Nella passata stagione il Tottenham è arrivato in finale di Champions League con la stessa identica rosa della stagione precedente. Un caso più unico che raro per un club di così alto livello, ma che ha permesso paradossalmente agli Spurs di certificarsi come una tra le prime quattro squadre inglesi e arrivando a sfiorare il trofeo continentale più ambito.
Dove non si arriva con il denaro (per la verità investito nella costruzione del nuovissimo Tottenham Hotspur Stadium, inaugurato finalmente lo scorso aprile) si può arrivare con la progettualità: il club inglese ha puntato su un allenatore con una filosofia di gioco riconoscibile e un nucleo consolidato di calciatori, scelti tra quei giovani che le squadre top non avevano considerato e che gli Spurs hanno saputo far maturare con pazienza e metodo.
Ma una strategia del genere si regge su equilibri delicati e mantenerli è un’arte. Un po’ come il mosaico in cui ogni tessera si inserisce e completa tra le altre, la squadra di Pochettino era un’opera complessa costruita modellando ruoli e compiti tattici sui calciatori a sua disposizione.
Come si sostituisce un centrocampista unico
A gennaio però, il club ha fatto uno strappo alla regola che si era autoimposto e ceduto Moussa Dembele al Guangzhou R&F. Il tecnico argentino ha dovuto definitivamente rinunciare all’incredibile combinazione di doti del centrocampista belga, l’equivalente calcistico di un “unicorno” (92,7% di precisione dei passaggi, 3,6 dribbling riusciti con l’83,9% di successo e 3,1 contrasti vinti ogni 90 minuti da centrocampista centrale nel 2017/18), che però da settembre era già stato costretto a saltare 21 partite per infortunio, costringendolo a trovare un sostituto con Sissoko fin da inizio stagione.
Proprio per le sue peculiarità tecnico-tattiche, Dembele si è dimostrato irrimpiazzabile e, seppure Sissoko abbia dato un’interpretazione tutta sua al ruolo, portando a centrocampo un’esuberanza fisica ormai sconosciuta al belga (che a 31 anni ha scelto la Cina non solo per i soldi, ma anche probabilmente per dare tregua a un fisico ormai stremato), ma senza la stessa compostezza sulla palla, l'abilità di dribbling nello stretto e una grandiosa capacità di liberarsi del pallone al momento giusto. L’ex compagno Jermaine Jenas lo aveva paragonato a un’aspirapolvere.
Ecco che i 65 milioni di sterline spesi per strappare Tanguy NDombele al Lione 500 giorni dopo l’ultimo acquisto ufficiale, non sono solo un atto di forza che rimarca il balzo nell’elité del calcio mondiale del club, ma anche l’esigenza di aprire i cordoni della borsa (è l’acquisto più oneroso della storia degli Spurs) per sostituire un centrocampista unico nel panorama mondiale con uno altro altrettanto unico e con almeno altri dieci anni di carriera ad alto livello davanti.
In un’era in cui le statistiche, nonostante alcune dichiarazioni di facciata, sono ormai una variabile dell’equazione del calciomercato, non era poi così complicato accorgersi che non erano solo i cognomi di Dembelé e Nodmbele ad assomigliarsi, ma anche i loro numeri in campo. Seppur, sia noto e abbastanza ovvio che i numeri non traslino perfettamente tra un campionato nazionale e l’altro, il francese ha un profilo statistico simile a quello del belga, con una percentuale di passaggi completati dell’89,3%, il 75,6% di successo nell’uno contro uno, 2,6 dribbling vincenti (dato oltre il 95.esimo percentile tra i centrocampisti europei) e 2,3 contrasti vinti ogni 90 minuti.
Se vogliamo il suo percorso ricorda quello di N’Golo Kanté, anche se le motivazioni per cui Ndombele era rimasto lontano dal calcio di prima fascia sono differenti.
La carriera anomale di Ndombele
Cinque anni fa la sua carriera sembrava infatti praticamente finita, dopo che il Guingamp aveva deciso non gli aveva offerto un contratto per le sue croniche difficoltà nel mantenere un peso forma e uno stile di vita adeguati per un calciatore professionista. L’Amiens, appena retrocesso in terza divisione, decise però comunque di dargli un'altra chance. Il ragazzo di origini congolesi è riuscito a superar le difficoltà di inizio carriera, e dopo due anni nelle riserve è riuscito a mettersi in luce anche in prima squadra, nel frattempo risalita fino in Ligue 1.
Una scalata che gli è valsa l’attenzione del Lione, che due anni fa si è affrettato ad accaparrarselo con un prestito da 2 milioni a cui ha fatto seguito un meritato riscatto da 8. In un paio di stagioni Ndombele è passato dalla squadra riserve dell’Amiens a giocare un ottavo di finale di Champions contro il Barcellona. Un salto quantico a cui però ha corrisposto un innalzamento di qualità anche nel gioco e nell’atteggiamento.
