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L'Italia ha fatto il gioco della Svezia
11 nov 2017
Le scelte di Ventura hanno aiutato la squadra svedese a fare il tipo di gioco che preferisce, adesso l'Italia è a un passo dall'eliminazione.
(articolo)
9 min
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Claudio Villa / Stringer
(copertina) Claudio Villa / Stringer
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Il possesso svedese che ha portato al gol che rischia di tenere l’Italia fuori dai Mondiali del 2018 nasce da un calcio di punizione battuto da Chiellini nella trequarti azzurra e da un tentativo andato male di uscire dal pressing svedese con la palla a terra. C'è un errore di Bonucci, che di petto non addolcisce un pallone alto abbastanza per controllarlo, ma al tempo stesso nemmeno imprime la forza necessaria per arrivare a Buffon in area di rigore, costringendo il portiere della Juventus a uscire e affrettare il rinvio, regalando il pallone a Krafth. Il passaggio del terzino svedese viene controllato da Larsson, che non ci pensa molto e lancia Berg, chiuso da Chiellini con una spazzata in fallo laterale.

Sulla rimessa laterale Toivonen prende posizione su Chiellini e di testa appoggia a Johansson, il cui tiro al volo finisce alle spalle di Buffon grazie alla deviazione di De Rossi. L’Italia è tutta schiacciata negli ultimi 20 metri, ma nessun giocatore disturba la conclusione di Johansson.

Non era difficile prevedere come avrebbe giocato la Svezia, una Nazionale dall’identità tattica molto forte, assimilabile a quella di una squadra di club. Gian Piero Ventura ne aveva persino parlato in conferenza stampa («Questi sono, e sempre così giocano») ed è stato chiaro dopo appena otto secondi che tipo di partita avrebbe dovuto affrontare l’Italia. Krafth ha lanciato immediatamente verso Berg dopo il calcio d’inizio e Toivonen ha rotto il setto nasale a Bonucci con una gomitata.

Davanti alla sfida più importante della sua carriera, Ventura ha scelto l’affidabilità dei giocatori più esperti e le certezze date dal 3-5-2, abbandonato dopo la trasferta in Macedonia (vittoria 3-2 in rimonta con un gol al novantesimo di Ciro Immobile), di oltre un anno fa. In molti hanno già sottolineato l’età media della squadra, che superava i 31 anni, e il fatto che ben 7 titolari erano gli stessi che sfidarono la Svezia un anno e mezzo fa nel girone degli Europei.

Questa prudenza conservatrice, ai limiti con la scaramanzia, non è bastata comunque a evitare che la partita si giocasse nel contesto voluto dagli svedesi. Nonostante la riconoscibilità del gioco avversario e alcuni evidenti vantaggi tecnici e tattici sui quali contare, gli azzurri hanno dato la sensazione di non avere le idee abbastanza chiare su come rispondere ai quesiti posti dal CT svedese Jan Andersson.

Come l'Italia non è riuscita ad entrare nell’area svedese

Si sapeva che la Svezia avrebbe concesso la prima costruzione ai difensori azzurri (Chiellini, Bonucci e Barzagli sono stati nettamente i giocatori ad aver toccato più palloni), limitandosi a pressare con folate piuttosto intense tutte le situazioni statiche (rinvii dal fondo, calci di punizione e rimesse laterali), che naturalmente predispongono ad accorciare le distanze e a portare molti giocatori attorno alla palla.

Un esempio viene dalla rimessa laterale dell’Italia mostrata qui sotto, in cui tutti gli svedesi occupano la metà destra del campo:

L’Italia ha mostrato difficoltà sia nel trovare i riferimenti per uscire dalla pressione quando gli svedesi si alzavano nella metà campo azzurra (la gestione del possesso che porta alla rimessa laterale decisiva vale come esempio più illuminante), sia nel trovare spazi all’interno del blocco svedese posizionato sulle tre classiche linee del 4-4-2 che occupano il centro e indirizzano la manovra avversaria sulle fasce.

