• Euro 2024
Daniele V. Morrone

Lamine Yamal e Nico Williams hanno cambiato la Spagna

La migliore coppia di esterni dell'Europeo.

«Nico oggi tu hai 21 anni, giusto? Rispetto a Lamine Yamal sei vecchio», chiede il giornalista di SER, una delle principali radio spagnole, in un’intervista dal ritiro della Spagna, prima che cominci l’Europeo. «Sì, come dico a lui: sono suo fratello maggiore…mi deve rispettare!», risponde ridendo Nico Williams. Poi aggiunge: «ogni tanto lo vedo fare i compiti in camera sua. La verità è che è un bravo ragazzo, sta facendo le cose per bene e per l’età che ha è molto maturo». Chiude poi il discorso facendosi fintamente serio: «Se non fa i compiti a casa lo bocciano».

 

Qualche giorno dopo viene intervistato Lamine Yamal e gli riferiscono le parole di Nico. Lui esagera: «Sono suo padre in tutto, gli sono superiore e lo batto in tutto quello a cui giochiamo». Lamine Yamal è seduto in un angolo, con i tabelloni degli sponsor attorno, e da dietro spunta la faccia di Nico Williams, che ha sentito tutto. Quando lo vede, Lamine Yamal si apre in un sorriso sincero.

 

 

Il loro rapporto fuori dal campo, e il modo in cui si traduce nelle loro prestazioni, è l’ingrediente che ha reso questa versione della Spagna diversa da quelle precedenti. In Spagna negli ultimi giorni è scoppiata una specie di febbre per la coppia di ali della nazionale.

 

Sono i due giocatori più ambiti dai giornalisti e le domande delle interviste virano, prima o poi, verso due argomenti principali: la loro amicizia e la possibilità che giochino insieme anche nel Barcellona, magari già dalla prossima stagione. Dopo aver visto spuntare la faccia di Nico da dietro i cartelloni degli sponsor, il giornalista fa proprio questa domanda a Lamine Yamal, che rispondere: «Io prenderei Nico senza dubbi. Se mi chiedessero solo un giocatore da prendere, sceglierei lui».

 

Intervistato qualche giorno dopo, dalla tv di stato spagnola, TVE, tocca a Nico rispondere: «Ho rinnovato da poco con l’Athletic Club e mi trovo molto bene, sono molto felice lì. Mi sembra strano che mi facciate queste domande».

 

Il fatto che siano entrambi emersi in squadre ideologicamente indipendentiste, come l’Athletic Club e il Barcellona, ha contribuito al riemergere di comportamenti razzisti sugli spalti, durante l’ultima stagione di Liga. Nico Williams ha risposto in campo e poi anche ai microfoni: «L’importante è educare bene i bambini a casa, perché nessuno nasce razzista, i bambini non distinguono in base ai colori. Non gli importa se uno è nero, bianco o marrone. È la base del rispetto, niente di più. Tutti meritiamo un minimo di rispetto», ha detto lo scorso novembre a Marca.

 

Il padre di Lamine Yamal si è anche scontrato nel 2023 con un neofranchista, che da un banchetto di Vox nel quartiere dove risiede gli intimava di “tornare al suo paese”. Dalla vigilia dell’Europeo sui social sono apparsi discorsi apertamente razzisti, sempre da parte dei neofranchisti tornati alla ribalta negli ultimi tempi, che dicono di non sentirsi rappresentati da una nazionale le cui stelle sono due ragazzi figli di seconda generazione, figli cioè di immigrati.

 

La Federazione spagnola ha risposto a marzo, facendo di Nico e Lamine Yamal i due volti di una campagna contro il razzismo che comprendeva anche altri noti bersagli nella Liga: i brasiliani Vinicius e Rodrygo.

 

Poi sono arrivate le prestazioni in questo Europeo, che li stanno rendendo idoli dei tifosi e il volto di una Spagna nuova, che sta brillantemente superando la delusione dell’ultimo Mondiale. Le voci razziste sono diventate sempre meno presenti con l’andare avanti del torneo, Nico Williams e Lamine Yamal sono semplicemente due giocatori troppo entusiasmanti per andargli contro.

 

Nuovi spagnoli, nuova Spagna
Nico ha le treccine sbiancate sulle punte e le tiene raccolte quando gioca, fuori le scioglie per farle cascare sulla fronte. È un ragazzo estroverso dentro e fuori dal campo, ha sempre il sorriso pronto. Il fratello Iñaki ha raccontato di come i loro genitori abbiano attraversato il deserto del Sahara, dal Ghana, su dei camion o direttamente a piedi, fino a scavalcare le barriere al confine con la Spagna nell’enclave di Melilla in Marocco.

