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Stefan Posch ti salta addosso
28 mar 2023
Uno dei giocatori più fisici della Serie A.
(articolo)
7 min
(copertina)
Foto di Giuseppe Maffia / Imago
(copertina) Foto di Giuseppe Maffia / Imago
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Questo articolo è già uscito, in una versione ridotta e in inglese, sul blog di Wyscout.

Giovanni Sartori è uno dei direttori sportivi più interessanti del calcio italiano. È anche grazie alla sua ricerca, al suo occhio, al suo gusto che quello dell’Atalanta negli ultimi anni è diventato uno dei progetti più originali e competitivi d’Europa. Sartori si è distinto per una capacità rara nel calcio: trovare talenti poco conosciuti in mercati meno tradizionali e meno battuti, e così costruire squadre che riescono ad andare oltre le aspettative.

Per questo c’erano grandi speranze dei tifosi del Bologna quando Sartori è stato nominato direttore sportivo della squadra. Da anni il club di Saputo cerca un complicato passaggio dalle sabbie mobili della mezza classifica a una dimensione europea o semi-europea. Ovvero il passaggio che è riuscito proprio all’Atalanta negli ultimi anni. Eppure aleggiava un certo scetticismo a mercato estivo chiuso. A cessioni eccellenti - Theate, Hickey, Svanberg - erano stati accompagnati acquisti equivoci, difficili da capire. I primi mesi tribolati della squadra sembravano confermare l’impressione di un calciomercato minore. Nessuno dei nuovi acquisti sembrava permettere al Bologna un salto di qualità.

Col tempo, però, e soprattutto dopo l’arrivo di Thiago Motta in panchina, questi nuovi acquisti hanno cominciato a emergere. Dentro una squadra con un’identità tattica più definita e ambiziosa, il senso dell’arrivo di questi giocatori ha iniziato a rivelare la sua coerenza. E dentro una squadra molto fisica, che vuole riconquistare il pallone in alto, e mettere gli avversari sotto sul piano dell’intensità, sta brillando la stella di Stefan Posch. Un difensore, un terzino o un centrale, di cui si parla poco forse per la sua posizione in campo, forse per uno stile di gioco fatto di pochi fronzoli.

È arrivato in estate in prestito dall’Hoffenheim, dopo una carriera di tutto rispetto in Bundesliga, e un posto da titolare nella Nazionale austriaca. Quando è arrivato Sinisa Mihajilovic ha commentato così il suo acquisto: «Non lo conosco». È comprensibile, a a 25 anni la carriera di Posch è quella di uno di quei giocatori che stanno bene ad alti livelli senza che ce ne accorgiamo davvero. Uno di quei quadri che migliorano il nostro salone senza che facciamo davvero caso alla loro presenza.

Posch è cresciuto in alcuni dei contesti più fisici del calcio europeo, nel gioco verticale e intenso della Bundesliga, che nel bacino austriaco pesca con sempre maggiore frequenza - sfruttando anche l’influenza più o meno diretta della filosofia del Red Bull Salisburgo su quel mondo. Posch ha il fisico di un corazziere che potrebbe vincere qualcosa nell'Iron Man (e come lui Stefan Lainer). Ha esordito tra i professionisti nel 2017 con Julian Nagelsmann in panchina, l’allenatore che definisce il più importante per la sua carriera.

Posch è alto poco meno di un metro e novanta ma è molto veloce. Col suo passo riesce a star dietro alla frequenza dei migliori giocatori del campionato. Per questo, pur nascendo come centrale di difesa, il ruolo che ha detto di preferire, viene spesso schierato terzino. In una delle ultime partite di campionato, contro la Lazio, se l’è dovuta vedere con un osso durissimo come Mattia Zaccagni. L’esterno di Sarri è uno dei migliori nel gioco spalle alla porta, nelle ricezioni di spalle che col controllo orientato, e la frequenza di passo, trasforma in conduzioni diagonali che disordinano le difese avversarie. Posch è partito con l’idea di non farlo mai girare, andandogli contro forte non appena si apriva per una ricezione. Facile a dirsi, ma è un piano rischioso. Zaccagni ha quel tipo di reattività che può ritorcere contro i difensori la loro precipitazione. Un primo controllo fatto bene, un tempo d’uscita scelto male, e il campo può assumere una pendenza pericolosa per la squadra che difende. Posch però non ha sbagliato quasi nulla, mettendo su Zaccagni una pressione fisica spesso ai confini del fallo. In questo modo ha anche portato l’avversario fuori partita dal punto di vista mentale, riducendolo in uno stato nevrotico e polemico durante il quarto d’ora finale.

