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Gli stadi in Italia sono ancora un problema
11 ott 2023
Le carenze infrastrutturali hanno creato una situazione di emergenza permanente.
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IMAGO / ABACAPRESS
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Giocare in casa, per molte squadre di calcio italiane, continua ad essere una metafora più che una circostanza reale. Anche quest’estate molti club hanno dovuto fare i conti con la necessità di trovare uno stadio diverso dal proprio dove poter disputare gli incontri in casa, per l'appunto, e la novità di questa stagione è che il problema non ha riguardato società di Serie A, come accaduto più volte nel recente passato. L’impressione è che si tratti di un problema sistemico per il calcio italiano, e che si stia facendo ben poco per risolverlo o quanto meno porre le basi per una sua risoluzione in futuro.

Gli ultimi casi riguardanti squadre neopromosse in Serie A si erano risolti in tempi relativamente brevi. La scorsa stagione, ad esempio, i tifosi della Cremonese avevano temuto che le gare casalinghe del campionato 2022/2023 si sarebbero potute giocare lontano da Cremona, ma c’è voluto poco tempo per rendere agibile il Giovanni Zini, tra l’altro rimodernato da poco, costringendo a disputare una sola partita in uno stadio momentaneo (la gara di Coppa Italia di agosto sul campo di Ferrara) e a iniziare la stagione con una doppia trasferta per consentire il completamento dei lavori. Un discorso simile, nell’estate del 2021, aveva riguardato il Venezia ed il suo particolare stadio costruito sull’acqua, non facile da ammodernare: dopo le voci di una corsa contro il tempo per mettere a norma il Penzo entro la prima giornata, gli arancioneroverdi erano comunque riusciti a evitare il possibile esodo negli impianti di Padova e Ferrara e a debuttare nel proprio stadio il 19 settembre, dopo tre partite giocate fuori.

Uno dei traslochi più lunghi e scomodi, considerando la durata e le distanze geografiche, è stato però quello a cui è stato costretto lo Spezia, sempre nel 2021, in attesa dell’adeguamento dell’Alberto Picco: cinque giornate di campionato disputate nella lontana Cesena, oltre 300 chilometri a est, che non avevano impedito il raggiungimento della salvezza alla squadra allora allenata da Vincenzo Italiano. Purtroppo per i tifosi della formazione ligure la storia si è ripetuta in questa stagione, visti i nuovi lavori di ammodernamento previsti al Picco. Lo Spezia ha quindi dovuto spostarsi di nuovo all’Orogel Stadium-Dino Manuzzi, dove hanno già affrontato il Venezia (in Coppa Italia), il Como e la Reggiana, in attesa di sapere quando potranno tornare in Liguria.

Quello dello Spezia, però, non è l’unico handicap che è gravato su squadre di Serie B: il caso più chiacchierato degli ultimi mesi è stato quello del Lecco, che per colpa della non conformità del suo piccolo stadio ha rischiato fino all’ultimo di non poter disputare il campionato cadetto, conquistato sul campo dopo un'assenza durata cinquant’anni. Il problema dei lombardi, oltre che di carattere strutturale, è diventato burocratico visto che il club non era riuscito a fornire in tempo il nome di uno stadio alternativo in cui poter giocare nell’eventualità di dover compiere dei lavori al Mario Rigamonti-Mario Ceppi, una condizione sospensiva legata all’esito dei play-off. Adesso pare essere tutto risolto: dopo il dietrofront del Monza, che all’inizio sembrava aver concesso l’U-Power Stadium, i blucelesti hanno dovuto giocare eccezionalmente all’Euganeo di Padova la gara contro il Catanzaro mentre pare siano già riusciti, in tempi molto rapidi, a rendere idoneo alle richieste della Lega di B il vecchio impianto cittadino, dove hanno potuto regolarmente ospitare il Brescia lo scorso 16 settembre.

Il Catanzaro è stata un’altra squadra messa in crisi dalla recente promozione in Serie B, per via dei lavori di riqualificazione dello stadio Nicola Ceravolo durati circa due mesi. I calabresi hanno dovuto disputare la prima gara stagionale in Coppa Italia a Vibo Valentia e la seconda di campionato a Lecce prima di poter utilizzare l’impianto di casa. L’ultima "vittima" della situazione stadi è stata un’altra matricola, la FeralpiSalò, che da anni ormai soffre dell'inadeguatezze strutturali del Lino Turina. Lo stadio di Salò già nel 2012 aveva avuto problemi per via della sua capienza molto ridotta e per la mancanza iniziale di un sistema di telecamere a circuito chiuso. Nonostante i lavori, quest'anno il problema si è ripresentato per via della capienza, dato che quella del Turina è meno della metà di quella richiesta dalla Serie B. Dopo alcuni tentativi di trovare un accordo per spostarsi al Mario Rigamonti di Brescia è stato scelto di disputare la prima stagione in B al Leonardo Garilli di Piacenza, in attesa di nuovi sviluppi. Per l’occasione per i tifosi bresciani è stato organizzato un servizio gratuito di navette per raggiungere la città emiliana e non perdersi lo storico debutto, anche se il numero degli spettatori è stato comprensibilmente molto basso: contro il Südtirol erano solamente 557.

