
Il tempo di recupero di Milan-Udinese è finito da poco meno di un minuto, quando Ante Rebic riceve il pallone sul fondo sinistro del campo e crossa in mezzo una palla disperata. È un cross fatto con gli occhi bassi e la testa già negli spogliatoi, diretto su un secondo palo dove i giocatori dell’Udinese sono in superiorità numerica. Stryger Larsen sembra in anticipo su Leao, ma ancora prima che si consumasse il loro duello aereo, quello alza il braccio e smanaccia il cross come fosse un portiere in uscita. Stryger Larsen è uscito dal campo cercando di cancellarsi la faccia sotto la maglia dalla vergogna.
Franck Kessié si è presentato sul dischetto e ha calciato il rigore con la solita calma giapponese. Il sedicesimo rigore stagionale per il Milan, uno in più per le già assurde statistiche sui rigori ottenuti quest’anno (e su cui già ci siamo soffermati in questo articolo). Due giorni dopo siamo ancora qui a chiederci cosa è successo, o meglio: che cosa voleva fare Stryger Larsen? Il calcio ci offre tanti momenti epifanici, di sincero stupore per quello che stiamo vedendo. I migliori di questi, forse, non hanno a che fare con la domanda “che cosa ha fatto” ma “come gli è venuto in mente”. È una domanda valida per alcuni dei migliori gesti tecnici: come gli è venuto in mente, a Dennis Bergkamp, di dribblare l’uomo che aveva alle spalle con un tocco di interno che gli girasse attorno. Capite cosa intendo? Ma questo tipo di stupore può funzionare anche in negativo, come estremo senso di meraviglia di fronte a quanto involuta può essere l’espressione di un essere umano. Una volta è successo con il clamoroso errore di Eric Choupo-Moting, che un anno e mezzo fa definivamo uno dei più grandi gesti tecnici della storia del calcio. Con la maglia del PSG, contro lo Strasburgo, è intervenuto su un pallone che stava per entrare in porta e lo ha respinto nel tentativo di tirare. Un gesto talmente controintuitivo che è anche difficile da descrivere a parole. Choupo-Moting, un attaccante - nel tentativo di fare gol - respinge una palla dalla riga di porta come fosse un difensore della squadra avversaria.
Quando ci si spinge così in là nella frontiera degli errori, nello sport, questi finiscono per non somigliare a errori ma a deliberati atti di sabotaggio. Tanto che da due giorni molti tifosi, quelli dall’animo più nero, dicono che Stryger Larsen si è venduto la partita. Cosa dobbiamo fare per spiegarci una cosa del genere?
Una teoria è che Stryger Larsen si è sentito leggermente spinto da dietro; una di quelle spinte magari leggere che però fanno smarrire l’equilibrio al difensore, o che gli fanno perdere quei due centimetri decisivi per contestare il pallone all’attaccante; e queste spinte rimangono invisibili all’arbitro: l’unico modo che Stryger Larsen aveva per renderla visibile era alzare le mani. Lo vediamo un milione di volte, questi difensori che in area saltano alzando le braccia come dopo essere esplosi su una mina anti-uomo.
Oppure Stryger Larsen non è stato neanche spinto (dalle immagini davvero non si capisce, è pura speculazione) ma, rendendosi conto di non poter arrivare sul pallone, ha provato a simulare un fallo in area.
Oppure Stryger Larsen aveva Kessié al Fantacalcio. Oppure Stryger Larsen ha scommesso che il Milan arriverà a 20 rigori a fine stagione, rompendo il record di 18 rigori stagionali concessi alla Lazio lo scorso anno.
Dopo la partita gli account social dell’Udinese lo hanno difeso: hanno pubblicato una foto di Stryger Larsen con scritto un enfatico “UNO DI NOI”. Sotto, nei commenti, le persone lo massacrano, cuocendosi nell’incomprensione per il suo gesto: «Questo qua si è venduto la partita»; «Dovrebbe essere licenziato in tronco, invece lo osannate. Vergogna». Anche solo a giudicare da quello che Stryger Larsen ha dovuto subire in questi giorni difficilmente possiamo pensare l’abbia fatto apposta.