 

La madre, Maria, era incinta proprio di Iñaki, durante il tragitto. Nico è nato quando i genitori si erano stabiliti già a Pamplona, nel nord della Spagna, e Iñaki aveva 8 anni. Nico è cresciuto come un ragazzo basco qualunque, con la maglia dell’Athletic Club cucita addosso, con l’aggiunta però delle radici ghanesi trasmesse in famiglia: da bambino il suo idolo era Asamoah Gyan, icona del calcio ghanese degli anni 2000.

 

Non ha bruciato le tappe, da giovane, è salito in cima alla piramide del calcio spagnolo passo dopo passo, anche grazie al fratello Iñaki, diventato uno dei simboli della stessa squadra, e che l’ha protetto nel percorso.

 

Nico Williams è da sempre un esterno devastante e nell’ultima stagione ha levigato il suo gioco per renderlo più efficiente. Meno fumoso, per capirci. Oggi lo vediamo giocare a sinistra, ma si è affermato a destra nell’Athletic Club, dallo stesso lato del suo piede forte, in modo da poter crossare una volta arrivato sul fondo. Non ha ancora pulito del tutto la sua tecnica di tiro e questo lo rende meno efficace di quanto potrebbe essere negli ultimi metri. Quando parte da sinistra e va al tiro può spaccare la rete, oppure calciare malamente fuori.

 

Anche negli spazi ristretti ha ancora qualche difficoltà, non è totalmente a proprio agio nelle scelte. Ma già oggi è una delle migliori ali della Liga anche solo per come combina la sua velocità con la capacità di saltare l’uomo. In transizione è letale, anche perché non si limita a ricevere sulla linea laterale, ma può venire dentro al campo per avere palla.

 

Copre tanto campo e minaccia sostanzialmente tutta la trequarti, è capace di venire a giocare tagliando verso il centro fino anche ad allungarsi sulla fascia opposta.

 

Ma nella Spagna non c’è bisogno che esegua questo tipo di movimenti senza palla, proprio perché dall’altra parte del campo c’è Lamine Yamal.

 

 

Il catalano Lamine Yamal è cresciuto idolatrando Neymar. Come scritto dietro la sua maglia, va sempre chiamato per esteso: non solo Lamine, o solo Yamal, perché questo è il suo nome completo (mentre i suoi due cognomi, come da prassi spagnola, sono Nasraoui Ebana). La madre è di origine guineana, il padre di origine marocchina, e lui quando fa gol mostra con le mani il numero 304 che fa riferimento al cap di Rocafonda, quartiere povero e multiculturale di Matarò (periferia di Barcellona), dove è cresciuto.

 

Longilineo, con le gambe magrissime e i piedi che sembrano sproporzionatamente grandi come nei cuccioli di cane in cui crescono prima le zampe del resto del corpo, negli ultimi mesi si è persino alzato di qualche centimetro, mettendo su massa muscolare grazie ad un piano specifico pensato per fargli reggere botta con atleti più grandi. Ha aumentato la potenza nelle gambe e talvolta ci si dimentica che, a quasi diciassette anni, il suo corpo è ancora in trasformazione. Guardandolo bene, da vicino, si vede però che si tratta ancora di un ragazzino: i brufoli, l’apparecchio ai denti, i boccoli sul doppio taglio ormai tipico per gli adolescenti europei.

 

L’improvvisa notorietà gli impedisce ormai di avere una vita normale, di uscire col fratello e gli amici, di andare a fare shopping in centro il sabato pomeriggio. È passato poco più di un anno solare da quando, allora quindicenne, Lamine Yamal ha debuttato con la prima squadra iniziando a bruciare ogni record di precocità esistenti nel Barcellona, nel calcio spagnolo poi e infine nel calcio europeo. La stagione appena conclusa l’ha visto assumere rapidamente le sembianze del presente del Barcellona, non soltanto di un radioso ma distante futuro.

 

Diventato presto uno dei giocatori chiave della squadra di Xavi, il suo talento ha spinto anche il ct de la Fuente a chiamarlo in nazionale prima ancora che potesse giocare con l’under 21. Dove Nico Williams ha fatto tutta la trafila delle giovanili nella Spagna, Lamine Yamal ha fatto un salto quantico da promessa dell’u17 – con cui ha giocato l’Europeo di categoria la scorsa estate, perdendo in finale contro l’Inghilterra di Cole Palmer – a titolare della nazionale spagnola.

 

Nico Williams era un promessa da far crescere con calma, Lamine Yamal un ragazzo prodigio su cui puntare tutto subito.

 

Doppia minaccia

Avere Lamine Yamal e Nico Williams insieme in campo, significa che l’azione da gol per la Spagna può arrivare anche in un’azione estemporanea, o persino in un momento di sofferenza. Rappresentano il genere di vantaggio competitivo che prima, in Spagna, semplicemente non avevano: il gol arrivava sempre attraverso la manovra e le ali ne erano parte integrante. Ora lo scopo stesso della manovra è andare da loro, e chiedergli non solo di avere un peso maggiore sullo sviluppo del gioco, ma di sbloccare da soli le situazioni statiche e portare a termine le transizioni.

