Se siete qui, probabilmente, è perché avete visto Squid game. Oppure state cercando informazioni su Squid game, perché tutte le persone che vi circondano hanno visto Squid game. Sarò onesto: come immagino abbiate capito dal titolo, qui non troverete riassunti delle puntate, approfondimenti sugli attori, né spiegazioni del finale o letture marxiste della serie. Ci saranno invece Lautaro Martinez e Dybala, Zaniolo e Barella. Capisco che magari non è quello che stavate cercando, ma se siete disposti a vedere una serie coreana a tema survival game perché non dovreste leggere un articolo sulla Serie A a tema survival game? Se ancora non avete visto Squid game potete stare tranquilli: non ci sono spoiler rilevanti. Tuttavia ci sarà una certa contiguità tra le due storie, anche perché altrimenti sarebbe stato solo un trucco meschino per attirare il vostro click. Messe le cose in chiaro, partiamo.
1,2,3… fuorigioco
Giorno: esterno. Dusan Vlahovic esce dal centro sportivo della Fiorentina imbronciato. Non segna da alcune settimane e la fama di nuovo Haaland inizia a scricchiolare. C’è anche il problema del contratto nuovo da firmare. Mentre torna a casa gli si avvicina un signore ben distinto in giacca e cravatta. Da una valigetta cromata tira fuori due “porticine” e lo sfida in un uno contro uno, in cambio gli promette dei gol. Vlahovic è stranito, ma vuole giocare - è pur sempre un calciatore - e accetta. L’estraneo però lo umilia, non lo fa mai segnare, sgretolando le sue già poche certezze. Dopo più di un’ora, finalmente, il giocatore della Fiorentina riesce a segnare un gol.
A quel punto l’estraneo gli consiglia di controllare la sua pagina Wikipedia. Il serbo tira fuori lo smartphone e recupera il link che è tra i preferiti: come promesso c’è segnato un gol in più. Trasale. Controlla su Transfermarkt, il sito della Serie A, Diretta.it, l’app Forza: ovunque cerchi le sue statistiche trova segnato un gol in più di quelli che sa di aver segnato davvero. L’estraneo lo guarda con una faccia beffarda, con un gesto molto novecento gli allunga un biglietto da visita e gli dice di chiamare quel numero, se vuole altri gol. Poi si allontana.
Non è l’unico a ricevere una visita quel giorno. Lo stesso accade ad altri 26 giocatori della Serie A. Tutti vengono umiliati da uno sconosciuto, a tutti viene fatta la stessa promessa, gli viene allungato lo stesso bigliettino. Tutti nella notte fanno quella telefonata: l’attrazione verso il gol è irresistibile. Dall’altro capo una voce metallica gli dà un appuntamento nel cuore della notte.
Una volta lì, i calciatori vengono addormentati con le repliche di una partita del nostro campionato dei primi anni ‘90 prima di essere caricati su un pulmino. Si risvegliano la mattina dopo in uno stanzone-dormitorio, tutti insieme. Invece delle maglie da gioco con cui si sono sempre distinti, indossano una brutta tuta verde che non metterebbero neanche nell’intimità dei loro appartamenti. Poi una voce grave, dall’accento vagamente romano, li accoglie: benvenuti a Squid Game Serie A. La voce gli spiega che sono i 27 giocatori del campionato italiano con la valutazione più alta su Transfermarkt e per questo sono stati scelti. Si gioca per vincere 540 gol: ogni giocatore eliminato ne porta in dote 20, il vincitore se li prende tutti. Ecco la lista dei calciatori presenti (ho indicato anche il valore dei calciatori secondo Transfermarkt: se davvero siete qui per leggere di calcio è il vostro momento).
Lautaro Martínez (80 milioni di euro) - Matthijs de Ligt (70) - Federico Chiesa (70)Sergej Milinković-Savić (65)- Nicolò Barella (65) - Alessandro Bastoni (60) Victor Osimhen (60) - Milan Skriniar (60) - Franck Kessié (55) - Theo Hernández (50) - Dusan Vlahovic (50)- Paulo Dybala (50) - Stefan de Vrij (50) - Piotr Zielinski (50) - Lorenzo Insigne (48) - Kalidou Koulibaly (48) - Álvaro Morata (45) - Lorenzo Pellegrini (45) - Hirving Lozano(45) - Fabián Ruiz (45) - Marcelo Brozovic (40) - Nicolò Zaniolo (40) - Luis Alberto (40) - Fikayo Tomori (40) - Ismaël Bennacer (38) - Ciro Immobile (38) - Tammy Abraham (38).
