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Spagna-Germania ha rispettato le attese
06 lug 2024
06 lug 2024
La migliore partita dell'Europeo finora.
(copertina)
IMAGO / Jan Huebner
(copertina) IMAGO / Jan Huebner
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L’ultima volta che Germania e Spagna si sono incontrate agli Europei era il 2008. Nella finale di Vienna uno scavetto di Fernando Torres su assist di Xavi assegnò la coppa. Sono passati sedici anni, ma abbiamo assistito ancora una volta a una partita storica: il gol nel finale dei regolamentari di Wirtz, il gol al 119’ di Mikel Merino quando la gara sembrava destinata ai calci di rigore e il dettaglio romantico dell’ultima partita della carriera di Toni Kroos.

Le squadre di Nagelsmann e De La Fuente arrivano a questo quarto di finale avendo messo in mostra il miglior calcio di questi Europei - in generale piuttosto grigi dal punto di vista della qualità del gioco. Si tratta per certi versi di due compagini simili per principi: struttura posizionale, ricerca del palleggio attraverso cui dominare il gioco, pressione alta e riaggressione immediata una volta persa palla, ma senza rinunciare alla possibilità di cambiare all’interno della gara, dimostrando quindi una certa dose di ecletticità con un atteggiamento più conservativo, blocco medio e ricerca di un gioco più diretto quando necessario. Se non è una sorpresa vedere una squadra di Nagelsmann così versatile, è invece una novità vedere una Spagna disposta a sacrificare a momenti i suoi principi storici per assecondare, ragionevolmente, l’estro, la verticalità e l’esplosività dei suoi esterni. Doveva essere anche la sfida tra i talenti più elettrizzanti di questo Europeo: Da Yamal a Musiala, da Nico Williams a Wirtz. Non è un caso che si sia trattata forse della partita più divertente finora: due squadre che si sono dimostrate sostanzialmente alla pari, che si sono date battaglia fino all’ultimo e hanno creato numerose occasioni da gol.

De La Fuente conferma la formazione che ha battuto la Georgia (anche se dovrà di fatto rinunciare dopo un solo minuto a Pedri, infortunato dopo un duro intervento di Kroos e sostituito da Dani Olmo), mentre Nagelsmann, oltre a restituire il posto da titolare a Tah al posto di Schlotterback dopo la squalifica, decide anche di inserire Emre Can al posto di Andrich; ancora panchina per Wirtz, a cui viene preferito nuovamente Sané.

Dal punto di vista tattico, Nagelsmann opta per una prima pressione ultraoffensiva uomo su uomo contro il 4+2 della Spagna: Havertz pressa Le Normand, mentre Gundogan e Emre Can si alzano su Rodri e Fabian Ruiz. I due esterni alti hanno invece compiti diversi: Musiala esce su Carvajal, mentre Sané sta stretto su Laporte lasciando a Kimmich il compito di accorciare su Cucurella una volta partito il pallone verso il terzino sinistro spagnolo.

Per fronteggiare il pericolo di Nico Williams, Nagelsmann ha allora deciso di affidarsi a Rudiger, che scalava rapidamente sull’esterno dell’Athletic. Nei primi dieci minuti il difensore centrale del Real Madrid si è dimostrato estremamente proattivo e aggressivo nel tentativo di non far girare Williams per prevenire una possibile e temile situazione di uno contro uno, ma il cartellino giallo rimediato dopo soli tredici minuti ha imposto a Rudiger un approccio un po’ più accorto.

Nelle fasi in cui la Spagna riusciva a consolidare il possesso e a palleggiare a centrocampo, la Germania si schierava con un 4-2-3-1 senza rinunciare ai riferimenti a uomo a centrocampo: Gundogan su Rodri, Can su Fabian Ruiz, Kroos su Olmo.

Per rispondere a questa scelta tattica, De La Fuente ha chiesto a Rodri di abbassarsi tra Le Normand e Laporte, per attirare più in alto la pressione di Gundogan e creare più spazio possibile alle spalle della prima linea di pressione, dove si è reso pericoloso Laporte con la sua qualità in progressione; da notare che lo spazio veniva allargato ulteriormente dai movimenti di Olmo che si schiacciava su Morata anziché venire a legare il gioco.

Dall’altra parte, sulla costruzione dal portiere della Germania la Spagna si schierava con un 4-1-3-2 con la coppia Olmo-Morata sui due centrali e Fabian Ruiz su Kroos, mentre Yamal e Williams mantenevano una posizione ibrida che gli permettesse in base alla posizione della palla di uscire sul terzino di parte o di rimanere su un centrocampista. Una volta battezzato un lato, la pressione diventava feroce in zona palla con i giocatori sul lato debole che ignoravano i proprio riferimenti iniziali per stringersi maggiormente verso il

La Germania però è riuscita diverse a volte a eludere questa pressione, e il merito va dato a Neuer: il portiere del Bayern Monaco invece che passare il pallone sui centrali giocava direttamente sui terzini, togliendo un tempo alla pressione spagnola. Sulla destra l’idea era di muovere Emre Can alle spalle di Williams sfruttando il fatto che Ruiz non riuscisse a scalare in tempo visto che inizialmente si occupava di Kroos; sul lato sinistro invece si allargava molto Gundogan per trascinare con sé Rodri e liberare il centro del campo.

