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Cosa sbaglia Pioli nei derby
16 mag 2023
I problemi del tecnico rossonero quando affronta l'Inter sono sempre gli stessi.
(articolo)
15 min
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Foto Imago / Hoch Zei
(copertina) Foto Imago / Hoch Zei
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Quando Edin Dzeko ha aperto il piattone sinistro dopo aver sovrastato Calabria, al 7’ minuto del primo tempo, i tifosi del Milan si sono ritrovati di fronte a una situazione ormai familiare.

Siamo a maggio 2023, Pioli e Inzaghi si sfidano nei derby da due stagioni e l’Inter è passata in vantaggio prima del decimo minuto in sei confronti su sette (se consideriamo anche l’azione da cui nasce il rigore di Calhanoglu del novembre 2021 e il gol annullato a Dumfries per un lieve fuorigioco nel derby in cui si è girato Giroud). C’è un senso di ineluttabile nel modo in cui il Milan affronta le stracittadine: pressioni portate invano, difensori che perdono i duelli, contropiedi regalati con troppi uomini sopra la linea della palla. In qualche occasione la brillantezza dei singoli e il morale hanno permesso ai rossoneri di ribaltare le sorti dell’incontro, ma per gran parte dei confronti, l’Inter è sembrata padrona del contesto, con un copione sinistramente simile di partita in partita.

Il derby, per i tifosi del Milan, si è trasformato nel giorno della marmotta, ogni sfida all’Inter è una rievocazione di quella precedente e l’unica eccezione è stato la triste sconfitta 1-0 di febbraio, non fosse altro per il 5-3-2 con cui la squadra ha accettato passivamente il proprio destino.

Pioli, nei suoi momenti migliori a Milanello, si è dimostrato un allenatore flessibile, capace di escogitare soluzioni puntuali per la singola partita: Bennacer in marcatura su Lobotka, Thiaw contro il Tottenham, i terzini dentro al campo contro l’Atalanta e Krunic trequartista nello scorso finale di stagione. Contro l’Inter, però, il tecnico emiliano rimane preda, in maniera cronica, di errori incredibilmente simili tra loro. Le attese per l’euroderby e lo shock dei gol subiti a freddo, hanno esacerbato il disappunto dei tifosi verso una squadra recidiva nelle sue sconfitte con l’Inter. Dopo lo 0-2 subito all'andata i tifosi milanisti si sono lamentati dell'incapacità del proprio allenatore di imparare dalle sconfitte nei derby precedenti; nell'analisi della partita noi abbiamo scritto che Inzaghi ha "dominato" il confronto tattico con l'allenatore del Milan.

Quali sono, allora, queste situazioni in cui Pioli presta il fianco a Inzaghi?

Il pressing alto contro il regista dell’Inter

Per analizzare i problemi dei rossoneri nei derby, potremmo partire dal dato più immediato e superficiale: il Milan si dispone con un 4-2-3-1, l’Inter con un 3-5-2. I numeri dei moduli, come ci insegnano gli allenatori, servono a poco. Il Milan però, ama pressare alto con l’uomo come riferimento. In questo senso, il 4-2-3-1 si incastra perfettamente col 3-5-2: trequartisti e punta pareggiano il rombo di costruzione, i mediani si accoppiano alle mezzali, i terzini si alzano sui quinti e i due centrali rimangono sulle due punte. Il confronto tra i due moduli, insomma, favorisce in maniera naturale la creazione di duelli a tutto campo se si segue l’avversario a uomo.

In Champions, quest’anno, a parte alcune fasi della gara di San Siro col Tottenham, il Milan ha trovato le sue certezze in una difesa posizionale densa e accorta, impeccabile nel proteggere la propria area. Contro l’Inter, però, l’assenza di Leao ha costretto Pioli ad abbandonare il blocco medio-basso: "Il Milan ha scelto di pressare alto, probabilmente con l’obiettivo di accorciare le ripartenze. Un piano nato dalla consapevolezza di non poter contare sugli strappi in campo lungo di Leão" ha scritto Fabio Barcellona nella sua analisi.

