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Il sottovalutato pragmatismo di Guardiola e Tuchel
10 mag 2021
Nell'anticipazione della finale di Champions, Chelsea e City hanno confermato la propria flessibilità.
(articolo)
6 min
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Una curiosa coincidenza nel calendario della Premier League ci ha regalato il secondo confronto stagionale tra Manchester City e Chelsea, pochi giorni dopo che le due squadre si erano qualificate alla prossima finale di Champions League con due prestazioni abbastanza sorprendenti ma molto efficaci rispettivamente contro il PSG e il Real Madrid. Se la partita quindi da una parte poteva essere interpretata come un’anticipazione della finale, l’esigenza di Guardiola e Tuchel di non scoprire le carte tattiche l’ha resa ancora più cervellotica dal punto di vista tattico. C’erano anche questioni di classifica da non sottovalutare: con una vittoria il City avrebbe messo in cassaforte il titolo, mentre il Chelsea aveva bisogno dei tre punti per consolidare il terzo posto in classifica. Come previsto, il massiccio turnover di Guardiola e Tuchel non ha fornito particolari indizi su cosa aspettarci il 29 maggio a Istanbul, nella finale, ma ha raccontato le identità di queste due squadre eccezionali ma fraintese. Sebbene nel discorso comune siano considerati degli ideologi, capaci solo di plasmare squadre dogmatiche, Guardiola e Tuchel quest’anno hanno dimostrato il loro pragmatismo e la loro flessibilità, due qualità di solito associate ai loro colleghi.

Se oggi il City e il Chelsea sono le squadre più in forma in Europa è grazie soprattutto alla qualità delle loro fasi difensive: il pressing viene eseguito con tempi ed intensità ingestibili per gli avversari, mentre le situazioni di difesa posizionale sono caratterizzate da una buona compattezza.

L’adattamento di Pep

Il 17 aprile le due squadre si erano affrontate anche nella semifinale di FA Cup, dove si era imposto il Chelsea per 1-0. Quella volta Guardiola aveva schierato la sua squadra con un 4-2-3-1 mentre stavolta ha optato per un 3-5-2 sulla carta molto offensivo con Cancelo e Mendy esterni, Ferrán Torres e Sterling mezzali e la coppia d’attacco formata da Gabriel Jesus e Agüero. A Wembley erano i terzini a dover uscire in pressione sugli esterni del 3-4-2-1/3-5-2 del Chelsea, anche a costo di lasciare molto campo alle loro spalle (cosa che i Blues avevano sfruttato molto bene, soprattutto dal lato di Cancelo), mentre l’aggiunta di un uomo (Aké) sulla linea difensiva sabato scorso doveva garantire una migliore copertura della profondità in fase di pressing: il City ha lavorato complessivamente bene in queste situazioni e il Chelsea non è riuscito a rendersi pericoloso in campo aperto come invece aveva fatto nel doppio confronto col Real.

Insomma, Guardiola ha di nuovo modificato la struttura del City per adattarla a quella dell’avversario. Un altro segnale di questa consapevolezza è stata anche la scelta di difendere perlopiù con un baricentro medio, dando maggiore priorità alla protezione del centro piuttosto che al recupero immediato del pallone: a parte un paio di ricezioni tra le linee concesse a Ziyech, il City si è difeso con ordine e attenzione nella sua metà campo. Il 3-5-2 del City, però, aveva anche l’obiettivo di disincentivare le uscite in pressione di Kanté: soprattutto nel primo tempo, in fase di possesso, la squadra di Guardiola ha provato a liberare Sterling alle spalle del francese grazie anche alla presenza delle due punte che fissavano la linea difensiva dei Blues - un altro aspetto in totale controtendenza con una fase di stagione in cui il City ha trovato il suo equilibrio senza centravanti. Il piano è riuscito discretamente bene, anche se poi la squadra non ha saputo concretizzare questo vantaggio posizionale in occasioni da gol. La fase offensiva del City non è stata in generale abbastanza rapida o fluida per disordinare con continuità la difesa avversaria.