L’estetica è strana, colori sparati, simbologia minimale. Ci sono degli uomini armati, vestiti con una tuta fucsia e una maschera nera con una figura geometrica al centro. I calciatori spaventati fanno quello a cui sono abituati: gli interisti con gli interisti, i milanisti con i milanisti. Allo stesso modo c’è il gruppo Juve, Roma, Napoli e Lazio. Dusan Vlahovic invece se ne sta da solo, anche se il gruppo bianconero prova si sente in dovere di invitarlo da loro. Non c’è però tempo di pensare al mercato: con fare sbrigativo vengono spinti verso una lunga fila di scale che li conduce in una grande stanza che riproduce una scena bucolica, al centro un campo da calcio e su un lato una grande bambola con le fattezze di Franco Baresi.
Il primo gioco è semplice, ma spietato. C’è un centrocampista barbuto con il pallone poco oltre il cerchio del centrocampo, mentre appena fuori dall’area di rigore sosta una linea di quattro difensori appostati. Quando la statua di Baresi alza il braccio, il giocatore deve scattare oltre la linea di difesa per ricevere il passaggio, se però finisce in fuorigioco è eliminato. Gli attaccanti tirano un sospiro di sollievo: Immobile è il primo a passare, è tutta la vita che si allena per questo gioco. Lo stesso non si può dire per de Vrij, abituato a stare dall’altra parte: sbaglia i tempi dell’inserimento e viene eliminato. Lo stesso succede anche a Brozovic (si abbassa accanto al centrocampista per agevolare la costruzione dal basso); Zielinski (per aver tirato da fuori), Tomori (distratto dalla statua di Baresi), Luis Alberto (mai scattato in profondità in vita sua). L’eliminazione più drammatica è però quella di Alvaro Morata. Tra chi ha giocato più di 100 minuti in Serie A, solo Cutrone va più in fuorigioco di lui, e anche questa volta sono stati pochi millimetri a fregarlo.
Passano tutti gli altri attaccanti, passa de Ligt (scuola Ajax, ti insegnano a fare tutto). Non ce la fanno invece Lorenzo Pellegrini («ma che mi state prendendo per il culo?») e Hirving Lozano (ha chiesto se poteva avere una bambola uguale con le sue fattezze).
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L’uomo della Champions League
I calciatori rimasti tornano nella grande stanza dormitorio: sono tormentati dai sensi di colpa. Ai loro colleghi eliminati hanno fatto firmare un prolungamento del contratto a un terzo dell’ingaggio (no, scherzo: gli hanno sparato in testa, che comunque per loro è una pena migliore). Alle loro proteste, i controllori gli ricordano «che è solo un gioco» e che sono stati loro a scegliere di giocare. Davanti all’indecisione e la paura dei calciatori, dalla sala di controllo viene azionato un meccanismo che fa calare dall’alto un enorme portagol a forma di Cristiano Ronaldo che si riempie dei 160 gol portati in dote dagli otto calciatori eliminati. Tutti si convincono ad andare avanti.
Passata la notte, i calciatori vengono svegliati dagli audio di Mourinho in All or Nothing: Tottenham Hotspur e costretti a una colazione frugale senza la giusta quantità di proteine. Assecondando lo spirito cameratesco del calcio, i gruppi sono sempre più divisi: soprattutto tra i calciatori del Milan e dell’Inter c’è grande elettricità, con Theo Hernandez e Nicolò Barella vicini a far scoppiare una rissa a causa di una merendina. I calciatori di Roma e Lazio, invece, iniziano a pensare che gli converrebbe fare comunella: che l’unione sia la forza in questi giochi?
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Dopo pochi minuti i giocatori vengono portati in una grande stanza dove si trovano quattro porte da calcio. Su ogni porta un'immagine: un triangolo, una stella, un cerchio e una Champions League. Ai calciatori viene intimato di sceglierne una e mettersi in fila. Ma cosa starà a significare? I vari gruppi si consultano, poi si formano le file. Chi sceglie la stella perché sono 10 scudetti; chi il cerchio, perché il pallone è rotondo; chi il triangolo, perché la formazione di triangoli per risalire il campo è il miglior modo di farlo; chi la Champions League, perché - ovvio - è la Champions League.
