Dopo quattro mesi di campionato possiamo dire che tutte e tre le neopromosse hanno le carte in regola per portare un po’ di caos nell’ordine precostituito della parte bassa della classifica. Se il Benevento di Inzaghi è, tra le tre, quella che è riuscita finora ad avere più successo in termini di risultati, all’estremo opposto c’è il Crotone di Stroppa, squadra ambiziosa e a tratti piacevole da vedere, ma che sembra aver patito particolarmente il salto di categoria. Il Crotone finora è stato troppo impreciso sotto porta e nella propria metà campo in entrambe le fasi. Simbolicamente, possiamo collocare a metà tra le due lo Spezia di Vincenzo Italiano: una delle squadre più interessanti di questa prima parte di stagione dal punto di vista della proposta di gioco, ma ancora altalenante nei risultati. Al momento, lo Spezia sta galleggiando a cinque punti di distanza dalla linea immaginaria del terz’ultimo posto, grazie anche alle due vittorie consecutive contro Napoli e Sampdoria negli ultimi sei giorni. A rendere interessante la squadra di Vincenzo Italiano però c’è molto di più rispetto ai 17 punti in 17 giornate: una proposta di gioco atipica per un’esordiente assoluta in Serie A, portata avanti con una delle rose più giovani del campionato, con un'età media di 26,3 anni.
Il metodo Italiano
Italiano è solo alla sua terza stagione nel calcio professionistico. Dopo aver allenato due anni in Serie D, retrocedendo il primo anno con la Vigontina San Paolo (con in mezzo le dimissioni a gennaio e un ripensamento) e aver raggiunto un terzo posto, più la vittoria dei play off di girone, con l’Arzignano, viene assunto dal Trapani in Serie C nel 2018/19. Dopo aver portato il Trapani dalla C alla B e lo Spezia dalla B alla A, ha cominciato ad attirare le attenzioni del pubblico. Come al solito i risultati sono il trampolino migliore per la visibilità, ma a rendere Italiano interessante come allenatore c’è innanzitutto l’idea spiegata nella tesi finale del corso Master UEFA-Pro, conseguito nella stessa sessione, tra gli altri, di Andrea Pirlo. In effetti, tra le tesi dei due c’è più di qualche punto in comune per quanto riguarda le intenzioni di gioco: la volontà di fare un calcio propositivo, aggressivo e di comandare la partita.
Certo, ormai sembra davvero difficile trovare un allenatore che non professi l’esigenza di recuperare il pallone il prima possibile, più in alto possibile, e di giocare un calcio fluido, coraggioso, secondo i canoni del gioco di posizione. Riuscire a tradurre queste intenzioni in una metodologia, e poi in risultati (in senso lato), sono due gradi di separazione che in pochi riescono a colmare. Leggendo la sua tesi, per quanto un po’ macchinosa e prolissa in alcune parti, si percepisce il lavoro di “traduzione” che Italiano ha fatto sul campo, nei suoi primi anni di carriera. In questo senso, la differenza con la tesi di Andrea Pirlo è eloquente: quest’ultimo si è focalizzato sul “cosa”, cioè sugli aspetti generali della sua idea di gioco, mentre l’allenatore dello Spezia ha messo più in evidenza il “come”, cioè con quali strumenti si può trasmettere la sua idea. Ma oltre a questo c’è qualcosa, forse ancora più interessante, che Italiano tiene a precisare, sia nella sua tesi che in altri interventi successivi, e cioè le differenze tra le sue due prime squadre professionistiche.
A Trapani, in Serie C, Italiano aveva creato una squadra particolarmente aggressiva e diretta, organizzatissima nel pressing alto con un forte orientamento individuale sugli appoggi. Una squadra che ottenne parecchie soddisfazioni in quel campionato proprio grazie alla sua capacità di andare in verticale e di giocare con una certa intensità un buon numero di duelli individuali. Una volta passato allo Spezia, Italiano ha provato a riproporre la stessa identità tattica, ma incontrando troppe difficoltà. Senza rinunciare all’intenzione di voler giocare con un baricentro difensivo alto, scelse di adoperare un atteggiamento più attendista, orientato più alle traiettorie di passaggio che alla marcatura stretta degli appoggi.
