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My Ole Solskjaer
21 dic 2018
10 grandi gol di Solskjaer, che è stato richiamato un'altra volta dal Manchester United quando le cose si sono messe male.
(articolo)
16 min
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È il primo agosto del 2003, Juventus e Manchester United si affrontano in un’amichevole ospitata da una delle prime tournée estive negli Stati Uniti. I "Red Devils" sono avanti di un gol quando, all’ora di gioco, Diego Forlan mette una palla dentro dalla fascia sinistra; dalla parte opposta, a raccoglierla con uno stop di petto raffazzonato ma efficace, c'è Ole Gunnar Solskjaer. Il movimento dello stop è così strozzato che la palla sembra quasi cadergli addosso; poi però l’attaccante trova in un attimo il guizzo per tirare forte di collo sinistro sul primo palo, alle spalle di Antonio Chimenti. Mentre tira, però, Solskjaer perde l’appoggio con la gamba destra, che gli rimane sotto piegandosi innaturalmente.

Dopo che la palla ha scosso la rete Solkjaer si gira verso Giggs col solito sorriso da bambola, che presto si trasforma in un’espressione di sofferenza. Il ginocchio ha subito una leggera distorsione, niente di grave, e per uno che aveva una vera dipendenza dal gol in quel momento la gioia della rete, persino in un’amichevole estiva, cancellava qualsiasi preoccupazione. Solskjaer non sa ancora che poco più di un mese dopo, nella sfida contro il Panathinaikos, subirà allo stesso ginocchio l’infortunio più grave di una carriera che a 30 anni può dirsi già sostanzialmente conclusa.

Gli ultimi anni di carriera da calciatore di Ole Gunnar Solskjaer sono serviti solo a celebrare il suo mito. Nel 2005, quando rientra dalla serie di infortuni al ginocchio, in un match di dicembre contro la squadra riserve del Liverpool ci sono quasi tremila tifosi ad accoglierlo: tuttora un record per una partita fra squadre riserve in Inghilterra. I tifosi dello United cominciano ad esporre lo striscione 20LEGEND, con lo zero, la ‘l’ e la ‘e’ scritte in rosso a formare la scritta ‘Ole’. Nel gennaio del 2006 indossa per la prima volta la fascia da capitano nel match replay di FA Cup contro il Burton Albion. Ad agosto del 2006 torna al gol in Premier League contro il Charlton, in un Manchester United ormai entrato in una nuova era, assimilabile alla presenza di Cristiano Ronaldo e Rooney. Solskjaer, coi capelli un po’ incanutiti e la fascia da capitano, mette in porta col piatto un cross rasoterra di Saha. Poi si inchina davanti la folla.

Gli infortuni però non finiscono di tormentarlo, nel 2007 gioca la sua ultima partita contro il Sunderland, ricevendo una standing ovation; nel 2008 lo United organizza un’amichevole contro l’Espanyol per celebrare il suo addio. All'Old Trafford ci sono quasi 70mila persone, il secondo più alto numero di spettatori in uno stadio inglese in un match non ufficiale. Solskjaer entra allo stadio accompagnato dai figli biondissimi, stringendo la Coppa dei Campioni che lo United ha conquistato col gol più famoso della sua carriera, quello al Bayern Monaco nei minuti di recupero. Entrerà al 70’ al posto di Carlos Tevez, andrà vicino al gol un paio di volte poi l’arbitro fischierà la fine e lui darà il suo saluto allo stadio tenendo per mano i suoi due figli. Il presidente del Manchester United lo presenta come un eroe ma, soprattutto, “a very decent man”, cioè all'incirca “una persona per bene”.

Solsjkaer ha ricevuto un tributo a fine carriera degno di quello dei migliori giocatori della storia. Eppure non aveva a disposizione un talento cristallino, non è mai stato la prima scelta dei suoi allenatori. Ma forse è proprio per la sua capacità di ritagliarsi, partendo dai margini, un ruolo incredibilmente importante in uno dei cicli più vincenti della storia del calcio ad aver alimentato il suo culto. Quando è tornato all'Old Trafford, stavolta in veste di allenatore del Cardiff, è stato salutato dai tifosi a fine partita con lo stesso trasporto di dieci anni prima. Ad accoglierlo c’era il solito striscione “20LEGEND”, ma anche diverse bandiere norvegesi, fra cui una con su scritto “Kristiansund Army”, la città natale di Solskjaer.