Se il primo gioco richiedeva occhio e rapidità, per il secondo serve controllo e agilità. Ogni giocatore infatti deve completare un percorso dribblando una serie di 100 coni disposti nella forma scelta in un tempo limitato. Piuttosto facile, quindi, se hai scelto il triangolo, particolarmente difficile se devi riprodurre la Champions League. L’ambizione, quindi, è un problema. Ci casca Federico Chiesa: il suo calcio di strattoni non è adatto per circumnavigare un trofeo con la pazienza di un esploratore portoghese. Anche Skrinar fallisce (è pur sempre un difensore con delle gambe grosse come alberi).
Viene premiata la scelta del triangolo di Insigne (che è il primo a finire e che nel farlo ringrazia Maurizio Sarri), Zaniolo (che supera la prova cantando Il triangolo no, non l'avevo considerato, d'accordo ci proveró, la geometria non é un reato) e Barella. Passano anche Dybala (che sceglie il cerchio perché gli ricorda Higuain), Lautaro Martínez (l’argentino ha scelto la stella perché gli ricorda l’amico Lukaku), Ismaël Bennacer (vabbè dai, scontato, per lui è una prova persino troppo facile), Koulibaly (nessuno si aspettava di vederlo vivo, dopo), Vlahovic (da piccolo faceva sempre questa cosa con la Champions League nei boschi dietro casa) e Milinković-Savić («che giocatore», le parole di Barella che lo vorrebbe all’Inter).
Non ce la fanno invece Kessié (distratto dal rinnovo di contratto secondo Immobile) e Bastoni (distratto da un contratto troppo basso, secondo Kessié). Passano gli altri.
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Non si abbandona la squadra
Nella notte scoppia una rissa molto violenta. Dybala, rimasto l’unico juventino, si è unito al gruppetto Inter, per via del connazionale Lautaro Martinez, dice, ma secondo Insigne è perché Marotta gli ha promesso uno stipendio da 12 milioni l’anno (l’argentino nega). Romanisti e laziali si erano uniti, Abraham e Zaniolo avevano rapidamente capito che era meglio stare dalla parte di Milinković-Savić che contro. Vlahovic, corteggiato da tutti, se ne resta in disparte. Quando i controllori si decidono a sedare le violenze, si scopre che Fabian Ruiz ha firmato un nuovo contratto a cifre più basse del precedente (o forse è morto, lasciamo vago questo concetto di “eliminazione”). Tutti sono piuttosto tristi: lo spagnolo era uno dei più tranquilli e simpatici, benvoluto da tutti. Secondo Immobile è stata colpa di fuoco amico, addirittura, secondo lui, il mandante sarebbe De Laurentiis.
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Non c’è però tempo di discutere: i calciatori vengono portati in una stanza dove ci sono dei manichini con delle pettorine da allenamento numerate da 1 a 14 e gli viene chiesto di sceglierne una. La richiesta crea scompiglio: gli attaccanti puntano la 9 decisi, nessuno invece vuole l’1 e i numeri delle riserve. Lo stallo viene risolto non senza screzi - Dybala e Lautaro quasi vengono alle mani per la 10. Una volta scelti i numeri, vengono fatti entrare in un’altra stanza dove - di nuovo - si trova una porta da calcio, questa volta difesa da uno dei controllori, così ben piazzato che sembra coprirla tutta.
Le regole non c’è bisogno neanche di spiegarle: sono i famigerati shoot-out, i rigori all’americana. I calciatori devono mettersi in fila in base al proprio numero e sfidare il portiere partendo da 30 metri dalla porta con 5 secondi a disposizione.
Capiscono che il numero che hanno sul petto è inversamente proporzionale alla possibilità di salvarsi, dato che gli ultimi a provare possono studiare i movimenti del portiere e, quindi, come superarlo. Con un groppo in gola il primo a partire è Sergej Milinković-Savić. Il giocatore della Lazio sceglie la potenza: dopo due o tre tocchi in diagonale verso destra, dal limite dell’area di rigore lascia partire un destro incrociato secco e preciso, ma il portiere è un gatto e devia il tiro con la punta delle dita. La capacità di scendere giù così rapidamente, con un fisico tanto grande fa sussultare gli altri 12 calciatori: non se ne vedono tanti di portieri così. Iniziano a pensare che dietro la maschera da controllore possa esserci un ex portiere del campionato italiano...