Il rombo di impostazione italiano, formato dai tre difensori centrali (Barzagli, Bonucci e Chiellini) e da De Rossi, godeva di un’ampia superiorità numerica a inizio azione: Berg e Toivonen non si orientavano in maniera particolare su nessun giocatore, ma restavano uno di fianco all’altro per tagliare le linee di passaggio in verticale ai difensori azzurri e mantenere la solidità del blocco svedese. Nonostante il 3 vs. 2 che si creava al centro del campo (De Rossi, Verratti e Parolo si confrontavano con i soli Ekdal e Larsson), l’Italia preferiva percorrere la strada più semplice e uscire sui lati, con i movimenti coordinati tra il centrale di fascia, l’esterno e la mezzala.

La più grande occasione costruita con un’azione manovrata, il colpo di testa di Belotti uscito di poco, descrive bene la strategia offensiva preparata da Ventura. Le due mezzali, Parolo e Verratti, si alzano alle spalle del centrocampo svedese e tengono occupati i terzini, la conduzione di Chiellini attira Claesson e così Darmian ha spazio per ricevere allargandosi fino a calpestare la linea laterale. Una volta liberato Darmian, lo scambio con Verratti è piuttosto semplice: l’esterno del Manchester United arriva sul fondo, gli azzurri occupano bene l’area di rigore, ma il colpo di testa di Belotti non inquadra la porta.

Creare superiorità numerica sulla fascia e sfruttare le combinazioni tra esterno e mezzala per risalire il campo. Era questa la strategia di Ventura per attaccare la Svezia.

Nel primo tempo l’Italia è uscita soprattutto a sinistra, dove giocava Verratti, la soluzione più naturale cui affidarsi per arrivare nell’area avversaria, lasciando a Parolo il compito di inserirsi in area. Il centrocampista del PSG ha avuto le idee più brillanti per sorprendere la difesa svedese (come il cambio di gioco al 14’ che Candreva non ha controllato a pochi metri dalla porta), ma è stato penalizzato dai compiti chiesti da Ventura, che lo allontanavano dalla sua zona di influenza preferita, quella di raccordo tra la prima costruzione e la fase di rifinitura, per facilitare la manovra azzurra sulla catena laterale. Un ruolo in cui è chiaramente in difficoltà sia a livello tecnico che fisico: l’uscita a sinistra con successivo cross o apertura sul lato debole verso Candreva è stata pressoché l’unica idea offensiva nei primi 45 minuti.

Nel secondo tempo l’Italia ha iniziato ad attaccare con maggiore insistenza con Candreva a destra, Verratti in qualche circostanza si è abbassato e accentrato, cercando di influenzare la manovra secondo le proprie caratteristiche, ma non è bastato per controllare il centro del campo e sfruttare la superiorità numerica disegnata dallo schieramento azzurro (per un approfondimento sulla sua prestazione e su quella di Insigne potete leggere questo articolo di Emiliano Battazzi).

Dopo l’intervallo Ventura ha provato a far entrare in partita Immobile e Belotti, manipolando con Verratti e Parolo la posizione dei due centrocampisti svedesi per aprire dei corridoi che permettessero a chi costruiva l’azione di cercare direttamente le due punte.

Verratti e Parolo aprono lo spazio tra Larsson e Johansson, Bonucci va diretto sulle punte.

I 5 palloni toccati da Belotti nell’ora, o poco più, passata in campo, sono il sigillo sul fallimento di questa strategia. I movimenti coordinati delle due punte, uno dei classici del gioco di Ventura, non hanno mai messo in difficoltà la difesa svedese: non si possono certo ignorare le condizioni di forma di Belotti e Immobile, dato che entrambi sono stati alle prese con infortuni di recente, ma il problema va cercato più a monte, nella difficoltà trovate dall’Italia nell’aprire spazi all’interno del blocco difensivo avversario e sviluppare un gioco tra le linee che permettesse di attivare Immobile e Belotti.

Col passare del tempo le idee per arrivare nell’area svedese sono sembrate ancora meno chiare. Gli azzurri hanno finito per crossare (28 volte in tutto) e alzare la palla senza molta lucidità, facendo esattamente ciò che si aspettava la Svezia. A fine partita si contano appena un tiro in porta e due occasioni da gol chiare: oltre al colpo di testa di Belotti, il palo di Darmian costruito sugli sviluppi di un calcio d’angolo.