È solo capendo davvero questo amore, che dall’esterno non risulta del tutto comprensibile, che possiamo capire il perché il Manchester United abbia deciso di affidare a Solskjaer la panchina della prima squadra dopo l’esonero di José Mourinho, in uno dei periodi più bui della propria storia, di sicuro uno di quelli con maggiore disaffezione dei tifosi.

Abbiamo scelto i dieci migliori gol di Ole Gunnar Solskjaer per ricordarci che giocatore strano fosse, e in quali momenti ha preso forma la sua leggenda con la maglia dei "Red Devils".

Il gol all’esordio contro il Blackburn

Nell’estate del 1996 il Manchester United aveva un bisogno disperato di un centravanti. Le uniche scelte a disposizione erano Andy Cole ed Eric Cantona, che ormai aveva 30 anni, i capelli rasatissimi ed era ormai vicino al ritiro, che sarebbe arrivato la stagione successiva. Tutti i rumor vanno in un’unica direzione: Alan Shearer, bomber del Blackburn, autore di 130 gol nelle ultime 4 stagioni. Alla fine però Shearer andrà al Newcastle per la cifra record di 15 milioni di sterline, mentre il Manchester United dovrà accontentarsi di uno sconosciuto ragazzino norvegese di 23 anni e appena una stagione di alto livello tra i professionisti.

Solskjaer è nato a Kristiansund, una città sulla costa ovest della Norvegia famosa per la produzione dello stoccafisso. A quanto pare è stato Jappe Ippe, nel XVII secolo, a importare dall’Olanda le tecniche della salatura del pesce, dando il via a un’industria fiorente. Ha cominciato a giocare a calcio tardi e senza mostrare un talento nel toccare la palla particolarmente spiccato. Nei suoi anni al Clausenengen, la squadra della sua città, su Wikipedia alla voce gol e presenze in quella squadra ci sono due punti interrogativi. Non si sa molto dei suoi inizi, se non che in una stagione e mezza con una maglia del Molde ricoperta di sponsor è riuscito a segnare 31 gol in 38 partite. Si diceva che in quegli anni anche il Cagliari fosse stato vicino al suo acquisto.

Quando è arrivata l’offerta del Manchester United via fax i dirigenti del Molde faticavano a crederci, il milione e mezzo di offerta era un record per il calcio norvegese. Quando il suo allenatore del Molde lo doveva descrivere diceva solo “ha piedi veloci”, come se stesse parlando di un pugile.

I nuovi acquisti del Manchester United. Ronny Johnsen, Raymond van der Gouw, Jordy Cruyff, Karel Poborsky e Ole Gunnar Solskjaer, nella foto con i jeans sformati che cadevano sciatti sopra un paio di mocassini Timberland.

Solskjaer ha esordito contro il Blackburn, subentrando Nicky Butt, ed ha segnato appena 6 minuti dopo il suo ingresso in campo, annunciando in qualche modo cosa ci si sarebbe dovuti aspettare da tutta la sua carriera con i "Red Devils". Il gol non è niente di speciale, ma Solskjaer riceve un’assist di testa da Cantona. È affascinante, nei suoi primi gol, vederlo esultare abbracciato ad Eric Cantona. È difficile immaginare due esseri umani più diversi. Cantona con le spalle larghe e la faccia italiana sembra far scomparire nel suo abbraccio carismatico questo pre-adolescente simile a una creatura dei boschi.

Un gol qualunque, contro il Tottenham

Per capire davvero Solskjaer calciatore bisogna cercarlo nei gol più anonimi segnati nelle partite più anonime. Tutti piccoli tasselli della sua legacy e di quella di uno dei Manchester United più vincenti di sempre. Ho scelto questo gol contro il Tottenham perché esprime la freddezza e la lucidità di Solskjaer dentro l’area di rigore. Ma anche una rapidità d’esecuzione strana, da mangusta.

Riceve un cross lungo e profondo appena entrato in area di rigore; controlla la palla col destro e sembra voler tirare in un unico movimento. Forse però vuole essere ancora più sicuro di segnare, quindi ritrae leggermente il piede fintando la conclusione. A quel punto manda fuori tempo il portiere e il difensore arrivato in chiusura, ma anche se stesso. Solskjaer finisce per cadere all’indietro, ma proprio mentre cade, con una coordinazione misteriosa, batte a rete sopra il corpo del portiere già steso. Guardando e riguardando le immagini sembra sempre mancare un fotogramma.

