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I due esterni che hanno deciso la finale
15 lug 2024
15 lug 2024
Due colpi di Carvajal e Dani Olmo che hanno fatto la differenza.
(foto)
IMAGO / ANP
(foto) IMAGO / ANP
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Una partita di calcio, una finale, è un contenitore di dettagli. Svaniranno via col tempo quasi tutti, rimarrà solo la sostanza del ricordo: il talento di Lamine Yamal e Nico Williams, la scia di ghiaccio tracciata dal pallone di Cole Palmer fino all’angolino basso, i centimetri che hanno tenuto in gioco Oyarzabal e gli hanno permesso di deviare la palla da bowling con cui Cucurella ha fatto cadere l’ultimo birillo inglese. Tuttalpiù, per far accrescere nel tempo il rammarico inglese (con il rischio di ricordare una finale più aperta di quanto non sia stata veramente), il salvataggio di testa sulla riga di Dani Olmo, oppure la giravolta con cui Jude Bellingham ha fatto saltare in aria Carvajal per poi calciare di sinistro a fil di palo.

Ma se proprio di dettagli vogliamo parlare, allora potremmo sceglierne due più raffinati, che denotano meglio la classe che questi giocatori hanno portato anche nelle piccole scelte. Sono quasi lo stesso gesto, o meglio, sono due gesti diversi in cui i giocatori in questione usano la stessa parte del piede: l’esterno del piede. E sono due gesti da cui sono nati entrambi i gol spagnoli.


Di Spagna-Inghilterra abbiamo parlato anche in Che Partita Hai Visto, il podcast dedicato agli abbonati di Ultimo Uomo in cui commentiamo le partite più importanti della settimana. Se non sei ancora abbonato puoi farlo cliccando qui.




Quello con cui Dani Carvajal mette in moto Lamine Yamal sul primo, una sponda veloce, una scorciatoia tecnica con cui Carvajal evita il controllo e il passaggio, giocando di prima per il compagno che si era mosso dietro l’indecisione di Luke Shaw - a sua volta causata dalla decisione di Bellingham di non seguire Carvajal oltre la metà campo lasciando il terzino col dubbio su chi andare (era successo anche nel primo tempo).

Avesse stoppato la palla, girandosi col piatto verso la porta inglese, Carvajal avrebbe avuto come unica opzione la palla esterna per Lamine Yamal alle spalle di Luke Shaw. Certo, qualcosa sarebbe potuto uscire anche da lì. Lamine Yamal avrebbe puntato Guehi lungolinea, Morata e Dani Olmo avrebbero tagliato in area e Nico Williams si sarebbe appostato sul secondo palo per un eventuale cross, uno di quei cross morbidi come la panna montata che escono dall’interno sinistro di Lamine Yamal.

La giocata di esterno di Dani Carvajal coglie leggermente di sorpresa anche il compagno diciassettenne, che in effetti stava puntando lo spazio dietro Luke Shaw, e ha dovuto compiere una rotazione di 360 gradi correndo all’indietro per mettersi sulla scia del passaggio. Il resto è venuto da sé: il controllo verso l’interno del campo (con l’esterno del piede sinistro), il taglio con cui Dani Olmo porta via Carvajal, l’inserimento e la conclusione di Nico Williams sul lato opposto.

Tutto facile, bello, naturale, spontaneo e al tempo frutto dell’organizzazione collettiva spagnola, se non proprio della loro cultura calcistica. La chiave che ha aperto quella porta, però, è stata l’esterno di Dani Carvajal.

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Ci vuole spensieratezza per giocare in questo modo, libertà. Due minuti dopo il gol del vantaggio a Carvajal arriva una palla antipatica, con a pochi metri di distanza Jude Bellingham lanciato in pressione alla massima velocità. Bellingham gli è scivolato praticamente addosso, con la forza del tronco di un albero che rotola su una collina, ma Carvajal ha scavato il terreno sotto la palla per alzare e poi, all’ultimo, prima che Bellingham glielo amputasse, ha portato via il piede con un saltello.

Per giocare in questo modo bisogna accettare il fatto che il calcio è un gioco rischioso. Che un pallone perso può trasformarsi in un pericolo. Tenendo presente, però, che sono i passaggi più difficili quelli che sorprendono e ingannano gli avversari, quelli che portano al gol.

Il secondo esterno, meno vistoso e per questo anche meno commentato, è quello di Dani Olmo con cui comincia l’azione del secondo gol. Dani Olmo che riceve da Fabian Ruiz, si gira, vede Cucurella che sta già salendo sulla fascia ma no, decide di andare dritto su Oyarzabal con un esterno barocco, appunto difficile, che lo costringe a piegarsi sulla propria caviglia come una moto in curva, per infilare la palla tra Declan Rice e Kyle Walker.