Ventura ha fatto il gioco della Svezia

Si sapeva che il gioco della Svezia è incentrato sulla fisicità e l’atletismo dei suoi giocatori offensivi, che si addensano sulla trequarti per raccogliere il lancio lungo dalla difesa ed entrare in area di rigore con combinazioni semplici e verticali. Probabilmente è il motivo principale che spiega la scelta di Ventura di schierare i tre difensori centrali più esperti a disposizione. Toivonen e Berg hanno chiarito le loro intenzioni dopo pochi secondi e tutta la partita è stata contrassegnata dagli scontri fisici dei due attaccanti svedesi con i difensori azzurri e De Rossi.

Non è semplice arginare fisicamente Toivonen e Berg, ma va detto che Ventura non ha nemmeno previsto meccanismi coordinati per recuperare la palla, senza disturbare le brevi fasi di consolidamento che preparavano al lancio lungo, ma facendosi anche trovare impreparato sulle conduzioni o i passaggi taglia-linee dei difensori, che hanno più volte trovato spazi nello schieramento azzurro.

Verratti è preso in mezzo tra Krafth e Larsson, quest’ultimo si può smarcare facilmente alle spalle di Belotti e Immobile.

La scelta del 3-5-2 penalizza il pressing nella metà campo avversaria in favore di fasi di difesa posizionale prolungate facilitate dall’ampia copertura centrale fornita dal sistema (i tre difensori, i tre centrocampisti e i due attaccanti). L’assenza di pressione sui difensori svedesi era preventivabile (ma per risolvere il problema della fisicità di Toivonen e Berg si poteva comunque pensare di intervenire alla radice, impedendo alla Svezia di lanciare), ma è stato comunque sorprendente notare le difficoltà azzurre quando i giocatori di Andersson, invece di lanciare, sfidavano il blocco azzurro manovrando dal basso.

Oltre all’addensamento dietro il centrocampo che naturalmente spingeva in basso la linea difensiva italiana, la pressione dei due attaccanti e delle due mezzali era scoordinata o portata fuori tempo, il che concedeva ampi spazi ai giocatori svedesi coinvolti nella prima impostazione. Anche Augustinsson, che solitamente si alza per dare ampiezza in zone avanzate, è rimasto in posizione aiutando a consolidare il primo possesso e a stabilizzare le transizioni difensive.

Le poche idee portate dalla Svezia in campo sono state ancora una volta efficaci per far andare la partita secondo i suoi piani. Nel momento di maggiore difficoltà, appena dopo l’intervallo, con l’Italia che sembrava gestire meglio il pallone, gli svedesi hanno girato la sfida in loro favore nell’unico modo che conoscono: pressando dopo un calcio di punizione e cercando i propri centravanti.

Non era difficile prevederlo, eppure l’Italia ha dato la sensazione di essere impreparata, facendosi trascinare nel tipo di partita immaginato dal CT svedese, in cui la fisicità e l’organizzazione ha contato più della tecnica. Ventura non è riuscito a tirare fuori il meglio dai suoi talenti più grandi, Verratti e Insigne, entrato col ruolo di salvatore della patria in una squadra che aveva perso lucidità e faceva una fatica tremenda a portare avanti il pallone con raziocinio, ma non ha nemmeno previsto contromisure adeguate che mettessero in evidenza le debolezze di un sistema riconoscibile come quello svedese.

Utilizzando le parole di Ventura, la Svezia sapeva bene cosa fare e come farlo, al contrario dell’Italia, e così ha cancellato l’inferiorità tecnica. Nelle dieci partite del girone di qualificazione gli svedesi hanno perso una sola volta con due gol di scarto senza riuscire a segnare: contro l’Olanda nell’ultima giornata (2-0), una partita quasi ininfluente, perché gli olandesi avrebbero dovuto vincere 7-0 per qualificarsi. Il tempo a disposizione e i margini di intervento di Ventura sono limitati per pensare a un radicale capovolgimento del contesto tattico nella gara di ritorno a San Siro.

La speranza è che questa sconfitta sia almeno servita per trovare quei piccoli accorgimenti che permettano di sfruttare le debolezze svedesi meglio di quanto fatto a Solna. Il baratro è a un passo, ma l’Italia ha le risorse per ribaltare il punteggio e andare ai Mondiali.

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