 


Per la prima volta da anni la Spagna ha a disposizione una coppia di ali di livello mondiale. Loro due ne parlano apertamente: «L’idea di gioco del mister è molto chiara: pressione dopo la perdita e attaccare rapidamente quando ne abbiamo la possibilità. Non è tanto associativa come prima», ha detto Nico Williams a Marca.

 

«In nazionale, quando gioco con Nico, l’altra squadra deve accorciare sulla sua fascia e anche sulla mia, e io mi trovo meglio perché affronto più situazione di uno contro uno», ha detto invece Lamine Yamal al Mundo Deportivo.

 

In un’altra intervista, sempre Lamine Yamal ha parlato dell’importanza psicologica che ha il dribbling per questa Spagna: «Se vedo che sono uno contro uno quando ricevo la palla, punto il terzino, sempre. Penso sia una cosa psicologica, perché quando l’ho superato già una volta, ha più paura. E io lo punto ancora, improvviso la prima cosa che mi viene in mente».

 

Nico Williams ha reso la partita di Giovanni Di Lorenzo un incubo anche e soprattutto in termini psicologici, una volta trovato lì il punto debole del sistema italiano la Spagna è andata a cercare ripetutamente la sua ala in situazione di uno contro uno, fino a trovare il gol vittoria.

 


Nello scorso Europeo 2020, con in campo Oyarzabal e Ferran Torres sulle fasce, era impossibile per la Spagna di Luis Enrique giocare in questo modo. E il tecnico asturiano aveva optato per incanalare il proprio gioco su Dani Olmo come falso 9, sui i suoi controlli orientati, per generare superiorità negli spazi ristretti.

 

Ma il vantaggio tattico che ti dà il dribbling puro non è confrontabile con nessun’altra cosa, e lo si può vedere in maniera palese in questo Europeo. Per la Spagna non è soltanto avere due ali di questo livello, ma anche come il loro diverso modo di giocare sia armoniosamente compatibile. Da una parte, a destra, c’è un rifinitore elegante, dall’altra, a sinistra, un’ala pura ed elettrica. Lamine Yamal è leggero nella corsa e accarezza il pallone come se stesse spalmando con la spatola la crema pasticciera, Nico Williams fa saltare le zolle dove affonda i tacchetti per il primo passo, e tocca il pallone con la frequenza e la decisione con cui uno scrittore in piena estasi creativa muove le dita sulla tastiera.

 

Lamine Yamal è stato il protagonista del 3-0 dell’esordio spagnolo con la Croazia, in cui è diventato il giocatore più giovane a giocare in un Europeo e il più giovane a fare un assist: «È un sogno giocare l’Europeo, e farlo alla mia età», ha detto dopo la partita. «Sapevo che Carvajal avrebbe visto il mio passaggio, poi lui ha fatto un gran gol».

 

Nico Williams, come sappiamo bene, è stato il protagonista della seconda partita contro l’Italia: «Il mister mi chiede di puntare, di essere me stesso e di fare sempre il mio gioco. Sono molto felice. Ne è venuta fuori una grande partita».

 

Con la Spagna già qualificata nessuno dei due è partito titolare nella terza partita con l’Albania, nel secondo tempo è entrato Lamine Yamal, mentre Nico è stato preservato per gli ottavi. Durante il finale della partita contro l’Italia, l’immagine dei due giocatori seduti stremati uno accanto all’altro in panchina (Nico con una borsa del ghiaccio sulla coscia destra), che chiacchierano tranquillamente come dei ragazzi in piazzetta in una serata estiva, è stata una delle istantanee della coppia simbolo dell’Europeo della nuova Spagna.

 

Il calcio spagnolo non ha mai smesso di produrre esterni di alto livello, le rappresentative giovanili hanno sempre messo in campo almeno un giocatore bravo nell’1 contro 1, perché generare la superiorità è un principio cardine di tutti i vivai spagnoli. Ma non succedeva da tempo che emergessero contemporaneamente due ali con questa facilità nel dribbling e con questa capacità di incidere in campo.

 

Non succedeva da tempo che la Spagna affidasse il proprio destino al talento puro sugli esterni (forse bisogna tornare al Mondiale del 2002 e alla coppia Joaquin-Vicente, fondamentale nel 4-2-4; o addirittura agli anni ‘90, con Luis Enrique e Caminero). E forse non è mai successo che la Spagna potesse vantare la migliore coppia di ali di tutto il torneo. Nico ha detto TVE: «Non so se siamo la migliore coppia di ali dell’Europeo, sicuramente abbiamo una sintonia incredibile, stiamo bene assieme. Oltre ad essere compagni di squadra siamo amici, e questo penso che si noti in campo».

 

 

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Daniele V. Morrone, nato a Roma nel 1987, per l'Ultimo Uomo scrive di calcio e basket. Cruyffista e socio del Barcellona, guarda forse troppe partite dell'Arsenal.