L’idea di creare una Superlega parzialmente o totalmente chiusa tra i migliori club in Europa esiste almeno dal 1998, senza mai cambiare troppo la propria forma. Nel marzo del 2002, per esempio, Repubblica scriveva di una fantomatica «Operazione Gandalf» finanziata dalla banca d’affari JP Morgan e sostenuta in Italia da Juventus e Milan: «I 16 club europei più ricchi in blasone e bilancio giocheranno un campionato europeo che frutterà denari in diritti tv che mai nessun club ha visto».
Quella che fino a poche ore fa era rimasta una provocazione, uno spettro agitato davanti ai media nei giorni precedenti alle negoziazioni dei diritti TV delle coppe europee, è però diventato improvvisamente realtà ieri notte, con tanto di sito ufficiale, comunicati delle squadre coinvolte e reazioni mediatiche più o meno agitate.
Di cosa si tratta, quindi, questa volta?
Dopo una domenica di indiscrezioni giornalistiche, ora lo si può leggere direttamente sui canali ufficiali di quella che si chiama proprio The Super League, la Superlega. Parliamo di un campionato europeo a 20 squadre di cui 15 fisse (ovvero presenti ogni anno indifferentemente dal loro piazzamento nel campionato nazionale d’appartenenza) e 5 variabili a seconda della posizione ottenuta nei campionati e delle regole di qualificazione, che però non sono state ancora chiarite ufficialmente. La Superlega quindi non si andrebbe a sostituire ai campionati nazionali, ma si affiancherebbe a loro come fa oggi la Champions League.
Anche sui nomi delle squadre fisse rimane un alone di incertezza, dato che al momento ne sono state svelate solo dodici (cioè Juventus, Milan, Inter, Real Madrid, Atletico Madrid, Barcellona, Tottenham, Arsenal, Chelsea, Manchester City, Manchester United e Liverpool), con la precisazione che «altre tre squadre si uniranno per la stagione inaugurale». Queste 20 squadre sarebbero divise in due gironi da 10, che si affronterebbero con una sfida d’andata e una di ritorno con partite infrasettimanali a partire da agosto. Le prime tre di ogni gruppo si qualificherebbero automaticamente per i quarti di finali della fase ad eliminazione diretta, mentre le quarte e le quinte di ogni gruppo si affronterebbero in una specie di mini-playoff (sempre con andata e ritorno) per occupare le ultime posizioni rimaste nel tabellone. La finale è prevista nel mese di maggio su campo neutro.
Qui finiscono le poche risposte che abbiamo e iniziano le molte domande a cui il calcio europeo dovrà venire a capo nei prossimi giorni, nelle prossime settimane e nei prossimi mesi. So che siete venuti fin qua per saperne qualcosa di più, ma questo pezzo è solo un tentativo di mettere tutti gli interrogativi sul tavolo e iniziare quindi a capirci qualcosa. Perché se è facile immaginare il formato di un nuovo campionato, molto più difficile è dargli vita davvero nella realtà del calcio contemporaneo. Ma andiamo con ordine.
Quando potrebbe iniziare la Superlega?
Nello stringato comunicato ufficiale con cui i "Club Fondatori", come loro stessi si definiscono, annunciano la creazione della Superlega si legge che la stagione inaugurale «è pensata per cominciare non appena sarà possibile». Quello che è liquidato come un dettaglio irrilevante, è però forse lo scoglio su cui il calcio europeo si spaccherà nelle prossime settimane: quando sarà possibile avviare la Superlega?
