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Lo spogliatoio: prima puntata
08 mag 2014
Diario sull'esperienza del calciotto a Roma. Nella prima puntata: il "presentarsi in campo", Tor di Quinto, i "fatti di Napoli-Fiorentina", falli bruttissimi e psicanalisi.
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Sconfitta 0-5 (fine primo tempo 0-2).

Lunedì ore 21 tempo sereno, umido, Tor di Quinto.

DANIELE

Lo stress di organizzare la squadra per la partita fino a qualche tempo fa arrivava a bloccarmi completamente. Adesso sono migliorato e riesco a fare altre cose, a lavorare. Presentarsi in campo è il 50% dell'esperienza del calcetto/calciotto. Disdire è una soluzione difficile da accettare anche quando all'ora di pranzo del giorno della partita siamo senza due giocatori e si sa già che dovremo fare i cambi in porta. Non per i 3 punti persi a tavolino. C'è stato un periodo in cui l'abbondanza di gente disposta a giocare era così grande che ci siamo trovati di fronte al seguente dilemma: formare la squadra più forte possibile o dare la precedenza a chi era del giro da più tempo anche a costo di indebolire la rosa. Abbiamo optato per la seconda, e abbiamo fatto bene perché tre anni dopo, nonostante figli e lavori, quelli che ci tenevano davvero sono ancora lì. Non c'è niente di retorico o sentimentalista: quelli che ci tengono sono quelli per cui presentarsi in campo è almeno metà dell'esperienza. Anche se eravamo 6 dopo l'ora di pranzo, i portieri da chiamare erano finiti, e siamo dovuti ricorrere a gente sconosciuta a portata di mano. Presentarsi in campo nonostante tutto, possibilmente per sempre.

FRANCESCO

Volevo cominciare il resoconto del torneo dagli accenti dei ventenni di Roma Nord contro cui giochiamo, e invece ieri si è presentata una squadra di persone educate con cui non abbiamo litigato per niente. Avevano la maglia del PSG e nessuna spocchia: noi di solito facciamo entrate bruttissime contro i ragazzini di Roma Nord che parlano con l’accento imparato guardando Romanzo Criminale. “Giggino-ooo”, “Chiudi chiudi chiudi-ii, bravo Franchetto-oo”. Stavolta niente, quindi nessun litigio a centrocampo, né mio né di Manusia né di TL, nostro centrocampista che ogni partita fa un botto per terra e poi si alza e si appiccica con qualcuno. Lavora in banca. Questa volta accenti romani normali. Portiere loro scarso, in t-shirt bianca e pantaloni della tuta. Noi però senza portiere. Abbiamo perso 5-0.

DANIELE

In macchina con AL parliamo dei “fatti di Napoli-Fiorentina”. I campi sono quelli del Trifoglio, la struttura occupata di cui “Gastone”, il tizio che ha sparato, era il custode. La pistola è stata ritrovata lì e magari in passato lo abbiamo anche visto. Tor di Quinto con le mignotte anziane, la caserma Salvo d'Acquisto, via del Baiardo con gli altri circoli, il Poligono di tiro e il terreno per il paint-ball. La macchina di AL è una Classe A che AL ci tiene a specificare è di proprietà della madre. Non so nulla della sua situazione economica ma quando abbiamo parlato della sua ragazza incinta mi ha detto che ha molta ansia ma che per fortuna ha "una famiglia alle spalle". Non ho mai avuto una macchina mia e mia madre mi rompeva talmente tanto le palle che ho sempre preferito chiedere passaggi. Anche adesso mi piace prendere passaggi. AL dà lezioni di cucina private, dice che rispetto allo scorso anno le cose vanno un po' meglio. "E le mie lezioni sono un lusso."

FRANCESCO

Quando ho cominciato ad andare in analisi due anni fa la mia psicanalista, che è morta l’estate scorsa, mi ha detto subito che non dovevo smettere di giocare a pallone, perché quello era l’unico posto dove riuscivo ad avere rapporti sani con le persone, dove non fossi né megalomane né sociopatico. Eppure io le avevo detto che me ne stavo per andare. Qualche tempo prima avevo fatto un fallo bruttissimo su Daniele perché quella sera ci criticava tutti ma il giorno prima mi aveva chiesto, a casa mia, di non criticare lui, voleva che io non criticassi lui, su altre cose non sul calcio, e io durante una partita qualunque di calcetto ero impazzito e gli avevo fatto un’entrata brutta per spaventarlo: si erano spaventati anche i compagni. In quel periodo avevo anche rotto la porta di vetro smerigliato dello spogliatoio perché Daniele mi aveva fatto arrabbiare. Alla fine sono restato nella squadra grazie alla psicanalista. E grazie alla squadra, poi, ho perso otto chili, quest’inverno. Il cinquanta percento dell’esperienza è presentarsi al campo, volerlo fare e riuscire a farlo. Una parte del cinquanta percento è conoscere la viabilità della tangenziale di Roma.

