Provare a riassumere l’andamento tattico della Serie A 2019/20 è particolarmente complicato a causa del suo anomalo svolgimento, con una lunghissima pausa forzata tra marzo e giugno e una ripresa frenetica in piena estate con le squadre costrette a giocare una partita ogni tre giorni. Nonostante ciò, nel corso della stagione sono emersi comunque esperimenti interessanti, più o meno estremi, che hanno reso il nostro campionato uno dei più stimolanti da un punto di vista tattico.
D'altra parte, le premesse sembravano promettenti già dall'inizio. Quattro tra le migliori squadre italiane, per motivi diversi, avevano deciso contemporaneamente di iniziare la stagione con un nuovo allenatore in panchina. La Juventus dopo 5 anni ha deciso di interrompere il proprio rapporto con Massimiliano Allegri affidando la panchina a Maurizio Sarri, con la volontà di dare una profonda svolta tattica alla sua squadra. All’Inter è arrivato Antonio Conte, vincitore del campionato al primo tentativo con Juventus e Chelsea, ma reduce da una stagione complicata a Londra. La Roma, dopo averlo affrontato negli scontri in Champions League contro lo Shakthar Donetsk, ha scelto il portoghese Paulo Fonseca, uno dei rarissimi casi di allenatore straniero senza alcuna esperienza in Italia scelto da una squadra di Serie A, un campionato tradizionalmente molto conservatore in questo senso. Il Milan invece ha deciso di puntare forte su Marco Giampaolo, reduce da una brillante esperienza con la Sampdoria.
Se si esclude Giampaolo, tutti allenatori che venivano da un'esperienza all'estero, a cui bisognava aggiungere anche Carlo Ancelotti, che era arrivato sulla panchina del Napoli la stagione precedente. Un bel passo in avanti, insomma, per un campionato in cui l’attenzione al risultato ha spesso frenato le innovazioni tattiche nate nel resto d’Europa, spesso considerate troppo spregiudicate e rischiose.
Dietro questi nomi, poi, ai nastri di partenza si sono presentati anche tanti allenatori che hanno innovato il campionato italiano senza importare idee e concetti dall'estero, per esempio Simone Inzaghi alla Lazio, Gasperini all’Atalanta, De Zerbi al Sassuolo e D’Aversa al Parma - solo per citarne alcuni.
Questa varietà nella scelta dei tecnici sulle panchine delle squadre di Serie A si è riversata sul gioco, caratterizzato anche questa stagione da una notevole diversità tattica. All’interno di questa varietà e tra le differenze è, però, comunque possibile riconoscere alcune tendenze generali che hanno segnato profondamente questo campionato.
L'influenza del gioco di posizione
Una delle più consolidate tendenze del calcio moderno è il gioco di posizione. Sebbene non siano ancora molte le squadre che utilizzano in maniera integrale i suoi principi, una misura del successo e della validità dei presupposti teorici che costituiscono la base del gioco di posizione è la capacità di contaminare, con i suoi concetti, costruzioni tattiche diverse e magari lontane tra loro. Un esempio lampante Serie A è la ricerca da parte di molte squadre della costruzione palleggiata dal basso, accompagnata magari da mutazioni dello schieramento della linea arretrata, per facilitare la circolazione del pallone e la creazione di superiorità posizionale con la quale vincere la battaglia contro il pressing avversario.
La costruzione dal basso rimane uno degli strumenti tattici per “salir jugando”, cioè letteralmente uscire dalla difesa giocando, attirando la pressione avversaria per creare alle sue spalle spazi utili dove far ricevere i centrocampisti e mantenere al contempo le corrette distanze. Per farlo è fondamentale creare superiorità posizionale in zona arretrata - una scelta tattica che è possibile trovare persino in squadre che preferiscono lanciare lungo e attaccare le seconde palle. Persino il Parma di D’Aversa, che con quasi 62 passaggi lunghi ogni 90 minuti è ampiamente la squadra di Serie A che fa più affidamento a questo strumento, in fase di costruzione della manovra prova a creare le migliori condizioni possibili per il successo dei suoi lanci lunghi da dietro tramite l’adozione di schieramenti o di meccanismi in zona arretrata capaci di generare superiorità posizionale.
Contro il pressing offensivo portato da due punte, ad esempio, il Parma sceglie di palleggiare lungo una linea arretrata con 3 giocatori, generalmente i due centrali e uno dei terzini, per attirarne la pressione e utilizzare a proprio vantaggio la superiorità numerica garantendosi la possibilità di effettuare un lancio lungo in situazione di palla scoperta. La squadra di D'Aversa utilizza spesso costruzione della manovra anche il portiere Sepe, tra i due centrali, per dilatare le distanze tra la difesa e il centrocampo avversario e al tempo stesso creare i presupposti per un lancio a palla scoperta e un vantaggio in vista della seconda palla. L’impiego del portiere nella manovra costringe infatti la squadra avversaria a fare una scelta e, eventualmente, costringere le difese avversarie ad abbassarsi o, se tentano di rimanere alte, a essere più vulnerabili in profondità.