Nel rapporto privilegiato tra il Milan e i calci di rigore, questo non è il primo di questo tipo ricevuto quest’anno. Il primo, cioè, in cui non si capisce cosa è scattato nel cervello di un difensore per commettere quel fallo da rigore. Non so se ricordate la partita di Europa League tra Milan e Rio Ave. Ricordate il caos, quella serie kafkiana di calci di rigore? Sembra passata un’eternità ma era appena qualche mese fa, l’inizio della stagione. Il Milan era praticamente stato eliminato, al 119’ minuto era sotto di un gol quando Colombo fa una sponda di testa in area, Borevkovic sembra arrivarci di testa, ma non ci arriva, e la tocca con la mano per non farla arrivare a Calhanoglu. Era una palla complicata per Calhanoglu e se Borevkovic avesse avuto la lucidità per valutare razionalmente tutte le variabili attorno a sé, di certo non sarebbe intervenuto in quel modo.
Mettiamo in un’altra categoria, ovviamente, i falli di mano “scomposti”, quelli cioè in cui viene sanzionata la poca attenzione del difensore a ritrarre le braccia dietro la schiena. Un tipo di falli di mano che lo scorso anno mandarono in tilt il regolamento della Serie A e la coordinazione mano-occhio di Matthijs De Ligt - e due anni fa inclinarono il piano di una finale di Champions League. In una categoria ancora differente di falli di mano stupidi ci sono le parate dei giocatori che si sostituiscono ai portieri direttamente sulla riga di porta. Su internet se ne trovano di incredibili. Qui un calciatore del Paysandu si allunga e respinge un tiro forte e angolato con una tecnica perfetta - forse ha sbagliato mestiere. Ce n’è un numero infinito su un grado diverso di stupidità: oltre al calcio di rigore arriva sempre il cartellino rosso che lascia la squadra in dieci e non può mai essere una scelta intelligente, quasi mai. Il fallo di mano di questo tipo più furbo della storia del calcio lo ha fatto uno dei calciatori più furbi. Ai quarti di finale del mondiale del 2010 Luis Suarez parò un tiro del Ghana mandando Gyan sul dischetto. Il suo errore, che ha impedito alla prima squadra africana di raggiungere la semifinale di un campionato del mondo, è uno dei più tristi e crudeli che possiamo ricordare.
In tutti questi casi i giocatori sono se non altro giustificati dall’aver assecondato l’istinto primordiale del rifiuto estremo del gol. Per i falli come quello di Stryger Larsen, invece, c’è una reazione spropositata a una situazione di pericolo modesta, che ovviamente manda ai pazzi i tifosi. Da fuori sono sempre momenti strani da osservare, una specie di sospensione della realtà. Qualche anno fa Brozovic parò un calcio di punizione a occhio innocuo calciato da Ricky Alvarez; mancavano 5’ alla fine e l’Inter perse la partita.
Ma andando indietro nel tempo si può trovare un errore di questo tipo anche in un contesto decisamente più gravoso, che ha consacrato l’errore alla storia. Dopo il fallo di Stryger Larsen qualche tifoso romanista ha fatto il paragone con Marco Lanna. A febbraio del 1996 si gioca il derby di Roma e a 5’ dalla fine siamo ancora sullo zero a zero ed è una di quelle partite in cui due squadre tremebonde sono sul bordo del fiume ad aspettare un errore avversario. Su un calcio d’angolo c’è una gran mischia e una palla su cui Cervone esce con coraggio col pugno alzato, ad anticiparlo in un movimento speculare c’è però Marco Lanna, che la colpisce col pugno prima del suo portiere. Un fallo di mano quasi uguale a quello di Stryger Larsen. L’inquadratura da dietro è comica perché si vede Cervone anticipato da un difensore che prova a sostituirsi a lui. Nei giorni successivi i tifosi della Lazio compongono il ritornello “Agguanta la palla Marco Lanna” sulle note della Macarena. Uno dei tanti esempi della crudeltà del calcio: basta spegnere il cervello per un secondo per compromettere la propria immagine per sempre.
Parlando di calcio si dice sempre che chi giudica da fuori non può capire cosa prova un calciatore calato in quel contesto, che tutto il talento e l’esperienza e la professionalità accumulata negli anni non basta a metterli al riparo da errori che da fuori ci paiono inconcepibili. Non possiamo avere una misura della pressione mentale e fisica di partite di quel tipo; la tensione che deve vivere un difensore che deve difendere un’ultima palla in area di rigore, con alle spalle un attaccante feroce come Leao, in una partita vissuta, nell’ultimo tratto, in modalità sopravvivenza. Questo tipo di errori assurdi non sono frequenti, ma capitano e da fuori ci sembrano assurdi come un grande gesto tecnico; una specie di ribaltamento dell’eccezionalità e della meraviglia che i calciatori professionisti esprimono su un campo.