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Chi non ha paura del fuoco non ha paura di niente
18 gen 2018
La storia e lo stile di Stipe Miocic, uno dei più grandi pesi massimi della storia dell'UFC.
(articolo)
19 min
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Stipe Miocic è nato il 19 Agosto del 1982 in Ohio, a Euclid, una piccola cittadina che conta meno di 50.000 abitanti. Quando ha compiuto tre anni i suoi genitori hanno divorziato e suo padre ha deciso di tornarsene in Croazia, dov’era nato; sua madre non cercherà mai un altro uomo, ma si farà in quattro per dare a Stipe tutto ciò di cui ha bisogno che forse per questo la definirà la più grande fonte d’ispirazione della propria vita. Quando Stipe si iscrive alla Eastlake North High School mostra un forte senso d’appartenenza facendo un tifo appassionato per tutte le squadre della scuola: dal basket al wrestling, anche se il suo destino sembra legato indissolubilmente al Baseball, non solo perché è la sua grande passione, ma anche perché sembra avere un grande talento, tanto da attirare addirittura le attenzioni della Major League.

Oggi Stipe Miocic è il campione Heavyweight in UFC e se il prossimo sabato notte riuscirà a fermare l’hype di Francis Ngannou diventerà il campione di categoria con la più lunga striscia di difese del titolo consecutive e, forse, il più grande peso massimo di sempre nella storia dell’UFC. Sembra strano, oggi, pensare che quando Stipe ha terminato gli studi, si è iscritto a un corso per diventare paramedico e in quel momento della sua vita, se c’era qualcosa che gli interessava combattere, era soltanto il fuoco.

Una delle cose più curiose e affascinanti di questo ragazzo dall’aria apparentemente malinconica e vagamente incazzata è che la sua gentilezza non si ferma ai toni educati con i quali si esprime. Nonostante la carriera in UFC e l’enorme fatica che comporta la competizione sportiva professionistica, specie nelle MMA, non ha mai abbandonato il suo lavoro di vigile del fuoco e paramedico: un impegno che lo costringe talvolta a sforzi notevoli come fare turni estenuanti durante i week end o di notte, magari anche dopo uno sparring pesante in palestra; una cosa che riempie di orgoglio i suoi concittadini, con i quali ha un legame speciale: aiutare gli altrilo aiuta, a suo dire, persino quando è dentro la gabbia.

Nonostante le origini croate Miocic si sente profondamente americano con quel patriottismo fiero e un po’ retorico tipico d’oltreoceano, oltre che con un amore sconfinato per Cleveland, la sua città d’adozione, che si lega inevitabilmente anche alla passione per la squadra di basket locale, la squadra dove solo pochi anni fa, nel 2014, è tornato a giocare LeBron James.

Due pesi massimi, ognuno a modo suo.

La sua passione per lo sport dopo gli anni di scuola si è spostata presto verso gli sport da contatto: il suo background varia dal pugilato, dove ha combattuto ed è stato campione a livello amatoriale nella Golden Gloves (competizione prestigiosa nella quale hanno partecipato, naturalmente diventandone campioni, anche eroi del passato come Sugar Ray Robinson, Sonny Liston e Muhammad Ali ) alla lotta, essendo stato un wrestler di prima divisione NCAA.

Ha esordito nelle MMA nel 2006, in una promotion dilettantistica locale, la NAAFS, dove ha combattuto cinque incontri, vincendoli tutti alla prima ripresa per TKO, quattro dei quali in meno o in poco più di un minuto. Per il suo primo match da professionista, però, bisogna attendere fino al Febbraio 2010, sempre al NAAFS, sempre a Cleveland, e Miocic schianta Corey Mullis in 17 secondi.

Il secondo incontro è già in una federazione di rilievo, si chiama Moosin e quella stessa notte ospita come protagonista nel main event un fighter del calibro di Tim Sylvia (con un passato da campione UFC), ma anche Rafael Natal (vincente quella notte su un altro ex UFC come Travis “The serial killer” Lutter) e Yves Edwards. Il match è contro Paul Barry: Stipe lo manda TKO alla seconda ripresa. In Agosto torna al NAAFS, combatte contro Jeremy Holm e lo manda KO dopo un minuto e mezzo, poi in Dicembre se la vede con Gregory Maynard ed è TKO al secondo round.