Com’è facile immaginare, un campionato europeo che si sovrappone ai campionati nazionali, si gioca nei turni infrasettimanali e coinvolge alcuni dei principali club europei va inevitabilmente in conflitto con la Champions League. Non è un caso che le reazioni più dure nei confronti della Superlega siano arrivati dalla UEFA, che sta vedendo in queste ore la sua coppa principale (e una parte della sua ragione d’esistere) messa in pericolo. In un comunicato congiunto con la federazione italiana, spagnola e inglese, e i rispettivi campionati, la confederazione calcistica europea ha dichiarato di voler prendere «in considerazione tutte le misure a nostra disposizione, a tutti i livelli, sia giudiziario che sportivo, al fine di evitare che ciò [la Superlega, nda] accada». Tra queste la UEFA ha citato anche il divieto per i club coinvolti di «giocare in qualsiasi altra competizione a livello nazionale, europeo o mondiale» e per i loro giocatori «di rappresentare le loro squadre nazionali» (una minacciareiterata poco fa anche dal presidente della UEFA, Aleksandr Ceferin).
La federazione internazionale dei giocatori professionisti ha già però dichiarato che si opporrà “con forza” all’esclusione dei giocatori dalle rispettive nazionali.
Non è chiaro quanto la UEFA voglia e possa andare fino in fondo con queste minacce. Ieri notte era addirittura circolata la notizia che la UEFA avesse deciso di sospendere Champions League ed Europa League, poirivelatasi infondata. Nonostante ciò, sospendere club e giocatori dalle competizioni europee per club e per Nazionali significherebbe davvero mettere fine non solo a Champions League ed Europa League, dove cinque delle otto semifinaliste fanno parte del progetto Superlega (cioè Real Madrid, Chelsea, Manchester City, Manchester United e Arsenal), ma anche agli Europei, che si vedrebbero privati di molti dei loro giocatori principali. La Superlega, inoltre,ha già fatto sapere di aver iniziato a tutelarsi legalmente di fronte alle “corti competenti” per proteggersi da eventuali “misure punitive”.
La UEFA, insomma, non sembra avere molte frecce nel proprio arco, a meno che non voglia davvero arrivare a un muro contro muro epocale che paralizzerebbe il calcio europeo per settimane. Una mossa che sarebbe in parte autolesionista, visto che i premi in denaro delle coppe europee provengono in larga parte dalla trasmissione di quelle partite di Champions League che senza i club del progetto Superlega sarebbero cancellate con un colpo di spugna.
Perché i club hanno deciso di fondare la Superlega?
Nel comunicato ufficiale non si fa grande mistero della ragione per cui i 12 Club Fondatori hanno deciso di dare vita alla Superlega, e cioè i soldi. «In cambio per il loro impegno, i Club Fondatori riceveranno un totale di 3.5 miliardi di euro solo per sostenere i loro piani di investimento infrastrutturale e per contrastare l’impatto della pandemia di Covid-19».
Parliamo quindi di circa 235 milioni a testa per ogni club fondatore, in un momento in cui tutte le squadre, anche le più ricche, sono in forte difficoltà per via della pandemia. Come ha fatto notare Benedetto Giardina, nell’ultima stagione di cui sono disponibili i dati, cioè la 2018/19, la Champions League ha distribuito ricavi per poco meno di 2 miliardi complessivi, con il Liverpool e il Barcellona a spartirsi le due fette più grandi, rispettivamente di circa 111 e 117 milioni di euro ognuna. Oltre a questi soldi, poi, il comunicato aggiunge altri fondi per il resto del calcio europeo, cioè per le decine di club che inevitabilmente rimarranno fuori dalla Superlega. «Il nuovo torneo annuale porterà a una significativa crescita economica per il calcio europeo attraverso un impegno di lungo periodo a pagamenti di solidarietà illimitati che cresceranno in linea con i ricavi della lega. Questi pagamenti saranno sostanzialmente più alti di quelli garantiti dalle attuali competizioni europee e ci si aspetta che saranno di oltre 10 miliardi di euro nell’iniziale periodo di impegno dei club».
