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Perché la vittoria della Spada femminile è così importante
31 lug 2024
Un'impresa storica per diverse ragioni.
(articolo)
6 min
(copertina)
Foto di IMAGO / Xinhua
(copertina) Foto di IMAGO / Xinhua
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È difficile definire a parole tutto quello che ha significato la finale di spada femminile al Grand Palais di Parigi. Le riprese grandiose della volta dell’edificio, il rumore del tifo che faceva vibrare i pavimenti e le pedane, le lame che si intrecciavano su un equilibrio precario di forze e intelligenze a confronto.

È difficile, perché è difficile raffreddare l’emozione di aver assistito a un’impresa sportiva che ha avuto in sé qualcosa di assolutamente epico. Oltre ad aver costituito un primato - quello del primo oro in assoluto vinto ai Giochi dalla squadra di spada femminile italiana - la vittoria delle spadiste azzurre contro la Francia si è mossa attraverso un microcosmo di storie e coincidenze che hanno radici lontane.

Prendiamo il 1996, per esempio. I giochi si svolgevano ad Atlanta ed era la prima volta in assoluto che la scherma di spada femminile era stata inclusa alle olimpiadi. La prima volta dall’inizio dei giochi. Si trattava di un percorso importante che iniziava a scardinare molto tardi l’idea secondo la quale il fioretto – arma più leggera e più inquadrata nei movimenti – fosse l’unica adatta a quello che ancora veniva considerato come il secondo sesso (o il "gentil sesso"). Quando le donne sono entrate nei giochi olimpici hanno trovato un mondo costruito a misura di uomo e in esso si sono fatte spazio a suono di concessioni, una dopo l’altra. Le atlete dovevano mantenere la propria grazia, dovevano essere “graziose”.

Tempo fa, facendo ricerca tra vecchie riviste di moda, ho trovato un articolo sulla scherma femminile su un numero di Bellezza del 1941. «Prima legge per ogni schermitrice è quella di curare l’estetica della propria guardia, la naturalezza delle varie azioni e l’eleganza nei movimenti» scriveva il giornalista. «Nel campo femminile la scherma è dunque innanzitutto cultura fisica ed esercizio sportivo che ha come massimo scopo quello di fortificare la futura madre».

Tornando ad Atlanta, quell’anno è stata la Francia a segnare il primato, con una Laura Flessel straordinaria che già si era imposta nell’individuale pochi giorni prima, contro la compagna di squadra Valerie Barlois. Quasi trent’anni dopo, la storia cambia a favore delle Italiane, con non pochi ostacoli nel mezzo. Solamente nel 2016, infatti, l’intera squadra non era riuscita a qualificarsi nei giochi di Rio. A partire, in quell’occasione, era stata solo Rossella Fiamingo che era poi tornata con un argento individuale e i capelli rosa shocking fatti per onorare una scommessa.

Avanti veloce: durante la pandemia sono indimenticabili i video sul terrazzo di casa in cui la siciliana si allenava a colpire un aspirapolvere automatico per esercitare i colpi al piede, come pure le foto delle immersioni condivise dalla friulana Mara Navarria, che da anni ha fatto dell’apnea parte integrante del suo allenamento personale. Entrambe le atlete erano nella squadra che a Tokyo 2020 ha conquistato il bronzo con Alberta Santuccio come riserva. Un passo alla volta, a Parigi le ragazze sono tornate chiedendo di più e quel di più lo hanno ottenuto aggiungendo alla squadra l’esordiente Giulia Rizzi, classe 1989, fondamentale per il recupero stoccate che ha rovesciato le sorti dell’assalto contro la Francia, da 15-19 a 20-21.

La finale di spada femminile che è andata in scena a Parigi ha mostrato l’essenza di un’arma totale, libera dalle convenzioni del fioretto e della sciabola, e per questo arma creativa, tattica, reale. Ma non solo. L’assalto contro le francesi ha distrutto degli stereotipi lunghi a morire, anche all’interno dello stesso sistema schermistico. Prima di tutto stereotipi legati a fisicità diverse: le francesi sono alte, slanciate, le loro braccia sono così lunghe da rendere gli attacchi delle italiane estremamente cauti, perché troppo rischiosi. A parità di estensione, i colpi delle francesi arriverebbero prima, stessa cosa per gli affondi lunghissimi delle avversarie.