Bonus: il fallo contro Rob Lee

Per capire le sfumature di Solskjaer però dobbiamo anche rivedere un’azione che non è un gol, per quanto paradossale per un giocatore la cui legacy sembra scomparire totalmente nelle sue reti. Un po’ di contesto: siamo alla penultima giornata della Premier League 1997/98, lo United è secondo, gioca contro il Newcastle ed ha bisogno di più punti possibili per non lasciar scappare l’Arsenal - che comunque alla fine si aggiudicherà il titolo.

Negli ultimi minuti c’è un calcio di punizione di Beckham che viene sputato fuori dalla difesa del Newcastle, che poi si lancia in un contropiede solitario con Rob Lee. Il giocatore corre per tutta la metà campo da solo, Solskjaer è l’unico giocatore a non pensare a se stesso in quell’occasione. Lo rincorre per tutto il prato e, arrivato al limite dell’area, si getta su di lui in scivolata, commettendo fallo, rimediando il cartellino rosso, sacrificandosi per la squadra.

Nei commenti al video tra i più votati c’è: «Il club prima del riconoscimento personale. Solo leggende…». In realtà, nonostante questo episodio è stato celebrato negli anni come l’esempio supremo della generosità di Solskjaer, Ferguson nel dopo-partita lo aveva rimproverato: «Al Manchester United non giochiamo mai in quel modo, se dobbiamo vincere vogliamo farlo in modo pulito».

I gol a porta vuota dopo grandi giocate dei compagni

Questa è una categoria che fa capire bene la differenza di talento tra Solskjaer e i compagni, ma anche la diversità di funzioni in campo. In questo gol ovviamente ammiriamo la freddezza spietata di Solskjer nell’aspettare quella frazione di secondo per vedere da che parte il portiere proverà a buttarsi, per poi colpirlo pianissimo in controtempo; però ovviamente salta all’occhio il tiro pazzesco di Scholes di controbalzo, di collo sinistro.

Il gol più ridicolo che rientra in questa categoria è quello che Solskjaer segna di sinistro a porta vuota dopo che Giggs HA COLPITO LA TRAVERSA CON UN ESTERNO SINISTRO DA CENTROCAMPO. Ma anche questo tap-in di testa dopo che Cantona ha colpito la traversa con un lob di esterno dolcissimo; o quest’altro tap-in di testa dopo un tiro di Scholes che ha preso una traversa che sta tremando ancora mentre sto scrivendo questo pezzo.

I 4 gol al Nottingham Forest

Nella narrazione di Solskjaer, però, il poker segnato al Nottingham Forest è tra i più citati, certo perché 4 gol in 12 minuti hanno rappresentato un record per diverso tempo (almeno fino a quando Robert Lewandowski non ha deciso di incenerire la realtà), ma soprattutto perché questi quattro gol racchiudono qualcosa di oscuro ed essenziale della presenza in campo di Solskjaer.

Siamo nell’anno del “treble”; a febbraio, il Manchester United gioca contro il Nottingham Forest. Solskjaer viene mandato in campo con la sua squadra avanti 4 a 1 e con nessuna gioia da chiedere: «Non abbiamo bisogno di altri gol. Teniamo palla, giochiamola semplice» gli dice l’assistente di Ferguson. Esattamente le cose che Solskjaer non sapeva fare. Segna appena entrato, ancora freddo, appoggiando in rete una palla che lo incrocia mentre sta accidentalmente camminando verso la porta. Il secondo gol è stranissimo: prova prima un pallonetto sul portiere in uscita, che però gli esce corto, la palla gli torna sui piedi e allora dribbla il portiere e tira di mezzo esterno un tiro dritto per dritto che finisce all’incrocio dei pali, e che probabilmente sarebbe entrato anche con l’estremo difensore in porta. Il terzo tirando di potenza appena dentro l’area di rigore; il quarto sembra quasi non volerlo segnare, e spinge una palla in rete che gli rimbalza addosso al termine di un’azione confusa.

