• Euro 2024
Emanuele Mongiardo

Inghilterra-Slovacchia è stato uno spettacolo crudele

La Nazionale di Calzona è arrivata a un passo dalla storia prima di scontrarsi col…

È vero, fare il CT non è la stessa cosa che allenare a livello di club. In Nazionale si ha meno tempo per lavorare sui principi di gioco, si dice, eppure non è così impossibile impiantare un’idea di gioco attraverso la quale sopperire alla mancanza di talento. Euro 2024 lo sta dimostrando più che mai: la Svizzera di Yakin e l’Austria di Rangnick sono i casi più evidenti, ma anche la Romania e la Georgia, nel loro piccolo, sono andate oltre ogni più rosea aspettativa grazie ad un’organizzazione certosina.

 

Chi però è andato davvero vicino a scrivere la storia è la Slovacchia. La squadra di Francesco Calzona è arrivata ad un minuto e mezzo dal realizzare uno degli upset più clamorosi della storia recente del calcio per Nazionali, e solo il carisma di Bellingham ha potuto negarle una vittoria che era pienamente meritata.

 

Slovacchia-Inghilterra ci ha regalato un pomeriggio a suo modo memorabile, una di quelle partite che ci costringono a rivedere il nostro modo di pensare il calcio, perché ci invitano a mitigare i giudizi quando valutiamo dei giocatori sulla base delle prestazioni in Nazionale. L’Inghilterra arrivava ad Euro 2024 con la rosa migliore del torneo, eppure un manipolo di mestieranti passati dalla Serie A (l’ex laziale Vavro, l’ex fiorentino Hancko, l’inossidabile Kučka, il veronese Duda), nobilitati dalla presenza di Lobotka e Škriniar, stavano per eliminarla già agli ottavi di finale. Come ha fatto una squadra sulla carta tanto più debole ad arrivare a un passo dalla qualificazione ai quarti?

 

La partita

Da un po’ di tempo, ormai, l’undici di Calzona è piuttosto consolidato. Ieri pomeriggio, però, al posto del lungagnone Bozenik, al centro dell’attacco c’era Strelec, che di professione fa l’ala e che può vantare un paio di annate anonime con le maglie di Spezia e Reggina. Una scelta forse dettata dalle caratteristiche di due centrali come Stones e Guehì, difficili da sovrastare nei duelli, o magari dalla volontà di riservarsi i centimetri di Bozenik per i minuti finali della partita, quando sarebbe stato necessario alzare qualche pallone.

 

Southgate, invece, per la terza volta in quattro partite ha cambiato l’uomo da affiancare in mediana a Declan Rice nel 4-2-3-1 di partenza. Dopo Trent Alexander-Arnold e Connor Gallagher, ieri è stato il turno del diciannovenne Mainoo, nella speranza che la sua qualità in conduzione risolvesse i problemi di manovra ai quali Southgate sembra voler porre rimedio solo attraverso le caratteristiche individuali degli interpreti. Per il resto, l’undici è stato lo stesso della fase a gironi.

 

Inizia la partita e chi segue la Serie A, in particolare chi ha amato Sarri, coglie subito il primo omaggio della Slovacchia al nostro campionato. Nove uomini si dispongono sulla linea di centrocampo, pronti a scattare verso la trequarti avversaria. Poi la palla viaggia all’indietro dai difensori e Skriniar la sistema a Vavro per il lancio lungo. In maniera un po’ goffa, però, Vavro colpisce Kane e la deviazione diventa quasi un tiro in porta per l’Inghilterra.

 

Si è trattato dell’unico incidente di percorso nella splendida prima parte di gara della Slovacchia. La costante di tutte le partite della squadra di Calzona a Euro 2024, infatti, sono stati i primi minuti giocati con grande aggressività, che spesso hanno messo alle corde gli avversari: in tutte le partite disputate in Germania, la Slovacchia è sempre passata in vantaggio nei primi venticinque minuti. E l’indolenza con cui l’Inghilterra cerca di far trascorrere le gare nella speranza che non accada nulla ha ulteriormente favorito la partenza sprint della squadra di Calzona.