È una prestazione che descrive bene lo stile di gioco di Stefan Posch, e anche del brutto affare in cui si cacciano gli attaccanti della Serie A che devono affrontarlo. Poche cose sono più fastidiose di un uomo grosso e veloce come un orso che vuole anticiparti su ogni singolo pallone, prendendoti a spinte e calci se necessario - sempre rimanendo nei limiti della legalità. Commette poco più di un fallo ogni 90’, nonostante la generale impressione di un uomo che sta cercando di saltarti addosso e di sbranarti. Guardando le sue partite ci si accorge di quanto ricorrono i momenti in cui strappa palla all’avversario con un intervento al limite, e mentre quello è a terra Posch si prende il campo davanti a sé con tutta la foga possibile.

È uno stile esaltato dal gioco di Thiago Motta, che ha trasformato il Bologna in una delle squadre che pressa di più e meglio in Serie A - in un campionato in cui si pressa poco e male. È una squadra che vuole recuperare palla in alto e in fretta, e che nei suoi migliori momenti alza il proprio baricentro con la linea difensiva fino a centrocampo. Posch è uno dei giocatori che chiama la carica del pressing dalla linea difensiva. Lo ha fatto da braccetto di una linea a tre, quando il Bologna ha giocato a tre; lo fa da terzino destro ora che Thiago Motta è passato a quattro. Quando gli avversari spostano il loro possesso sul lato scatta il pressing del Bologna, dove Posch non dà respiro agli esterni avversari. Ha quasi 5 tackle e intercetti ogni 90’, aggiustati per possesso. Un numero che lo rende uno dei migliori della Serie A in queste azioni difensive.

Posch però diventa utile anche quando le cose non si mettono nel verso giusto. Se il pressing del Bologna viene bucato, Posch è uno dei difensori più veloci nel recupero all’indietro. Sul suo curriculum può dire di aver sdraiato Leroy Sané con un tackle, e di aver imbruttito ad Haaland , colpevole di aver segnato mentre un suo compagno era a terra. In Serie A è stato capace di recuperare un po’ chiunque, ma se volete una chicca che sa di mitomania ecco un uno contro uno retto contro Mbappé in Nazionale.

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Si parla di lui però soprattutto per il tempismo che sta mostrando in area di rigore. Ha già segnato 4 gol in Serie A. È uno di quei difensori che sembrano mostrare un magnetismo magico quando un cross piove in area di rigore. «Ero una punta, per questo ho conservato l’istinto del gol» ha detto in un’intervista al Corriere dello Sport. È buffo sia cresciuto con Henry ed Eto’o come idoli: due punte note per l’eleganza della loro corsa, per la raffinatezza con cui svolgevano la pratica del gol.

Posch col pallone invece ha una solennità marziale che ha poco di elegante. Del resto è davvero troppo grosso ed esplosivo per sembrare anche bello. Il suo stile in fase offensiva è essenziale, bada al sodo. Non stiamo parlando di un giocatore in grado di influenzare il possesso della propria squadra attraverso la tecnica, ma il suo dinamismo è molto utile anche col pallone, specie in una squadra così fluida. Posch copre ampissime porzioni di campo, non disdegnando nemmeno di prendersi dei corridoi più centrali quando c’è l’occasione. Dice che deve migliorare nel cross, «un fondamentale a cui non ero troppo abituato». Contro il Monza gli è riuscita una giocata che sembrava impossibile per il suo repertorio, un lancio di quaranta metri teso in profondità dietro la linea difensiva, preciso sulla corsa di Ferguson. Il tipo di lancio che non ti aspetti da uno come Posch.

Anche nella vittoria contro l’Inter, il risultato più prestigioso del Bologna quest’anno, l’austriaco aveva iniziato la partita pescando in area Ferguson con un cambio di gioco d’interno per niente banale, che manda il compagno al tiro in area di rigore. Posch resta comunque un difensore centrale adattato a terzino, che incide sulla propria squadra soprattutto senza palla - per i suoi anticipi e per le sue uscite aggressive. Appena arrivato e gli hanno chiesto di descriversi ha dato una definizione brutale di sé: «Sono un difensore aggressivo».

Non è l’unico difensore del Bologna che sta brillando. Bisogna per forza citare anche l’ottima stagione di Jhon Lucumi fin qui, un difensore intelligente e di letture, almeno rispetto all’esuberanza teutonica di Posch. Il Bologna lo ha preso in prestito con un obbligo di riscatto che scatta a determinate condizioni, ma è difficile non immaginarlo anche il prossimo anno nella squadra di Thiago Motta. In un campionato come la Serie A, spesso compassato e giocato su bassi ritmi, giocatori che provengono da un calcio culturalmente più intenso e atletico come quello tedesco sono spesso di rottura. Posch, una delle più belle sorprese di questo campionato, ne è un’altra conferma.

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