L’Atalanta pressa, come di consueto, uomo su uomo la costruzione bassa del Parma, che per garantirsi superiorità numerica utilizza attivamente il portiere Sepe. Gomez lascia la marcatura di Dermaku e pressa Sepe, avendo cura di coprire la linea di passaggio verso il centrale del Parma. Sepe quindi raggiunge Dermaku tramite l’utilizzo del cosiddetto "terzo uomo”, cioè Kurtic, che si muove incontro a Sepe e gioca di sponda verso il compagno. Il Parma ha tramutato la superiorità numerica in superiorità posizionale. La linea difensiva dell’Atalanta è costretta ad abbassarsi.
In un ipotetico spettro tattico della Serie A, all'estremo opposto del Parma di D'Aversa troviamo invece il Sassuolo di De Zerbi. I neroverdi nel ritorno contro l’Atalanta hanno più volte creato azioni offensive pericolose attaccando la profondità alle spalle delle aggressive marcature dei difensori di Gasperini. Una delle chiavi della strategia di De Zerbi è stata l’utilizzo spregiudicato del portiere Consigli, impiegato in costruzione in mezzo ai due centrali anche ben oltre la linea dell’area di rigore. Il continuo e avanzato impiego del portiere in fase di costruzione ha disorientato il sistema di marcature a uomo dell’Atalanta che con i due attaccanti del proprio 3-4-1-2 marcava i due centrali del Sassuolo, i quali rimanevano ben larghi ai fianchi di Consigli per dilatare le distanze della pressione nerazzurra. In questo modo, Consigli poteva tenere palla e far partire la manovra: se pressato da uno dei centrocampisti o dagli attaccanti avversari doveva trovare l’uomo libero alle spalle della pressione. Se, invece, come accadeva più spesso, l’Atalanta lo lasciava giocare senza andare a contrastarlo la conduzione palla del portiere del Sassuolo creava le condizioni ideali per un lancio lungo senza pressione che minacciava direttamente la zona profonda alle spalle della difesa avversaria che provava a rimanere alta in una scomoda situazione di palla scoperta.
Squadra completamente diversa dal Parma, ma il Sassuolo affronta il dilemma delle marcature a uomo dell’Atalanta in maniera simile. Consigli è libero di giocare il pallone e, a palla scoperta, gli attaccanti di De Zerbi possono attaccare le spalle dei difensori dell’Atalanta.
Consigli è il portiere che ha effettuato più passaggi chiave (4) nei migliori 4 campionati europei (abbiamo escluso la Ligue 1 francese, data la sua interruzione per via della pandemia di Covid-19). Alla luce del ruolo riservato al portiere neroverde nell'attaccare la profondità alle spalle delle difese avversarie con i lanci, sembra adesso meno paradossale che sia proprio il portiere di una squadra così votata al palleggio quello che ha più volte portato al tiro un compagno con un lancio lungo. In realtà è proprio il particolare utilizzo di Consigli (usato anche in maniera più estrema da Valverde con Ter Stegen nel Barcellona) e, più in generale, l’adozione di meccanismi di creazione di superiorità numerica sulla linea arretrata, a consentire al Sassuolo di trovare spazi da attaccare direttamente con lanci dalla propria porta.
Più in generale è interessante notare come due allenatori molto diversi, cioè De Zerbi e D'Aversa, tra loro abbiano entrambi lavorato durante la stagione su meccanismi simili in fase di impostazione bassa al fine di attirare la linea difensiva avversaria per poi attaccarla con un lancio lungo. Certo, la strategia di De Zerbi è più complessa ed è solo una delle tante opzioni previste dal gioco del Sassuolo, mentre la squadra di D’Aversa lo utilizza con continuità per sviluppare un attacco centrato su principi diversi. Eppure il fatto che due costruzioni di gioco per certi versi opposte utilizzino un meccanismo tattico mutuato dal gioco di posizione dimostra il grado di influenza di quest’ultimo sugli sviluppi del calcio moderno in generale e della Serie A in particolare.
La costruzione dal basso o, ancora meglio, la ricerca di vantaggi posizionali in zona arretrata da capitalizzare più avanti nel campo è ormai un tratto caratteristico di buona parte delle squadre dello spettro compreso tra Parma e Sassuolo. Negli ultimi 4 anni i passaggi nel proprio terzo di campo difensivo sono progressivamente aumentati in Serie A, sia in termini assoluti che come frazione del totale. E in questo senso bisogna per forza citare anche l’avvento della nuova regola sulla rimessa dal fondo, che ha ulteriormente aumentato l'enfasi da porre sulla costruzione dal basso.
