Perché quando si parla di difensori “moderni” si dà per scontato che la richiesta tecnica, superiore magari rispetto al passato, ne abbia ridotto l’abilità in marcatura? Sembra che per alcuni la necessità di avere difensori in grado di gestire la palla sotto pressione e passarla in verticale, senza cui sarebbe impossibile costruire un’azione dal basso contro sistemi di pressing organizzato, abbia fatto dimenticare ai difensori delle nuove generazioni come si difende veramente.

Mi è sempre sembrato strano per due ragioni: 1) è piuttosto inverosimile che formatori e allenatori, a un certo punto, abbiano smesso di dare importanza all’antica arte dell’infilarsi sotto la maglietta del numero 9 avversario, preferendo difensori distratti dai piedi buoni ai mestieranti “di una volta”; 2) un luogo comune del genere ci allontana anche da quella che è stata la vera sfida del ruolo negli ultimi anni: adattare le proprie caratteristiche fondamentali a un calcio sempre più veloce e intenso.

Come si difende veramente quando si deve coprire l’intera metà campo difensiva, magari in parità numerica, contro fenomeni fisici e tecnici come Mbappé, Hazard o Salah? Come si adatta il “senso della posizione” in un calcio che al livello più alto sembra giocato con il pulsante fast-forward incastrato (se volete qui c’è tutto Shining in una gif di 12 secondi)?

Quando Milan Skriniar è stato oggetto d’interesse del mercato due estati si parlava soprattutto della sua importanza in costruzione, ma dopo quasi tre anni in Italia l’aspetto forse più interessante, e moderno, del suo gioco è l’interpretazione dell’uno contro uno, che poi è il cuore dell’arte difensiva. La risposta di Skriniar alla domanda qui sopra, però, è più complessa di quello che sembra perché sono pochissimi i difensori che possono giocare con la sua aggressività e al tempo stesso con la sua concentrazione, che hanno le sue doti fisiche, il suo tempismo e il suo senso della posizione.

https://twitter.com/Inter_en/status/923533391013777408

In realtà la risposta più semplice alla domanda che ci stiamo facendo (che possiamo riformulare così: dopo che il meteorite Ronaldo Luis Nazario de Lima ha rivoluzionato la fisiologia degli attaccanti, come si sono evoluti i difensori migliori per evitare l’estinzione?), la risposta che a questa domanda dà la maggior parte dei difensori moderni, sarebbe coprire con attenzione e prudenza, indirizzare la corsa dell’avversario verso l’esterno, accorciare accorciare accorciare, trovare se possibile il contatto con il corpo e poi, eventualmente ma non necessariamente, provare a prendergli il tempo e cercare l’intervento. O, ancora più prudentemente, accompagnarlo e provare a bloccare il passaggio o il cross. Ci si possono costruire onorevoli carriere sulla prudenza, in difesa.

Una strategia del genere funziona bene un po’ per tutti, ma è davvero efficace quando il difensore in questione è elastico e veloce più o meno quanto l’attaccante, quando può permettersi di aspettare che l’attaccante faccia la prima mossa. Skriniar non avrebbe le doti fisiche adatte, né la mentalità conservativa per difendere in quel modo. Anche se il suo unico hobby fuori dal campo è dormire, l’intensità e la concentrazione con cui difende sono impressionanti e tutto il suo stile si basa sulla capacità di prendere una decisione, e di muoversi, con una frazione di secondo di anticipo sull’avversario che si trova davanti.

Il primo grande talento di Skriniar sta nel posizionarsi sempre in modo da non dover coprire molto campo, in larghezza o profondità. Accorcia le distanze in modo da portare - lui, e non viceversa - l’attaccante all’uno contro uno. Il segreto di Skriniar è che non arriva (quasi) mai impreparato al duello. Prima di ogni intervento, per quanto sia piuttosto macchinoso rispetto ad alcuni dei centravanti e delle ali feline che si trova ad affrontare, Skriniar riesce a trovarsi sempre posizionato al meglio con il proprio corpo, rispetto alla palla e alla corsa dell’avversario.

Due esempi dalla partita con il PSV: Steven Bergwijn e Hirving Lozano, due giocatori agili e tecnici, fanno entrambi l’errore di provare a passarlo sul destro.

Questo è, in teoria, il modo ideale in cui si gestisce l’uno contro uno difensivo, indirizzando l’avversario da un lato orientando il corpo in diagonale. Fate caso, però, a quanti pochi difensori riescano a difendere in queste condizioni. La maggior parte di loro comincia il duello in una posizione svantaggiata perché, semplicemente, tutto succede troppo velocemente; mentre Skriniar riesce a gestire così non solo le fasi di difesa posizionale, più statiche, ma anche le transizioni, e anche contro gli attaccanti più veloci e tecnici.

Anche solo per come/quando/dove Skriniar si pianta, abbassando la schiena per aumentare l’equilibrio e spostare il peso sulle gambe, ci sono conseguenze tecniche e tattiche, perché l’attaccante si trova la strada sbarrata, costretto a tentare un dribbling o a cambiare direzione; e soprattutto psicologiche, perché il rapporto di forze è invertito rispetto al solito. Quando vengono puntati palla al piede da un giocatore come Ousmane Dembelé, con un controllo della palla molecolare, fatto di moltissimi micro-tocchi di palla, che di fatto la fanno sembrare incollata al suo piede, e un’imprevedibilità massima, i difensori accettano, anche con una certa passività, la subalternità alle decisioni dell’attaccante.

