
Sulla terza maglia della stagione 2025/26 lo Strasburgo non ha messo lo stemma del club, ma quello del comune: uno stemma bianco attraversato da una banda diagonale rossa. È lo stesso dal 1262, da quando una rivolta rovesciò il potere religioso al comando. Dopo aver giurato devozione all’imperatore, una volta cacciato il vescovo, i cittadini compiono un atto irriverente nella sua semplicità: invertono i colori dello stemma cittadino, che era quello del prelato – uno scudo rosso con banda diagonale bianca.
La maglia è nera, il colletto rosso e le strisce Adidas bianche riprendono i colori dell’Alsazia. Anche il motivo a piumaggio sul petto è un omaggio alla regione, alla cicogna che ne è l’animale simbolo. Nella tradizione le cicogne tornavano nel Nord in primavera, fermandosi a nidificare sui caminetti tenuti accesi la notte per scaldare i bambini appena nati. Da qui la leggenda, nata qui intorno, dei neonati portati da questi grandi uccelli bianchi.
È la maglia indossata dal Racing Club de Strasbourg Alsace nel ritorno dei preliminari di Conference League contro il Brondby, non una partita qualsiasi ma quella che ha sancito il ritorno degli alsaziani in una coppa europea, vent’anni dopo l’ultima volta. Un risultato raggiunto grazie all’ottima stagione scorsa, chiusa al settimo posto dopo che per lunghi tratti persino la qualificazione in Champions sembrava possibile.
Lo Strasburgo è un club tutto sommato periferico, abituato a piazzamenti nella zona medio-bassa della classifica - quindicesimo nel 2022/23, tredicesimo nel 2023/24 - per cui il glow up della passata stagione è stato una rivelazione. Se vogliamo trovare un punto di svolta, dobbiamo indicare il 22 giugno 2023, il giorno in cui il club è diventato di proprietà di BlueCo, il consorzio di investimento americano fondato l’anno prima per comprare il Chelsea da Abramovich.
L’ingresso del nuovo azionista di maggioranza ha segnato un prima e un dopo per il Racing. Appena insediati, gli investitori hanno promesso di «accelerare gli investimenti sostenibili nella crescita del club», e così è stato: nell’estate del 2024, lo Strasburgo ha speso 62 milioni di euro per acquistare nuovi giocatori e ne ha incassati 0 dalle cessioni, realizzando un passivo che nella stessa finestra di mercato è stato inferiore solo a quello di PSG e Lione. Mai il club aveva potuto operare sul mercato così tanto in perdita in precedenza.
Questa stagione lo Strasburgo è migliorato ancora e dopo otto partite di Ligue 1 è terzo, a due punti di distanza dal Marsiglia primo. Ha vinto cinque partite, ne ha perse due e ne ha pareggiata una. Inoltre, ha cominciato la campagna di Conference League con una vittoria. Lo scorso venerdì ha affrontato il PSG, la squadra che guidava la Ligue 1. A dividerli c’era un solo punto.
Il Racing ha avuto i suoi momenti di gloria - un campionato vinto nel 1979, tre coppe di Francia e quattro Coppe di Lega, di cui l’ultima nel 2019, più l’Intertoto vinto nel 1995 - ma questa occasione di sfidare il PSG per il primo posto era a dir poco inattesa. Soprattutto se si pensa che solo tredici anni fa il club giocava tra i dilettanti della quinta serie, dopo il fallimento e la liquidazione del 2011. Allo Strasburgo che venerdì si è presentato a Parigi, però, non si addicono troppo i panni della piccola; la narrazione di Davide che affronta Golia, del club di provincia che sfida i campioni d’Europa. La ragione principale è che lo Strasburgo, come detto, è un club che ha un capitale immenso dietro, e legato a doppio filo con i proprietari del Chelsea. Nell’ultima sessione di mercato, contando solo il prezzo dei cartellini, ha speso più del PSG (anche se di poco: 103 milioni contro 111). Comprando, peraltro, tutti giocatori giovanissimi e di grande hype: il diciannovenne Lucas Høgsberg dal Nordsjaelland, jolly totale della difesa; l’argentino Joaquín Panichelli, punta da 20 gol l’anno scorso in Segunda Division con il Mirandés; il diciannovenne Mathis Amougou, centrocampista di rottura messosi in luce la passata stagione nel Saint-Etienne. A loro si aggiungono i riscatti di Valentin Barco, divenuto ormai un pilastro della squadra, e del difensore Omobamidele, ex Nottingham Forest.