L’Inter è in assoluto uno degli avversari più difficili su cui modulare le aggressioni alte. L’anno scorso, persino il Liverpool di Klopp aveva avuto dei problemi contro la costruzione dei nerazzurri. Inzaghi è abile a disegnare le uscite in base alle caratteristiche dei rivali. L’Inter non solo è una squadra fluida sul primo possesso, ma le caratteristiche dei suoi giocatori le permettono anche di alternare gioco corto e gioco lungo. Contro un sistema come quello di Pioli, Inzaghi trova sempre il modo di dilatare le distanze tra gli avversari e di punire alcuni difetti strutturali delle marcature a uomo.

Il più immediato, è la difficoltà di assorbire gli inserimenti alle proprie spalle. Si osservi l’atteggiamento dei metodisti dell’Inter: Calhanoglu o Brozovic cambia poco. Contro il Milan, il vertice basso del centrocampo nerazzurro non rimane mai fermo, così da portare con sé il trequartista in marcatura: a volte si abbassa persino in mezzo ai tre difensori, da centrale aggiunto. Questi movimenti, spesso sono il preludio a un inserimento profondo del regista stesso. Con le mezzali, infatti, la squadra di Inzaghi svuota il centro. Gli interni di centrocampo si abbassano per partecipare alla prima costruzione e portano con sé i mediani del Milan, che quindi si allontanano tra di loro. Con il trequartista alto a uomo sul regista e i mediani alti e aperti per controllare le mezzali, si spalanca un’autostrada in mezzo al campo: il corridoio centrale diventa terra di nessuno, di cui può impadronirsi il regista nerazzurro partendo da lontano alle spalle del proprio marcatore. Se l’Inter riesce a sviluppare con precisione, il vertice basso può ricevere sulla trequarti e attaccare la porta frontale e in corsa.

Prendiamo come esempio un’azione alla mezz’ora del primo tempo dell’euroderby e il gol di Brozovic a settembre. Nel primo caso, Calhanoglu quasi si schiaccia sui difensori, seguito da Brahim. Mkhitaryan si abbassa sul centro sinistra e porta con sé Tonali, che si allontana dal centro del campo. Intanto, l’altro mediano del Milan, Krunic, resta sul lato opposto vicino all’altra mezzala Barella. Bastoni ha la palla e serve Mkhiratyan, che di prima appoggia a Dimarco sulla fascia. Sul quinto, come da copione, si alza Calabria. Nel frattempo, nello spazio liberato dalla salita di Tonali si inserisce Calhanoglu, che parte alle spalle di Brahim. A schermare il turco in mezzo non resta nessuno, perché, come detto, Krunic è dall’altro lato insieme a Barella. Il corridoio centrale è libero, l’Inter lo ha svuotato di proposito perché i movimenti dei milanisti dipendono da quelli dei suoi giocatori.

Basta una semplice corsa in avanti del regista per far saltare il sistema di marcature: Dimarco va lungo da Dzeko e il bosniaco di testa innesca Calhanoglu.

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Krunic riesce a tamponare, ma la costruzione ragionata consente all’Inter di riaggredire con efficacia. La fretta di recuperare palla, però, spinge i nerazzurri al fallo, in una situazione che avrebbe potuto diventare pericolosa visto che Tonali era circondato da due uomini.

Nel derby di settembre, invece, il difetto strutturale porta a un gol dell’Inter. Brozovic si avvicina ai difensori e porta con sé il trequartista De Ketelaere. La palla ce l’ha Handanovic. I mediani Bennacer e Tonali sono lontani perché devono seguire Barella e Calhanoglu (quella sera mezzala sinistra). Nel buco tra i due centrocampisti si abbassa la punta Correa, seguito da Tomori.

Per non farsi anticipare dall’inglese, Correa di prima prolunga per Lautaro, marcato da Kalulu. Quel passaggio innesca il movimento in avanti di Brozovic alle spalle di De Ketelaere.