Ma quello di Dani Olmo non è un gesto inutile e affettato. Se fosse andato molto più semplicemente da Cucurella con l’interno del piede, Kyle Walker sarebbe scalato immediatamente (anzi, la sua direzione di corsa punta già verso la fascia quando Olmo riceve la palla). Quando Olmo verticalizza, invece, Walker si dimentica di Cucurella per una frazione di secondo, corre più o meno cinque o sei metri dritto per dritto verso la propria porta, accelerando e stringendo verso la fascia solo quando è Oyarzabal a girare la palla di prima verso Cucurella.

Il passaggio di Dani Olmo fa guadagnare alla Spagna più o meno una quindicina di metri. La differenza tra far ricevere Cucurella a trequarti di campo, dove avrebbe potuto magari avanzare ancora qualche metro prima che Walker lo avesse contrastato, e farlo invece ricevere all’altezza dell’area di rigore, dove può crossare senza neanche controllare il pallone.



Certo a quel punto della partita le energie inglesi stavano venendo meno e la strategia iniziale di Southgate era andata a farsi benedire per forza di cose, nello sforzo di pareggiare il gol di Nico Williams. Quella pressione uomo su uomo con cui all’inizio hanno provato ad arginare il possesso spagnolo, a ostacolarlo come chi prova a deviare il corso di un fiume gettandoci dentro delle pietre (per carità, possibile, ma ne servono molte di pietre), aveva lasciato spazio alla passività e all’illusione di poter chiudere gli spazi con il pensiero.

Fabian Ruiz e Dani Olmo sono stati protagonisti di questo Europeo anche solo con i loro smarcamenti, e se Fabian era dall’inizio un elemento chiave della squadra di Luis de la Fuente, è semplicemente incredibile il modo in cui Olmo si è inserito dopo l’infortunio di Pedri nei quarti, decisivo a partire da quella stessa partita - oggi possiamo dirlo: la vera finale del torneo - in cui ha messo il pallone del 2-1 finale sulla testa di Mikel Merino.

Dani Olmo ha concluso un torneo in cui è partito dalla panchina come il giocatore con più gol e assist. Il suo momento più brillante in assoluto è arrivato contro la Francia, quando con un controllo irreale - prima un palleggio sul cross respinto di testa da Saliba, poi la sterzata al volo, con lo stesso piede, per girarsi di novanta gradi e dribblare Tchouameni - si è creato lo spazio in area per il gol del 2-1.

Ma la sua presenza sta anche nel taglio con cui crea lo spazio per Nico sul primo gol, o su quel rovescio a una mano con cui va in verticale su Oyarzabal. Dani Olmo è forse il singolo giocatore che meglio sfrutta controlli e movimenti senza palla per manipolare e ingannare gli avversari: non è un dribblatore esplosivo e leggero come Nico Williams o Lamine Yamal, non ha neanche la leggerezza da farfalla che ha Pedri nel muoversi in mezzo al campo. Dani Olmo cerca lo spazio e, se non lo trova, lo crea con i controlli orientati, con delle finte a volte quasi invisibili (tipo quella con cui, contro la Georgia, controlla il pallone fingendo per un attimo di andare a destra, spostandolo invece sul sinistro e calciando in porta prima ancora che il difensore che aveva davanti si rendesse conto di quello che stava succedendo).

Creare lo spazio dove non c’è. O anche: sfruttare il poco spazio a disposizione. In più di cento metri di campo ci sarà sempre un pertugio, una botola, dove far passare un pallone da calcio con una circonferenza di 70 centimetri. All’inizio della partita sembrava che l’Inghilterra avesse preso la calce per tappare ogni possibile crepa nel muro invisibile che separava gli spagnoli da Pickford: con Walker e Shaw aggressivi, Declan Rice come un’ombra su Olmo, Foden che seguiva Rodri come un bambino che aveva paura di perdersi al Luna Park.

Ma le partite di calcio sono lunghe e di dettagli ne contengono molti. Basta un colpo di esterno per avvantaggiarsi su una minima indecisione tattica di un avversario - Luke Shaw preso per un istante, davvero per una piccola frazione di secondo, tra Lamine Yamal e Carvajal - oppure per guadagnare dieci, quindici metri fondamentali per portarsi a ridosso della zona di rifinitura, la più pericolosa in assoluta.

Qualcuno oggi pensa al fallo di mano non punito di Cucurella (e non è neanche importante chiedersi se riguardando tutta l’azione ci sarebbe stato un fallo di mano equivalente, in attacco, che avrebbe annullato il tutto), e giustamente si esalta il salvataggio sulla linea di Dani Olmo. Sono cose che fanno la differenza semplicemente perché, nel calcio come nella vita, tutto fa la differenza.

Dipende su cosa vogliamo posare lo sguardo. Io, dalla finale di questo Europeo 2024, con un livello comunque competitivo e una sceneggiatura ricca di colpi di scena, prendo l’eleganza e l’efficacia di questi due esterni.

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