 

Il tecnico di Vibo Valentia era colui che si occupava della fase difensiva nel Napoli di Sarri, e assistere alla partita di ieri è stato un po’ come rivivere, in piccolo, quell’epopea. La Slovacchia si muoveva secondo una zona pura, con il pallone come riferimento. La struttura poteva rimanere quella di partenza, un 4-1-4-1, oppure, come accadeva più spesso, diventare un 4-4-2: la mezzala sinistra Duda si alzava alla stessa altezza della punta Strelec, con Lobotka che quindi doveva prendere il suo posto a centrocampo. Un sistema aiutato dal fatto che l’Inghilterra ha una fase di costruzione rudimentale, non ha gioco interno e non ha nemmeno uno specialista che faccia uscire il pallone da dietro. In questo modo, gli scivolamenti a zona della Slovacchia, il modo in cui gli uomini di Calzona tagliavano le linee di passaggio, hanno moltiplicato la loro efficacia.

 

Nemmeno in fase difensiva, a dire il vero, la squadra di Southgate è parsa molto organizzata. L’Inghilterra non si muove di reparto e non aggredisce in maniera decisa i riferimenti. Tuttavia, ha un livello atletico così elevato che le basta poco per evitare i pericoli: la noia delle partite contro Serbia, Danimarca e Slovenia non era dovuta solo all’assenza di idee in attacco, ma anche al fatto che all’Inghilterra basti sommare le qualità difensive dei singoli per evitare di concedere occasioni, senza dover lavorare chissà quanto alla fase di non possesso.

 

Un’idea su come mettere in difficoltà gli inglesi, però, Calzona ce l’aveva. La Slovacchia eccezionalmente in questa partita non si è infatti prodotta nella solita costruzione insistita. D’altra parte, era una partita secca e l’Inghilterra non fa altro che aspettare l’errore altrui. Tuttavia, Calzona non ha rinunciato all’impostazione da dietro, semplicemente ha puntato di più sui lanci di Dubravka.

 

In primo possesso, le mezzali slovacche Duda e Kučka si abbassavano vicino a Lobotka. L’Inghilterra in teoria voleva pressare uomo su uomo i centrocampisti avversari, per il modo in cui si incastravano il 4-2-3-1 di Southgate col 4-3-3 di Calzona: così, mentre Bellingham marcava Lobotka, Mainoo si alzava su Duda e Rice su Kučka. Con gli attaccanti slovacchi che rimanevano in alto per fissare i difensori inglesi, tra la linea arretrata di Soutghate e i mediani che pressavano si creava un buco. Dubravka lanciava sulle tre punte (Strelec in particolare), che così potevano sfruttare quello spazio per controllare e girarsi. Nel frattempo Duda e Kučka si muovevano alle spalle dei marcatori e potevano supportare l’azione.

 

Al 12’ in questo modo la Slovacchia ha costruito la sua prima grande occasione: le mezzali hanno attratto i mediani, si è creato il buco, Dubravka ha lanciato su Strelec e quest’ultimo ha potuto girarsi.

 

 

Nel frattempo Haraslin ha tagliato alle spalle di un Walker insolitamente fiacco e ha ricevuto il filtrante. Entrato in area, però, si è visto ribattere il tiro.

 

 

Una decina di minuti più tardi, allo stesso modo la Slovacchia ha dato vita all’azione che, in maniera, indiretta, ha portato al gol. Dubravka in quell’occasione ha lanciato sull’ala destra, Schranz, ma Guéhi è intervenuto di testa. Poiché nel centrocampo inglese non c’era nessuno, solo Mainoo che stava rientrando, la palla è finita tra i piedi di Duda che era già alto alle spalle degli inglesi in pressing.

 

 

La mezzala del Verona ha aperto per Haraslin, che a quel punto ha rallentato, ha fatto salire i suoi e ha ricominciato da dietro. Ne è nato un possesso insistito, culminato in un lancio di Vavro verso Kučka, che si era alzato in attacco sulla linea di Schranz e Strelec. Lì è emersa tutta l’improvvisazione dell’Inghilterra in fase difensiva: Stones e Guéhi sono stati indecisi su chi dovesse saltare contro Kučka. Il terzino destro, Walker, non ha stretto e così nella retroguardia inglese è rimasto un buco: lì c’era Strelec, libero di raccogliere la sponda di Kučka appunto perché i centrali non hanno fatto in tempo a decidersi e Walker è rimasto fermo.