Durante un intervento per l’AIAC Italiano ha ammesso di aver acquisito questa forma di flessibilità solo durante la sua esperienza in Serie B; prima invece era troppo legato a una stretta interpretazione del suo modello di gioco: «I principi non vengono mai rinnegati, nonostante le diverse interpretazioni». Uno degli obiettivi di Italiano non è solo il recupero attivo in zone alte, ma anche la forzatura della giocata avversaria, così da avere la possibilità di un recupero più arretrato con la seconda o la terza linea. In base all’altezza della riconquista e al posizionamento dell’avversario, seguirà poi un attacco diretto, oppure un consolidamento del possesso per riorganizzarsi. È chiaro che per potersi permettere questo atteggiamento è fondamentale l’aggressività nelle marcature preventive.
In fase di possesso, invece, l’attenzione è sulla mobilità, la pazienza nello sviluppo e l’attacco dell’area con tanti uomini, che viene propiziato attraverso lo sfruttamento dell’ampiezza (con la ricerca del lato debole). Per quanto riguarda i principi individuali, per Italiano è fondamentale il concetto di riconoscimento degli spazi, da attaccare sia col pallone, attraverso conduzioni e trasmissioni, sia senza. La cura che Italiano ha messo nello sviluppo della sua metodologia è rintracciabile anche nella creazione di un vocabolario interno e dall’uso di frasi e parole personali che siano la sintesi di un concetto complesso, anche dal punto di vista didattico. “Do e cerco di invadere” e “leggi gli spazi che ti lasciano, gli avversari ti dicono dove andare” sono due esempi che ci dicono molto sui suoi principi sia in chiave individuale che collettiva. Italiano, come molti allenatori contemporanei, cerca di migliorare gli aspetti tecnici e tattici individuali attraverso le situazioni reali di gioco in allenamento, quanto più vicine possibili alla specificità della partita. In questo contesto c’è anche una grande attenzione verso l’atteggiamento dell’avversario di turno. Non è semplice coniugare la crescita “orizzontale” delle performance con le esigenze “verticali” delle singole partite o periodi, ma finora Italiano sembra aver sviluppato un metodo funzionante e soprattutto una squadra subito riconoscibile. Anche in Serie A, con le differenze del caso.
Come sta andando la Serie A
Il dato più sorprendente dello Spezia 2020/21 è forse il numero di giocatori impiegati finora: 35, il più alto del campionato. La tendenza a ruotare parecchio è rimasta anche dopo la sperimentazione necessaria delle prime settimane e l’affermazione di alcuni singoli già presenti come Ricci, Gyasi, Terzi, Nzola o i nuovi Estevez, Pobega, Farias. Anche se la ricorrenza di alcuni nomi è evidente, è difficile fotografare lo Spezia in un undici tipo, tra infortuni e turnover. Nell’ultimo periodo si è definita più chiaramente l’importanza di alcune individualità sempre meno coinvolte nelle rotazioni, come per esempio il terzino sinistro Simone Bastoni, l’asse centrale Terzi-Ricci-Nzola e Gyasi come ala sinistra. Per il resto, il 4-3-3 di Italiano ha visto parecchie versioni: Agudelo e Piccoli molto coinvolti nel turnover del tridente; a centrocampo, al fianco di Ricci o della sua riserva Agoumé, Estevez e Pobega sono tra i più utilizzati, alternati con Maggiore, Deiola o Mora. Infine, in difesa con Terzi (centrale) e Bastoni si alternano Salva Ferrer e Vignali sulla fascia destra ed Erlic o Chabot in mezzo. Con il primo, il capitano gioca sul centro sinistra, mentre se è insieme al secondo, che è mancino, si sposta a destra, ma nell’ultimo mese ha trovato spazio anche Ismajli.
