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Al Real Madrid sono bastati ottantotto secondi
05 mag 2022
Una rimonta inspiegabile contro il Manchester City di Guardiola.
(articolo)
11 min
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Non sembrava potesse essere possibile, ancora. Era già stato un miracolo tornare da Manchester distanti solamente un gol dal City e al Bernabeu le sostituzioni disperate di Ancelotti avevano ormai fatto sbandare il Real Madrid. Valverde terzino, Carvajal esterno davanti all’uruguaiano, Camavinga solo a coprire tutto il centrocampo. E il resto tutti avanti: Asensio, Rodrygo oltre a Vinicius e Benzema. Già il primo cambio che aveva messo fuori Toni Kroos per inserire Rodrygo, quando la partita era ancora sullo 0-0, aveva sbilanciato la squadra di Ancelotti, passata da uno schieramento con un rombo in mezzo al campo a un 4-3-3 puro che, rendendo meno denso il centrocampo, era stato immediatamente punito dalle geometrie del Manchester City.

Casemiro va in pressione su Gündoğan, Modric controlla Rodri, Valverde è fuori e il Real Madrid, dopo l’uscita dal campo di Kroos, si trova in inferiorità numerica in mezzo al campo. In questo modo, Gündoğan sfrutta servendo il perfetto smarcamento di Bernardo Silva che può condurre fini al limite dell’area e poi servire Mahrez per il gol del vantaggio

Graziato da Grealish - che prima si era visto intercettare sulla linea da Mendy un tiro praticamente a porta vuota e trenta secondi dopo aveva trovato l’ultimo millimetro del piede di Courtois a mettere in corner il suo diagonale destinato all’angolo - il Real Madrid ha come trovato un ultimo residuo di energia, come se il solo essere sopravvissuto avesse risvegliato il suo istinto vitale. Ancelotti ha portato avanti anche Militão nell’ultimo minuto di gioco, quello utile a Rodrygo a pareggiare il match su assist al volo di Benzema, a sua volta imbeccato da un cross di Camavinga alle spalle di Cancelo.

Alla ripresa del gioco Militão, forse di sua volontà o forse perché era talmente stanco da non riuscire nemmeno a tornare in difesa, è restato in posizione d’attacco. Ed è stato proprio lui a ripulire il cross di Mendy nell’area avversaria e a permettere a Carvajal di crossare dalla parte opposta del campo. La palla messa in area dal terzino destro del Real è stata sfiorata da Asensio mentre Rodrygo era già in aria e stava preparando il suo colpo di testa. Quasi sempre una deviazione come quella di Asensio mette fuori tempo il compagno di squadra pronto a colpire a rete. Ma non questa volta. Incredibilmente, inspiegabilmente il pallone deviato da Asensio è finito esattamente sulla testa di Rodrygo che, solamente 88 secondi dopo il gol del pareggio, lo ha messo nuovamente alle spalle di Ederson.

Quanti dettagli minuscoli come questi servono per riuscire a fare una rimonta simile in una manciata di secondi? Quando, dopo soli due minuti di gioco del primo tempo supplementare, Ruben Dias ha atterrato in area Karim Benzema in maniera ingenua, più che un errore è sembrato che semplicemente la celebre mistica del Bernabeu e del Real Madrid in generale lo avesse scelto per riaffermare per l’ennesima volta il rapporto speciale che la squadra spagnola ha con questa coppa.

Una partita diversa da quella dell’andata

Il risultato è spesso episodico: lo si dice spesso e ancora più spesso è vero in uno sport a basso punteggio come il calcio. Il Manchester City ha complessivamente giocato meglio nel corso dei 210 minuti complessivi della sfida contro il Real Madrid. E, probabilmente, avevano giocato meglio sia il Chelsea che il Paris Saint Germain, eliminati nei turni precedenti dalle rimonte dei “Blancos”.

Dopo la sconfitta per 4-3 all’Etihad Stadium, il Real Madrid avrebbe dovuto segnare almeno un gol per recuperare lo svantaggio maturato in Inghilterra. E, fino a un minuto dal termine dei 90 minuti di gioco regolamentari, c’è da dire che non aveva fatto troppo per pareggiare il doppio confronto. Era bastato sino a quel momento un City nemmeno eccessivamente brillante per aumentare il vantaggio e sfiorare due volte, con Grealish, il colpo del probabile KO (con qualsiasi altra squadra quel “probabile” non lo avremmo nemmeno azzardato).

Guardiola ha optato per un’interpretazione piuttosto prudente del match, volta principalmente a non concedere troppo spazio in ripartenza a Vinicius e Benzema. Per questo la fase di costruzione del gioco prevedeva che i due terzini, Walker e Cancelo, non si alzassero troppo ad occupare l’ampiezza o che stringessero in mezzo al campo, secondo il meccanismo dei “falsi terzini”. Più avanti, Bernardo Silva, per 89 minuti il migliore giocatore in campo, ha supportato magistralmente Rodri nello sviluppo della manovra, mentre De Bruyne, più avanzato del portoghese, provava ad azionare i tre attaccanti.