 

 

Strelec ha controllato e ha visto con la coda dell’occhio l’inserimento di Schranz, ala destra specialista dei tagli e dei movimenti sul secondo palo, autore di tre dei quattro gol della Slovacchia a Euro 2024. Strelec ha servito il filtrante sulla corsa a Schranz e questi, davanti a Pickford, ha finalizzato con l’esterno del destro.

 

Da lì in poi la Slovacchia si è concentrata soprattutto sulla fase di non possesso, contro un’Inghilterra che non aveva alcun tipo di risposte. Al netto dell’impreparazione di Southgate e dei suoi, la Slovacchia ha offerto una buona dimostrazione dei vantaggi di una difesa a zona con distanze corte. Quando i terzini scivolavano su Trippier aperto a sinistra o su Saka aperto a destra, avevano sempre copertura alle spalle da parte del centrale o della mezzala che rientrava per assorbire l’inserimento di Foden o di Bellingham nel corridoio intermedio.

 

 

In caso di filtranti per i giocatori tra le linee, poi, la compattezza permetteva ai centrocampisti slovacchi di fare un passetto laterale per abbandonare la propria zona e intervenire sulla linea di passaggio o tamponare gli avversari. È un tipo di atteggiamento che richiede concentrazione estrema, perché all’attenzione per i movimenti di reparto bisogna abbinare l’interpretazione individuale della fase difensiva.

 

 

Così, nel deserto della fase offensiva inglese, la soluzione cercata più spesso è stata il lancio lungolinea dei terzini per il movimento in profondità delle ali Foden e Saka. Una giocata troppo facile da leggere per una squadra con la preparazione della Slovacchia.

 

Eppure, contro una difesa a zona così pura ad una squadra talentuosa come quella di Southgate sarebbe bastato insistere nel possesso basso e ruotare un po’ di più per abbassare la Slovacchia e pescare l’uomo libero sul lato cieco, il punto debole delle squadre che scivolano da un lato all’altro col pallone come riferimento. Solo in un paio d’occasioni l’Inghilterra ci è riuscita: la prima volta ha costruito una grande occasione per Trippier, che ha sprecato con un tiro alle stelle. La seconda è valsa il gol annullato a Foden.

 

In entrambe le occasioni, con Walker stretto da terzo centrale e un giocatore nel corridoio intermedio, il giocatore in ampiezza invece di andare subito in profondità era venuto incontro (Bellingham nel primo tempo, Saka nel secondo). La Slovacchia aveva concesso a Walker di avanzare e questo aveva potuto servire il compagno più esterno sui piedi.

 

 

L’esterno aveva sfruttato il movimento del compagno nel corridoio intermedio, che gli aveva portato via un avversario, per convergere. Con la Slovacchia che aveva stretto verso il lato palla, nel primo tempo Bellingham aveva saputo trovare direttamente Trippier libero sul secondo palo.

 

 

Nel secondo Saka aveva servito Kane, che da boa aveva poi allargato sempre per Trippier libero sul lato cieco. Il terzino aveva servito Foden, che però si trovava in fuorigioco.

 

 

Sono state le uniche azioni degne di nota degli inglesi. Per il resto, la squadra di Southgate ha provato solo cross a rientrare, spazzati senza difficoltà dalla difesa slovacca. Non è servito nemmeno inserire Cole Palmer e provare Saka da terzino sinistro per giocare meglio.

 

C’è dell’ironia, allora, nel modo in cui l’Inghilterra ha superato gli ottavi di finale. Quella che forse è la generazione più talentuosa di sempre del calcio inglese, figlia della Premier League diventata avanguardia tattica grazie ai vari Guardiola, Arteta e Klopp, si è ritrovata a dover sfangare la partita con metodi ancestrali, con i rimedi di sempre del calcio inglese. L’ingresso di Toney al posto di Foden al 92′, messo lì a fare le veci dell’Emil Heskey di un tempo, d’altra parte era lì ad annunciarlo.