Lautaro mette la palla sotto la suola, abbassa il sedere e la protegge per cinque secondi buoni, come fosse Juan Roman Riquelme (le difficoltà contro gli attaccanti spalle alla porta sono un’altra costante per il Milan nei derby, lo vedremo dopo). Nel frattempo, Correa si muove in diagonale verso la destra di Lautaro e si fa seguire da Tomori. Sulla sinistra di Lautaro, in questo modo, rimane un canale libero.

Brozovic ci si infila mentre Lautaro protegge palla. Il Toro appoggia a Correa, che di prima attiva il terzo uomo, Brozovic, in corsa.

Siccome Tomori aveva provato a uscire sul Tucu, non c’è nessuno che possa contrastare la corsa del regista, che così arriva davanti a Maignan senza disturbo.

Contro un sistema orientato sull’uomo, partire alle spalle del proprio difendente significa garantirsi un vantaggio, perché ci si muove prima di un marcatore che, per definizione, deve reagire di conseguenza. È difficile inseguire l’uomo se parte prima, tanto più se si tratta di Calhanoglu o Brozovic, molto più dinamici di un metodista classico. L’inserimento di un avversario da una zona tanto lontana è meno prevedibile, adeguare il sistema di marcature diventa più complicato

Altri problemi delle marcature a uomo

A soffrire i movimenti del proprio uomo alle spalle non è solo il trequartista. Anche i due mediani, per esempio, sono andati in difficoltà contro le mezzali. Gli interni nerazzurri hanno gamba e tempismo, diventano difficili da arginare in corsa. In più, le punte dell’Inter sono abili, spalle alla porta, a innescare i compagni che arrivano da dietro. Krunic è particolarmente fragile in situazioni del genere.

Anche Calabria va in difficoltà contro chi parte alle sue spalle. Se Theo a sinistra è in grado di recuperare contro chiunque, per il capitano non vale lo stesso. Calabria magari si alza in marcatura sul quinto e lascia tanto campo dietro di sé. Se l’Inter riesce a mantenere palla, l’esterno di sinistra ha spazio e tempo per muoversi in anticipo e sorprendere Calabria alle spalle. È accaduto sia con Dimarco quest’anno che con Perisic la scorsa stagione. Salire così tanto in marcatura sul quinto significa accettare un rischio del genere, specie per un terzino senza le qualità atletiche di Theo. Dev’esserci, quindi, qualcuno pronto a tamponare. Il centrale, però, non può, perché impegnato in marcatura sulla punta.

A dare equilibrio, sia alle spalle di Calabria, sia contro gli inserimenti delle mezzali nerazzurre, spesso nei derby ci ha pensato Bennacer. L’algerino ha il dinamismo giusto per difendere all’indietro ed anche per scivolare verso la fascia. Né Tonali, né, soprattutto, Krunic, tappano i buchi come lui. Pioli, però, settimana scorsa non ha voluto riportarlo in mediana e l’infortunio al ginocchio gli impedirà di disputare il ritorno. Come comportarsi, allora, di fronte a un problema tattico del genere? Contro l’Inter, i giocatori del Milan faticano a offrirsi copertura reciproca proprio perché si tratta dell’avversario che riesce a esporre meglio gli equivoci di un sistema difensivo con l’uomo come riferimento.

Pioli, poi, dovrà trovare un modo di non mettere a disagio i propri centrali. I derby per i difensori del Milan sono diventati una mortificazione. Lautaro e Dzeko – vedremo Lukaku se avrà più spazio – sono due avversari ostici nei duelli, in particolare nella protezione di palla. Affrontarli in due contro due è complicato, tanto più con dei centrali non troppo adatti ad uscire aggressivi su di loro. Le punte sono abili a portare il marcatore in giro per il campo. Se ricevono di spalle, sanno usare alla perfezione il contatto: più di una volta Kjaer e Tomori, ma anche Kalulu, sono stati usati come delle porte girevoli. In uno contro uno frontale, invece, isolati e lontani dai compagni, i centrali rossoneri si sono fatti saltare troppo facilmente. Ogni volta che gli attaccanti vincono un duello con i difensori, il campo si inclina verso la porta di Maignan.

