Quando chiedo a Nick Baumgartner chi sia il personaggio più assurdo dello snowboard contemporaneo, lui senza esitare risponde: «Beh, di gran lunga io». Ha una lattina di Moretti in mano e la finisce in tre sorsi. Ancora gocciolante, la accartoccia e la getta nello zaino, esclamando: «Anti-dolorifico!».
Come tutte le persone attorno a noi, stiamo guardando le finali della prima tappa di Coppa del Mondo di snowboard cross, a Cervinia. Baumgartner ha vissuto mille vite sportive (corsa a ostacoli, football americano, pilota di monster truck), ma è nello snowboard cross che ha avuto maggior successo: ha vinto svariate medaglie tra Olimpiadi e Mondiali. Oggi Baumgartner, di Iron River, Michigan, ha 43 anni e la sua gara Cervinia è durata pochi secondi. Non è riuscito a saltare il primo ostacolo e si è schiantato contro quello che in gergo chiamano toblerone, un’alta gobba di neve. Chi l’ha visto cadere per un attimo ha temuto che si fosse spezzato la schiena.
Nei pressi del toblerone c’è Nicola “Tux” Chanoux. «Guarda che io non conto niente qua dentro eh, sono solo un operaio», avverte, ma è un insegnante di snowboard e occasionalmente gira il mondo per creare piste da snowboard cross. Fa lo shaper, cioè una delle persone che dà forma – dal verbo inglese to shape – alla pista. La descrizione di Chanoux della parte alta della pista di Cervinia è questa: start, drop-down (un primo scalino verso il basso col quale «entri nella vasca»), wu-tang (sì, il nome arriva proprio dal Wu-Tang Clan), step-up, toblerone, step-down, salto, curva 1, double roller (che può essere copiato, quando gli atleti assorbono la transizione e la tavola rimane sempre attaccata alla neve, o doppiato, cioè sulla prima gobba saltano e atterrano sulla discesa della seconda), double roller, curva 2, triplo roller («laggiù, lo vedi?, dove c’è quel ragazzo che sta shapeando»).
Il formato dello snowboard cross è piuttosto intuitivo. Partono in quattro, tutti assieme e tutti contro tutti. I primi due si qualificano, gli ultimi due vanno a casa. La partenza viene data pigiando un grosso pulsante rosso, simile a quelli che non vanno assolutamente toccati nei film. «Poi i cancelli si aprono casualmente in uno spazio di tempo tra gli uno e i quattro secondi. Gli atleti non sanno quando si aprirà», continua Chanoux.
Per attrarre gente a vedere lo snowboard cross, alcuni cartelli nei pressi degli impianti di risalita a Cervinia, sparuti e piccini, lanciano la promozione “skipass giornaliero a metà prezzo”. A parte qualche decina di persone che ha deciso di interrompere brevemente le sciate, a bordo pista a vedere le gare non c’è un gran pubblico. Giancarlo Costa di SnowPassion.it, giornalista che si occupa di snowboard da una trentina d’anni, ammette che «è un peccato. Purtroppo in partenza non c’è speakeraggio. Prendono il via campioni che hanno vinto le Olimpiadi allo start e non c’è nulla».
Le gare di Cervinia vanno così così per l’Italia. Michela Moioli, oro olimpico e il personaggio più in vista del movimento, è uscita in semifinale, ma Lorenzo Sommariva è arrivato terzo. Tutti lo chiamano "Somma" ed è raggiante all’arrivo: per parlare si toglie un paradenti tricolore che usa da quando, atterrando da un salto, ha sbattuto il mento contro un ginocchio «sbeccandomi tutti i denti». Sommariva è enorme (pesa «circa 101 chili, potrei guadagnarne ancora ma devo rimanere elastico e agile, quindi non posso esagerare con la massa muscolare»), ma serve questo tipo di fisico nello snowboard cross. Per tornare agli impianti, a fine giornata, prende in braccio la compagna, incinta di sette mesi, e la carica su un gatto delle nevi. Il viaggio dura pochi minuti, Sommariva e compagna non hanno smesso di sorridere per tutto il giorno.
Baumgartner e la sua birra (foto dell'autore).