Skriniar inizia il duello in condizioni di parità, se non addirittura in vantaggio. Accorciando tempi e spazi a disposizione del giocatore in possesso del pallone, fino ad entrare attivamente nel loro raggio d’azione e intervenire con riflessi da ballerino, intervenendo direttamente sulla palla con una delle due gambe (preferibilmente quella forte, la destra).

Proprio contro Dembelé, nella partita di ritorno con il Barcellona: Skriniar esce dalla linea difensiva (anche per non lasciargli lo spazio per provare il tiro, come aveva fatto nei primi minuti) e si pianta, prova a portarlo sul suo destro ma Dembelé è un fenomeno e gira su se stesso, nascondendogli la palla dietro la gamba d’appoggio. Skriniar allora interviene con il sinistro e gli porta via la palla negli applausi del San Siro.

Ovviamente persino Skriniar può andare in difficoltà contro giocatori del genere. Per ricordarlo non serve tornare ai tremendi esordi con la maglia della Samp (il rigore su Mandzukic all’ultima giornata della stagione 2015/16, il rigore su Dzeko nella sua prima partita della stagione 2016/17, entrato in campo negli ultimi dieci minuti, l’errore in quella successiva che ha deciso la partita con il Milan), ogni sua partita è piena anche di esitazioni e piccole imprecisioni (e ad esempio in questa stagione Duvan Zapata lo ha messo molto in difficoltà).

Ma ne approfitto per dire che non solo non serve a niente cercare di essere infallibili ma che è persino più ingiusto quando si pretende l’infallibilità negli atleti professionisti. E l’ingiustizia peggiore sarebbe pretendere che un difensore sia infallibile. Franco Baresi, Beckhenbauer e gli alttri migliori difensori della storia devono ringraziare di aver giocato in un periodo in cui non esisteva YouTube (Alessandro Nesta, forse il miglior difensore nell’uno contro uno degli ultimi venticinque anni, non è stato altrettanto fortunato, ad esempio).

A San Siro, Skriniar ha affrontato più volte Dembelé e Luis Suarez in campo aperto e un paio di volte è stato saltato (una da Dembelé, coperto però da Asamoah alle sue spalle, una da Suarez, però verso l’esterno), ed è tanto spettacolare quando riesce a intervenire sulla palla quanto sono netti i dribbling che subisce. Skriniar non ha margini di errore, ogni suo duello è rischioso e si gioca su quei pochi centimetri in avanti o indietro che gli permettono di chiudere lo spazio all’avversario o che gli permettono di aggirarlo come un ostacolo.

Rispetto a giocatori più elastici e altrettanto esplosivi, come Koulibaly, che possono coprire più campo nell’uno contro uno e interpretare situazioni complesse, anche improvvisando tackle in scivolata o recuperando qualche secondo di ritardo concesso all’attaccante, Skriniar deve giocare con concentrazione mentale sempre alta. E compensa la rigidità del proprio tronco con un gioco di gambe fuori dal comune. È sorprendente quanto riesca ad essere tecnico e pulito quando interviene ruotando la gamba destra come il braccio più lungo del compasso, in estensione, oppure avanzando la sinistra.

Koulibaly è un giocatore più libero di Skriniar in tutti i sensi, con la palla e senza la palla. Quando è in forma può difendere in qualsiasi modo contro qualsiasi attaccante, anche lui accettando la sfida dell’uno contro uno. Ed è anche più esperto (è al suo quinto anno in Serie A) di lui. Ma neanche Koulibaly ha l’intensità mentale di Skriniar praticamente in ogni duello individuale che deve affrontare e i suoi numeri nei tackle riflettono questa minore tendenza allo scontro (2,7 tackle tentati in media ogni 90’, contro contro i 3,7 di Skriniar, che è il secondo difensore centrale del campionato ad effettuarne di più, dietro a Cionek che ne tenta 4,2).

Altri esempi dei duelli vinti da Skriniar contro Dembelé e Suarez nella partita di ritorno (finita 1-1) del girone di Champions League.

In generale, anche contro il Barcellona, sono state molte di più le occasioni in cui Skriniar ha risolto da solo situazioni complesse, battendo Dembelé e Luis Suarez sul loro terreno di gioco. Uno stile che a lungo andare scoraggia gli attaccanti dal provare duelli personali con Skriniar, e nel secondo tempo Dembelé ha preferito piuttosto crossare o passarla.

Anche contro la Juventus è stato saltato subito da Cristiano Ronaldo, più rapido e improvviso nel cambiare direzione quando Skriniar non ha ancora ridotto il campo a sua disposizione. Ne ha vinti un paio successivamente quando CR7 ha calcolato meno bene i passi. Deve fare uno strano effetto trovarsi davanti un difensore della stazza di Skriniar - che può tenere il passo con gente che pesa 20 kg in meno di lui ma anche contendere la palla di testa a centravanti statici, specializzati nei movimenti a ridosso della porta - e vederlo avanzare verso la palla. Neanche i doppi passi e le finte con Skriniar non servono a niente, dato che tiene gli occhi solo sulla palla.