DANIELE

Al bar del Trifoglio prendo un Twix e lo divido con GDA che è tornato da Bucarest dove in vacanza ha camminato molto, ha bisogno di zuccheri. Un euro e venti il Twix, dico: "Ammazza quanto sono cari 'sti Twix" perché per qualche ragione credo che fuori da lì costino di meno, ma non mi risponde né il tipo dietro al bancone né l'anziano con la camicia a quadri aperta sulla canottiera che sta alla cassa.

Entrando sulla porta ho visto un foglio A4 con scritto «Trattoria al campo» e sotto il menù. Non so, forse la trattoria sono i due tavoli di plastica davanti al bar. Non c'è niente tranne una struttura di mattoni a vista lunga centometri, suddivisa in ambienti tutti piuttosto uguali e piccoli. All'inizio c'è la famosa “occupazione di destra”, in fondo gli spogliatoi, in mezzo il bar. Davanti il campo da calcio e quello su cui si allena la squadra di Football americano. Poi quello da calciotto in sintetico e un paio da calcetto.

FRANCESCO

Oggi giocavamo con tre nuovi, per via delle assenze, del gruppo storico che si è sfaldato causa nascita di un figlio ed emigrazione del terzino sinistro. I nuovi erano così: uno giocava con gli occhiali, un altro parla molto a centrocampo e diventerà presto il direttore morale della squadra, il terzo mi capiva e io lo capivo, giochiamo insieme davanti, ci siamo mangiati di tutto ma non mi è mai stato antipatico. Il secondo, quello che parla, mi ha scritto stamattina che gli dispiace non essere rimasto a bere con noi ma era troppo nervoso per la sconfitta. Non gli ho detto che non ci fermiamo mai a bere: noi siamo come un asilo, siamo senza vizi, giochiamo e basta, perdiamo la metà delle partite.

DANIELE

Negli spogliatoi penso a uno schema che ci possa aiutare a uscire dal pressing avversario (sono sempre più giovani di noi e la cosa più frustrante è non riuscire a fare tre passaggi di seguito). Penso a ED in difesa a destra, su cui AL al centro, o direttamente il portiere, devono indirizzare il primo passaggio. ED, alto, una decina di chili di troppo ma ha una tecnica e un'intelligenza con cui finisce sempre tra i migliori in campo. Mi piacerebbe fosse lui a impostare il gioco, scegliendo se appoggiare corto al centrale di centrocampo, lungolinea alla mezzala, medio/lungo alla punta, o addirittura tentare il lancio per la mezzala opposta, alle spalle della punta. Ovviamente non ci riusciamo. Il pressing avversario stasera era tra i più asfissianti.

L'arbitro con la divisa della Federazione viola di qualche anno fa, ha una specie di paralisi al braccio sinistro e un sorriso che mette a disagio. È gentile ma ricordo tutte le volte che ci ho discusso. Mi saluta “Ciao Capitano” perché sono quello che in campo parla di più e si lamenta con tutti, ma di solito non faccio io il capitano per queste stesse ragioni. Il capitano è FC, è un avvocato ma non di quelli figli di avvocato. È intelligente senza darlo per forza a vedere, senza volerlo dimostrare in ogni occasione, che è uno dei miei difetti. Ha un figlio di quasi due anni quindi ogni tanto sparisce senza dare notizie: oggi non c'è, per questa volta in effetti faccio io il capitano.

Membri nuovi della squadra. CF un tipo che non ho mai visto giocare rimorchiato a una festa. Qualcosa mi diceva che CF sa giocare, le spalle larghe e tonde, le gambe grosse piantate a terra. Parlando mi ha detto che ha giocato, non ricordo la categoria ma ha giocato. E in squadra abbiamo anche gente che non ha mai giocato in nessuna squadra dilettante. Napoletano, trenta/quaranta come tutti in squadra oggi (in rosa in teoria abbiamo un paio di ventenni), ha vissuto in Asia, porta benissimo un paio di baffi sottili per niente hipster. Arriva in ritardo, non conosceva il campo, le rampe della Tangenziale erano chiuse per la partita della Lazio (vs Verona). Arriva a metà del primo tempo, per errore si cambia nella panchina avversaria dove c'era anche una ragazza. Entra a centrocampo, in mezzo nel 3-3-1 con cui giochiamo sempre. Si vede che non è abituato al ritmo del torneo e gli avversari giocano il 2-4-1, quindi con 2 centrocampisti centrali. Prova a verticalizzare appena può verso la punta, ma i piedi non hanno la precisione che probabilmente ha il suo pensiero, non gioca da tanto. Poi rallenta il ritmo, ma mi piace molto come fa sentire la sua voce, con i compagni, con l'arbitro, con gli avversari. È decisamente carismatico in campo. Durante il suo turno in porta l'arbitro fischia un rigore, lui protesta “Non c'è niente!” e poi para il rigore. Lo blocca, addirittura.