I casi aumentano, e non poco, in Serie C, dove nel corso di questa stagione otto squadre su sessanta hanno utilizzato uno stadio diverso dal proprio. Tra queste c’è la neonata Atalanta Under 23, a cui è toccato fare il suo esordio assoluto al ‘Comunale’ di Gorgonzola prima di ricevere l’ok per spostarsi nello stadio di Caravaggio, che ospiterà le restanti gare casalinghe dei bergamaschi. Per il sesto anno consecutivo dalla sua fondazione ad oggi, la Juventus Next Gen giocherà ad Alessandria, alternandosi con la squadra locale per occupare il ‘Giuseppe Moccagatta’. Il Monterosi Tuscia è stato addirittura costretto a cambiare la propria residenza in altre regioni, in mancanza di un impianto più vicino: i biancorossi in tre stagioni sono dovuti emigrare prima all’Enrico Rocchi di Viterbo, poi all’Ettore Mannucci di Pontedera e quest’anno giocheranno al Guido Bonolis di Teramo.

In Serie C, così come in Serie B, il problema sembra affliggere in maniera quasi sistematica le squadre appena promosse: un anno fa aveva riguardato il Sangiuliano City, il San Donato Tavarnelle, la Recanatese, il Giugliano e la Gelbison, tutte costrette a cercare ospitalità altrove per l’intera stagione. Quest’anno tre di queste non ci sono più, due (Recanatese e Giugliano) hanno risolto i loro problemi. Nel frattempo, però, ne sono subentrate delle altre con identici bisogni: il Sestri Levante giocherà allo Stadio dei Marmi di Carrara, il Pineto allo Stadio Adriatico di Pescara, il Sorrento all’Alfredo Viviani di Potenza e il Brindisi all’Erasmo Iacovone di Taranto. Per quest'ultimo, però, è sorto un ulteriore problema, attualmente irrisolto: il Brindisi aveva concordato col Taranto di condividere lo Iacovone per la prima parte dell’anno e il Franco Fanuzzi per la restante, ma il primo ha subito danni per via di un incendio scoppiato durante la partita contro il Foggia e al momento è inagibile. In attesa del ripristino totale il Taranto ha dovuto giocare alla Nuovarredo Arena di Francavilla Fontana, mentre il Brindisi ha trovato due soluzioni temporanee nel Domenico Monterisi di Cerignola e nel Donato Curcio di Picerno. Rimane l’incertezza su dove si potranno disputare i prossimi incontri in calendario.

L’ultimo caso che riguarda la C è quello della Triestina, che ha dovuto sobbarcarsi le conseguenze del concerto dei Maneskin tenutosi al Nereo Rocco a metà luglio. La squadra alabardata ha giocato in casa la prima di campionato contro il Trento su un terreno di gioco reso impraticabile dall’evento musicale e che ha costretto a dei lavori straordinari di rizollatura, per cui le partite seguenti contro la Pro Vercelli e il Mantova si sono svolte all’Omero Tognon di Fontanafredda scatenando le ire dei tifosi e degli abbonati contro l’amministrazione locale. Quella di Trieste è una situazione strana nel 2023, dove gli stadi sono pensati sempre più in ottica polifunzionale e dovrebbero essere attrezzati per ospitare più tipi di eventi, e nel frattempo incombe la possibilità (per adesso solo ipotizzata) di due ulteriori live il prossimo giugno, quando il club potrebbe essere impegnato nei play-off.

Se nella maggioranza dei casi c’è stata sin da subito l’intenzione di attivarsi per ottenere l’agibilità di un impianto, la condizione in cui versano alcuni stadi italiani e i requisiti di cui debbano essere in possesso ha causato, negli anni, il verificarsi di problemi ciclici che ormai hanno reso normale l'eccezionale. Pensiamo all’Albinoleffe, che dal 2003 al 2021 si è abituata a giocare a Bergamo (sedici anni) e a Gorgonzola (due stagioni) in attesa della costruzione del proprio stadio; o a ciò che è successo al Pordenone, la cui conquista della Serie B nel 2019 ha avuto come conseguenza quella di dover abbandonare definitivamente l’Ottavio Bottecchia per spostarsi prima alla Dacia Arena di Udine, poi al Nereo Rocco di Trieste, poi ancora al Guido Teghil di Lignano Sabbiadoro e infine all’Omero Tognon di Fontanafredda.

Come sappiamo, poi, questi problemi non sono assolutamente un'esclusiva delle serie minori. Come dimenticare, ad esempio, i continui esodi del Cagliari, persino sui campi di Parma e di Trieste, come in quel celebre match contro la Juventus che decise lo scudetto 2011/2012. Ma anche il Crotone di scena a Pescara, l’Atalanta che riempiva gli spalti del Mapei Stadium e di San Siro per le notti europee, il Catania nella vicina Caltanissetta dopo i problemi causati dall'eruzione dell'Etna e dal sisma che ha colpito la città nel lontano 2002, il Treviso ed il Carpi dirottati per tutta la stagione nelle vicine Padova e Modena (forse i più "normali" tra gli spostamenti citati).

