Cosa hanno in comune tutti i grandi attaccanti? Quelli capaci di lasciare un segno nelle tifoserie che hanno aspettato un loro gol come un evento comunque raro, come è il gol per sua natura, ma che nel loro caso diventa anche ineluttabile? Difficile dirlo, è una qualità che va oltre la tecnica, o la capacità di leggere l’azione, per quanto siano cose che c’entrano senz’altro. È una qualità che accomuna i grandi attaccanti in Champions League, o in Serie A, a quelli delle serie minori (certo, con le dovute proporzioni) che gli permette di ridurre al minimo la costruzione di un’occasione da rete. Per gli attaccanti di questo tipo, sembra davvero solo una questione di presentarsi in orario a un appuntamento che si erano dati prima, in privato, col pallone. Se seguite con lo sguardo un grande attaccante mentre l’azione si svolge altrove, e lui magari si sta muovendo in un’area piena di gente, isolandosi dietro l’ultimo difensore, quasi nascosto, oppure muovendosi tra i corpi avversari come una murena tra gli scogli per poi anticipare tutti sul primo palo, avrete l’impressione che sia la palla ad andare da loro, non viceversa.
Questa qualità impalpabile e impossibile da misurare può essere presente in un attaccante in un misura maggiore o minore, apparire e scomparire a seconda dello stato di forma. Ernesto Torregrossa, nel mese di marzo, è stato investito da questo dono celeste e lo ha messo a frutto segnando cinque gol in cinque partite.
Dopo un anno alla Sampdoria, da gennaio 2021 a gennaio 2022, tormentato dagli infortuni e con un solo gol in 16 presenze, Torregrossa sembra aver trovato la pace a Pisa, dove è arrivato a inizio febbraio, in prestito con obbligo di riscatto fissato a 3 milioni. È stato accolto così bene che lui, siciliano, ha detto di aver sentito «l’atmosfera del sud». Dopo un breve momento di appannamento a febbraio, che gli era costato il secondo posto in classifica, il Pisa a marzo ha vinto quattro partite, tra cui quella con la capolista Cremonese, che oggi (con una partita in più) è distante un solo punto. Torregrossa è andato sempre a segno, ha deciso le partite con Cittadella e Pordenone (vinte 1-0) e ha segnato due gol alla Cremonese. Nella sola partita in cui D’Angelo lo ha fatto partire dalla panchina per farlo riposare, contro l’Ascoli, il Pisa ha perso.
Libero da problemi al polpaccio che lo hanno fermato la scorsa stagione e nella prima parte di quella in corsa, Torregrossa è diventato subito centrale nel gioco del Pisa, sia per il “peso” sotto porta che per l’abilità nel gioco di raccordo. Torregrossa si divide i compiti con il compagno d’attacco - Puscas, occasionalmente Lucca, che dopo un grande inizio di stagione è tornato un normale ventenne che ha bisogno di esperienza - vincendo i duelli aerei e conservando palloni fondamentali per far salire la squadra.
Anche questa è una qualità che tutti gli attaccanti più amati hanno: la generosità. Se il gol sembra una questione da poco, facile, Torregrossa ha conquistato il pubblico toscano sporcandosi le mani nella trincea del centrocampo, prendendo botte, spizzando palle e, quando possibile, mettendo in mostra un sinistro che non hanno tutti, giocando con la suola e servendo i compagni in profondità con filtranti precisi.
Qui ad esempio, siamo oltre i compiti ordinari di un numero nove. E infatti lui gioca con la dieci.
Torregrossa si trova così bene a Pisa - e le battute sul principale monumento della cittadina toscana sono fin troppo scontate - che ha detto di essersi messo a studiare i gol di Michele Marconi (più di 40 dal 2018 al 2021) e Nacho Castillo, il giocatore che ha segnato più gol in una sola stagione di Serie B del Pisa (21) in quella 2007/08. Due attaccanti che la qualità dei grandi ce l’avevano senza dubbio, che erano in grado di unire all’efficacia spiccia in area di rigore, l’ossessione per il gol e la durezza necessaria per imporsi in categorie dure come la B o la C, una creatività fuori dal comune, che li metteva in grado di sorprendere sempre, in un modo o nell’altro, difensori e portiere.
Anche dietro i gol apparentemente più semplici c’è un lavoro, una ricerca dello spazio e del tempo giusto con cui inserirsi, che richiede movimenti continui per far stare il difensore sempre in ritardo di una mossa, da una parte, e dall’altra per muoversi in modo coordinato con il compagno che sta crossando senza magari neanche guardare in area di rigore.
Prendiamo il gol segnato al Cittadella. Se osservate i movimenti che fa Torregrossa vi accorgerete che non c’è un momento di pausa tra uno e l’altro.
Prima Torregrossa viene incontro a Birindelli che porta palla, per offrirgli una soluzione corta, sui piedi, poi quando capisce che il compagno si vuole fare tutta la fascia va in area di rigore. Si stacca con una sbracciata dal difensore che lo marca e quando Birindelli crossa la prima volta, addosso al difensore che ha davanti, Torregrossa si ferma. Mentre Birindelli lavora la palla respinta girandosi quasi sulla bandierina, Torregrossa galleggia, scivolando leggermente all’indietro, fuori dal cono visivo del suo marcatore. Anche quando si sovrappone internamente Siega, Torregrossa resta in posizione, ben staccato dal difensore, pronto ad accelerare incontro alla palla proprio nel momento in cui il compagno crossa. Non una frazione di secondo prima, non una dopo.
L’incontro tra la palla e la testa di Torregrossa sembra quasi accidentale, perché il cross è violento e taglia la sua corsa quasi subito; in realtà è stata la sua preparazione a portarlo in quel punto a colpire di testa, sapendo già di voler mandare sul primo palo, con il portiere che aveva fatto un paio di passi dentro l’area. Il difensore che lo marca probabilmente si è dimenticato di lui, salvo poi ricordarselo quando gli schiaccia la palla in porta da meno di un metro di distanza.
Non sarebbe strano se Ernesto Torregrossa, come molti centravanti, maturasse pienamente la propria arte del gol adesso che ha quasi trent’anni (a giugno li compierà). Ma non va dimenticato che nella sua migliore stagione (2018-19, con la maglia del Brescia) oltre ad aver segnato 12 gol ha anche realizzato 11 assist. In questi due mesi con la maglia del Pisa si è già vista la sua capacità di associarsi con i compagni, tipo Benali che gioca subito dietro i due attaccanti, a cui Torregrossa ha servito il suo primo assist stagionale nella partita con il Crotone, ma può solo che fare meglio.
Certo, la promozione diretta non è scontata vista la concorrenza e il calendario difficile del Pisa che affronterà quattro delle cinque squadre che lo tallonano in classifica (Lecce, Brescia, Benevento e Frosinone), ma le speranze della squadra toscana passano soprattutto dallo stato di forma di Ernesto Torregrossa.