L’attacco della linea garantita dalle due punte è stato però determinante in occasione del gol di Sterling al minuto 44: il maldestro tentativo di disimpegno di Christensen (uscito poco dopo per un infortunio) su un lancio in profondità di Rúben Dias ha spianato la strada per Gabriel Jesus, il cui cross basso a rimorchio è stato sfruttato dall’attaccante inglese. Lo stesso Jesus si è poi guadagnato un calcio di rigore circa un minuto dopo, ma Agüero ha sprecato la grande occasione per il 2-0 con un cucchiaio pessimo, che magari ha anche fiaccato psicologicamente il City.

Le correzioni di Tuchel

Inizialmente la squadra di Tuchel aveva optato per un pressing alto pareggiando la costruzione a 3 del City con il suo tridente offensivo (Pulišić, Werner e Ziyech) e cercando di indirizzare lo sviluppo della manovra verso le zone esterne del campo, dove scattavano le solito uscite aggressive sugli appoggi del giocatore avversario in possesso. Per ovviare all’inferiorità numerica a centrocampo, Tuchel aveva incaricato Rüdiger di uscire su Ferrán Torres: il tedesco lo ha fatto bene, seguendo il suo diretto avversario anche in zone molto avanzate, ma non sono mancate situazioni in cui il City è riuscito a riportare la palla dalla fascia al centro e trovare Sterling libero tra le linee. Tuchel ha quindi abbassato il baricentro difensivo della sua squadra facendo schermare Rodri da Werner e tenendo il giovane Gilmour a protezione della linea difensiva assieme a Kanté.

Le uscite in pressione del Chelsea nel primo tempo.

Sotto di un gol, il Chelsea ha provato ad aumentare la sua pericolosità offensiva alzando il possesso palla (dal 45% del primo tempo al 59% del secondo): se nei primi 45 minuti i "Blues" avevano perlopiù provato a liberare i propri trequartisti tra le linee con scarso successo, nella ripresa hanno mosso la palla più velocemente e sono riusciti a creare occasioni facendo soprattutto affidamento alla spinta di Reece James a destra; l'inglese è riuscito spesso a saltare Mendy tramite combinazioni veloci e movimenti senza palla sul centrodestra, ricevendo in isolamento e partendo semplicemente in conduzione da fermo.

Lo strapotere della catena destra del Chelsea è stato evidente anche nell'azione del pareggio di Ziyech (nato da un bel recupero palla dei "Blues" a ridosso della linea di metà campo), nell'azione del gol annullato a Hudson-Odoi (in leggero fuorigioco) e in quella del gol decisivo di Marcos Alonso: nemmeno gli inserimenti di Gündoğan e Zinčenko nella ripresa sono serviti ad arginare il problema. È di certo una questione di cui Guardiola dovrà tenere conto in ottica della finale di Champions League.

Per la seconda volta in stagione, Tuchel ha sconfitto Guardiola utilizzando al meglio le caratteristiche dei giocatori a disposizione, limitando bene la pericolosità offensiva degli avversari (il Chelsea ha concesso solo 0.91 xG su azione) e variando con efficacia l'approccio tattico in situazione di svantaggio: non solo ha dimostrato ottime doti strategiche nei big match giocati finora, ma ha mostrato di avere una presa emotiva non indifferente sulla squadra e ora il Chelsea può guardare con grande entusiasmo al finale di stagione che la attende.

La festa per il titolo invece è solo rimandata per Guardiola: il rigore sbagliato dal "Kun" ha sicuramente inciso nell'inerzia di una partita abbastanza equilibrata, ma va detto che la squadra non è rientrata con la giusta concentrazione e si è lasciata trasportare un po' troppo passivamente dal maggior agonismo del Chelsea. Se questa partita abbia inciso sui sottili equilibri mentali tra le due squadre lo sapremo solo a Istanbul, se alla fine si giocherà davvero lì.

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