L’inizio della stagione invernale 2024/2025 è stato particolarmente vincente non solo per Sommariva, ma per tutte le Nazionali italiane di snowboard. Da qualche anno, infatti, gli snowboarder italiani sono tra i migliori al mondo: le prestazioni di queste prime settimane di gare hanno già portato undici atleti diversi sul podio nelle varie specialità di Coppa del Mondo. Tutto lascia pensare che vinceranno ancora molto, almeno fino alle Olimpiadi invernali di Milano-Cortina 2026.
I 20 podi raggiunti finora in questa stagione dallo snowboard italiano superano quelli ottenuti da sci alpino, biathlon e fondo sommati (15). Inoltre, nelle cinque stagioni tra la 2019/2020 e quella passata, i podi in Coppa del Mondo per lo snowboard italiano sono arrivati a quota 109. Nel lustro tra 2006 e 2010 furono appena 15. Per comprendere meglio il valore di tutti questi risultati, però, occorre fare un passo indietro.
LE ORIGINI DELLO SNOWBOARD
La parola “snowboard” indica sia la disciplina che l’attrezzo. A esso si agganciano i piedi, su degli attacchi di variabile rigidità e disposti in maniera più o meno parallela tra loro, ma perpendicolari allo snowboard stesso. Anziché scivolare su pendii innevati grazie a due attrezzi dalla forma affusolata come nello sci, insomma, qui il mezzo è solo uno e abbastanza largo. In Italia è chiamato anche tavola, e ne esistono varie tipologie, pure di separabili.
Al contrario degli sci, la cui storia è millenaria, le prime tavole da snowboard vennero inventate negli Stati Uniti solo negli anni Sessanta e iniziarono a diffondersi in Italia solo «nei primi anni Ottanta, con tre produttori diversi che hanno iniziato a fare tavole a Como, Torino e Verona» rivela Dino Bonelli, curatore del Museo italiano dello snowboard. La collezione di tavole antiche («dal 1966 al 1988») di Bonelli è visitabile al secondo piano del negozio Surf Shop a Prato Nevoso, nel cuneese. Il nome del negozio deriva da surf des neiges, il modo in cui i francesi chiamavano lo snowboard: il nome di “surf delle nevi” rispecchia bene lo «spirito ribelle» della disciplina. Secondo Bonelli, lo snowboard «nasce per esigenza e volontà di skater e surfer, che hanno un’anima libera: freeride, salti, evoluzioni, neve fresca. Non quattro pali che ti obbligano a un percorso, come nello sci alpino».
Tra i primi ad aver cominciato a produrre tavole in Italia ci sono, nel 1981, i comaschi di Funky. Sul loro sito si definiscono «un gruppo di ragazzi con una passione incredibile per gli sport estremi, un laboratorio, uno stereo e una musicassetta piena di tracce funky».
Bonelli ha conosciuto «i famosi maestri dello snowboard giapponese e americano», come Jake Burton, Shinzo Tanuma, Chuck Barfoot e Terry Kidwell, ma tra i tanti ricordi cita quella volta che fece due discese con Shaun White, che al contempo è la figura più popolare dello snowboard e uno degli atleti più vincenti della sua pur breve storia.
Lo snowboard debuttò nel programma olimpico nel 1998, alle Olimpiadi di Nagano, in Giappone. Nelle ultime Olimpiadi invernali, Pechino 2022, e nelle prossime, Milano-Cortina 2026, il numero di eventi di snowboard è lo stesso: undici. Slalom gigante parallelo, snowboard cross, snowboard cross a squadre miste, halfpipe, slopestyle e big air appartengono a tre settori distinti dello snowboard: lo snowboard alpino, il cross e il freestyle. Essi differiscono per tavole e scarponi utilizzati, tipologie di percorsi su cui si svolgono le gare, calendari delle gare stesse e caratteristiche tecniche e fisiche richieste agli atleti. Quasi sempre chi fa snowboard agonistico si specializza in uno di questi tre settori.
DA DOVE VIENE IL SUCCESSO ITALIANO
Oggi l’Italia è molto forte in parallelo (sia slalom che gigante) e nello snowboard cross. La Federazione Italiana Sport Invernali (FISI) ha una gran quantità di allenatori, skimen, fisioterapisti e preparatori per ciascuna delle tre discipline, ma non sono tutte cresciute di pari passo. È stata una scelta precisa del direttore tecnico Cesare Pisoni: «Anziché spalmare il budget su tutto in maniera equivalente, ho cercato di concentrarlo sulle specialità in cui potevamo fare meglio. Migliorate snowboard cross e snowboard alpino, è cresciuto col tempo anche il freestyle».
