Vuole l’adagio che Euro 2024 - a parte forse semifinali e finale - sia stato uno dei più noiosi di sempre: opaco, narcotico, a tratti inguardabile. È una valutazione che non sorprende, in quanto inquinata dalle amnesie e/o da uno dei bias più classici studiati dalla psicologia sociale, quello della “prospettiva rosea”, secondo il quale il presente è sempre deludente e il passato spesso comparativamente migliore.
Dunque, Euro 2024 palloso: ma, di grazia, rispetto a quali altre edizioni? Per limitarci al Millennio in corso: forse rispetto a Portogallo 2004, dominato e vinto dalla Grecia di Otto Rehhagel (in finale contro il Paese ospitante) con un calcio mortificante, arcaico ma inesorabile, simile a una Vergine di Norimberga stretta sui corpi straziati delle altre squadre? O rispetto a Francia 2016, il cui “gioco medio” non è certo sfavillante - a parte poche, parziali eccezioni, come l’affilata Italia contiana - e che vede nel gran finale la “vendetta” lusitana a perfetto calco del 2004, cioè col Portogallo che batte a sua volta la Nazionale del Paese ospitante sotto la regia di “Buster Keaton” Fernando Santos, successore proprio di Rehhagel alla Grecia e a sua volta maestro della mortificazione e del martirio difensivo? O, ancora, rispetto a Euro 2020, dove le squadre più brillanti - la Germania, vedi il 4-1 al Portogallo; o la Spagna ridisegnata da Luis Enrique- non arrivano alla finale, e in cui l’Italia di Mancini trionfa - con pieno merito, sia chiaro, illuminata anche dal transito trascinante e toccante di Luca Vialli - più per resistenza titanica che per il gioco, convincente e seducente solo in certi match o in certe sequenze?
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