Ancelotti ha invece schierato una sorta di 4-3-1-2 asimmetrico con Modric vertice alto del rombo, Valverde mezzala deputata a coprire tutta la porzione destra del campo e Vinicius nella sua consueta posizione alta a sinistra. L’intenzione, con Modric nella zona di Rodri, era probabilmente quella di sporcare la costruzione del City. Il problema di questa strategia è che sul lato destro Valverde era messo in mezzo da Cancelo e Bernardo Silva (la coppia di giocatori del nel match si è scambaita più frequentemente la palla, 31 volte) e in questo modo gli uomini di Guardiola potevano gestire con sufficiente sicurezza il possesso del pallone. Come detto, il City non era nemmeno nella sua versione migliore: ci sono stati diversi errori tecnici inconsueti, una inedita insicurezza in fase di palleggio e anche una brutta prestazione di Mahrez, che almeno si è riscattato con il gol.

Con Valverde deputato a coprire tutto il fianco destro, il rombo di centrocampo del Real Madrid si è trovato in inferiorità numerica a destra nella fase di costruzione del City. Bernardo Silva è stato, come sempre, magistrale nel tradurre la superiorità numerica con la qualità dei suoi smarcamenti e delle scelte palla al piede in superiorità posizionale.

Offensivamente il Real Madrid ha trovato grandi difficoltà ad arrivare dalle parti di Ederson con una manovra ragionata, ed era più efficace con transizioni fulminee e attacchi a folate. Il City pressava la costruzione bassa del Real alzando De Bruyne sulla linea del centravanti per generare parità numerica contro la linea arretrata avversaria e ciò è bastato a mettere in difficoltà la manovra dei “Blancos”. Il Real Madrid non è quasi mai riuscito a far giungere palloni puliti al centrocampo dove il rombo teoricamente avrebbe potuto provare a fare valere la propria superiorità numerica.

Al City è bastato alzare De Bruyne per costringere gli avversari al lancio lungo verso Vinicius e Benzema.

Per quasi tutta la partita si è avuta l’impressione che le fortune offensive del Real risiedessero solamente nel talento di Benzema, di cui si aspettava da un momento all’altro la giocata decisiva, e nella miracolosa conduzione palla di Vinicius che, più di una volta, è sembrato inclinare il campo verso la porta avversaria semplicemente correndo palla al piede.

Nonostante il talento dei due fenomenali attaccanti del Real, sembrava comunque troppo poco, persino davanti a un City non eccezionale e non troppo preciso come quello visto nei primi 89 minuti al Bernabeu. Se all’andata la partita era stata per larghi tratti un match verticale e quasi senza controllo, intervallato da alcuni momenti di totale gestione del City, a Madrid lo scontro è stato molto più bloccato e di qualità tecnica inferiore. Guardiola, che conosce forse meglio di tutti il Real Madrid, è sembrato molto preoccupato di controllare e raffreddare il match, di limitare i rischi in ripartenza e di non concedere troppe fasi di gioco a viso aperto al Real. E in effetti ci era riuscito, seppur in una versione normalizzata e un po’ grigia del suo gioco, trascinando il Real Madrid all’interno di una partita statica, in cui il City sembrava poter prevalere semplicemente con la propria superiorità tattica. Sembrava, per l’appunto, perché anche così è bastato quasi niente agli uomini di Ancelotti per accendere la scintilla necessaria a creare un momento Real Madrid.

I momenti Real Madrid

Dopo il gol di Mahrez e le sostituzioni di Carlo Ancelotti le cose in campo sono sembrate andare sempre peggio per il Real Madrid. Rinunciando di fatto a tutto il centrocampo e consegnandolo al solo Camavinga, che giocherà una grande partita, il Real ha permesso al City di controllare ancora meglio la partita. Negli ultimi minuti di gioco la squadra di Guardiola è riuscita a raggiungere con estrema facilità l’area di rigore avversaria e già prima della doppia occasione di Grealish, Courtois, che in questo frangente sarà decisivo, aveva tolto dall'incrocio dei pali un tiro d’esterno di Cancelo. Si è dovuto arrivare a un paio di minuti dalla fine per vedere il Real provare davvero un forcing offensivo, con un paio di azioni peraltro confuse, in grado di abbassare il City e schiacciarlo nella propria area. Sono state più che sufficienti a generare il gol di Rodrygo.

È probabile che al gol del pareggio i peggiori pensieri siano passati nella testa dei giocatori del City. Courtois, forse il migliore in campo della sua squadra, nel post partita ha affermato che a quel punto gli uomini di Guardiola sapevano che sarebbe potuto succedere di tutto.