Per parlare delle doti difensive di Skriniar devo fare qualche paragone con il mondo degli sport da combattimento. La postura con cui affronta i duelli, con un piede più avanzato dell’altro (di solito il sinistro, tenendo quello forte dietro) e la schiena piegata in avanti, è da wrestler; mentre il tempismo e l’aggressività con cui entra nello spazio dell’avversario ricordano il senso della distanza di uno striker con le mani pesanti. E se Skriniar fosse un fighter sarebbe un fenomeno nel colpire d’incontro.

Il primo duello vinto con Ronaldo, subito dopo essersi fatto saltare. Skriniar prova a indirizzarlo sul destro, Ronaldo finge di abboccare con uno dei suoi doppi-passi, ma Skriniar reagisce solo al movimento della palla e gliela toglie con il sinistro.

Un difensore più comune, anche se sopra la media dei difensori moderni partecipa al gioco di reciproca manipolazione con l’attaccante (uno accorcia lo spazio e a spingere la palla lontano dalla porta, indirettamente, l’altro prova ad ampliare la separazione e a vedere lo specchio) aspettando che sia l’attaccante a sbagliare, finendogli contro o allungandosi la palla.

Faccio un esempio magari provocatorio ma pertinente: Alessio Romagnoli è abilissimo nel prendere contatto con l’avversario in possesso e a schermare lo spazio che li separa dalla porta, ma ha uno stile più attendista (pur non essendo mai passivo), interviene quasi solo quando non ha altra scelta (ed è molto efficace in scivolata, sempre l’ultima opzione per un difensore) e in campo aperto perde il contatto con la palla e/o con gli avversari.

Non gode dei benefici di quell’attrazione magnetica che sembra esserci tra Skriniar e la palla e i suoi numeri difensivi, in media su 90’ di campionato, sono inferiori in quasi tutti gli aspetti (0,6 tiri bloccati contro 1,1; 0,7 contro 0,9 intercetti). La differenza più grande la marca proprio la tendenza ad entrare in contrasto, con Romagnoli che entra in tackle appena 0,7 volte in media ogni 90 minuti.

Come detto, Skriniar ha un gioco rischioso e, ad esempio, Romagnoli non è mai stato dribblato in questa stagione in Serie A mentre lo slovacco 0,9 volte ogni 90 minuti. La prudenza ha dei vantaggi innegabili per un difensore. Quello è davvero ammirevole in Skriniar, però, è il coraggio con cui va ogni volta al duello con piena e totale fiducia nei suoi mezzi, con una concentrazione assoluta e una freddezza che finora non lo ha tradito neanche contro gli attaccanti migliori al mondo, neanche dopo che magari quegli stessi attaccanti erano riusciti a saltarlo (e ci mancherebbe che non ci riuscissero mai).

Certo, obietterà qualcuno, la riuscita dei duelli individuali non è l’unico aspetto su cui giudicare un difensore. Va tenuto conto del posizionamento rispetto ai compagni e del coordinamento dei suoi movimenti all’interno del reparto; così come la capacità di recuperare correndo all’indietro è utile per coprire eventuali lacune di gruppo (come fa ad esempio Manolas). Va detto che Skriniar non eccelle in nessuna di queste cose, che è lento nel coprire la profondità e che la sua gestione delle distanze è molto più esatta nei confronti degli avversari e della palla che dei compagni. Con De Vrij forma una coppia molto aggressiva e i due possono reciprocamente mettersi in difficoltà: per fare un esempio recente, è successo lo scorso sabato contro il Chievo, quando su un lancio lungo della difesa De Vrij ha abbandonato la marcatura Pellissier per andare al duello aereo con Stepinski, con Skriniar che ha faticato a leggere la situazione e non è riuscito a coprire l’inserimento di Pellissier che ha concluso in gol e pareggiato la partita.

Ma l’uno contro uno resta il singolo parametro maggiormente rivelatore di un talento puramente difensivo, e molti degli accorgimenti tattici (il pressing, il gegenpressing, un gioco sempre più verticale e la ricerca insistita delle transizioni) e tecnici (riempire l’attacco di giocatori istintivi velocissimi e creativi) delle squadre che oggi sono tra le migliori al mondo sono basati sulla volontà di allungare il campo e creare più duelli individuali possibili in fase offensiva.

Uno degli assunti fondamentali del gioco del calcio, anzi, è la ricerca dell’uno contro uno, perché da che mondo è mondo difendere è più difficile che attaccare (non in senso assoluto, ma tra due giocatori a proprio agio nei rispettivi ruoli). Questa asimmetria per Skriniar non sembra esistere. E la modernità del ruolo non sta solamente nell’aumento della visione di gioco e della tecnica nel giocare taglia-linee, ma anche e soprattutto nello possibilità che un difensore giochi alla pari con gli attaccanti straordinari che il calcio sta producendo in questi anni.