Lo Spezia è una squadra che rispecchia le intenzioni del suo allenatore e che sembra capace di accettare tutte le difficoltà che il salto di categoria può comportare: aggressiva, che cerca di fare uscire il meno possibile l’avversario dalla sua metà campo attraverso l’utilizzo di un blocco medio-alto di pressing, sotto forma di 4-3-3. In questa prima fase si può dire che ci stia riuscendo tutto sommato bene, per i mezzi a disposizione. Attualmente, infatti, è l’ottava squadra per tiri concessi su azione (8,3 a partita), l’undicesima per indice PPDA (15,80 a partita) e per recuperi palla nella metà campo avversaria (14,40). Complessivamente si può dire che lo Spezia abbia dei valori difensivi da metà classifica, anche alla luce del numero di xG concessi su azione (1,42 a partita). Il rovescio della medaglia è che questo stile difensivo spregiudicato e ambizioso li porta a concedere poche occasioni ma semplici da realizzare. Per questa ragione lo Spezia è in alto in due classifiche negative: la quinta squadra per rapporto tra gol subìti e tiri concessi (15,20) che è legata a doppio filo con il primo posto nella qualità media delle occasioni concesse su azione (0,16 xG/tiro concesso a partita). Nonostante ciò, lo Spezia sembra non lasciarsi scalfire dai pericoli subìti, e continua ad applicare il suo piano gara con coerenza e abnegazione.
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Soprattutto contro le squadre più quotate, lo Spezia cerca di tenere un baricentro senza palla alto ma attendista. Le uscite in pressione individuale sono abbastanza aggressive, ma la marcatura rimane a uomo nella zona: nell’azione qui sopra possiamo notare come Mora, mezzala sinistra, inizi a correre insieme a Barella, ma lo lasci non appena quest’ultimo si defila, entrando nel cono d’ombra di Gyasi.
Lo Spezia mantiene questo atteggiamento difensivo, con l’eccezione delle pressioni più intense, quando il pallone parte dai piedi del portiere. I liguri cercano di fare densità in zona centrale per poi scalare collettivamente sul lato forte, una volta che il pallone raggiunge l’esterno avversario. Un comportamento che mette a dura prova le capacità di costruzione di chi li affronta, ma al contempo espone la squadra di Italiano contro squadre più abili a muovere il pallone da un lato all’altro.
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Altri due esempi dalla partita contro l’Inter: nelle prime due slide, Lautaro riceve internamente e dopo aver eluso sia Ricci che Deiola, attacca fronte alla porta e serve Lukaku in profondità. Nelle ultime due, invece, gli istanti precedenti il gol di Hakimi: Young verticalizza su Lukaku, che fa la sponda per Lautaro, che lancia per l’ex Dortmund. In questo caso, lo Spezia si è fatto trovare scoperto sul lato debole dopo aver provato a recuperare aggredendo forte sulla fascia di Young.
Insomma, lo stile difensivo dello Spezia è ambizioso e organizzato, e sebbene possa sembrare esposto più del dovuto, in realtà riesce a ridurre molto la quantità di occasioni della maggior parte degli avversari, in attesa di poterne diminuire anche la qualità. Dove la squadra di Italiano sembra già più a suo agio con il contesto Serie A è però la fase offensiva. Guardando i freddi numeri, lo Spezia è all’undicesimo posto sia per xG prodotti su azione (1,04) che per tiri prodotti su azione (8,5) a partita. Ma che lo Spezia sia una squadra particolarmente raffinata nella gestione il possesso ce lo dicono innanzitutto gli occhi.
L’impalcatura di base, partendo da dietro, vede i due centrali generalmente vicini al centro, a formare un triangolo con il vertice basso (Ricci), e i due terzini che si alzano insieme. I due interni cercano sia di smarcarsi alle spalle della linea avversaria, sia di dare supporto in ampiezza nelle rotazioni, a seconda del comportamento delle due ali. Nzola, in mezzo, può fare sia da riferimento diretto per le verticalizzazioni, sia da appoggio laterale. Il centravanti francese è stato voluto da Italiano, che lo aveva già avuto a Trapani, e non sta affatto facendo rimpiangere Galabinov grazie all’ottimo utilizzo del fisico, ma anche alla lucidità.
