Vorrei iniziare questo pezzo con un piccolo disclaimer: se non avete ancora potuto vedere gara-6 tra Oklahoma City Thunder e Golden State Warriors, trovate del tempo nel corso della giornata per assistere alla miglior partita di questa stagione di NBA. Perché questa gara-6 è uno di quegli eventi che passano raramente e che allo stesso tempo rendono così speciale seguire giorno dopo giorno la NBA — non solo per la qualità e l’intensità mostrata in campo, ma anche per il drama di una squadra che si giocava il ritorno alle Finals dopo 4 anni e l’altra che doveva salvare una stagione storica dalla delusione di non coronarla con un titolo.
Per quelli che la volessero rivivere, qui la NBA ha raccolto i migliori canestri in 10 minuti
Alle corde
Solo qualche giorno fa scrivevamo di come Golden State fosse sull’orlo del baratro dell’eliminazione, dopo una gara-4 dominata tatticamente e atleticamente dai Thunder. Il primo tempo di gara-6 ha ripercorso un po’ tutti i temi che avevamo già visto nelle prime 5 partite della serie: i cambi sistematici di OKC che bloccano l’attacco di Golden State (9 palle perse nei primi 24 minuti), Durant & Westbrook immarcabili al di là delle brutte percentuali al tiro (11/31 combinato), l’atletismo e la fisicità dei Thunder che sovrasta gli Warriors (30 punti in area contro 14).
E la rivincita di Adams su Draymond Green a puntualizzare il tutto
Dopo essere andati avanti anche di 13, però, i Thunder hanno dovuto subire la prima sfuriata di triple di Klay Thompson — il quale già in gara-4 aveva fatto vedere di trovarsi a suo agio con i ferri della Chesapeake Energy Arena — che ha chiuso il primo tempo con 4 delle 9 triple degli ospiti, riducendo il distacco a soli 5 punti. Un affare, visto il modo in cui avevano giocato i padroni di casa fino a quel momento.
Per tutta la stagione il terzo quarto è stato il regno di Steph Curry, che ha segnato di media quasi 10 punti nei 12 minuti successivi all’intervallo — spesso decidendo le partite in quel periodo e riposandosi nell’ultimo quarto. A inizio terzo quarto ha avuto una grossa mano da Klay Thompson, che ha ricominciato a tartassare la difesa dei Thunder con altre due triple che hanno portato avanti Golden State, ma poi ha preso in mano la questione segnando 14 punti nel periodo, tenendo testa ai 18 della coppia Durant-Westbrook.
Ciò nonostante, nel terzo quarto si sono visti i due più grossi problemi delle due squadre: per Golden State la mancanza di un centro affidabile da accoppiare ad Adams (perché Bogut tende a stancarsi in fretta a questi ritmi e viene mandato in lunetta per sfruttarne le difficoltà ai liberi, Speights difensivamente non è sostenibile e il minuto in campo di Ezeli è stato drammatico); per OKC il fatto che la rotazione è sostanzialmente a sei uomini — visto che Kanter, Foye e Morrow hanno disputato 8 minuti combinati nel secondo tempo —, arrivando con sempre meno opzioni (1 punto della coppia Ibaka-Waiters nel secondo tempo) e soprattutto stanchi nel finale di gara. Perché marcare gli Warriors in quel modo per sei partite richiede uno sforzo fisico e mentale prosciugante, dato che non ci si può distrarre nemmeno un secondo per 48 minuti filati, pena vedersi sparata in faccia una tripla da parte di due dei migliori tiratori della storia della Lega.
È normale avere questo tipo di problemi di profondità del roster in questo momento della stagione, visto che a questo livello nessuna mancanza viene più perdonata: la differenza è che i Thunder non hanno saputo trovare una risposta, mentre gli Warriors sì. E quella risposta è stato, come per tutta la stagione, il Death Lineup con Draymond Green da 5.
Redde rationem
A questo punto della “narrazione” è opportuno spendere qualche parola su Klay Thompson, che ieri notte ha semplicemente sfoderato una delle migliori prestazioni della storia dei playoff. E non solo per le 11 triple segnate, che rappresentano il record ogni epoca della post-season NBA, ma per i modi e i tempi con cui ha torturato qualsiasi cosa gli sia parata davanti. Il sistema difensivo di cambi vorticosi dei Thunder è fatto apposta per fermare il pick and roll tra Curry e Green, che per tutto l’anno è stato immarcabile e che si è invece scoperto improvvisamente umano davanti alle braccia infinite di Durant; ma sfruttando i cambi sistematici gli Warriors sono riusciti a far ricevere Thompson con un marcatore più basso davanti, che fosse Waiters o Westbrook, punendo ripetutamente quel cambio con una sassaiola di triple che ha fatto cadere in ginocchio pure il proprietario Joe Lacob.
