Quando l’Inter femminile ha annunciato l’arrivo in prestito di Tabitha Chawinga, l’impatto mediatico è stato praticamente nullo. Non è strano: il suo nome era sconosciuto anche a chi segue il calcio femminile, nonostante i suoi numeri raccontassero di una calciatrice che ha segnato più gol che partite giocate, che è stata capocannoniere per cinque volte in neanche 10 anni di carriera.
Il professionismo ha permesso ai club italiani di portare in Serie A calciatrici che prima non sarebbero mai arrivate, offrendo loro contratti che con il dilettantismo sarebbe stato impossibile garantire. Lineth Beerensteyn, Kosovare Asllani o Stephanie Van Der Gragt, tutte atlete di alto livello, con esperienze significative nei più importanti campionati in Europa. Chawinga, al contrario di questi nomi, arrivava invece da una lunga esperienza nella Chinese Women’s Super League, una lega a noi sconosciuta per banali motivi di fruizione.
La scarsità di informazioni sul suo conto - anche cercando video su Youtube non c’era poi molto, se non un video che racchiudeva una compilation di gol segnati vestendo la maglia del Wuhan Jianghan University - aveva messo in luce una calciatrice di livello nettamente superiore al contesto in cui si trovava, un campionato dove nessuna avversaria era in grado di fermarla, contenerla o anche semplicemente marcarla. Sì, ma in Italia?
Le capacità di Chawinga le abbiamo scoperte molto presto: alla seconda giornata, contro la Juventus, in quello che era il primo big match della stagione, la nuova calciatrice dell’Inter ha ricevuto palla a centrocampo, è partita in conduzione, si è liberata di quattro avversarie davanti a lei è ha messo il pallone, in rete. Un gol molto simile a uno di quelli segnati con la maglia del Wuhan, anche se in quel caso aveva saltato anche il portiere.
Nonostante le colpe della difesa bianconera, ciò che impressiona di questa azione non è tanto la velocità di esecuzione quanto più il fatto che il pallone, in fase di conduzione, rimanga perfettamente incollato al suo sinistro grazie ad una lucidità assoluta tenuta per cinquanta lunghissimi metri.
L’altro aspetto che vale la pena sottolineare è come sia riuscita a confondere le avversarie senza alcuna finta di corpo. Il modo in cui rallenta per attirare su di sé l’intervento di Sembrant per poi accelerare di nuovo improvvisamente e trovarsi a tu per tu con Peyraud Magnin è la chiave del suo successo nei duelli e il principale motivo per il quale lasciarle spazio significa quasi sempre farsi saltare.
Con il tempo avremmo scoperto che questi colpi non sono frutto di uno stato di grazia momentaneo, ma che fanno parte del suo repertorio, qualcosa che può riproporre abitualmente e che la rende imprendibile per la maggior parte delle difese avversarie.
Non è un caso che è da subito diventata indispensabile nel gioco di Rita Guarino. In 15 partite ha segnato 16 gol e fornito 5 assist. Tra andata e ritorno ha segnato a tutte le squadre tranne il Como, contro cui è mancata all’andata (e al ritorno ha comunque fatto assist).
Quello dell’Inter è un progetto a lungo termine iniziato l’anno scorso, con l’obiettivo di valorizzare le giovani in rosa e farle coesistere con alcune giocatrici più esperte, da Gouthia Karchouni a Tatiana Bonetti passando per Stephanie Van Der Gragt e Flaminia Simonetti. Apparentemente, quindi, si potrebbe pensare che il suo obiettivo stagionale sia di consolidare il quinto posto dello scorso anno. Eppure, senza molti proclami, arriva al momento decisivo della stagione pronta per giocarsi almeno il secondo posto, che vale la Champions (da questa stagione la Serie A femminile prevede due fasi: nella prima, appena terminata, le 10 squadre si affrontano in un girone all’italiana, nella seconda le prime cinque disputano una poule Scudetto partendo coi punti conquistati nel corso della prima fase).
Sulla carta la sua rosa è inferiore a quella di Roma e Juventus, ma a differenza loro hanno la giocatrice. Tabitha Chawinga non è solo la giocatrice dell’Inter, ma è, ad oggi, la giocatrice del campionato.