Non è l’unico episodio in cui Solskjaer infierisce su un cadavere morente di una squadra. All’esordio con la maglia del Molde, a quanto pare, avanti di 4 gol il suo allenatore gli ha chiesto di fermarsi ma Solskjaer non lo ha sentito, segnando altri due gol. Sono aneddoti che danno un respiro ancora più dark al suo soprannome di “Babyface assassin”, che evidenzia il contrasto fra la sua aria adolescenziale e il suo cinismo sotto porta. Sembra un soprannome banale ma racchiude una parte essenziale dell’esperienza “Ole Gunnar Solskjaer”.

Come altri attaccanti che vivono in simbiosi con il gol, c’è qualcosa di oscuro nell’istinto da finalizzatore di Ole Gunnar Solskjaer. Un desiderio e una tensione verso la porta avversaria senza misura e dai connotati vagamente sessuali.

Si materializza dietro la difesa del Liverpool

Guardate questo gol ad esempio. Mentre il compagno corre sulla sinistra Solskjaer comincia a tagliare sul primo palo seguendo un istinto tutto suo. Scavalca il primo difensore, poi fa come fermarsi dietro il secondo. Appena vede però che il cross va effettivamente sul primo palo prende posizione per anticipare anche il secondo difensore. A quel punto gliene arriva un altro addosso e Solskjaer è ancora girato da tutt’altra parte. Guardate però quanto è rapido il movimento che fa per tirare sul secondo palo.

Secondo Sir Alex Ferguson «Solskjaer è un finalizzatore magnifico, uno dei migliori che abbia mai allenato». Solskjaer scompare e ricompare dentro l’area di rigore manipolando la materialità dei corpi. Si parla di grandi finalizzatori come fossero predatori e i gol vengono paragonati a gesti mortiferi, a piccoli omicidi compiuti verso la squadra avversaria. Ma è difficile vedere Ole Gunnar Solskjaer come un rettile o come un grosso felino a caccia. Sembra piuttosto un piccolo demone che ha venduto l’anima al diavolo in cambio della giovinezza eterna e del segreto su come funzionano le leggi dell’area di rigore avversaria.

La sua somiglianza con l’attore Andy Serkis, che ha interpretato Gollum nel Signore degli Anelli, lasciava pensare che Solskjaer si sarebbe alla fine lasciato consumare dai gol come Gollum dall’anello, un po’ più trasfigurato e disfatto dopo ogni rete.

La bomba di sinistro contro lo Sturm Graz

Detto della parte invisibile del suo talento, va anche detto che Solskjaer possedeva un’abilità balistica rara. Tirava di destro e sinistro con la stessa precisione, potenza ed efficacia. Poteva tirare al volo, di controbalzo, di interno a giro sul secondo palo, d’esterno sul primo. Non c’era differenza. Aveva il baricentro basso e un gioco di piedi rapido e preciso che gli permetteva di arrivare sul pallone sempre col passo giusto.

A puro titolo esemplificativo c'è questa bomba a mano che tira col collo sinistro contro lo Sturm Graz in Champions League. Un tiro dritto per dritto, duro e sincero come i palloni che ancora giravano alla fine degli anni ’90. Insomma, sarebbe sbagliato ridurre Solskjaer a un assatanato del gol del tutto analfabeta dal punto di vista tecnico. Guardate ad esempio questo primo controllo su rilancio diretto del portiere; oppure questa deliziosa preparazione al tiro contro il Sunderland.

È probabilmente per questo talento calcistico sottovalutato - oltre che per uno spirito di sacrificio raro - che Solskjaer verso il finale della sua carriera, prima che gli infortuni lo stroncassero, è riuscito a giocare esterno di centrocampo al posto di Beckham con ottimi risultati.

Il gol vittoria contro il Liverpool in finale di FA Cup

Solskjaer ha però soprattutto rappresentato per anni l’archetipo del super-sub, una categoria di giocatori samurai che non possono concedersi momenti morti nelle loro prestazioni, provando a concentrare il massimo dell’efficacia nel minor tempo possibile.

Spesso i loro gol e le loro giocate entrano nel ventre più molle delle partite, nei minuti finali, quando la gara entra nelle sue fasi più emotive, e Solskjaer era spesso il più freddo e impassibile di fronte a questa emotività. Molte volte è stato interrogato su questa sua capacità di incidere a gara in corso, Ferguson diceva di lui che “studiava le partite dalla panchina” e il norvegese in un certo senso lo ha confermato: «Probabilmente non analizzavo l’intera partita. Da giocatore dovevo pensare a me stesso, a come potevo essere il più dannoso possibile per gli avversari se fossi entrato in campo. Sedevo in panchina e studiavo il gioco ma mi disinteressavo agli attaccanti. Mi concentravo sul capire cosa sbagliavano difensori e terzini».