L’assurda prestazione di Klay: 41 punti, 11/18 da tre di cui 7/10 nel secondo tempo, 19 punti in un ultimo quarto in cui ha segnato da solo più di tutta OKC
Gli Warriors hanno vinto due volte a Oklahoma City in questa stagione, ed entrambe le volte hanno avuto bisogno di una prestazione da record degli Splash Brothers — con le 12 triple di Curry in regular season e le 11 di Thompson ieri notte. Questo per testimoniare la forza di una squadra, i Thunder, che tra le mura amiche è dannatamente difficile da battere, tanto è vero che a 5:48 dalla fine erano sopra di 7 e già in situazione di bonus, che solitamente equivale a viaggi in lunetta continui quando hai due attaccanti come Westbrook e Durant, e a un’ottima probabilità di vincere.
Solo che negli ultimi cinque minuti di partita sono riemersi tutti i valori espressi dalla regular season, con i problemi di esecuzione dei Thunder per chiudere le gare nel crunch time e l’arma definitiva degli Warriors con il Death Lineup (+11 nei 7 minuti giocati nell’ultimo quarto), che sembrava inutilizzabile nel corso di questa serie e invece ha salvato la stagione nel momento più importante. Soprattutto, Golden State ha vinto la partita con due difese enciclopediche di Andre Iguodala, che a livello di importanza in quei due possessi su Durant e Westbrook ha eguagliato quello che Thompson ha fatto nella metà campo offensiva.
Prima il recupero contro KD — propiziato anche dal raddoppio di Steph che tratta Waiters come un Roberson qualsiasi —, poi transizione immediata e tripla per il pareggio (Durant lento nel riconoscere la presenza di Steph, probabilmente per stanchezza)
Enciclopedici scivolamenti laterali e rubata mentre Westbrook porta in alto il pallone, quindi transizione immediata e tripla spezza-gambe di Thompson. Nel mezzo, Iggy aveva anche segnato due punti in avvicinamento contro Roberson.
Possessi del genere avrebbero tramortito chiunque, e i Thunder non hanno saputo costruire nulla che alleggerisse un po’ il carico di responsabilità che Durant e Westbrook si portano sulle spalle da ormai otto anni, ricadendo nei vecchi vizi di isolamenti e cattiva esecuzione che gli Warriors hanno punito severamente (la difesa di Golden State ha contestato 46 tiri alla coppia KD+RW, lasciandogliene solo 12 senza una mano davanti). Avrebbero potuto certamente fare meglio di così, ma crocifiggerli per quanto fatto ieri notte è un ragionamento che non prende in considerazione l’eccezionalità dell’impresa di Golden State, come se i Thunder avessero giocato e perso da soli in un cinque-contro-zero. A volte la realtà delle cose è semplicemente che gli avversari hanno giocato a livelli irripetibili — e non c’è nulla di cui vergognarsi quando quegli avversari sono la squadra campione NBA in carica capace di vincere 73 partite su 82 in regular season.
Poi, giusto per ricordarci che questo è pur sempre il suo mondo e noi siamo solo degli astanti di passaggio, Curry ha messo fine alla partita con questo canestrino.
Waiting for game-7
Per qualche strana ragione, quando una squadra perde i giudizi su di essa diventano immediatamente netti e definitivi. Solo tre giorni fa eravamo tutti ai piedi di Westbrook e Durant, oggi sono dei choker che “spariscono quando conta” (quindi le prime 5 partite della serie non contavano?); tre giorni fa erano già partite le rotative su come le 73 vittorie di Golden State non contassero nulla (anzi, di come li avessero palesemente affaticati per i playoff), ora che Steph e Klay ne hanno segnati 71 sono tornati la miglior squadra di sempre.
È un giochino stupido e superficiale, non degno dello spettacolo che queste due squadre hanno messo in campo in questa serie. Visto che per sua stessa natura la pallacanestro richiede che una squadra vinca e una perda, dato che il pareggio non è contemplato, possiamo almeno fare lo sforzo di non ridurre i nostri ragionamenti a “chi vince è il meglio / chi perde è un incapace”? Abbiamo una gara-7 straordinaria in arrivo lunedì notte, e per quanto si è visto finora nessuna squadra può essere definita “perdente”. Sempre che questa etichetta abbia mai significato qualcosa.