Si dice sempre che esiste un fisico adatto alla spada e in parte è così, perché senza dubbio l’altezza facilita l’esecuzione di colpi che non hanno limiti se non quello del bersaglio mobile, l’intero corpo avversario che avanza o indietreggia, maschera inclusa. In tal senso il vantaggio fisico delle francesi è oggettivo: Mallo conta 1.80 cm, Candassamy raggiunge 1.85 cm e Vitalis 1.79 cm. Le italiane? L’altezza rispettiva di Fiamingo, Navarria, Santuccio e Rizzi è la seguente: 1.68 cm, 1.75 cm, 1.71 cm e 1.77cm. Eppure questo apparente svantaggio è stato compensato da un ragionamento strategico eseguito in modo magistrale, fondato su una forte difesa e mirato all’annullamento dell’attacco avversario.

Le italiane hanno vinto contro la Francia con la scherma più italiana che potesse esserci, quella giocata sul ferro, con una serie di parate e risposte, controtempi e un lavoro sulle gambe eseguito in modo costante, ad alta velocità. L’esatto opposto della scherma preferita dalle squadre francesi, per lo più giocata di svincoli e arresti.

Dopo aver giocato un ruolo importante nell’assalto di semifinale contro la Cina, Rossella Fiamingo è stata sostituita da Mara Navarria, che non aveva giocato negli individuali e che a Parigi ha chiuso la carriera da veterana. La sequenza degli ultimi tre assalti delle azzurre, rispettivamente quello di Rizzi contro Vitalis, Navarria contro Candassamy e Santuccio contro Mallo hanno alzato il ritmo dell’incontro costruendo e portando a segno una serie molto diversificata di stoccate, da quella inaspettata alla gamba eseguita da Mara Navarria sul 22-22, alla più classica con presa di ferro in quarta e colpo, che le ha portate a condurre per la prima volta l’assalto 24-23; ma anche le parate di terza eseguite da Santuccio, che conducevano fuori bersaglio la lama avversaria con una breve sospensione, e i colpi ripetuti della stessa, con stoccata di rimessa a strettissima misura, portata a segno a decretare un nuovo vantaggio 26-25. Si è detto per molti anni, e ancora in tanti lo ripetono, che rispetto alle altre la spada femminile sia un’arma lenta, poco avvincente, a tratti noiosa: nessuno spettatore della finale a squadre di Parigi potrà mai sottoscrivere un giudizio del genere.

L’ultima stoccata, quella che Alberta Santuccio tira nel tempo supplementare a trentatré secondi dalla fine, con la priorità alla Francia, è un esempio di uso perfetto di scelta di tempo e misura. Il minuto supplementare arriva alla fine dei nove incontri previsti dal format della gara a squadre, quando la situazione si conclude in parità. In quel caso l’arbitro sorteggia la priorità tra le due squadre: chi la riceve, vincerà l’assalto nel caso in cui alla fine del tempo concesso nessuna delle due parti avrà segnato un punto. In questo caso, ovviamente, si cerca solo il colpo singolo o nessun colpo, come avrebbe potuto fare la Francia. La stoccata della vittoria è colpo sul lungo braccio dell’avversaria, che Santuccio segna stringendo ed allargando la distanza, confondendo per l’altra la lettura dello spazio.

Il ruggito che segue l’accensione della luce verde, quella delle italiane, è tutto fuorché composto.

Rivedendo tutto quello che ha fatto seguito all’ultima stoccata di questa gara storica, ho provato un grande senso di commozione e gratitudine per le schermitrici italiane e per quest’oro così vivo, pulsante di sangue e cuore.

Che non si dica di loro che erano eleganti, che non si dica che i loro movimenti erano eseguiti con grazia. C’è stato anche quello, certo, ma non solo. Fiamingo, Navarria, Rizzi e Santuccio sono state guerriere forti e intelligenti, ma soprattutto strateghe sottili e raffinate, esecutrici a volte spietate. Sempre, senza dubbio alcuno, coraggiose. Le spadiste azzurre sono anche state l’esempio di come uno sport individuale come la scherma possa trovare un ulteriore senso di sublimazione nel lavoro di squadra, perché non è mai stato tanto evidente come a Parigi - sotto la volta del Grand Palais - quanto il risultato finale di quattro singole atlete a volte possa perfino superare la somma delle singole parti.

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