In questa fase di campionato è stato interessante osservare come, partita dopo partita, le avversarie abbiano tentato di prendere le misure per disinnescare le sue ripartenze fulminee concedendole meno spazio possibile. Ogni volta, però, questi tentativi sono stati mortificati dalla capacità di Chawinga di rendersi imprevedibile. Nel momento in cui ha dovuto reinventarsi tra raddoppi, interventi spesso fallosi, posizioni defilate e specchio della porta sempre più stretto, l’attaccante dell’Inter ha fatto uscire tutta la sua tecnica e la sua astuzia, unite a una potenza che non ha nessun’altra in Serie A.
Ne è un esempio il gol segnato contro il Sassuolo dove ancor prima di ricevere prende posizione sull’avversaria, lascia scorrere il pallone, si gira e calcia di sinistro in un baleno. Oppure il primo dei due gol fatti al Pomigliano, prendendo ancora una volta posizione, stoppando il pallone con il piede debole - il destro - e compiendo una perfetta rotazione su sé stessa per calciare in porta. Un livello di difficoltà diverso rispetto al gol contro il Sassuolo che ci permette di osservare in un’unica azione tre caratteristiche in uno: lucidità, tecnica e forza fisica.
È stato in questo contesto che abbiamo iniziato a capire il peso specifico di un’attaccante del genere, una giocatrice in grado di aggirare l’ostacolo, di reinventarsi e di essere sempre imprevedibile, nonostante avversarie sempre più accorte e preparate. Nella seconda parte di stagione abbiamo imparato a conoscere da vicino il suo mancino preciso e letale, il suo spirito di sacrificio nei momenti negativi della squadra e una duttilità in grado di dare varietà alla manovra offensiva della squadra di Guarino.
A questo punto ci si aspetterebbe di incappare in un ma. Sì, va bene, ottimo mancino, velocità ineguagliabile, fisico devastante, ma quindi? Dove stanno i difetti? La verità è che guardandola giocare più che i suoi emergono i difetti degli altri. Nei gol descritti in precedenza è quasi più facile notare l’errore di chi difende rispetto al gesto tecnico, un po’ come è successo nell’ultima giornata tra Inter e Fiorentina.
Il copione è lo stesso, ripartenza palla al piede a quaranta metri dalla porta, finte di corpo su due giocatrici più il portiere e gol. Qui, come nella rete alla Juventus, è più facile notare l’errore che non la grandezza dell’azione personale di Chawinga; è più facile notare come Cafferata non abbia trattenuto abbastanza la sua maglia, come Tortelli potesse spingere di più nello spalla contro spalla; e di riflesso, come la difesa di Pomigliano e Sassuolo dovesse marcarla con più decisione. La lista è infinita e nessuna è esclusa, ma la realtà è che marcarla è quasi impossibile.
Spesso nel calcio un tema che si inserisce con una certa frequenza nelle discussioni è la distinzione tra normali giocatori e fuoriclasse, un tema che attira a sé tra le più disparate teorie per una mera questione soggettiva. Era difficile aspettarselo, anche se i numeri erano lì a suggerircelo, ma Tabitha è una fuoriclasse per la Serie A. Come lo era in Svezia, quando segnava gol su gol a 17 anni, fino a segnarne 26 nel suo ultimo anno, un numero che non veniva raggiunto dal 2006. Lo era in Cina, anche se era difficile starle dietro, e lo è ora in Italia.
La domanda è per quanto tempo saremmo in grado di trattenere una calciatrice come lei nel nostro campionato. Al momento tra i cinque maggiori campionati Chawinga è quella con la miglior media gol, uno ogni 84 minuti. Meglio di Asisat Oshoala (attaccante del Barcellona, un gol ogni 90 minuti) e Alba Redondo (attaccante del Levante, un gol ogni 95 minuti). Magari a fine stagione perderà questo primato, in una seconda parte della stagione in cui affronterà avversarie più forti, ma una certezza rimane: quella di avere in Italia uno dei talenti più cristallini e spettacolari del calcio femminile.