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Nella fase di possesso della Germania c’è stata una differenza rispetto alle gare precedenti: anziché effettuare degli smarcamenti fuori linea sul lato sinistro di Tah, Kroos si è quasi sempre abbassato per giocare tra i due centrali. Non è cambiata la struttura, cioè il solito 3-1-5-1, ma da quella posizione il numero 8 riusciva con facilità a imbeccare soprattutto Kimmich a destra.

È proprio su quella fascia che si sono sviluppati i maggiori pericoli, perché la linea difensiva della Spagna era strettissima con l’obiettivo di non concedere ricezioni tra le linee e nei mezzi spazi, preferendo piuttosto farsi battere con i cross laterali arrivando al cross attraverso un cambio gioco – facilitato da delle corse senza palla per vie centrali di Sané – o insistendo su quel lato e costringendo Nico Williams a fare un lavoro difensivo che non è nelle sue corde. È da quella zona che nasce l’occasione di testa di Havertz al 20’.

In questo modo però la Germania non è riuscita a creare superiorità come era solita fare sul lato sinistro, e ne ha pagato le conseguenze Musiala, che si è visto pochissimo. Un peccato anche per lo spettacolo. Grossi meriti vanno dati a Carvajal, autore di una ottima partita nonostante il rosso finale, ma anche alla struttura creata da De La Fuente che ha messo in gabbia il giovane tedesco a ogni ricezione portando sul suo lato anche Rodri. Sottovalutiamo forse la capacità strategica del ct spagnolo?

La Spagna, invece, si è resa pericolosa soprattutto in situazioni di semi-transizione sfruttando la velocità dei suoi esterni, aiutata dal fatto che la struttura preventiva 3+1 della Germania con Kroos, Tah e l’ammonito Rudiger non è sembrata solidissima. In generale la squadra di De La Fuente nel primo tempo è sembrata la più convincente dal punto di vista del palleggio, ma una volta arrivata sulla trequarti è sembrata avere troppa fretta nel cercare la conclusione da fuori quando c’erano gli spazi per arrivare dentro l’area, anche per via di una linea difensiva tedesca che è apparsa troppo porosa.

Sebbene meno coinvolto rispetto alle partite precedenti in uno contro uno, Nico Williams si è rivelato particolarmente pericoloso con le sue corse alle spalle di Kimmich e con i suoi movimenti perfettamente complementari a quelli di Cucurella, con il primo che giocava tra le linee e il secondo in ampiezza, che costringevano Sané a un lavoro difensivo a cui non è portato. Kimmich si trovava spesso costretto a una scelta: seguo Williams stretto lasciando Cucurella libero, o rimango in posizione e rinuncio ad accorciare se l’esterno dell’Athletic riceve tra le linee?

Il secondo tempo inizia con dei cambi: dentro Nacho Fernandez per Le Normand ammonito nella Spagna, per la Germania dentro Andrich con un look à la Dennis Rodman per Emre Can, e dentro Wirtz per Sané. Lascia diversi dubbi la scelta di Nagelsmann di affidarsi nuovamente dal primo minuto all’esterno del Bayern Monaco, apparso impalpabile. L’idea alla base era quella di avere un trequartista che fosse più in grado di attaccare la profondità per mettere in difficoltà la linea difensiva spagnola, per creare più spazio sulla trequarti o eventualmente, come abbiamo visto, far stringere Cucurella e liberare Kimmich. Se quest’ultima soluzione si è rivelata efficace, l’apporto di Sané negli altri aspetti – compreso quello difensivo in cui è stato abbastanza problematico – non può soddisfare, e lasciare qualche rimpianto per aver lasciato Wirtz in panchina. La stella del Bayer Leverkusen, nonostante un inizio non brillantissimo, è stato alla fine uno dei migliori.

Nella ripresa il canovaccio tattico è rimasto lo stesso, ma la Spagna è riuscita a sfruttare meglio il gioco diretto contro la pressione ultra-offensiva tedesca trovando direttamente con Unai Simon Carvajal in alto nel campo, alle spalle di un poco attento Musiala. Da questa situazione nasce al 46’ la grande occasione dentro l’area di Morata.