Forse l'aspetto paradossale di tutto questo argomento è che i lavori propedeutici alla messa a norma sono quasi sempre gli stessi, e sono finalizzati a far sì che le società possano rispettare i criteri infrastrutturali previsti dal regolamento. Raramente i problemi sono legati alle dimensioni del terreno di gioco e alla capienza minima, mentre spesso riguardano il potenziamento dell’impianto di illuminazione, i tornelli e in generale i sistemi di sicurezza, e ancora alcuni servizi come i bagni, gli spogliatoi, i parcheggi, gli appositi spazi per i giornalisti, le sale antidoping e, da qualche anno, le sale VAR. Sono spese relativamente esigue, che di solito ammontano a qualche milione di euro, e che pure alcuni club sono non in grado di sobbarcarsi. Poi ci sono i problemi di tempo, che non hanno a sufficienza per ottenere autorizzazioni o effettuare verifiche e collaudi obbligatori per il rilascio di una licenza. C'è da dire che a questo riguardo va anche citata la complicità delle amministrazioni comunali o regionali, che a volte sono costrette a proroghe o a deroghe speciali per via dei lunghi processi di valutazione che coinvolgono consigli comunali, questure, prefetture, vigili del fuoco e comitati di residenti.

Il fenomeno delle squadre in esilio non è destinato ad esaurirsi fino a quando il numero degli impianti di livello sarà così risicato e, soprattutto, così strutturalmente inadeguato. Se il numero di stadi a norma è così carente, insomma, le cause di nuovi trasferimenti sono sempre dietro l’angolo. Poi c'è la questione nuovi stadi, se mai si sbloccherà. Se dovessero andare in porto alcuni iter per costruire nuovi stadi, come ad esempio quelli di Bologna e Fiorentina, le squadre interessate sarebbero nuovamente costrette a chiedere ospitalità. Ciò potrebbe succedere anche alle due milanesi, in attesa che venga definitivamente sciolto il nodo che riguarda le sorti del Meazza. Una spinta potrebbe arrivare dall'assegnazione degli Europei del 2032, la cui ufficialità dovrebbe arrivare proprio ad ottobre. Fermo restando che non è sano che un Paese progetti investimenti infrastrutturali solo in relazione all'assegnazione dei grandi eventi, va anche detto che nel caso specifico l'organizzazione sarà divisa con la Turchia, che al contrario dell'Italia ha un grande numero di strutture moderne e capienti.

Certo, quello degli stadi non è un tema solo italiano. Quest’estate si è parlato tanto dello stadio del Luton Town e di come l’impianto di Kenilworth Road avrebbe potuto ospitare gare di Premier League. Dopo la promozione, l’ipotesi di far giocare la squadra inglese in un altro stadio però non è mai stata contemplata e anzi, nel frattempo, il club ha iniziato subito il restyling di cui la piccola struttura aveva bisogno, senza stravolgere i suoi tratti più distintivi come gli ingressi tra le abitazioni del quartiere circostante. D’altronde in Inghilterra, come in tanti altri paesi europei, considerando anche che la stragrande maggioranza degli impianti è all’avanguardia e soprattutto di proprietà privata, quella di abbandonare la propria casa è un’eventualità molto remota.

La differenza è che mentre in Italia la questione degli stadi è strutturale e l'emergenza è entrata a far parte della normalità, in molti altri Paesi invece viene ancora trattata come tale e se una squadra è costretta a cambiare stadio se ne parla come di una notizia vera e propria. Pochi mesi fa nel Regno Unito si è verificato un episodio che ha fatto parlare molto vista la sua straordinarietà: il Coventry City è stato costretto a giocare i propri incontri casalinghi negli stadi del Northampton Town, del Birmingham City e del Burton Albion a causa un mancato accordo con i proprietari della Coventry Building Society Arena. In Spagna, più recentemente, Real Madrid e Barcellona hanno scelto di sacrificarsi per qualche mese per un buon motivo: ristrutturare il Bernabeu e il Camp Nou: i "Blancos" hanno già superato questa fase transitoria, trascorsa sul campo del centro sportivo di Valdebebas intitolato ad Alfredo Di Stefano, mentre i blaugrana hanno appena iniziato la stagione in trasferta nell’Estadi Olímpic Lluís Companys de Montjuïc, già annunciata da tempo.

Insomma, non ci sarebbe nulla di male nel trasferirsi temporaneamente in un altro stadio se la motivazione fosse quella di migliorare gli stadi già esistenti. Purtroppo, però, questo non è il caso dell'Italia, che come ogni altro ambito della sua vita pubblica preferisce convivere con i suoi problemi anziché risolverli.

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