La domanda che sorge spontanea dopo aver letto queste righe è: come faranno i club a racimolare oltre 13 miliardi di euro in pochi mesi? I ricavi di tutte le competizioni calcistiche si basano in gran parte sulla vendita dei diritti TV e almeno per i prossimi tre anni (fino cioè al 2024) gran parte dei broadcaster si sono già impegnati a sborsare cifre significative per trasmettere le coppe europee e nazionali già esistenti. Per l’Italia per esempio Sky e Amazon Prime si sono già aggiudicati i diritti TV della Champions League fino al 2024, anche se non si sa ancora a che prezzo: che fine fanno questi contratti (firmati prima che la Superlega diventasse realtà) se 15 dei principali club in Champions League non possono nemmeno giocarci? Quali emittenti saranno disposte a pagare quelle cifre per la Superlega dopo aver già sborsato centinaia di milioni di euro per la Champions League? Ieri il Corriere dello Sportaveva ipotizzato che una di queste potesse essere DAZN, che però nel corso della giornataha smentito.
Nella mattinata di oggi, la banca d’affari statunitense JP Morganha fatto sapere all’agenzia di stampa Reuters di essere coinvolta nel finanziamento del progetto della Superlega. È possibile, quindi, che i Club Fondatori stiano sostanzialmente scommettendo sul proprio blasone e sulla propria audience globale, prendendo a prestito determinate cifre oggi con la fiducia di vederle ripagate nel lungo periodo, dove broadcaster e sponsor saranno attratti naturalmente dal progetto Superlega. Il Financial Times, ad esempio,parla di un accordo di finanziamento a debito spalmato sui prossimi 23 anni, in cui i club si impegnano a ripagare alla banca d’investimento 264 milioni di euro l’anno (cifra che include un tasso di interesse intorno al 2-3%). Certo, è una scommessa molto rischiosa: non solo perché come abbiamo detto gran parte dei broadcaster mondiali si sono già impegnati a pagare per i diritti della Champions League, ma anche perché siamo inun momento storico in cui i diritti TV per il calcio stanno vedendo il proprio valore diminuire forse per la prima volta.
Perché dentro alla Superlega non ci sono club francesi e tedeschi?
Come alcuni di voi avranno già notato, tra i Club Fondatori per il momento non risultano né squadre francesi né tedesche, comprese le finaliste della ultima Champions League, Bayern Monaco e PSG. Non possiamo sapere con certezza se questi club hanno rifiutato un eventuale invito o se sono state snobbate, anche se sarebbe strano visto il blasone, il seguito e l’importanza politica dei club in questione.
Adam Crafton sulla rivista di approfondimento The Athletic citando una fonte molto vicina al presidente qatariota del PSG, Nasser Al-Khelaïfi, ha scritto che una delle ragioni che lo hanno spinto a rimanere fuori dalla Superlega è la fedeltà e l’amicizia che lo lega al presidente della UEFA, Aleksandr Ceferin. Non bisogna dimenticare, infatti, che Al-Khelaifi è uno dei membri più influenti dell’ECA (European Club Association), l’organizzazione che rappresenta i club nel comitato esecutivo della UEFA, e che fino a poche ore fa era presieduta da Andrea Agnelli. Il presidente della Juventus, che aveva elogiato la riforma della Champions League solo pochi giorni fa, si è dimesso da presidente dell’ECA pochi minuti dopo l’annuncio ufficiale dell’adesione del club di Torino alla Superlega, lasciando il posto da presidente proprio Al-Khelaifi. L'ECA, è bene ricordarlo, rappresenta 246 club europei diversi e la sua mission include anche la creazione di "un nuovo, più democratico modello di governance che rappresenti davvero il ruolo chiave giocato dai club".
La prudenza del PSG è dovuta quindi anche alla vicinanza del suo presidente alla UEFA e alla FIFA (che a sua volta si è espressa contro la Superlega anche se con toni meno duri rispetto alla sua controparte europea), doppiamente importante a poco più di un anno del Mondiale che si terrà in Qatar. Bisogna inoltre sottolineare che Al-Khelaifi, oltre che del PSG, è a capo anche dell’emittente beIN, che detiene i diritti TV della Champions League in Francia per il triennio 2021-24 ed è fondamentale per la trasmissione del calcio europeo in Medio Oriente.