Il 16 Aprile 2011 affronta William Penn e lo stende con un diretto destro dopo poco più di un minuto e mezzo. Questo è il primo incontro reperibile in rete e una cosa appare subito evidente: la discrepanza fra l’atletismo di Miocic e quella del suo avversario, il primo non è soltanto un tizio molto grosso che sa muovere bene le mani, ma un atleta prima di essere un fighter, uno sportivo prima di essere un picchiatore. È troppo più dinamico, veloce e resistente rispetto ai suoi avversari.

La differenza atletica non sarà palese soltanto a quei livelli: le MMA sono uno sport ancora in chiara fase di sviluppo e se le altre categorie di peso hanno acquisito un’eccellenza sia fisica che tecnica (almeno i fighter di élite) lo stesso non si può dire dei pesi massimi dove anche in una promotion come l’UFC non è poi così raro trovare fighter in evidente sovrappeso.

Un’altra cosa balza all’occhio: i suoi pantaloncini, con la bandiera croata a scacchi bianca e rossa sul lato, praticamente identici a quelli del leggendario fighter Mirko Cro Cop, un omaggio al suo modello d’ispirazione (sebbene tecnicamente non gli somigli per niente, visto che quest’ultimo era considerato il miglior calciante fra i pesi massimi, mentre è rarissimo vedere Miocic anche soltanto alzare una gamba) e alla sua terra d’origine. Stipe li indosserà fino a quando la Reebok non lo costringerà ad omologarsi alle nuove uniformi. Anni dopo, prima del match contro Mark Hunt, ad Adelaide, in Australia, avrà la possibilità di allenarsi al fianco del suo modello Mirko Cro Cop: «È stata una grande esperienza, durata ben due settimane. Non la cambierei per niente al mondo, e tornerò sicuramente ad allenarmi con lui».

Nel match successivo a quello con Penn, contro Bobby “Zombie” Brents, il contrasto atletico è ancor più evidente; Brents è troppo tozzo, lento, pesante per accorciare su Miocic che gestisce perfettamente le distanze grazie al suo footwork, entra ed esce dalla sua guardia e quando inizia a tempestarlo di calci alle gambe lo costringendolo alla resa. Questa vittoria gli vale la chiamata della UFC.

L’apprendistato

L’esordio è a UFC 136, l’8 Ottobre del 2011, contro Joey “The Mexicutioner” Beltran. Miocic gli somministra una cura a base di jab ripetuti, wrestling, leg kick. Prende pochi rischi, tiene alto il volume dei colpi, ma Beltran vende cara la pelle e viene sconfitto soltanto ai punti, anche se nettamente.

È evidente che il livello competitivo è ben lontano da quello a cui era abituato Miocic, e con il senno di poi il suo esordio in UFC appare meno esaltante rispetto a quello di altri campioni, come ad esempio Cain Velasquaz, che annientò Brad Morris in meno di un round, oppure Junior Dos Santos, che mandò KO niente di meno che Fabricio Werdum con un montante spaventoso poco dopo l’inizio. Un esordio coerente con la carriera estremamente vincente ma al contempo poco rumorosa che avrà Miocic.

Alcuni highlights contro Beltran.

Per il suo secondo match in UFC incontra Philip De Fries, nel febbraio del 2012. De Fries parte molto aggressivamente, tendendo a scomporsi nel cercare il mento di Miocic, che arretra e quando si trova alla giusta distanza lo impatta con un perfetto diretto destro d’incontro, per poi scatenarsi in una combinazione pugilistica in avanzamento sulla quale De Fries soccombe. L’azione, che gli è valsa il premio di ‘Knockout of the Night’ sebbene terminata in modo differente, ricorderà quella che anni dopo gli consentirà di conquistare il titolo contro Fabricio Werdum. Il counterstriking sarà un’arma importante per Miocic anche perché fra i massimi non è così comune un buon colpitore d’incontro.