Anche se nella foto di rito, in cui sorridente firma il contratto con il Tottenham con cappellino e maglietta degli Spurs addosso, non dà esattamente l’impressione del calciatore moderno muscoloso con massa grassa prossima allo zero, sul campo dimostra resistenza e forza fisica, elementi che di sicuro lo rendono adatto ad un campionato come la Premier League, ma che ne esaltano anche le doti tecniche.
Nelle sue prime dichiarazioni ha dimostrato di aver smussato alcuni tratti del suo carattere incompatibili con la vita dello sportivo di alto livello (per intendersi: la voglia), sottolineando in prima persona quanto siano ancora ampi i suoi margini di miglioramento e quanto un club come il Tottenham, e soprattutto un allenatore come Pochettino, possano significare per il suo sviluppo come calciatore. Si è persino dichiarato “eternamente insoddisfatto”, dichiarazioni che stonano con l’attitudine di inizio carriera e dimostrano anche i notevoli passi avanti dal punto di vista mentale.
Cosa rende prezioso Ndombele
Oltre alla ritrovata volontà di affermarsi, a renderlo così desiderato sul mercato è il tratto caratteristico del suo gioco: il dribbling. È veramente difficile trovare nei cinque maggiori campionati europei un centrocampista centrale che dribbla con la sua efficacia e volume.
Con la crescente intensità del gioco, i centrocampisti centrali in grado di aprire spazio o togliere pressione alla propria difesa con il dribbling sono diventati un asset dal valore inestimabile, tanto più se hanno solo 22 anni.
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Ndombele pensa al dribbling ancora prima di ricevere palla e riesce a eludere l’intervento dell’avversario che gli viene incontro in corsa. Si ritrova dunque con spazio da aggredire di fronte a sé, mentre i compagni possono aggredire la profondità.
Ndombele ha un controllo di palla notevole e un ottimo equilibrio che lo rendono un portatore di palla provetto, molto resistente alla pressione avversaria. Sa sfruttare molto bene il corpo dell’avversario, che a volte utilizza quasi come un perno su cui ruotare con il corpo per nascondere la palla. Inoltre, ha un intuito innato che gli permette di anticipare sempre i movimenti prima ancora di ricevere il passaggio per disorientare l’avversario, oppure di cambiare repentinamente passo e direzione.
È dotato di una certa fantasia e creatività e il suo bagaglio tecnico contiene anche finte, doppi passi e colpi di tacco, come quello che ha mandato in porta Moussa Dembele (quello francese) nel 3-0 esterno rifilato al Marsiglia al Velodrome.
Ndomebele tende a usare molto l’esterno destro del piede, sia nel primo controllo che in conduzione, cosa che giocando principalmente come centro-destra (sia nel 4-3-3 che nel 4-2-3-1) tende a portarlo anche verso la fascia, da dove arrivare al cross. Nella sua azione più tipica si crea lo spazio con l’esterno del piede per poi rientrare verso l’interno, con cui gioca palle verticali sempre pericolose e spesso anche decisive (7 assist nella passata stagione, 13 in due campionati di Ligue 1), soprattutto in transizione.
Di norma gioca passaggi relativamente corti e sa palleggiare, ma sui ribaltamenti di fronte è sempre molto aggressivo e cerca il “killer pass” con decisione. D’altronde le sue doti tecniche lo rendono il giocatore perfetto per spezzare i blocchi e guidare i ribaltamenti da difesa ad attacco.
Eppure Ndombele si adatta perfettamente anche a giocare nello stretto, altra qualità che lo rende un acquisto versatile in dinamiche tattiche multiple, oltre che molto funzionale al gioco del Tottenham, che si troverà sempre più spesso a dover scardinare blocchi difensivi bassi racchiusi negli ultimi 25 metri di campo. Caratteristica che lo differenza anche da altri centrocampisti arrivati in Premier con la fama di “zone-mover” come Imbula, Lemina e persino Keita, che si trovano più a proprio agio in contesti di gioco con più spazio e in cui la loro intensità emerge con naturalezza.
A 22 anni, Ndombele è un progetto di centrocampista unico, di cui abbiamo probabilmente intravisto solo alcune delle sue qualità. La curiosità di vedere come riuscirà ad adattarsi a una squadra e a un campionato che richiedono un ulteriore livello di applicazione è tanta. Quello che gli manca è l’incisività in zona gol (solo 3 reti nella passata stagione, di cui 2 in Champions League) e di aumentare la propria influenza nel pressing di squadra a tutto campo, senza più cali di continuità o centrazione difensiva nell’arco dei 90 minuti.
Nelle speranze del Tottenham Ndombele rappresenta il futuro del proprio centrocampo, che ora potrà essere plasmato con la consapevolezza di avere in casa un giocatore versatile, con una rara combinazione di qualità tecniche e che ha desiderato con forza gli Spurs, nonostante la corte dei maggiori club europei.