Alla guida dello snowboard italiano dal 2010, Pisoni ereditò squadre a secco di medaglie sia a Torino 2006 che a Vancouver 2010. «Fu il punto più basso dello snowboard italiano: non c’era budget, non c’era programmazione», ricorda Pisoni. Nemmeno a Sochi 2014, per la verità, arrivarono medaglie dallo snowboard, ma una giovanissima Michela Moioli disputò la finale nello snowboard cross. All’epoca si gareggiava sei contro sei e Moioli terminò sesta, procurandosi peraltro un brutto infortunio al ginocchio, ma secondo tanti quello fu un momento di svolta. Nelle due Olimpiadi successive Moioli ha portato a casa due medaglie: un oro individuale in Corea del Sud, nel 2018, e un argento in squadra con Omar Visintin a Pechino 2022. In Cina, Visintin vinse anche il bronzo nella prova individuale: fu la prima volta che l’Italia dello snowboard conquistò più di una medaglia in una singola edizione delle Olimpiadi.
Nel 2020, inoltre, lo snowboard vinse la prima Nations Cup nella storia degli sport invernali italiani. «È un buon modo per misurare lo stato di salute di un movimento perché somma i migliori risultati di Coppa del Mondo di tutte le specialità, sia al maschile che al femminile. In Italia nessuna disciplina prima dello snowboard era riuscita a vincerla», afferma con orgoglio Pisoni. La Nations Cup è stata poi vinta nuovamente nella passata stagione, «col record di podi, 33. Mai lo snowboard italiano era arrivato a tanto».
Da alcuni anni le squadre italiane di snowboard vantano alcuni degli atleti più forti in ogni specialità. Michela Moioli, Omar Visintin e Lorenzo Sommariva nello snowboard cross, Ian Matteoli nel freestyle e intere squadre capaci di vincere addirittura otto volte con sei atleti diversi nello snowboard alpino in questo inizio di Coppa del Mondo. E non si vince nemmeno solo in Coppa del Mondo: vittorie e podi fioccano anche in Coppa Europa, il secondo circuito per importanza, sfruttato perlopiù dai giovani per fare esperienza. Secondo Pisoni, fondamentali per i successi recenti di così tanti atleti sono stati gli allenatori responsabili delle squadre di snowboard alpino e cross, Rudi Galli e Luca Pozzolini.
Dopo Pechino 2022, spiega Galli, la squadra di snowboard alpino ha iniziato a dividersi in più gruppi, ciascuno col proprio allenatore. Ora ce ne sono due per la squadra maschile e uno per la femminile, e ben sette tecnici seguono 13 atleti: un netto passo avanti rispetto a qualche anno fa. Secondo Galli, un atleta fondamentale per i successi recenti è Roland Fischnaller: «Gli manca solo la medaglia olimpica, tutto il resto l’ha vinto. Ha 44 anni ma è un grande esempio per tutti. Odia perdere e dà sempre il massimo in allenamento. Da quando Daniele Bagozza dorme in camera con lui nelle trasferte, per dire, è migliorato tanto, imparando da Fischnaller». Bagozza ha già vinto due volte in questa stagione, sia in slalom che in gigante.
Galli ammette tuttavia che la specialità dello snowboard alpino è una nicchia nella nicchia. «Non solo fai fatica a trovare le tavole apposite, ma è difficile anche trovare maestri che lo insegnino». Per un’attrezzatura completa di tavola, piastra (un rialzo studiato per deformare meglio lo sci o lo snowboard, grazie al quale imprimere più forza sull’attrezzo, riducendo le vibrazioni), attacchi e scarponi da snowboard alpino, si superano facilmente i tremila euro.