Dopo SMS tocca a de Ligt, ma niente da fare: la sua confidenza con il gol di piede è così bassa che si perde in tocchi e lascia scadere il tempo, condannandosi a una eliminazione piena di rimpianti. Con la pettorina numero 3, invece, parte Dybala, che si affida al piatto forte della casa: un paio di tocchi per avvicinarsi e l’area di rigore e poi una frustata di sinistro a giro, che sbatte sul palo interno a pochi centimetri dall’incrocio e finisce in rete dopo aver dato l’impressione di voler uscire; per lui Squid Game Serie A continua. L’argentino scoppia a piangere.
Contro Osimhen il portiere è più spavaldo: gli esce sui piedi, al limite dell’area di rigore, e lo ferma ancora prima che potesse tentare il tiro. Con Insigne invece si dimostra insicuro, quasi volesse lasciar segnare il giocatore del Napoli. Bennacer ha da qualche giorno segnato uno dei pochissimi gol della sua carriera, impossibile per lui rifarlo.
In fila intanto si studia il portiere. A qualcuno ricorda un «Peruzzi più alto», per qualcun altro deve essere un prodotto di laboratorio, qualcosa simile a Frankenstein («al mostro di Frankenstein», lo corregge subito Lautaro Martinez). Zaniolo, che deve andare dopo, sostiene che farà il cucchiaio. Ed effettivamente il cucchiaio funziona: uno scavetto da realizzare appena il portiere supera il dischetto.
Lautaro Martinez invece segue il suo istinto violento e scaraventa un destro spaventoso che sembra bucare l’aria densa di tensione quando trova il fondo della rete. Barella prova a dribblare il portiere, senza successo; Abraham si dimostra spavaldo, ma dopo aver mosso bene il pallone da destra a sinistra calcia a botta sicura sulla traversa. Koulibaly, dato per spacciato dal suo compagno Insigne («quello tiene i piedi di piombo»), stupisce tutti con una bella azione conclusa con un piatto destro all’angolino.
Dopo è il turno di Immobile. Con gli occhi bagnati dalle lacrime l’attaccante della Lazio si rivolge al portiere: «Bufalò, togliti la maschera, lo so che sei tu». Silenzio. Immobile stizzito gli calcia il pallone addosso e va incontro al suo destino. Alle sue spalle Theo Hernandez ride, sembra si stia divertendo moltissimo, ma qualcosa gli va di traverso. Solo a quel punto il portiere si toglie la maschera, rivelando la sua identità: è Gianluigi Donnarumma, in lacrime anche lui. Contro l’ex compagno il terzino francese si impalla: il suo sinistro a incrociare da sinistra si spegne sul lato.
A quel punto dal nulla arriva un personaggio mascherato, ma in maniera diversa dai controllori. Vestito di nero, con una maschera nera elimina il portiere della Nazionale italiana dal gioco, sostituendolo con un altro controllore per l’ultimo della fila. Vlahovic parte rinfrancato e fa bene: il suo sinistro angolato viene solo seguito con lo sguardo dal nuovo portiere-controllore (qualcuno pensa di aver riconosciuto anche questo, di portiere, ma ormai poco importa).
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Fratm
Al rientro in stanza, il clima è funebre. I gruppi sono sfaldati, i giocatori rimasti pochissimi, sopra di loro capeggia un Cristiano Ronaldo sempre più gonfio di gol. Ma non c’è tempo per rilassarsi: dopo una notte passata in bianco col timore di assalti di altri avversari, ai giocatori viene chiesto di dividersi in due squadre. In preda al panico, la divisione finisce per essere territoriale: un gruppo con giocatori di Inter, Juventus e Fiorentina; l’altro con quelli di Napoli e Roma.