Quali sono i possibili rimedi? Si potrebbe pensare di tornare alla difesa a tre per rimanere in superiorità numerica, magari pressando con un uomo in meno. Oppure si potrebbe inserire Thiaw, il difensore con più impatto fisico nel Milan, bravissimo ad arginare Kulusevski spalle alla porta contro il Tottenham. O, ancora, si potrebbe decidere di abbassare il blocco, visto il ritorno di Leao, così da garantirsi la schermatura dei centrocampisti.

Il riferimento troppo stretto sull’uomo, peraltro, ha condizionato in negativo le letture dei centrali. Il gol del 2-0 di Mkhitaryan, si è detto, nasce da una corsa dell’armeno alle spalle di Tonali, che si era alzato per contendere una seconda palla. Dimarco crossa rasoterra a rimorchio, Lautaro lascia sfilare e Mkhitaryan riceve in corsa. Se per Tonali era impossibile recuperare, Kjaer, a pochi passi da Lautaro, avrebbe potuto fare di più. Se si fosse preoccupato anche dell’inserimento della mezzala, il danese avrebbe potuto fare un passo laterale verso il cuore dell’area e contrastare la discesa di Mkhitaryan, lasciando l’eventuale marcatura di Lautaro al rientro di Tonali: uno scambio di marcature sarebbe stata la soluzione migliore. Invece Kjaer si concentra solo su Lautaro, fa un passo in avanti e concede tutto il corridoio al centrocampista nerazzurro.

Con Tonali che rientra, Lautaro non è ancora una vera minaccia, perché dovrebbe controllare, dando il tempo al centrocampista italiano di rinvenire. Kjaer invece si preoccupa solo di Lautaro. L’Inter, oltretutto, usa spesso il velo, il difensore avrebbe potuto aspettarselo.

Qualcosa di simile è accaduto in Supercoppa, con Tomori. Dopo aver vinto un duello aereo, la squadra di Inzaghi va a destra da Darmian. Stavolta sull’esterno scivola Tonali. Così, alle spalle del mediano rossonero si abbassa Dzeko. Barella, intanto, fa un taglio profondo alle spalle di Theo. Bennacer sta rientrando in fretta e furia verso Dzeko. Il bosniaco non è in ricezione frontale, è quasi spalle alla porta, quindi ha solo due soluzioni possibili: 1) controllare il pallone, dando così tempo a Bennacer di rientrare; 2) giocare di prima per Barella alle spalle di Theo. In tutti e due i casi, Tomori, il centrale più vicino a Dzeko e nominalmente suo marcatore, farebbe bene a scappare all’indietro, lasciando la custodia del bosniaco a Bennacer. Invece, Tomori fa un passo in avanti come se volesse uscire aggressivo sull’attaccante, ma è troppo distante per impensierirlo. In questo modo l’inglese rimane a metà del guado, non disturba Dzeko ma nemmeno assorbe l’inserimento di Barella. Dzeko va di prima dal cagliaritano, che entra in area e serve l’assist per Dimarco. Quasi con i paraocchi, Tomori ha pensato solo al proprio avversario di riferimento, non ha ipotizzato di poter lasciare la marcatura a Bennacer.

Non per forza bisogna orientarsi sull’uomo in modo troppo rigido, con un atteggiamento più flessibile il Milan avrebbe difeso meglio sia l’inserimento di Mkhitaryan che quello di Barella.