Una questione cruciale per avvicinare i giovani allo snowboard è, oltre a quella economica, la presenza sul territorio. «La mia squadra», dice Galli «È formata all’80% da atleti dell’Alto Adige. I campioni che vanno forte ispirano i giovani: a Funes (comune di 2.500 abitanti, ndr), grazie a Fischnaller, escono sempre bravi giovani che fanno carriera, come Gabriel Messner», ventisettenne quattro volte sul podio in Coppa del Mondo. Nonostante siano pochissimi gli snowboard club al di fuori delle regioni del nord, e spesso con possibilità limitate, la Nazionale italiana di snowboard alpino è talmente forte che «sarà difficilissimo scegliere chi portare alle Olimpiadi e ai Mondiali», dove il massimo numero degli uomini convocabili è quattro.
Uno dei migliori atleti della squadra maschile è Maurizio Bormolini. Due volte sul podio generale di Coppa del Mondo, Bormolini è una delle migliori espressioni dello ski college di Falcade, in provincia di Belluno. Di istituti superiori nei quali si praticano diversi sport invernali ce ne sono sette in Italia, e tutti sull’arco alpino. Bormolini, che è di Livigno, in provincia di Sondrio, tuttora cita gli anni di Falcade come i più formativi della sua carriera. «Secondo me al giorno d’oggi i ragazzi sono incanalati troppo presto verso una singola specialità. A me fecero fare un po’ di tutto, sia cross che alpino, e pure un po’ di freestyle. Questo mi ha permesso di conoscere lo snowboard nella sua interezza, aiutandomi ad arrivare a un certo livello».
Altro motivo di risultati così brillanti per lo snowboard italiano sono, secondo Bormolini, le scelte del presidente federale stesso. Flavio Roda, che è in carica dal 2012 e nel 2022 è stato eletto per un quarto mandato, «crede molto anche in tutto ciò che non è sci alpino». Roda ha 76 anni e pochi mesi fa è stato confermato per la sesta volta nel Consiglio della FIS, la Federazione Internazionale Sci e Snowboard, che organizza tra le altre cose Coppa del Mondo e Mondiali.
«Lo snowboard cross è uno sport di velocità e scivolamento, in un certo senso ci paragoniamo alla discesa libera dello sci alpino» dice invece Luca Pozzolini, responsabile della squadra di snowboard cross, per descrivere la specialità che allena. Siccome gli atleti competono quattro contro quattro, in contemporanea, è fondamentale anche rimanere lucidi quando si formano i pacchetti, cioè gruppi di due o più snowboarder molto vicini tra loro, per esempio in una curva o su un dosso. Non di rado accadono collisioni, incidenti, cadute.
Nel cross ci sono meno gare rispetto allo snowboard alpino: quest’anno solo sette località ospitano la Coppa del Mondo, dopo la cancellazione della tappa in Repubblica Ceca. «Lo snowboard cross è molto traumatico per il fisico, esigente specie per schiena e ginocchia, quindi direi che come numero di gare per arrivare a fine stagione sani e salvi è sufficiente», dice Pozzolini.
I due principali centri d’allenamento delle squadre di snowboard cross sono sul ghiacciaio dello Stelvio e a Cervinia, in Valle d’Aosta. «Non è facile allenare questa disciplina. Bisogna costruire strutture, i salti, le gobbe». E servono soldi, spiega Pozzolini: «La stazione sciistica di Cervinia per esempio ci dà una grossa mano, anche in termini economici, prestandoci il loro gatto delle nevi e mettendo a disposizione un gattista», cioè una persona che manovra il cingolato. Poi però la manutenzione della pista tocca a loro, con «pale e rastrelli».
Non sono molte le Federazioni nazionali che riescono ad «avere tutte queste possibilità per allenarsi» sul proprio territorio, continua Pozzolini. Come in quasi tutti gli sport invernali, Austria e Svizzera sono molto forti nelle varie discipline dello snowboard. Per le altre nazioni, invece, il discorso varia da specialità a specialità: lo snowboard alpino ha una gran tradizione in Europa e in Asia (Giappone, Cina, Corea del Sud), mentre snowboard cross e freestyle vanno forte in Nord America e in Australia.
