che si legge anche nelle parole di Berizzo, quando descrive la reazione della sua squadra: “È stata una partita incredibile, memorabile. Abbiamo cambiato il modo di vedere le cose, trasformando il pessimismo in ottimismo. Bisogna appellarsi all’anima della squadra, al cuore. Alla forza interiore e alla convinzione che se avessimo cambiato dal punto di vista mentale, allora avremmo potuto segnare subito”.

Lo stesso Banega, a fine gara, ci ha tenuto a ribadire come le motivazioni extra-campo, il desiderio di non tradire il proprio allenatore in un momento così difficile, abbiano contribuito più di ogni altra cosa a recuperare lo svantaggio: “Penso che lui conti più di tutti noi giocatori. Ci sta portando sulla buona strada, è una grande persona, siamo morti per lui e lui è pronto a morire per noi”. Sono parole dettate dall’entusiasmo, che rendono anche l’idea del rapporto tra Berizzo e il suo gruppo, ben al di là di questa partita.

Gli intrecci tra campo e vita sono inevitabili e in un momento tanto difficile della sua vita, Berizzo, grazie al calcio, avrà probabilmente trovato una piccola gioia e anche uno stimolo per non arrendersi. Come ha ricordato il tifoso del Siviglia numero uno, il DS della Roma, Monchi: “Sei nel miglior luogo al mondo per non arrenderti, perché lì, nessuno si arrende”.

https://twitter.com/leonsfdo/status/933250785365827584

L’aspetto psicologico ha pesato ovviamente moltissimo sulla dinamica della partita: in gare con un ribaltamento così radicale, avvenuto in un lasso di tempo così ristretto, è sicuramente l’aspetto più importante. I cambi tattici di Berizzo sono contati, ma sono state le sue parole più di ogni altra cosa ad aver sbloccato la sua squadra.

Certo, è più facile quando la squadra in questione ha un’epica che ormai fa parte del DNA, quando si possono unire le motivazioni personali a quelle dell’intero stadio e della storia del club. Ma fino a oggi Berizzo non ci era riuscito e il suo Siviglia non sembrava ancora in grado di fare fede alla sua storia.

Non si sa nulla sui tempi dell’operazione e del recupero che Berizzo dovrà affrontare, ma pensando a un periodo lontano dalla squadra (speriamo ovviamente breve), al suo ritorno potrà ricominciare da questa partita, e continuare a fare qualcosa di grande insieme ai suoi giocatori. D’altra parte in momenti così duri il motto del Siviglia è valido per tutti: “Noi non ci arrendiamo mai”.

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