DF collega di un compagno di squadra che il compagno di squadra sostiene essere “uno come noi”. Negli spogliatoi ha tutto del calciatore, i piedi rotti, i calzettoni e i pantaloncini di una squadra dilettante della regione da cui viene (non so da dove viene, non gliel'ho chiesto) la felpa dell'Inter per scaldarsi, l'aria scazzata di chi ha già giocato molto. Gioca da mezzala sinistra, sarebbe un centravanti ma il ruolo è già coperto da Francesco. Gioca bene, forse un po' troppo da solo, ma è la prima volta che gioca con 7 persone sconosciute.

M, draftato nella redazione di una rivista culturale. Molto disponibile, comincia in porta, il secondo tempo gioca in difesa. Procura il rigore, causa un gol sbagliando un passaggio e su un altro gol si fa saltare in tunnel. Si scusa molto, non so che dirgli, mi sono trovato nella sua situazione molte volte ma non so che dirgli.

FRANCESCO

Il portiere loro non era bravo e ho capito che in questi casi devo tirare. Il pallone Nike di mi pare tre anni fa era leggerissimo allora ho tirato quattro volte, ho preso un palo e nel complesso non ho tirato male, ma non ho segnato. In fase di pressing, mi sento un cane, un animale: siccome quando pesavo 100 chili non riuscivo a pressare, ora che sono quasi sceso a 90 e riesco a correre appresso agli avversari corro come un animale, felice di correre, libero da quegli otto chili in più che mi facevano mancare il fiato e avere crisi di panico per cui respiravo ancora meno. Forse il mio pressing non è intelligentissimo: il problema è che sono così felice di correre che anche se non lo porto bene, non sono frustrato, sono soddisfatto per la corsa, e una volta passati di là gli avversari mi ritiro simpaticamente in un angolo a seguire la loro azione rifiatando.

DANIELE

Mi fanno male un ginocchio e la schiena da una settimana ma ho portato comunque la borsa al campo. “Perché non ti cambi scusa?” mi dicono, mi cambio. Il primo pallone che tocco è un cambio di fascia in difesa, da sinistra a destra, colpisco così male la palla che la mando in calcio d'angolo. Perdo un altro paio di palloni a centrocampo.

FRANCESCO

Non abbiamo un obiettivo per questo torneo estivo. Ci pare già tanto che ci siamo abituati a respirare sul campo di calciotto, che ormai snobbiamo il calcetto. Non riusciamo ad avere obiettivi perché non abbiamo abbastanza amici per organizzare amichevoli. Paghiamo dieci euro a testa, una volta a settimana, perché tre ragazzotti di Roma Nord ci trovino delle squadre contro cui giocare. Ho la tristezza di aver giocato meno di quanto avrei voluto: sento che sto capendo quant’è importante giocare a pallone solo da quando me l’ha detto l’analista. Giocavo anche prima, ma prima ero solo.

DANIELE

Loro sono più forti, i ventenni di oggi giocano in modo più organizzato di come giocavo io quando avevo vent'anni. Questi cambiano fascia grazie al mancino del numero 2 che alza campanili curvi la maggior parte della volte precisi. Si inseriscono sempre bene, fanno il primo gol con un rimpallo fortunato e la punta che si trova la palla tra i piedi. Ma poi segnano anche con una bella azione di prima: lancio diagonale, sponda di piatto al volo per l'inserimento del centrocampista che calcia sempre al volo, di piatto, da un metro dentro l'area.

FRANCESCO

Prima quando tornavo a casa e non avevo vinto mi vergognavo di dirlo alla donna con cui stavo. Quando vincevo, entravo e dicevo quanti gol avevo fatto, e mi lasciavo fare i complimenti.

DANIELE

Noi segniamo un gol con un tiro da fuori deviato, ma abbiamo chiamato fallo prima di vedere dove finiva il tiro e l'arbitro ha fischiato.

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