RICAMBIO GENERAZIONALE
Specie dopo le Olimpiadi del 2026, un tema cruciale per lo snowboard cross italiano sarà il ricambio generazionale. Moioli, Visintin e Sommariva sono ancora ai vertici della specialità, ma sono prossimi o hanno superato i 30 anni. «Questa generazione ci ha fatto vivere un periodo d’oro, ma il ciclo probabilmente terminerà con le Olimpiadi di casa», conferma Pozzolini. Moioli ne è consapevole e sta «cercando di dare una mano in tutto» alla giovanissima compagna di squadra Lisa Francesia-Boirai. La valdostana può essere «la mia erede», dice Moioli in occasione della Coppa del Mondo a Cervinia, dopo che la sedicenne di Courmayeur si è qualificata ai quarti di finale alla sua prima presenza nel circuito maggiore.
Anche Ian Matteoli è giovanissimo e già forte. Torinese nato il 30 dicembre 2005, Matteoli fa soprattutto big air e slopestyle. Ha piazzamenti notevoli in entrambe, specie nel big air, nel quale è diventato il primo italiano a salire sul podio di Coppa del Mondo. Ci riuscì già nel dicembre 2022, non ancora 17enne, e in questa stagione ha già raggiunto due secondi posti.
È difficile affermare con certezza se siano state le medaglie olimpiche a portare più iscrizioni negli snowboard club o gli atleti di alto livello a prodotti in serie da un florido settore giovanile. Mattia Canovi, responsabile del We Snowboard club di Cervinia e direttore di pista durante le gare d’apertura della stagione di Coppa del Mondo di snowboard cross, conferma che sono vere «entrambe le cose. Negli ultimi anni, gli snowboard club hanno vissuto un periodo di grande miglioramento nella preparazione di allenatori e tecnici, con tanti corsi di aggiornamento». Dopo qualche anno di calo, dovuto anche allo sviluppo dello sci freestyle, che ha contribuito a ringiovanire l’immagine dello sci sottraendo alcuni giovani alla tavola, oggi lo snowboard sta continuando ad aumentare i propri numeri anche come iscritti alle attività di base.
Canovi sottolinea un aspetto fondamentale dello snowboard contemporaneo: per com’è fatto oggi il mercato dello snowboard, «quasi tutto è nelle mani delle aziende del freestyle come Burton, Nitro, CAPiTA». Entrando in un qualsiasi negozio di snowboard è molto difficile trovare tavole e attrezzatura per lo snowboard alpino o cross: «È un po’ come nell’atletica: non si trova facilmente un martello da lanciare, mentre è molto più facile comprare delle scarpe e uscire a correre».
Un approccio diverso, in quanto avvicina i ragazzi soprattutto allo snowboard cross, è quello dello Scalve Boarder Team. Nel comune di Colere, in provincia di Bergamo, Andrea Bettoni fondò questo snowboard club nel 2008, quando aveva 20 anni, quasi per gioco: «Quello dello snowboard è un mondo giovane, spesso visto dagli anziani come alternativo, un po’ fricchettone. Io arrivo dallo sci di fondo e ciò mi ha aiutato con tante famiglie».
È con lo Scalve Boarder Team che ha cominciato Michela Moioli. «Incontrai per caso, sulle piste, questa bambina di cinque o sei anni e le dissi, quasi per scherzo, “ma dai vieni ad allenarti con noi”. Lei subito era un po’ restia, non voleva fare alcuna gara. Poi è cresciuta tanto e ha fatto strada da sola», ricorda con affetto Bettoni. Negli ultimi anni a Colere sono stati organizzati eventi come la Coppa del Mondo di parasnowboard e diverse gare di Coppa Europa di snowboard cross. Lo Scalve Boarder Team riceve una grossa mano dagli sponsor: Bettoni le sta provando tutte per tenere basse le quote d’iscrizione, per gravare il meno possibile sulle famiglie. Se per fare snowboard a Colere si pagano poche centinaia di euro all’anno, in certi sci club si arriva a spendere addirittura dieci volte tanto, assicura.
Come buona parte dello sport giovanile in Italia, questo approccio non può che basarsi su due cose: «tanto olio di gomito» e volontariato. Chi guida il pulmino, chi prepara la pista, chi tiene la clubhouse: a Colere, come quasi ovunque, sono tutti volontari. Tempo fa Bettoni non adorava il modello federale, storceva il naso per la gestione delle risorse.
Ora non ha più tante critiche: in confronto a oggi «dieci anni fa non c’era nulla».