Le ricadute difensive dei problemi offensivi

Non bastassero i problemi difensivi in senso stretto, il Milan ha iniziato ad avere gravi difficoltà anche in transizione negativa. La fase di possesso dei rossoneri è ormai atrofizzata. Da un po’ di tempo, la squadra di Pioli ha abiurato quasi sempre la costruzione palla a terra. L’unica via è il lancio su Giroud e il recupero della seconda palla, tra i motivi per cui uno specialista del tackle come Bennacer era stato spostato a ridosso della punta francese.

Sono lontani i tempi dei passaggi taglialinee di Tomori o delle sue sgroppate, delle rotazioni con entrambi i mediani coinvolti nel primo possesso e di Theo che stringeva in mezzo al campo. Il Milan ha i giocatori per costruire con più calma, perché il suo portiere e i suoi centrali hanno tutti i piedi buoni, ma ormai non ha proprio interesse a farlo, altrimenti Pioli non avrebbe alzato Bennacer, il suo miglior giocatore sotto pressione, nella posizione di trequartista. L’altro mediano, Tonali, invece di spendere la sua qualità a centrocampo, passa il tempo soprattutto a correre in avanti senza palla.

Fino a quando si può dare andare da Leão, uno che non ha bisogno di ricezioni particolari per creare pericoli, un atteggiamento del genere è accettabile. Senza il portoghese, però, c’è bisogno di altro, perché così non è stato possibile nemmeno attivare Theo palla al piede. Il francese, privo di un compagno con cui triangolare per poi partire in conduzione, poteva solo passare la palla in verticale a compagni spalle alla porta e marcati, come del resto Calabria sul lato opposto. Ricevere in condizioni simili, per i giocatori offensivi, era davvero scomodo e i difensori dell’Inter controllavano senza affanni.

La soluzione alternativa erano i cross, scoccati però senza nessuna condizione di vantaggio e facile preda della retroguardia. Il problema è che il Milan, in queste situazioni, portava molti uomini in area: la punta, i trequartisti, i terzini e Tonali. Dietro, spesso rimanevano solo i due centrali e Krunic. Ogni volta che la difesa dell’Inter respingeva il cross o intercettava la verticalizzazione, partiva un contropiede: impossibile attivare la riaggressione se di perde la palla troppo in fretta o con troppi uomini sopra la linea della palla. È accaduto anche in Supercoppa.

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I gol subiti a freddo non hanno fatto che esasperare la situazione, perché il Milan si è ritrovato da subito ad avere il pallone senza sapere che farci. Sia in Champions che in Supercoppa i rossoneri hanno avuto il predominio nel possesso palla: 57,3% settimana scorsa, addirittura 65,4% a Doha. Di norma il dato sul possesso non spiega le partite, ma cifre del genere sono un indicatore che la gara ha preso una brutta piega per la squadra di Pioli.

La prospettiva del ritorno di stasera

Lo 0-2 dell’andata sa quasi di condanna per il Milan. La Champions, però, è la competizione più imprevedibile in assoluto; può bastare davvero una virgola per rientrare in gioco e gettare gli avversari nel panico. Nulla, però, accade per caso, la fortuna e gli episodi bisogna procurarseli, per cui servirà per forza qualcosa di diverso.

Aumentano, in questo senso, i rimpianti per la partita di andata, impostata come tutti gli altri derby. In un confronto su 180 minuti e senza il giocatore migliore dell’eliminatoria, il Milan avrebbe potuto pensare di disputare una gara quasi solo conservativa, limitare i danni con la difesa bassa. Anche perdere per 0-1 sarebbe stato accettabile, perché le sfide di Champions non si risolvono all’andata.

Che Milan vedremo se dovesse tornare Leao? Pioli continuerà a pressare o sceglierà di abbassarsi per poi ripartire? Magari non sarà possibile aspettare troppo a lungo, come accaduto col Napoli, però l’occasione può arrivare anche difendendo bassi. Basta davvero un gol per cambiare tutto, visto il peso della gestione emotiva in Champions. Recuperare è davvero complicato, ma giocare peggio dell’andata è altrettanto difficile. La notizia migliore, in questo caso, è che i margini di miglioramento non possono che essere ampi.

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