Cinque minuti più tardi arriva il gol delle Furie Rosse con Dani Olmo: possesso a metà campo della Spagna che muove momentaneamente sul centro-sinistra sia Rodri che Fabian Ruiz, attirando su quel lato Gundogan e Kroos che li marcavano a uomo. Si crea spazio sul centro-destra occupato da Morata che viene incontro trovato da Laporte e si porta dietro Tah – disastroso negli anticipi nella partita di ieri – prima di servire Yamal in uno contro uno contro Raum. In area si trova solo Fabian Ruiz, marcato a distanza sia da Andrich che da Rudiger, con Nico Williams che si aggiunge in un secondo momento da sinistra preso da Kimmich. Tah rimane in una zona di mezzo, non aiuta Raum contro Yamal e non rientra in posizione, creando uno spazio enorme tra lui e Rudiger in cui si butta Dani Olmo trovato con i tempi giusti dal sedicenne, che mette in rete. Qualche responsabilità va data sicuramente ad Andrich, che avrebbe probabilmente dovuto lasciare Fabian a Rudiger per andare a proteggere la zona del dischetto, e forse anche Kroos poteva seguire con più attenzione il movimento del trequartista del Lipsia, ma è giusto riconoscere i meriti di Yamal che ha fornito un assist perfetto per velocità, precisione e tempismo. Il gol permette di fare una brevissima digressione su Morata, non appariscente – o forse persino negativo per qualcuno – ma in realtà fondamentale con i suoi movimenti a portar fuori Tah e con le sue sponde aree (4 duelli aerei vinti su 5) specialmente nel primo tempo quando la Spagna si è affidata molto al lancio lungo contro la pressione a uomo tedesca.

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Dal gol del vantaggio in poi la Spagna cambia faccia e propone un atteggiamento più conservativo, sostenuto dai cambi di De La Fuente che prima toglie forse troppo presto Yamal al 60’ per Ferran Torres, e poi a dieci minuti dalla fine sostituisce assieme Morata e Nico Williams per Oyarzabal e Merino. La partita viene presa in mano dalla Germania che incomincia il suo personale crossing game, incentivato dall’ingresso al 57’ di Fullkrug per Gundogan. È proprio il centravanti del Borussia Dortmund, tanto sgraziato quanto efficace, a rivelarsi il pericolo numero uno per la Roja, con il palo preso al 76’ che rappresenta il momento di maggior affannamento.

La Germania crea diversi pericoli, il più clamoroso è probabilmente il pallonetto sbagliato da Havertz all’82’ dopo un pessimo rinvio di Unai Simon. È quindi meritato il pareggio firmato da Florian Wirtz all’89’, che nasce da un cross di Mittelstadt che raggiunge in extremis Kimmich, il quale, con un salto miracolistico, riesce a spizzare il pallone quanto basta per trovare la stella del Leverkusen che mette in rete. La squadra di Nagelsmann continua a spingere fino al termine dei regolamentari senza trovare il gol decisivo, e nei supplementari perde la scia emotiva e il momentum acquisito fino a quel punto, permettendo alla Spagna di riprendere controllo della gara, seppur senza creare particolari pericoli. Le occasioni più grandi dei supplementari sono infatti ancora della Germania con un tiro dal di sinistro dal limite di Wirtz e un colpo di testa di Fullkrug che in volo colpisce il tanto giusto un cross proveniente da destra, costringendo Unai Simon al miracolo per salvare la Spagna.

Al 119’ gioca il pallone sulla sinistra Dani Olmo, entrato dopo un solo minuto per sostituire l’infortunato Pedri e autentico mattatore dell’incontro. Lo affronta Kimmich, si sposta il pallone sull’interno destro, alza la testa, vede l’inserimento di Mikel Merino e lo trova con un cross a rientrare al bacio. Rudiger perde totalmente il contatto visivo con il suo uomo e il centrocampista della Real Sociedad batte Neuer. Le telecamere però indugiano impietosamente sul volto di Toni Kroos, quasi a testimoniare come l’evento più importante sia in realtà il suo addio al calcio sancito dal gol di Merino, e non il gol di Merino stesso. Il centrocampista spagnolo dal canto suo si prende la soddisfazione non solo del gol che porta la Spagna in semifinale, ma anche di replicare il gol e l’esultanza attorno alla bandierina di suo padre trentatré anni prima nello stesso stadio. Che sport assurdo.

Per la Germania il rimpianto è doppio, perché considerando le enormi difficoltà espresse nel gioco da parte delle due teoriche favorite, Inghilterra e Francia, le possibilità di vincere questo Europeo in casa erano tante. Di fronte però ha trovato forse l’unica squadra che – contro ogni aspettativa all’inizio del torneo – meritava questa semifinale tanto quanto loro per qualità del gioco. Abbiamo assistito ad ogni a modo a una partita storica, che ha sancito ulteriormente qualora ce ne fosse bisogno il talento abissale di Lamine Yamal nel giorno in cui sono diventate virali delle foto quasi sacrali in cui un ventenne Leo Messi gli faceva il bagnetto, come a preconizzare il passaggio di consegne che stiamo vivendo. Una parabola da saga mitologica. Ma per una carriera che nasce c’è una carriera che finisce, quella di Toni Kroos, un’autentica leggenda di questo gioco che ieri non è riuscita però a imporsi com’è solito fare con il pallone, dando vita alla prestazione forse meno illuminata di questo Europeo. Questo, però, ovviamente non può intaccare quindici anni di inimitabile eleganza, di geometrie mirabolanti e trofei.

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