A proposito di PSG: Ander Herrera è stato il primo giocatore in attività ad esprimersi contro la Superlega.
Nonostante secondoalcune indiscrezioni il Bayern Monaco e il Red Bull Lipsia potrebbero aver accettato di occupare due dei tre slot rimasti vacanti tra i Club Fondatori, per quanto riguarda i club tedeschi c’è invece meno chiarezza. Bisogna ricordare in questo contesto cheper legge in Germania i club devono lasciare una quota di controllo ai propri tifosi-soci, che hanno un’influenza imparagonabile rispetto agli altri Paesi europei. Data la contrarietà diffusa nel mondo dei tifosi a un progetto come quello della Superlega, è probabile quindi che i club tedeschi ci stiano andando con i piedi di piombo prima di prendere decisioni che gli alienerebbero buona parte della propria base.
Cosa succede ai campionati nazionali?
Una questione lasciata con troppa leggerezza in sospeso dai Club Fondatori è cosa succede ai campionati nazionali alla luce della Superlega, sia nell’immediato che nel prossimo futuro. Nell’immediato molto dipenderà da quanto la UEFA e le federazioni nazionali vorranno andare in fondo con le proprie minacce, che hanno solo ipotizzato nel comunicato di ieri. La Serie A prenderà provvedimenti contro Juventus, Milan e Inter? Cosa succederà ai loro bilanci se la UEFA deciderà veramente di escluderle dalla prossima Champions League, a cui si sarebbero con ogni probabilità qualificate alla fine di quest’anno? Da quello che trapela oggi, la UEFAsembra infatti intenzionata a tirare dritto ed escludere i Club Fondatori dalla prossima Champions League anche se la Superlega non dovesse iniziare quest’anno.
La questione è però forse ancora più profonda e problematica se la si guarda in prospettiva. Se è vero che in linea di principio la Superlega non impedisce ai campionati nazionali di andare avanti, è vero anche che con i posti di qualificazione già assegnati d’ufficio una buona parte del loro interesse andrebbe di fatto distrutto. Il progetto attuale della Superlega prevede solo cinque posti assegnati attraverso i risultati ottenuti nel campionato precedente (che forse potrebbero essere assegnati uno a testa per Premier League, Liga, Bundesliga, Serie A e Ligue1), contro i potenziali 36 previsti dall’ultima riforma della Champions League (approvata proprio in queste ore). Nell’ultimo decennio, con la lotta per il titolo praticamente già annientata dall’aumento delle differenze economiche tra le squadre (l’unico campionato che mantiene un minimo di imprevedibilità al vertice è la Premier League), l’interesse verso i campionati nazionali è stato “salvaguardato” quasi esclusivamente grazie alla lotta salvezza e quella per i posti che garantiscono una qualificazione europea. Lo stiamo vedendo in Premier League, dove Leicester e West Ham occupano a sorpresa il terzo e quarto posto, ma anche in Ligue 1, dove Lille, Lione e Monaco stanno contendendo il titolo al PSG, e in Serie A, dove la Juventus rischia seriamente di uscire dai primi quattro posti dopo la sconfitta di ieri in casa dell’Atalanta. Con questi posti già assegnati, cosa rimane da guardare nei campionati nazionali?