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Due esempi della tipica disposizione dello Spezia che parte da dietro. A seconda delle necessità della specifica azione o partita, i due centrali possono anche aprirsi di più, e magari il vertice basso scendere tra di loro.
Il 4-3-3 si traduce di solito in un 2-3-2-3, la cui priorità è quella di far scoprire la squadra avversaria in profondità per poi verticalizzare. La qualità della squadra di Italiano con il pallone si vede soprattutto dalla pazienza con cui attendono il momento giusto per farlo, oltre alla varietà di soluzioni per la risalita. Lo Spezia non è così dipendente dal lancio in avanti, ma sa muovere bene la palla anche in diagonale, sfruttando gli spazi che vengono a crearsi, eventualmente, fra le linee o sul lato opposto. In questo processo sono ovviamente importanti le qualità e la prontezza dei suoi giocatori.
L’azione del gol del vantaggio contro il Cagliari è una grande dimostrazione offensiva.
Uno dei principi dello Spezia è la ricerca della profondità sulla marcatura stretta, ma può capitare che i liguri si trovino ad affrontare una difesa schierata, più attenta a non concedere spazio. Ed è in queste situazioni che forse viene fuori in maniera più chiara la qualità sopita della squadra di Italiano, che accetta anche di trovare ricezioni sulla figura e muovere il blocco avversario fino a che questo non ceda, anche attraverso iniziative individuali, il tutto aiutato dalle solite rotazioni posizionali.
Rotazioni a difesa schierata: nel primo gol contro il Bologna possiamo apprezzare Gyasi che si stringe col pallone, scarica su Agoumé (mediano centrale) e va ad attaccare lo spazio in mezzo, suggerendo la verticalizzazione immediata a Maggiore (mezz’ala sinistra) che nel frattempo aveva preso la sua posizione sulla fascia.
Lo Spezia è abbastanza smaliziato anche nell’attacco della porta, per il tempismo con cui viene accompagnata l’azione e vengono occupate le posizioni sui cross. I primi due gol contro il Benevento e anche diverse altre azioni nella stessa partita sono un buon sunto dello spirito di iniziativa e della capacità di riempire l’area. Oltre ai movimenti con e senza palla degli attaccanti, è fondamentale la partecipazione ravvicinata delle mezzali e dei terzini. La miglior partita stagionale dal punto di vista offensivo, però, non è coincisa con una vittoria, pur rimanendo una dimostrazione evidente di come la squadra di Italiano possa far soffrire chiunque: contro la Lazio, oltre ai soliti aspetti, si è vista una partecipazione ancora più accentuata all’attacco dell’area, persino con i difensori centrali.
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Nella prima slide, Farias triangola con Maggiore al limite dell’area mentre Bastoni si sovrappone all’esterno, e sarà poi quest’ultimo a sfiorare il gol. Nella seconda, Chabot triangola con Farias e riceve al limite dell’area, sfruttando lo spazio creato dai movimenti dei compagni.
Certo, non sono mancati i contropiedi subiti in situazioni nate da questo tipo di attacco, ma ogni rischio che nasce dall’applicazione della propria idea viene accettato e dunque assorbito, come parte integrante del processo di crescita. Lo Spezia oggi è una squadra con pregi e difetti definiti, ma l’impressione è che quello di Italiano sia un laboratorio in costante evoluzione. Le vie della Serie A sono infinite, soprattutto nel girone di ritorno. Si dice che nel calcio tutte le buone intenzioni muoiano dopo i primi mesi, ma nel caso dello Spezia è legittimo avere la sensazione che, comunque vada a livello di punti, questa squadra sarà coerente fino alla fine con il proprio progetto iniziale, e di conseguenza un avversario scomodo per parecchi, anche più quotati.