Il norvegese ha fatto valere questo talento immateriale in diverse occasioni, forse la prima davvero famosa è in FA Cup contro il Liverpool, nel 1999, circa quattro mesi prima la serata del Camp Nou di Barcellona. È un’altra di quelle occasioni in cui la palla capita per caso sui piedi di Solskjaer, dopo un controllo in area di rigore di Scholes. Il norvegese sembra spuntare da sotto il terreno di gioco e in un attimo si coordina e spiazza il portiere.

Questa è un’altra caratteristica ricorrente dei gol di Solskjaer: il modo con cui i portieri battezzano sempre l’angolo sbagliato per buttarsi, sarà un caso?

Contro il Bordeaux letteralmente appena entrato

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Michael Cox in The Mixer dice che non era un caso che il Manchester United in quegli anni segnasse così tanti gol negli ultimi minuti. Ferguson era stato tra i primi a gestire una gara considerando anche i giocatori della panchina, ritagliando per alcuni di loro un ruolo di primo piano a partita in corso.

Solskjaer ha chiuso la carriera con 28 reti segnate da subentrato, circa il 30% dei gol complessivi realizzati con la maglia del Manchester United. Rimanendo solo ai gol segnati in Premier League, Solskjaer ha chiuso la carriera con 17 reti segnate partendo dalla panchina, un record poi battuto da Jermaine Defoe. Questa in Champions League contro il Bordeaux è una delle più assurde, una di quelle che ci fa pensare che Solskjaer fosse in comunicazione con forze divine invisibili. Quando riceve questo rilancio sparato da van der Gouw è entrato in campo da sette secondi. Lo controlla in modo fantastico e poi si infila fra due difensori prima di superare il portiere.

Il gol più famoso di Ole Gunnar Solskjaer

All’epoca del suo gol in finale di Champions League - quello per cui verrà ricordato per sempre - Ole Gunnar Solskjaer aveva 26 anni, era in campo da dieci minuti, ma aveva già imparato ad affinare la propria concentrazione per i pochi istanti di gioco che Ferguson gli concedeva.

Quella stagione il Manchester United è riuscito a conquistare un treble - campionato, FA Cup e Champions - che non verrà mai più ripetuto nel calcio inglese, e che in Europa è riuscito ad appena altre 8 squadre nella storia. In quella stagione Solskjaer è partito dal primo minuto in campionato in appena 9 occasioni, completandone solo 4, ma ha comunque terminato l’anno con 12 reti segnate.

Forse vale la pena allargare lo sguardo ulteriormente. Delle 366 presenze di Solskjaer con la maglia dello United, 150 sono arrivate a partita in corso. E dei suoi 126 gol addirittura 15 sono arrivati nell’ultimo quarto d’ora. Ora, possiamo benissimo credere che questi siano dati casuali, ma la realtà è che c’è un talento assolutamente misterioso e oscuro dietro a questi paradossi statistici.

Del resto i tifosi del Manchester United gli hanno dedicato uno dei cori più belli della storia del calcio: "You are my Solskjaer, My Ole Solskjaer, You make me happy, When skies are grey!”.

Un talento tutto sintetizzabile nel gol segnato da Solskjaer in finale contro il Bayern Monaco, al 94’, due minuti dopo il pareggio siglato da Teddy Sheringham (anche lui entrato dalla panchina). Solskjaer devia in rete, sotto la traversa, una sponda involontaria proprio di Sheringham e segna una delle reti più leggendarie della storia del calcio.

È strano che la carriera di un calciatore sia definita da un’unica giocata, peraltro così tecnicamente insignificante: una deviazione in rete a pochi metri dalla riga. Ma è così, e in qualche modo conferma l’importanza dell’aspetto aleatorio, intangibile e assolutamente misterioso del gioco del calcio, con cui Solskjaer era in comunicazione in maniera speciale.

Come in molti hanno notato, richiamando il norvegese in panchina il Manchester United ha applicato una sua vecchia legge della propria tradizione: quando le cose si mettono male, when skies are grey, lasciate che sia Ole Gunnar Solskjaer a salvare le cose.

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