Oltre a questo c’è stata una fitta serie di operazioni con i “cugini” del Chelsea, di cui le più importanti sono stati i prestiti di Chilwell, Kendry Paez e Mamadou Sarr - quest’ultimo già di proprietà dello Strasburgo dal 2024, comprato dal Chelsea questa estate ma lasciato in Alsazia, in prestito per un altro anno.
Con questi innesti, la dirigenza ha disegnato una rosa lunga e giovane - la più giovane della Ligue 1 con 20,9 anni di media - per metterla nelle mani di un tecnico altrettanto giovane, il quarantunenne Liam Rosenior, che fino a quel momento aveva maturato esperienza solo nelle serie minori inglesi. Sembrava un azzardo, e invece, da quando è arrivato a Strasburgo un anno fa, Rosenior ha mostrato di avere qualcosa da dire nel calcio di alto livello.
Oltre a essere l’acquisto più costoso, quello di Panichelli è anche l’acquisto più simbolico del mutato status finanziario del Racing. Un investimento da 17 milioni per un attaccante nemmeno giovanissimo - 23 anni - che non ha mai segnato in vita sua tranne che nell’ultima stagione in serie B spagnola, e che arriva per fare la panchina alla punta titolare Emegha. Quanti club potrebbero permettersi un acquisto simile?
L’operazione funziona perché - a causa di un infortunio di Emegha che si sta protraendo - Panichelli gioca più del previsto e soprattutto fa meglio del previsto. È arrivato alla partita col PSG (pareggiata 3-3 venerdì scorso) da capocannoniere del campionato, con cinque gol in sette partite. Nelle partite precedenti ha stupito per il dominio nel gioco aereo, per la capacità di usare il corpo per difendere la posizione. E poi per spendersi moltissimo senza palla: fa parte di quella generazione di attaccanti cresciuti dal River come demoni del pressing - come Julian Alvarez e Lucas Beltràn.
Anche contro i parigini l'argentino ha fatto molto bene. Al 26’ è saltato in testa a Zabarnyi, inzuccando un cross proveniente da destra e mandandolo alle spalle di Chevalier sul secondo palo. È il gol dell’1-1. «Uno dei gol di testa più belli che abbia mai visto allo stadio», dice dopo la partita Rosenior di questo gol che sembra uscito dagli anni Novanta, quando i centravanti usavano la testa non come una mera parte del corpo autorizzata a colpire la palla, ma come un terzo piede. Un arto sensibile con cui tirare conclusioni complesse, piazzate, pregne di effetto magari. Quello di Panichelli è un vero tiro di testa: è scoccato da lontano - dalla linea degli 11 metri - e scavalca il portiere con potenza e dolcezza.
Poco dopo arriva anche l’1-2, ed è un gol che è il segno dell’aggressività fuori scala del piano tattico dello Strasburgo, fatto di pressioni uomo su uomo a tutto campo. Un’aggressività controintuitiva: perché sappiamo che difendere a uomo contro squadre come il PSG, dal possesso fluido e ricco di rotazioni, il più delle volte è disastroso, e poi perché normalmente lo Strasburgo ha un approccio difensivo più cauto, orientato più al presidio degli spazi. Moreira invece dopo un attacco sfumato sulla sinistra attraversa tutto il campo e va a pressare l’uscita del PSG a destra. Moreira è un esterno sinistro con quattro polmoni e grande disciplina tattica, con un passato al Chelsea che però lo ha scartato. Adesso intercetta un passaggio nell’area del PSG e scarica per Barco – anche lui reduce da una bocciatura in Premier, al Brighton, e rinato allo Strasburgo come centrocampista totale. Barco lavora il pallone pettinandolo con la suola, poi lo serve sul taglio di Moreira, con una scucchiaiata deliziosa. Quello colpisce in scivolata, per anticipare l’uscita di Chevalier e segnare il vantaggio.