Quattro mesi dopo affronta Shane del Rosario, un nome che evoca, in chi lo conosce, una sensazione di malinconia, perché l’anno successivo, nel novembre del 2013, perderà la vita per arresto cardiaco. La prima ripresa è caratterizzata da un Miocic in grande sofferenza, Shane del Rosario lo colpisce con dei calci al corpo potentissimi, qualche combinazione pugilistica e sporadici calci alla testa improvvisi e pesanti. Il dinamismo non sembra essere sufficiente a Miocic, che non riesce a trovare le giuste contromisure e a più riprese sembra stordito e sul punto di capitolare: anche nella difficoltà, però, resta molto lucido e non sembra perdere fiducia, così a pochi secondi dalla sirena trova un atterramento.

Dopo qualche colpo dalla posizione dominante si rialza e invita l’avversario a fare altrettanto, e si direbbe che Miocic non si fida a sfidare il BJJ schiena a terra il suo avversario (forse perché viene da una vittoria per armbar su Lavar Johnson) ma invece di lì a poco sarà la chiave di svolta dell’incontro. Su un nuovo atterramento Miocic riesce a scatenare un ground and pound furibondo fatto di hummerfist e gomitate che aprono vistose ferite sul volto di Shane del Rosario, prima che l’arbitro metta fine all’incontro. Ancora una volta la duttilità di Miocic e la sua intelligenza strategica nel corso del match illuminano le zone più vulnerabili del sistema difensivo avversario e le fanno sembrare più grandi di quel che sono.

Stefan Struve, soprannominato “Il Grattacielo” per i suoi 213 centimetri di altezza, sorprende Miocic con un paio di high kick nel primo round del match successivo. Stipe risponde bene, con buone sequenze di pugni e si aggiudica il round in virtù del maggior numero di colpi significativi mandati a bersaglio (33 a 20). La seconda ripresa vede in crescita esponenziale Struve, più aggressivo, che insegue letteralmente Miocic e lo colpisce con i ganci destri, ma soprattutto con i montanti, senza che Miocic riesca a reagire con i colpi d’incontro.

Miocic non riesce a mettere pressione a Struve, pur sapendo che sarebbe uno dei modi migliori per limitarlo, e soffre la sua costante iniziativa fino a quando non viene incrociato da un diretto destro e poi da una serie di colpi ravvicinati che lo lasciano tramortito contro la gabbia, costringendo Herb Dean ha decretare la resa.

Imparare ad essere più aggressivo

Se dovessimo analizzare la carriera di Miocic fino a qui, sia alla luce della sconfitta che delle prestazioni offerte in precedenza, sarebbe quasi impossibile immaginare un futuro luminoso per lui. Ma una delle capacità più nascoste e forse meno discusse risiede proprio nella sua capacità di evolversi. Contro Struve, ad esempio, è evidente come Miocic abbia lasciato troppo spazio all’iniziativa del suo avversario, rifiutando anche la posizione dominante una volta trovato l’atterramento, ma per lui però è valida la massima di Nelson Mandela, presa in prestito da molti nel mondo delle arti marziali tra cui John Kavanagh: “Io non perdo mai: o vinco o imparo”: Miocic sa fare tesoro dei propri errori e la prima sconfitta per Miocic sarà una svolta, un monito al cambiamento, ne uscirà paradossalmente rinvigorito.

Miocic deve reagire dopo la brutta sconfitta, ma la promotion non lo aiuta scegliendo come suo prossimo avversario un osso duro come Roy Nelson. Un fighter con una potenza da KO spaventosa, un ottimo BJJ e una pancia enorme che lo fa sembrare un assiduo frequentatore di pub più che di palestre. La strategia impiegata Miocic assomiglia a quella utilizzata ad inizio carriera contro combattenti lenti, pesanti e statici: resta molto mobile sulle gambe, attento ad evitare l’overhead destro ma anche a non prolungare eccessivamente le combinazioni, si muove molto e sfrutta la sua velocità per mandare a vuoto i colpi di Nelson e far valere i suoi, che a metà della prima ripresa saranno già 28 significativi contro i 6 del suo sfidante.

