Partiamo da una domanda fondamentale: perché c’è uno stadio Olimpico a Baku? Non è facile rispondere in breve, dato che finora i Giochi non sono mai passati dall’Azerbaigian, e la proposta di ospitare l’edizione 2020 (supportata anche dalla Federazione Russa) non si è mai nemmeno concretizzata in candidatura ufficiale. Quando vennero organizzati qui, sulle coste del Mar Caspio, i Giochi Europei 2015, l’evento sembrò più un bizzarro esperimento che un qualcosa di sportivamente credibile, ma le gare vennero diffuse con grande forza mediatica e ci fecero improvvisamente capire il livello di ambizione dell’Azerbaijan. Ambizione che è stata ulteriormente sottolineata dall'installazione nel 2010, sul molo che guarda verso la parte meridionale del Mar Caspio, l’asta della bandiera più alta al mondo: 162 metri d’altezza per far sventolare il vessillo nazionale delle dimensioni di 70 x 35 metri, in quella che è chiamata Piazza della Bandiera Nazionale (e poco importa se dal 2019 la piazza è chiusa al pubblico, e la bandiera è stata smontata, o se già dal 2011 il record d’altezza era stato superato di tre metri da quella del vicino Tagikistan).
La volontà di emergere di una Nazione nata nel 1991 dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica, e che riconquistava una sua indipendenza accarezzata soltanto per due anni fra il 1918 e il 1920, è evidente anche da recenti piccoli conflitti scatenati nei pressi del confine armeno contro le forze militari statunitensi, e ancor di più da un piano di sviluppo denominato “Development Concept. Azerbaijan – 2020: Outlook for the future” e approvato nel 2012, con un elenco programmatico di risultati da ottenere entro la fine del decennio, in particolare rivolti al benessere sociale, alla garanzia dei diritti e delle libertà dell’uomo e alla crescita economica sostenibile. Un documento che a tratti pare vuoto di significato, per quella che è un'autocrazia molto repressiva, ma che almeno da un punto di vista economico ben certifica la crescita di un Paese che, attraverso le sue ingenti riserve di petrolio e di gas naturale ha fatto registrare una costante crescita del PIL (addirittura con un +16% medio fra il 2005 e il 2011). Ma questi temi sono molto più vasti di quanto sia possibile trattare in questo pezzo, che invece ha solo l'intenzione di parlarvi dello Stadio Olimpico di Baku, inaugurato nel 2015 dopo appena 24 mesi di lavori - una piccola metonimia, almeno nelle intenzioni, della volontà dell'Azerbaijan di bruciare le tappe per salire ai piani alti del calcio e dello sport europeo. Non è un caso che il presidente della Repubblica dell’Azerbaigian, Ilham Aliyev, sia stato già a capo del Comitato Olimpico nazionale, a ulteriore conferma di quanto il Paese punti sullo sport per emergere nel panorama internazionale, dove finora il Paese era conosciuto soprattutto per eccellere negli scacchi e nel sollevamento pesi.
L’Ufficio del Turismo dell’Azerbaigian definisce lo Stadio Olimpico "una meraviglia dell’architettura contemporanea" e un esempio unico e irripetibile di modernità a Baku. Costato poco più di 600 milioni di euro e finanziato dal governo nazionale tramite la SOCAR (State Oil Company of Azerbaijan Republic, la compagnia governativa per l’estrazione di petrolio e gas),oggi è di proprietà della Federazione di calcio azera ed è soltanto lo stadio di casa della Nazionale, oltre a ospitare le gare interne del Qarabag nelle coppe europee. Non chissà che, verrebbe da pensare, ma lo stadio Olimpico con i suoi quasi 70mila posti vuole essere simbolico al di là della quantità di partite ospitate, almeno fino a quando sarà possibile.
Foto di Robert Prezioso/Getty Images
Progettato “per riflettere lo spirito giovane ed energico dell'Azerbaijan”, come disse con orgoglio Jeremy Edwards, direttore generale nella gestione dei Giochi Europei 2015, è stato pensato per essere punto di contatto con la tradizione e la storia del Paese. La sua forma complessiva, su pianta circolare, riprende la forma cilindrica della Torre della Vergine, monumento azero del XII secolo e dichiarato dall'UNESCO Patrimonio dell'Umanità. Lo stesso rivestimento esterno che avvolge senza soluzione di continuità l’edificio, formato da oltre 600 cuscinetti in membrana polimerica semi-trasparente EFTE (sul modello dell’Allianz Arena di Monaco di Baviera), richiamano il pattern ripetuto dei mattoni della torre e vengono ulteriormente valorizzati da una retro-illuminazione LED che permette giochi di luce continui e spettacolari.