Se ci fate caso, molte delle nuove squadre controllate da grandi gruppi finanziari tendono tutte a giocare un calcio proattivo, energico, che trasmette un certo senso di giovinezza. Una tendenza nata in seno alla Red Bull e che ha motivate ragioni finanziarie, ma che sembra anche voler riflettere valori tipicamente capitalistici come l’ambizione e l’ottimismo.
Lo Strasburgo non fa eccezione. Rosenior è sempre stato chiaro su quali siano i principi da seguire: riconquistare la palla il più velocemente possibile, negare il possesso all’avversario, dominare il più in alto possibile in campo. Con gli occhiali e l’aspetto da fondatore di una startup di informatica, Rosenior ha allineato lo Strasburgo alle tendenze tattiche più moderne, rendendola una squadra che mescola aggressività e controllo, intensa senza palla e organizzata col pallone. Una squadra piacevole da guardare. Anche molto verticale, perché dopotutto pure le filosofie più tecnico-centriche ormai prevedono elementi di gioco diretto. Il gol dell’1-3 al PSG nasce da un lancio lungo del portiere Penders. Panichelli lotta con Zabarnyi per controllare la sfera, la seconda palla schizza verso Moreira, che se la porta avanti, poi la rimette in mezzo per Panichelli che calcia da solo davanti a Chevalier. Un gol fatto con due passaggi e un rimpallo.
Dopo la partita Luis Enrique ha detto un gran bene dello Strasburgo: «Sono rimasto impressionato dal lavoro di Rosenior. Sapevo che la partita sarebbe stata difficile». Poco importa che nell’ultima mezz'ora il PSG abbia rimontato, fissando il punteggio finale sul 3-3. Quando il PSG decide che non vuole perdere una partita di Ligue 1, in casa, c’è poco che si possa fare.
La prestazione fatta dallo Strasburgo però resta notevole. Per il sangue freddo dimostrato, dato che non era scontato per dei giovani semisconosciuti andare a casa dei Campioni d’Europa e provare a imporre i propri principi, e per l’organizzazione che gli ha permesso di essere per lunghi tratti la migliore squadra in campo.

Lo Strasburgo gioca con un 3-4-2-1 o un 4-2-3-1, almeno in partenza, perché poi lo schema si distorce in modo asimmetrico e fluido. Ci sono tuttavia dei capisaldi che vengono sempre rispettati: si imposta con tre difensori (più il portiere), i due mediani offrono supporto alla prima costruzione, le ali stanno larghe per fissare gli esterni avversari e aprire spazi al centro. Il portiere ha un ruolo fondamentale nel gioco con la palla, oltre ogni luogo comune.
Nell’immagine sotto vediamo la tipica prima costruzione 4+2 dello Strasburgo, con il portiere Penders sulla linea dei difensori, il terzino destro Guéla Doué (fratello di Désiré) fuori dall’inquadratura a fissare l’ampiezza e quello dall’altro lato Chilwell a tenere la posizione.

Quasi sempre è proprio Penders a giocare il primo passaggio verticale che fa avanzare il gioco. Un passaggio che può essere breve e prudente verso uno dei due mediani, oppure più ambizioso, se ci sono i presupposti per tagliare le linee e andare diretto da uno dei giocatori più avanzati, come in questo esempio dalla partita già citata contro il Brondby. Lo Strasburgo esige molto dal gioco coi piedi dei suoi portieri: Penders è nel 97esimo percentile nell’ultimo anno per tocchi, e nel 99esimo per passaggi tentati; in entrambi gli indici guida Dorde Petrovic, che è stato portiere dello Strasburgo fino a giugno, ora al Bournemouth.