Dopo aver scelto le squadre, i sei vengono condotti in un grande slargo asfaltato, ai lati due serrande come di un garage e due Super Santos arancioni adagiati a terra. Il gioco è la “Tedesca”. Le regole sono quelle tradizionali: il portiere parte da 25, gli altri due da 20; c’è il paletto d’oro, la spalletta azzera, il gol vale solo al volo, la “bastardata” (tirare la palla addosso a un giocatore per farlo andare in porta) si può fare quando chi la fa ha 7 punti o di meno. Ovviamente se il portiere la tocca prima di subire il gol, vale 1 a prescindere dal tipo di conclusione. Il primo che arriva sotto zero è eliminato.
Da una parte, quindi, Lautaro, Dybala e Vlahovic; dall’altra Insigne, Koulibaly, Zaniolo. I due terzetti devono sfidarsi tra loro per eliminarne uno. La “Tedesca” è un gioco di strategia, dove pur essendo tutti contro tutti è possibile ostracizzare un avversario, alzargli male un cross, non impegnarsi a sufficienza per salvare un pallone che sta uscendo sul fondo.
Zaniolo è torvo all’idea di dover dividere il proprio destino con due che sono compagni di squadra, non ha però fatto i conti con l’aspetto meno battuto del gioco: quanto sei forte in porta? Insigne, che pure calcia al volo in maniera meravigliosa, occupa neanche la metà della serranda rispetto gli altri due. Inoltre il capitano del Napoli sceglie di partire dalla porta, per avere i 5 punti in più: un errore. Zaniolo e Koulibaly si mostrano una coppia ben oliata, forte di testa e precisa coi piedi. Insigne implora il compagno, che però si scopre avere un inflessibile codice morale per quanto riguarda la “Tedesca”. Lo scenario è tragico, due adulti che umiliano un bambino, una partita rapida chiusa da un terzo tempo leggendario del centrale senegalese.
Insigne però non porta rancore. Si avvicina al compagno, mentre i controllori si avvicinano, e gli sussurra che, nonostante tutto, sono “Fratm”.
Un giorno fortunato
Nell’altra porta, invece, il gioco è molto più combattuto. Dybala e Lautaro fanno valere il sangue, ma Vlahovic è un insospettabile fenomeno in porta. Solo ogni tanto un destro al volo di Martinez squarcia il silenzio, andando a sbattere sulle assi di ferro della serranda. L’argentino dell’Inter è forse il miglior colpitore al volo della Serie A, ma è abituato a giocare a sinistra e l’intesa con i cross da destra, col sinistro, di Dybala non è ottima. Nella “Tedesca”, infatti, i cross dalla trequarti non funzionano bene, perché il pallone ha più facilità di uscire, se non ben calibrato.
A poco a poco la connessione argentina si sfalda, soprattutto perché capiscono che l’altro è un ostacolo per un posto nell’undici della Nazionale accanto a Messi. Vlahovic capisce il momento e si infila come una biscia in un pantalone troppo largo. «Sto pensando di firmare per il PSG - dice - Il mio sogno è giocare con Messi, è il più forte del mondo», è come un segnale. Sul cross del serbo, Dybala si ricorda di essere un funambolo cresciuto nei campetti polverosi di Cordoba, e in tuffo va a impattare con la spalletta.
Lautaro Martinez non se l’aspetta, il Super Santos sfiorato da Dybala gli sfila a destra e tocca la serranda, segnando la fine di un gioco in cui fino a quel momento era in vantaggio. Strana la vita a volte e che gioco di merda. Vlahovic, rimasto con 2 punti sorride: è il suo giorno fortunato.
Ne restano 4.
Juventus, Fiorentina, Napoli, Roma. Il quartetto variegato di sopravvissuti è vicino all’esaurimento nervoso. Il bersaglio è Koulibaly: cosa se ne fa un difensore centrale di tutti quei gol? Non dovrebbe evitarli invece? Il senegalese non risponde. Seduto in un angolo si stringe le ginocchia al petto, la testa persa chissà dove. Vlahovic, con cui è nata un'amicizia, lo consola.
Non è ancora finita però. Ai giocatori viene chiesto di dividersi in due squadre per il gioco successivo. Istintivamente si dividono per simpatia: Zaniolo con Dybala (condividono una grande simpatia per Moise Kean) e Vlahovic e Koulibaly. Una volta formate le coppie, viene scoperto il gioco successivo. A ogni coppia viene dato un pallone; chi ha il possesso del pallone alla fine dei venti minuti, viene dichiarato vincitore. Il campo da gioco è una riproduzione del classico paesino italiano. I tavoli con le tovaglie a scacchi bianchi e rossi, le case in pietra, le strade in salita, odore di ragù.