Nel finale del primo round Miocic si scatena, entra con il jab e poi con colpi ancora più pesanti che lasciano per un attimo stordito Nelson che si rifugia a parete e deve fare i conti con dirty boxe e gomitate pesanti. È un Miocic diverso dalle precedenti apparizioni, molto più aggressivo, con un volume di colpi più alto ed evoluto nel lavoro a parete. Con il passare dei round la differenza si fa sempre più netta e a impressionare è soprattutto il ritmo forsennato di Miocic, una rarità fra i pesi massimi e reso ancor più evidente dal calo fisico di Nelson. Alla fine saranno 106 i colpi significativi di Miocic dei quali 90 al volto, contro i soli 23 di Nelson.

Numeri che ci dicono quanto sia cambiato l’atteggiamento di Miocic dopo la sconfitta: non è più timido ma spavaldo e paradossalmente molto più fiducioso dei propri mezzi

Miocic affronta poi Gabriel Gonzaga, nel gennaio del 2014: un discreto wrestler con calci molto potenti e nella prima ripresa, caratterizzata totalmente da fasi di striking, è lui ad avere la meglio con 17 colpi significativi contro gli 11 di Miocic, che si vede costretto a rincorrere aggiudicandosi le due successive riprese. Nel secondo round alza notevolmente il ritmo, schiva bene il jab di Gonzaga rispondendo poi d’incontro, quando quest’ultimo tenta l’atterramento lo evita con perfetti sprawl e poi si fa molto insistente con il jab, costringendo continuamente Gonzaga a difendersi riparandosi il volto con entrambe le mani, mentre nel terzo non rifiuterà la top position e andrà a sfidare il buon BJJ del suo avversario dominandolo.

Alla fine saranno il volume di colpi nettamente superiore e il maggior atletismo di Miocic a marcare la discrepanza fra i due: 205 colpi tentati contro gli 87 di Gonzaga, numeri impressionanti considerando che i due avranno la medesima percentuale di colpi andati a segno (37%). Il fatto è che con il susseguirsi delle riprese pochi fighter a questo peso possono permettersi di mantenere un ritmo alto come fa Miocic e questo rappresenterà per lui un grande vantaggio che saprà sfruttare alla perfezione.

Miocic torna nell’ottagono nel maggio di quell’anno contro Fabio Maldonado, un grande incassatore con mani pesanti. Miocic però lo aggredisce immediatamente, sembra animato da una fiducia mai vista prima, gli piega le gambe con un destro dopo appena 10 secondi, e nel giro di una trentina di secondi lo stende con un altro gran destro in barba alle sua fama da grande incassatore.

Nel match successivo, contro Junior Dos Santos, Miocic fa vedere l’intelligenza del suo gameplen e tutta la sua duttilità, puntando sul lavoro a parete e punendo con regolarità le solite uscite laterali deficitarie di JDS. Perde forse di misura il primo round, poi cresce, aumenta la frequenza dei colpi e nel secondo è lui ad emergere grazie anche alla maggiore mobilità di gambe che lo rende più elusivo rispetto al brasiliano. Forse per un eccesso di confidenza si espone un po’ troppo e subisce, a metà della terza ripresa, un terrificante gancio mancino che lo manda al tappeto.

Miocic resiste, però, al successivo ground and pound di Dos Santos, si ricompone e riesce a sopravvivere. Il knockdown ha spostato gli equilibri in favore del suo avversario che con il jab e con il diretto riesce a far sempre più male e per vedere una reazione significativa di Miocic bisogna attendere metà della quarta ripresa una combinazione jab, diretto, gancio destro che costringe a parete il suo avversario.

Nel quinto sono entrambi esausti, ma lo è in misura maggiore Miocic che soffre le offensive avversarie e non riesce più a togliere la distanza al suo avversario arretrando, finendo per essere un facile bersaglio. II match si conclude con una vittoria abbastanza chiara di JDS, ma in un match dove Miocic non ha sfigurato. Anzi, ha retto il confronto, pur perdendolo, contro uno dei più grandi in assoluto.

La sconfitta contro Junior Dos Santos sarà l’ultima di Miocic, che da lì in avanti metterà infatti in fila cinque vittorie, una più importante dell’altra, che faranno la sua grandezza, ma ci aiuteranno altresì a comprendere al meglio il suo vero valore, fin qui in parte inesplorato.