Ed è già questa una delle forze del Real Madrid in partite come queste, la paura che una storia di rimonte impossibili, di vittorie leggendarie, incute anche negli avversari più navigati. E, allo specchio, la convinzione dei giocatori del Real Madrid che tutto sia possibile. Toni Kroos e Modric erano già in panchina e dello storico Real dello scorso decennio c’erano in campo solamente Benzema e Carvajal, oltre al solidissimo Nacho. Ma la capacità di intercettare pienamente e sfruttare al massimo la dimensione emotiva di queste partite è evidentemente già patrimonio anche dei giocatori meno esperti e figlia di un insieme di fattori complessi che definiscono la dimensione del Real Madrid.

Paradossalmente la mancanza di volontà o, se volessimo essere più cattivi, l’incapacità di dominare o anche solo di controllare tatticamente le partite di questo Real Madrid, che deve quindi affidarsi quasi esclusivamente ad alcuni momenti e alla capacità tecniche dei propri campioni per vincere le partite, sembra anch’essa concorrere a creare - assieme alla storia del club, al miedo escenico del Bernabeu e a tanti altri fattori più o meno imponderabili- l’humus ideale per non patire delle difficoltà incontrate per 89 minuti e giocare con la convinzione che l’ultimo minuto di gioco sia la sola porzione di partite che conti. È questa convinzione, oltre alle enormi capacità tecniche, che consente a Benzema di avere la perfetta connessione emotiva con il match per disegnare un assist al volo niente affatto banale per Rodrygo nell’ultima occasione utile per riaprire la partita. O che consente a Rodrygo di arrivare prima di Ederson all’impatto col pallone servitogli da Benzema e, 88 secondi dopo gli permette di trovare in aria la coordinazione per correggere impercettibilmente, ma in maniera decisiva, la postura del proprio corpo per colpire perfettamente di testa dopo la deviazione di Asensio. E ancora: è questa convinzione che consente a Courtois, dopo 98 minuti di difficoltà del Real a costruire dal basso, di diventare decisivo anche nella fase offensiva, trovando il passaggio taglia linee verso Camavinga che origina il rigore per il fallo di Ruben Dias su Benzema.

Camavinga vede un buco tra le linee della pressione del Manchester City e va a ricevere nello spazio indicando col braccio a Courtois la direzione del passaggio. Il portiere è particolarmente abile, col piede debole, a trovare la giusta misura del passaggio che apre il campo al Real Madrid e alla conduzione palla di Camavinga.

I timori di Guardiola e gli episodi del Real Madrid

Il Manchester City visto al Bernabeu non è certo stata la migliore versione vista della squadra di Pep Guardiola. Nel primo tempo il palleggio del City è stato insolitamente impreciso e ansioso rispetto al suo solito livello e l’approccio tattico alla partita, orientato a controllare il ritmo, raffreddare la temperatura emotiva del campo e proteggersi dalle ripartenze di Vinicius e Benzema, non era il più adatto alle sue caratteristiche. Nel secondo tempo la prestazione è migliorata, il palleggio è diventato più fluido e il controllo sulla partita, almeno fino a un minuto dal termine, appariva più saldo.

Prima del gol di Rodrygo il Real Madrid non aveva mai centrato lo specchio della porta di Ederson e non aveva effettuato nessun tiro nei precedenti 37 minuti. Anche questa versione non scintillante del City, quindi, pareva sufficiente per garantire a Guardiola la finale di Champions League contro Jürgen Klopp. Non lo è stata. Chissà se le tante eliminazioni patite da Guardiola in semifinale di Champions (con questa sono 6 su 9) e la preoccupazione di non creare le condizioni per i momenti Real non abbiano frenato eccessivamente l’allenatore catalano – spesso accusato di overthinking per le sue scelte nel big-match – indirizzandolo verso un approccio cauto e controllato che, sebbene vincente per 89 minuti, è sembrato creare troppo poco rispetto alla superiorità potenziale e concreta che il City aveva mostrato all’Etihad Stadium e che pareva potere dimostrare anche al Bernabeu.

Guardiola ha provato in ogni modo a evitare di giocare a Madrid una partita senza controllo e alla temperatura emotiva adatta al Real, ma è davvero bastato poco alla squadra di Ancelotti per girare la partita e la qualificazione. Dopo infinite difficoltà, dopo avere consegnato le proprie fortune offensive quasi esclusivamente alle corse di Vinicius, nonostante tutto ben controllato da Walker, e alla classe di Benzema e dopo avere visto il baratro con le occasioni da gol di Grealish, il Real è per l’ennesima volta risorto. Si dice che i terremoti vengano annunciati da versi degli animali, che percepiscono prima degli uomini i segnali dell’imminente pericolo, e da crepitii nell’aria. Il pericolo monta fino a deflagrare. Eppure al Bernabeu non sembrava esserci alcun segnale, nulla che lasciasse presagire che stesse per arrivare un terremoto per il Manchester City. Per ribaltare tutto è bastato davvero poco: due cross e il difensore centrale schierato come centravanti, come in ogni campo di calcio del mondo in qualsiasi categoria. È stato tutto quello che è servito per cambiare il destino e portarlo, come spesso succede, dalla parte del Real Madrid.

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