Questo è un problema non solo per i club ma anche e soprattutto per le televisioni. Che interesse hanno le emittenti a trasmettere dei tornei in cui sia la lotta per il titolo che quella per i posti di qualificazione alle coppe europee sono di fatto già assegnati? È interessante sapere in questo senso che provvedimenti prenderanno le televisioni nei confronti del club, in primo luogo a livello legale, dopo aver sborsato centinaia di migliaia di euro per il diritto di trasmettere per i prossimi tre anni dei campionati che dall’oggi al domani hanno cambiato del tutto valore. Se pensate che questo sia un problema per la Serie A (e lo è), provate a riflettere che minaccia esistenziale possa essere per la Premier League, che ha tutte le sue cosiddette big six coinvolte nel progetto Superlega. Parliamo del campionato più diffuso e meglio commercializzato del mondo che improvvisamente vedrebbe eroso gran parte del suo interesse televisivo e sportivo. Quanto varrà il prossimo contratto l’assegnazione dei diritti TV della Premier League se i posti di qualificazione in Europa sono già assegnati?
La Superlega, quindi, sarebbe un colpo quasi mortale non solo per quei club che hanno scritto la storia del calcio europeo ma che si ritrovano al di fuori dei cinque principali campionati europei, come Benfica e Ajax, ma anche per la cosiddetta classe media delle leghe più ricche, compresa la Premier League. Pensate all’Everton che sta investendo centinaia di milioni di euro nel suo nuovo stadio, o al West Ham, al momento quarto in Premier League dopo un grande campionato, o, per fare un esempio più vicino a noi, all’Atalanta che, dopo anni di acquisti oculati e investimenti nello stadio e nel settore giovanile, si ritroverebbe fuori dalle coppe europee e a competere in un campionato praticamente già scritto. Con quale obiettivo continueranno a investire queste squadre senza la prospettiva degli introiti garantiti dalla Champions League?
Non è un caso che il dibattito sia particolarmente acceso proprio in Inghilterra, dove molti ex giocatori e allenatori anche delle squadre coinvolte hanno parlato con toni molto duri del progetto Superlega. Non soloGary Neville eJamie Carragher, che sono stati chiamati in causa in quanto opinionisti sportivi, ma addirittura sir Alex Ferguson, che è tornato a parlare del Manchester United dopo circa otto anni di silenzio. «Il progetto della Superlega segna una rottura nei confronti di 70 anni di calcio europeo per club», ha dichiarato il leggendario allenatore dei Reds. «Sia come giocatore del Dunfermline negli anni ’60 che come allenatore dell’Aberdeen che ha vinto la Coppa delle Coppe, per un piccolo club provinciale della Scozia era come scalare il monte Everest. I tifosi di tutto il mondo amano la competizione per com’è oggi».
Cosa succede al calcio femminile?
Un altro tema di cui non si sta parlando abbastanza è lo sviluppo del calcio femminile. Nel loro comunicato i Club Fondatori della Superlega hanno dichiarato che “dopo l’inizio della competizione maschile sarà lanciata anche una competizione femminile corrispondente”. L’aspetto interessante e controverso della questione, però, è che i rapporti di forza tra le squadre maschili sono molto diversi da quelli che ci sono tra le squadre femminili.
La squadra femminile del Liverpool, che probabilmente verrebbe inclusa di diritto nella Superlega femminile, è per esempio al momento in Championship, cioè la Serie B della piramide calcistica inglese. Al contrario, il Lione, che ha pochissime chance di rientrare nella Superlega, ha di gran lunga la più grande e importante squadra femminile in circolazione (anche se ieri è stata eliminata a sorpresa dalla Champions League dal PSG, che a sua volta al momento non fa parte della Superlega). Come andrà avanti lo sviluppo del calcio femminile se i suoi rapporti di forza verranno stravolti della Superlega? Le squadre escluse dalla Superlega continueranno a investire nelle proprie sezioni femminili senza l’attrazione mediatica ed economica della Champions League di categoria?
Come detto, non ci sono risposte semplice o univoche a tutte queste domande. Oggi è solo il primo giorno di una battaglia di potere che probabilmente si trascinerà per diverse settimane, che avrà vincitori e sconfitti, e che finirà per rimodellare i rapporti dentro e fuori dal calcio negli anni a venire.