Il progetto dello stadio è stato firmato dalla società di architettura Heerim Architects & Planners, con sede in Corea del Sud, coadiuvati dallo studio ROSSETTI Architects (Detroit, Michigan), e sviluppando un primo concept che era stato prodotto dalla società turca TOCA. Per rientrare negli stretti tempi di consegna, sono state inoltre sfruttate tecniche di fondazione solitamente utilizzate per i grattacieli, come l’utilizzo di pali e di strutture in cemento armato prefabbricato (il tutto su un terreno da rinforzare a priori, perché precedentemente occupato da una raffineria di petrolio).
L’idea estetica ed evocativa dell’intero complesso dello stadio si estende anche agli spazi pubblici esterni, su un’area complessiva di 650mila metri quadri. Prima dell'inizio dei lavori nel 2011, la porzione di lago Boyukshor sulla quale si affaccia lo stadio fu ripulita, e furono realizzati circa 6 ettari di nuovo verde pubblico, con la piantumazione di quasi mille alberi. Qui, tre grandi rampe monumentali portano il pubblico verso l’impianto, che diventa il fulcro di un’ideale stella a tre punte, elemento grafico di base di un intreccio geometrico che è parte fondante della tradizione decorativa artistica dell’Azerbaijan.
Foto di DAN MULLAN/POOL/AFP
Internamente, poi, lo stadio si sviluppa verso il campo mutando da cerchio in superellisse, come qualunque pianta ovale adeguata a una pista d’atletica. Le gradinate si basano su uno sviluppo a tre livelli ma in corrispondenza delle due tribune centrali si nota l’aggiunta di un quarto anello superiore che modifica il profilo della cavea e utilizza tutta l’altezza a disposizione fino alla copertura. Gli spazi interni, in particolare le sale d’onore, le sale VIP e i percorsi annessi, sono declinati in uno stile d’arredo che unisce la modernità dei neon allo sfarzo classico della tradizione medio-orientale, mentre il pubblico può usufruire di servizi, ristoranti, sale convegni e spazi sportivi pubblici indoor anche durante la settimana, rendendo l’impianto un elemento sociale rilevante all’interno della città di Baku.
Per avere un’immagine immediata dell’evoluzione fra il “vecchio” e il “nuovo” Azerbaijan, basta dare un’occhiata ai suoi due grandi stadi nazionali. A fare da contraltare al moderno e scintillante Olimpico, dirigendosi verso sud-ovest lungo Heydar Aliyev Avenue, e passando anche a fianco della piccola ma moderna Inter Arena, stadio del Keşla FK, si arriva allo storico Tofiq Bahramov Republican Stadium, che ha un sacco di dettagli che ci parlano della piccola Nazione sul Mar Caspio nel Secondo Dopoguerra sovietico.
La pianta a C per onorare Iosif Stalin (C = S in alfabeto cirillico), la successiva intitolazione a Lenin, le circostanze della realizzazione, con i lavori interrotti nel 1939 a causa dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale e completati successivamente entro il 1951 dai prigionieri di guerra tedeschi. E ancora, il colonnato neoclassico monumentale che accoglie i visitatori all’esterno e la denominazione attuale (dal 1993) in tributo a Tofiq Bahramov, guardalinee che convalidò la rete di Geoff Hurst nella finale dei Mondiali 1966, e al quale è stata anche dedicata una statua all’esterno dell’impianto.
Questo salto nella storia, dal vecchio stadio nazionale al nuovo impianto luminoso, moderno e colorato, ci dà la giusta misura di un rilevante tentativo del Paese di trovare una sua affermazione geopolitica attraverso lo sport. Entrambi gli stadi, d’altronde, sono a loro modo monumentali in rapporto alle rispettive epoche, e questo dettaglio non è casuale.
Foto di Paul Gilham/Getty Images
Il nuovo Olimpico di Baku, in contrasto alle tendenze progettuali recenti, gioca una carta diversa, portando avanti l’idea antica di “stadio” nel vero significato tecnico del termine, di edificio ampio e avvolgente, quasi sovradimensionato, che deve veicolare un messaggio di forza nazionale prima ancora che di funzionalità sportiva.
Non sarà lo stadio più bello in cui vi ritroverete a vedere una partita, e basterebbe chiederlo ai tifosi di Chelsea e Arsenal che si ritrovarono sulle sue gradinate in occasione della finale di Europa League 2019. Ma anche se dispersivo, l’Olimpico di Baku va soprattutto visto come un edificio che raccoglie l’eredità del Novecento sovietico e la reinventa in tono indipendentista, provando a trasmettere l’orgoglio e il desiderio di voler partecipare al grande tavolo del calcio europeo. Una richiesta di approvazione all’Europa, forse, un esercizio architettonico inusuale, certo, un messaggio geopolitico, senza alcun dubbio.