Se Dybala è sottodimensionato rispetto a Zaniolo, anche lui è un maestro nella difesa del pallone. Farlo per 20 minuti è però impossibile. I due iniziano a sfidarsi: l’argentino corre per il paese col pallone incollato al sinistro, sperando di far stancare l’italiano. Vlahovic e Koulibaly intanto decidono di prendersi 19 minuti per parlare, per poi giocarsi tutto nell’ultimo minuto. Parlano delle loro origini, del razzismo subito in Italia, trovano un percorso comune.
Arriva l’ultimo minuto. Dybala difende il pallone stremato, lo tiene lontano con la suola da Zaniolo e quando questi fa per intervenire allungando la sua gamba ipertrofica, il trequartista della Juventus fa perno sul bacino per girargli intorno. Nel tentativo di non farlo scappare via tra i vicoli, Zaniolo poggia tutto il peso sul ginocchio destro, ma cade a terra malamente. Un urlo di dolore accompagna la tipica posa del calciatore infortunato, rotolante a terra con una mano sul ginocchio e l’altra a chiamare il cambio.
Ma non c’è nessun cambio. Dybala se lo guarda, non sa che fare, non era mai stato così fortunato. Dopo qualche secondo di indecisione, si avvicina all’avversario per consolarlo. Mancano pochi secondi e la vittoria arriverà perché per la terza volta il crociato di Zaniolo ha fatto crac, non può essere contento. Mentre gli mette una mano sulla testa, Zaniolo però si rialza e rapido ruba il pallone dai piedi di Dybala, scappando verso la salvezza.
Giampiero Sposito/Getty Images
In un altro angolo Vlahovic e Koulibaly dovrebbero iniziare a giocare, ma il centrale del Napoli gli lascia il pallone e se ne va verso il suo destino. Capisce che i gol servono più all’attaccante della Fiorentina che a lui.
Ne restano 2.
Si arriva così all’ultimo gioco: Nicolò Zaniolo e Dusan Vlahovic sono i due finalisti dello Squid Game Serie A, intrattenimento inconsapevole del pacchetto abbonati VIP di DAZN (ma questa è un’altra storia).
Stremati, sviliti, due colossi solitamente simili a statue greche appaiono come gusci svuotati in attesa del loro destino. Non è ancora finita però. Per l’ultimo gioco vengono fatti entrare dentro una gabbia con un mini campo da gioco. È il gioco della gabbia. Al centro un pallone argentato, vicino alle porte due penne. Vince il primo che fa gol o l’ultimo a firmare un nuovo contratto. I due sono sconcertati, ma sotto un improvviso nubifragio provano a giocare. Le porte però sono davvero piccole e loro davvero grandi. Neanche un gioco fisico fatto di spallate e interventi duri risolve il gioco. A quel punto Zaniolo, esasperato, prende la penna e firma un rinnovo di contratto con la Roma, mettendo fine all’edizione 2021/22 dello Squid Game Serie A.
Stacco avanti di un anno. Vlahovic si è trasferito al Manchester United di Conte, epurando Cristiano Ronaldo. I suoi quasi 600 gol ad appena 22 anni gli hanno permesso di firmare un contratto mai visto nella storia di questo sport. Dopo qualche mese difficile si è messo alle spalle il tragico svolgimento dello Squid Game e può dirsi un calciatore soddisfatto e amato, addirittura si è colorato i capelli di rosso per essere ancora di più un diavolo rosso. Mentre si reca all'aeroporto di Manchester, lo aspetta un volo per Istanbul dove si disputa la finale di Champions, vede con la coda dell’occhio un signore in giacca e cravatta giocare a calcio con delle porticine contro Kevin De Bruyne. Come un falco si avventa sui due, ma arriva troppo tardi, tutto quello che può fare è strappare il biglietto da visita dalle mani del belga prima di recarsi al terminal.
Mentre sta salendo sull’aereo decide di chiamare il numero. La solita voce gli chiede se vuole “partecipare al gioco”. Il calciatore accetta e dichiara le proprie generalità. A quel punto viene invitato a salire sull'aereo, per realizzare il sogno della sua vita, ma Vlahovic decide di girarsi e tornare indietro.