L’esplosione: le ultime cinque vittorie

La prima delle cinque vittorie consecutive, che lo hanno portato alla cintura e all’incontro di sabato con Ngannou, è contro Mark Hunt. Hunt ha uno dei pugni più terrificanti che si siano mai visti in un ottagono e per quanto Miocic potrebbe scambiare con lui grazie alla sua velocità e al suo dinamismo decide di minimizzare i rischi, preferisce puntare tutto sul suo wrestling: Hunt non riesce a difendere il takedown e si fa schiacciare per cinque riprese, subendo una punizione francamente eccessiva fatta di 361 colpi totali, 113 significativi e 16 minuti di posizione dominante.

Poi è il turno di Arlovski, una mascella logorata così irrimediabilmente da tante battaglie che non poteva resistere alla freschezza di Miocic. Lo aggredisce subito, accorcia cercando la mascella e la trova in pochissimo tempo, con una buona combinazione pugilistica, mandando l’avversario al tappeto e chiudendo con un breve ground and pound quando non è passato nemmeno un minuto.

A quel punto arriva il title match contro Fabricio Werdum, che trascinato dall’euforia del pubblico di casa si lancia stranamente in un’aggressione furiosa quanto scriteriata, avanza cercando a due mani il mento di Miocic, ma trova per due volte i suoi colpi d’incontro in arretramento, e il secondo gli è fatale. L’avventatezza di Werdum, rara in un fighter della sua esperienza, è stata immediatamente punita dalla lucidità di Miocic e dalla sua capacità di non perdonare gli errori altrui.

La prima difesa titolata è contro Alistar Overeem: Stipe rischia, si fa sorprendere e va quasi subito knockdown, resiste però anche al successivo tentativo di ghigliottina di “The Reem”, rischia ancora su una seconda potente combinazione pugilistica, ma poco dopo trova l’atterramento su un leg kick e manda KO Overeem addirittura dal ground and pound.

Rarissimo che accada, ancor più dalla full guard e senza uso di gomitate, ma Overeem è un altro fighter al capolinea, la sua tolleranza ai colpi è agli sgoccioli e questo più della potenza di Miocic ha determinato l’incontro.

A quel punto l’UFC organizza la rivincita contro Junior Dos Santos, e Miocic non ci lascia quasi nemmeno il tempo di metterci comodi sul divano che l’incontro finisce. Se esiste un difetto endemico di Junior Dos Santos risiede nelle uscite laterali pigre e senza guardia, Miocic lo sa, e proprio su una di queste lo colpisce e lo sdraia.

Il valore di Stipe

A conferma del fatto che Miocic non generi particolari attenzioni, nonostante sia un peso massimo, ci sono le sue borse, non particolarmente generose: contro Arlovski ha guadagnato 120.000 $ (60.000 $ + 60.000 $ di premio vittoria); contro Overeem ha guadagnato 600.000 $, addirittura 200.000 $ meno dell’avversario sconfitto, nonostante l’UFC gli avesse garantito che quella era la loro miglior offerta possibile. Inutile dire che la cosa lo farà parecchio incazzare: “Hanno scambiato la mia gentilezza per debolezza”.

Il fatto che Miocic non sia fra i campioni più amati e seguiti in UFC, fatta eccezione per i suoi fedelissimi concittadini, va ricercata oltre che nella buona educazione che lo accompagna nel suo stile poco spettacolare sebbene i 14 KO/TKO su 17 vittorie in carriera sembrino confermare l’opposto.

Stipe Miocic, però, ha il pregio di avere pochi difetti, ma soprattutto di saper esaltare quelli altrui. La sua grandezza prende forma nelle carenze degli altri, specula sui loro limiti, li ingigantisce, trova un piccolo spiraglio e lo trasforma in una voragine, individua le falle nel sistema e lo manda in cortocircuito.

Gli ultimi cinque match sono stati emblematici a riguardo: Miocic non ha fatto nulla di davvero straordinario in questi incontri, nessuno di questi ci ha fatto spendere per lui parole di elogio eccessivo, non ha generato hype e si potrebbe dire persino che non abbia brillato solamente di luce propria, ma che abbia sfruttato le ombre dei suoi avversari. Per questo ci siamo concentrati soprattutto sull’incapacità di Hunt di difendere quel tipo di atterramento, poi sulla ormai ridotta capacità di assorbimento dei colpi dei veterani Arlovski e Overeem, infine sulla scarsa lucidità di Werdum e sulla sufficienza di Junior Dos Santos.