Una volta in possesso, l’obiettivo è quello di risalire il campo più velocemente possibile. Per farlo si può passare dalle fasce, dove Doué a destra e Diego Moreira a sinistra uniscono doti atletiche e tecniche davvero sopra la media - entrambi sono in cima a tutte le statistiche per conduzioni e dribbling nel loro ruolo, rispettivamente tra i terzini e tra i centrocampisti - oppure innescare le combinazioni tra i quattro giocatori al centro, sempre molto fluidi nei loro movimenti per creare triangoli o per inserirsi nei corridoi. Tornate su al primo gol di Panichelli contro il PSG: fate caso alla sovrapposizione interna del numero 19 Enciso, il trequartista di centro destra, fondamentale per portare via Lucas Hernandez e lasciare a Doué abbastanza tempo e spazio per prendere la mira e crossare. Nell’immagine sotto, invece, vediamo i 4 di centrocampo disposti in un rombo in fase di possesso, nella partita contro il Brondby.

Lo Strasburgo comunque non si attarda mai in azioni di possesso troppo lunghe (è solo decima in Ligue 1 per possesso palla). L’obiettivo è innescare la verticalità, creare spazio per lanciare in profondità Emegha, che partecipa poco al gioco della squadra ma è uno specialista nel divorare i metri dietro le difese. Per questo vive sulla linea del fuorigioco e aspetta l’innesco giusto dei compagni.
Emegha è forse il giocatore più talentuoso della squadra, per cui vale la pena spendere due parole su di lui. Classe 2003, ci ha messo forse un po’ più del previsto a sbocciare. A diciotto anni giocava senza farsi troppo notare nello Sparta Rotterdam. A diciannove è andato all’Anversa per 2 milioni, e sei mesi dopo allo Sturm Graz per 3. Da quando è arrivato allo Strasburgo però ha fatto un salto di qualità: ha segnato otto gol in campionato il primo anno, e quattordici l’anno scorso che hanno trascinato la squadra nella sua stagione di grazia. Questa estate poi è diventato capitano dopo la partenza di Diarra. Nella vittoria 3-2 con il Brondby, la partita decisiva per il ritorno in Europa, ha trascinato lui la squadra con una doppietta. Ovviamente entrambi i gol segnati scappando in profondità dietro la difesa.
Si dice sempre che nel calcio non contano i sistemi ma i principi, ma questo per lo Strasburgo è più vero che per altri. Domandarsi “con che modulo sta giocando lo Strasburgo” durante le partite può essere frustrante, perché i giocatori si scambiano di continuo i compiti e nessuno finisce l’azione nella posizione in cui l’ha cominciata.
Per fare questo gioco che non prevede ruoli troppo rigidi, servono giocatori “non specialisti” ma universali, capaci cioè di svolgere i propri compiti interpretando liberamente lo spazio. Lo Strasburgo ne ha diversi: Ismael Doukouré, un difensore molto tecnico che può giocare anche terzino o mediano; Diego Moreira, che può coprire ogni ruolo sulla fascia sinistra. Tra tutti però quello che più brilla per letture e senso dello spazio è Valentin Barco. Al Boca, dove è cresciuto, partiva terzino sinistro e poi si accentrava per fare da playmaker occulto. Poi era andato al Brighton che però non ha mai creduto davvero in lui, e oggi è uno dei centrocampisti più completi della Ligue 1: contrasta, porta palla, crea occasioni. Abbiamo già parlato del suo assist per Moreira contro il PSG, uno scavetto raffinato per esecuzione e per idea. E poi Barco è estremamente duttile, dato che può coprire ogni zona del centrosinistra dalla difesa alla trequarti.
Con giocatori così giovani è più semplice sviluppare un gioco arioso e libero da ogni rigidità, qualcosa che difficilmente si potrebbe ottenere con interpreti più esperti e quindi meno malleabili. Rosenior stesso è un allenatore in via di formazione, e ama lavorare con giovani che può plasmare e con cui può sperimentare.
Intervistato dal canale YouTube della Ligue 1, lo scorso anno, ha dato un bel punto di vista sulla responsabilità che un allenatore ha nello sviluppo dei calciatori: «In inglese manager viene da to manage, che è formato dalle parole man ed age, quindi significa aiutare l’uomo a crescere». Vedendolo giocare lo Strasburgo trasmette una certa leggerezza, un senso di divertimento. L’impressione che i giocatori non hanno paura di sbagliare. Forse il merito principale di Rosenior è non aver represso quel desiderio infantile di libertà che ogni giocatore porta dentro fin da bambino. «Se vuoi vincere le partite hai bisogno che i tuoi giocatori si divertano. Il calcio è esprimere se stessi, è mostrare abilità, è controllare il gioco. Chiedete a qualsiasi giovane cosa gli piace del calcio, dirà avere la palla».