 

Per pareggiare l’Inghilterra ha avuto bisogno di tornare alle proprie origini, di creare un mischione da una rimessa laterale spedita direttamente in area: roba da Tony Pulis, da Sean Dyche, non di certo da chi cerca di raccontarsi come avamposto della modernità in Europa. E questo senza contare che la spizzata di Guéhi sarebbe valsa a poco senza la straordinaria presenza scenica di Jude Bellingham.

 

Il centrocampista inglese, come i veri fuoriclasse, ha tirato fuori la giocata quando più la sua squadra ne aveva bisogno. Quella chilena, arrivata al culmine di una prestazione grigia – e, in generale, di quattro partite in cui ha vagato per il campo cercando di incaricarsi di responsabilità che ancora non appartengono al suo repertorio – è la conferma di che tipo di giocatore sia, al momento, il numero dieci inglese: un incursore, dotato di qualità atletiche fuori dal comune su cui innesta la sua tecnica, soprattutto il suo equilibrio (incredibile come non perda mai palla quando lo spingono per terra). Vedremo in futuro cosa diventerà Bellingham, ma se l’Inghilterra riuscisse a fargli passare più tempo in area senza lasciarlo intervenire ovunque, probabilmente ricaverebbe il meglio dal suo rendimento.

 

Certo, per godere a tempo pieno di Bellingham da centravanti ombra servirebbe che Southgate trovasse un modo di recapitargli il pallone, ma il tecnico inglese non sembra interessato a migliorare la manovra della sua squadra (difficile pensare che un allenatore, a questi livelli, non abbia le competenze per farlo). Poco male, perché nelle sfide a eliminazione diretta può bastare semplicemente non prendere gol, tanto più ora che l’Inghilterra è dalla parte morbida del tabellone e sarà più facile svoltare le partite in maniera sporca, come nel caso del tiraccio di Eze che si è trasformato in third pass per la testa di Toney, autore dell’assist per il 2-1 definitivo di Kane al primo minuto dei supplementari.

 

L’Inghilterra passa così ai quarti di finale, dove troverà la Svizzera e probabilmente un’altra partita difficile. Per noi spettatori neutrali sarà probabilmente un’altra prestazione paludosa, questa specie di calcio statico con cui Southgate sta provando ad arrivare a un trofeo andando contromano sull’autostrada dell’innovazione tattica. Una scommessa rischiosa, che gli ha già inimicato praticamente tutto il pubblico inglese, e che non lo farà uscire vincitore in nessun caso, tranne che alzando la coppa alla fine di questo torneo. Southgate, insomma, si è condannato ad essere giudicato solo ed esclusivamente sulla base del risultato. Un approccio crudele per chiunque nel calcio, e anche ingiusto nei confronti di tutti quelli che a quel risultato non ci arrivano.

 

Un esempio di come la vittoria racconti solo una parte minuscola di questo sport, alla fine, è proprio la Slovacchia. Nell’assoluta monotonia dei 3-2-5 di questo Europeo, la Nazionale di Calzona ha costituito una delle varianti tattiche più interessanti. Un gioco un po’ più rigido nella sua struttura posizionale, ma con combinazioni diverse rispetto da tutte le altre squadre e che ha valorizzato in pieno le sue individualità: i cambi gioco di Vavro, la classe di Lobotka sotto pressione, l’intelligenza di Schranz sul secondo palo. Lì dove non era riuscito Vinicius, cioè far ballare Walker con i suoi dribbling, ce l’ha fatta invece Haraslin, che ricorderete come comparsa del Sassuolo di De Zerbi nell’allucinogena Serie A dell’estate del Covid. Il calcio è interessante anche grazie a storie del genere.

 

Certo, lo stesso si può dire dell’aleatorietà del risultato, del senso di ingiustizia che accompagna alcune partite. È stato il caso proprio dell’ottavo di finale di ieri pomeriggio: la rimonta inglese è stata il risultato più crudele possibile, ma il calcio è unico anche per questo.

 

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Emanuele Mongiardo nasce a Catanzaro nel 1997. Scrive di calcio su "Fuori dagli schemi" e di rap su "Four Domino".