Troppo spesso ci siamo dimenticati di riconoscere a Miocic la capacità di infiltrarsi come acqua in tutti i pertugi, le crepe e le fessure che il sistema difensivo di un combattente, anche d’elite, inevitabilmente ha.

Che combattente è Stipe Miocic? Fa parte di una nuova generazione di pesi massimi, più leggeri, dinamici e completi. È molto veloce per essere un massimo, sia di gambe (il suo footwork è rapido e perpetuo come ce ne sono pochi a quel peso) e di mani. Ha un volume altissimo di colpi e va a bersaglio con una media di 5.15 colpi significativi al minuto (fra i primi dieci pesi massimi del ranking UFC l’unico ad avere una media più alta è Cain Velasquez con i 6.38 sbalorditivi colpi al minuto), è preciso pugilisticamente (va a segno con la metà dei colpi che esegue). Ha un ottimo jab, un buonissimo counterstiking e infine una notevole tolleranza ai colpi, come dimostrato in modo inequivocabile dalla battaglia con Junior Dos Santos nel loro primo match.

Grazie anche al suo eccellente gioco di gambe e ai buoni movimenti di corpo schiva il 61% dei colpi avversari (solo Overeem fra i primi 5 fa meglio con il 62%): è un fighter elusivo. Questo aspetto, se sommato alle notevoli capacità difensive nelle fasi di lotta, lo rende un combattente molto solido, capace di fronteggiare qualsiasi tipologia di avversario.

Se non hai paura del fuoco, non hai paura di niente.

Come se la caverà con Ngannou?

Per capire come potrebbe impostare il prossimo match contro quell’uomo terrificante che è Francis Ngannou bisogna approfondire i limiti di quest’ultimo e per farlo bisogna andare all’ultimo incontro nel quale ne abbiamo potuti scorgere. Il match più indicato per tali considerazioni credo sia quello con Curtis Bleydes, che ha trovato per due volte l’atterramento, sempre attraverso il double leg, anche se non è riuscito a far conseguire un controllo significativo né tantomeno colpi.

Questo aspetto ci fa capire come un wrestler migliore di Blaydes, potrebbe insistere sul ground game e magari trovare lì le soluzioni per fronteggiare Ngannou. Non è detto che Miocic lo sia, però, visto che Blaydes ha portato a compimento ben 19 atterramenti in cinque incontri in UFC, e sono davvero tanti. Miocic forse ha una predisposizione inferiore all’atterramento (17 takedown su 13 incontri, non moltissimi) ma è ragionevole pensare sia più bravo a stabilizzare e controllare, e magari a passare la guardia e trovare posizioni più dominanti e pericolose come fatto splendidamente contro Mark Hunt.

Il che non significa che Miocic non possa scambiare in piedi con Ngannou. Potrebbe puntare sulla sua velocità, su un maggior volume di colpi rispetto al camerunense, a un dinamismo superiore e un sapiente uso del jab per tenere a distanza i suoi minacciosi pugni. Sarebbe comunque difficile per Miocic uscire vincitore da un match svolto totalmente in piedi, per quanto sia un fighter elusivo difficilmente sarebbe in grado di mandare a vuoto Ngannou per tutto il match e sappiamo quanto poco basti al camerunense per mettere fine ad un incontro.

Ci vorrebbe una strategia intelligente e la consueta lucidità di Miocic, per fare ciò che gli riesce meglio: ingigantire i punti deboli del proprio avversario, sfatare quell’aurea d’imbattibilità che fa sembrare Francis Ngannou sovraumano. Il futuro è dalla parte di Ngannou, la cintura però sta dalla parte opposta e non è detto che il futuro debba cominciare sabato notte.

Se Stipe Miocic dovesse riuscire nell’impresa di resistere anche all’assalto dell’uomo più pericoloso del mondo sarà impossibile che tanta grandezza, da tempo esposta in bella vista, passi ancora altrettanto inosservata.

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