Tanto quanto il lato ludico, per Rosenior è importante l’applicazione e il duro lavoro: «Prima di pensare al tuo sistema, agli spazi in campo, devi giocare con energia e intensità, devi avere un’etica del lavoro e correre. I giocatori lo sanno che la mia parola preferita è correre». Che lo Strasburgo corra molto si vede soprattutto quando difende, anche se non lo fa sempre portando la pressione altissima come contro il PSG. Il più delle volte, appena persa palla ripiega per ricomporre una difesa a cinque, orientandosi sulla zona e preoccupandosi di chiudere gli spazi al centro. Senza perdere la sua peculiare fluidità, che resta visibile nel modo in cui questi ripiegamenti avvengono, ovvero con grandi asimmetrie e variazioni anche nella stessa partita.
Contro il Brondby, ad esempio, il passaggio dal 3-4-3 a rombo al 5-3-2 senza palla poteva avvenire tramite l’arretramento a quinti di difesa delle due mezzali, Barco e Ouattara, o anche solo del primo, che in questo caso andava a fare il braccetto di sinistra, e dell’ala sinistra Moreira che andava a fare il quinto. Nonostante queste “complicazioni” lo Strasburgo riesce a essere solido difensivamente, e prima di incontrare il PSG era la seconda squadra del campionato con meno xG concessi. A volte decide di affondare il pressing, ma lo fa scegliendo bene i momenti e le zone. È la quarta squadra del campionato per pressioni nella metà campo avversaria eppure è solo tredicesima nel rapporto tra passaggi concessi e azioni difensive nella trequarti avversaria - ovvero nell’indice PPDA, che misura l’intensità del pressing offensivo (dati Hudl StatsBomb).
In caso di brutta sconfitta, la partita del Parco dei Principi poteva rimettere lo Strasburgo al suo posto, invece ha finito per rilanciare ulteriormente le ambizioni del club, che adesso è terzo da solo in classifica. È un segno che i tempi sono cambiati, come lo è pure che il capitano Emegha possa permettersi di dire di voler vincere la Conference League quest’anno.
Tutto sembra andare per il meglio quindi, eppure nell’ecosistema Strasburgo c’è una grossa frattura tra il club e i tifosi, che non hanno mai digerito la vendita del club a BlueCo. La recente cessione proprio di Emegha al Chelsea - si trasferirà la prossima stagione - ha fatto perdere loro la pazienza, al punto da spingerli a fare uno striscione accusando il calciatore di essere una pedina di BlueCo e chiedendogli di restituire la fascia di capitano. Ciò che i tifosi temono - e a giudicare da diverse mosse della dirigenza i loro sospetti sono fondati, a cominciare dagli schizofrenici movimenti dei giocatori sull’asse Londra-Strasburgo - è vedere il loro club ridotto a una sorta di squadra B del Chelsea. Che gli investimenti nel Racing, in sostanza, abbiano il vero fine di aiutare il Chelsea. Per questo motivo già dalla scorsa stagione stanno in silenzio per i primi quindici minuti di ogni partita.
«Cosa sarà dello Strasburgo quando ci sarà un terzo o un quarto club sotto questa multiproprietà?», si chiede in questo reportage realizzato da L'Arena un membro del tifo organizzato. «Sono preoccupato perché oggi il club non è più diverso come lo era fino a due anni fa. Oggi il Racing è un club come tutti gli altri, che si piega alle tendenze del business-calcio». Anche prima del 2023 lo Strasburgo aveva di che andare orgoglioso: un club proveniente da una regione ricca d’Europa, con un bello stadio (con un’espansione in corso, iniziata prima dell’arrivo di BlueCo), un rapporto profondo con la comunità non solo della città, ma di tutta l’Alsazia.
Oggi tutto questo potrebbe andare perso e viene da chiedersi quanto i trofei e le prestazioni possano davvero sostituirlo.