Più avanti nel campo
Come già detto il Parma ricerca vantaggi posizionali sulla linea arretrata per abbassare la difesa avversaria e regalarsi il tempo di posizionare i suoi giocatori offensivi per un migliore attacco delle spizzate e delle eventuali seconde palle. In questo è in qualche modo simile alla Lazio di Simone Inzaghi, una squadra che prova a trarre vantaggio dal palleggio del rombo arretrato (coadiuvato anche dal portiere) per crearsi la possibilità di attaccare in un campo grande dove si esaltano le qualità dei suoi giocatori offensivi oppure, in alternativa, guadagnare terreno così da costringere la linea difensiva avversaria ad arretrare e a quel punto alzare Milinkovic-Savic sulla linea degli attaccanti. Il centrocampista serbo, con la sua capacità di vincere duelli aerei, permette infatti alla Lazio di cercarlo direttamente in area di rigore per creare situazioni pericolose.
Il Sassuolo modula invece i suoi attacchi in base alle differenti difese avversarie. Contro pressioni aggressive e difese alte è capace, come visto, di lanciare lungo o, ancora più frequentemente, di avanzare velocemente di reparto in reparto sfruttando a catena i vantaggi posizionali ottenuti, in pieno accordo con i principi del gioco di posizione. Contro pressioni più prudenti e blocchi difensivi più bassi e compatti, sceglie invece di muovere con pazienza il pallone, per manipolare gli avversari e generare vantaggi posizionali con una selezione di passaggi costantemente orientata a questo obiettivo.
Anche la Roma di Paulo Fonseca abbraccia in maniera estesa i principi del gioco di posizione, sebbene forse con un approccio meno sfaccettato rispetto a quello della squadra di De Zerbi. L’idea di base dell’allenatore portoghese, peraltro non sempre ben realizzata in campo, è quella di attaccare velocemente dopo una paziente fase di attrazione del pressing avversario. Antonio Conte ha invece riportato in Italia la sua peculiare visione del gioco di posizione, mostrando costruzioni dal basso, che hanno ampiamente coinvolto il portiere Handanovic, pregevolissime e di estrema efficacia, che aprivano il campo agli attacchi nerazzurri.
Memorabile, in quest’ottica, il primo tempo giocato dalla squadra di Antonio Conte a Barcellona. La volontà è quella di far fruttare velocemente i vantaggi posizionali ottenuti dalla ottima costruzione dal basso, attraverso una manovra rapida che coinvolge la coppia di attaccanti o in alternativa, l’uomo libero in ampiezza sul lato debole. Un approccio per certi versi simile a quello dell’Inter è stato quello della SPAL di Semplici, condannato dalle carenze tecniche della sua rosa, e del 3-5-2 di Gotti all’Udinese capace di una buona fase di circolazione bassa del pallone.
Piuttosto peculiare invece l’approccio al gioco di posizione della Juventus di Sarri che, al di là di un breve periodo in cui ha adottato il rombo di centrocampo, ha quasi sempre schierato la squadra con un modulo ibrido tra il 4-3-3 e il 4-4-2 , creando un ampio sovraccarico della fascia destra per consolidare il possesso, abbassare la difesa avversaria e preparare la riaggressione. Tuttavia la Juventus non ha mai utilizzato un “uomo libero” in ampiezza sul lato debole e il suo palleggio è stato più orientato al mantenimento del pallone che a far fruttare, a catena, i vantaggi posizionali ottenuti dal sovraccarico sulla fascia destra. Una scelta probabilmente figlia sia delle caratteristiche dei giocatori, poco avvezzi in genere a muoversi in profondità senza palla, sia della volontà dell’allenatore di adottare una circolazione prudente per mantenere la squadra il più possibile compatta e di utilizzare il possesso palla anche come arma difensiva.
Molto interessante in questo senso è il lavoro fatto da Rino Gattuso al Napoli. Dal suo arrivo a stagione in corso l’allenatore ha costruito una squadra dalle idee chiare e definite che, in fase offensiva, si declinano in una insistita costruzione dal basso che coinvolge il portiere, motivo per cui spesso ha preferito Ospina, più abile con i piedi, a Meret. Superata la prima pressione, la squadra di Gattuso mantiene aperti gli esterni offensivi, sviluppandosi attraverso i movimenti della catena laterale del 4-3-3 e con l’occupazione degli spazi alle spalle del centrocampo avversario da parte delle mezzali.
Allontanandoci dalle squadre maggiormente vicine al gioco di posizione, un’esperienza abbastanza unica è il Milan di Pioli. Il tecnico, che pareva destinato a essere sostituito da Rangnick, è quello che più di tutti ha adottato uno stile di gioco per certi versi riconducibile alla scuola tedesca, fatta di pressing e attacchi in verticale. Il 4-2-3-1 di Pioli in fase offensiva utilizza combinazioni rapide e strette a pochi tocchi dei suoi trequartisti, sovraccarichi e sovrapposizioni dei terzini per attaccare le difese avversarie. Non casualmente, tornato a un ritmo di gioco simile a quello con cui era esploso al Bayer Leverkusen di Roger Schmidt, Hakan Calhanoglu ha innalzato il suo livello di gioco, fino ad allora piuttosto deludente in Italia.
C’è poi l'Atalanta di Gasperini, che sebbene non sia una novità, rimane sempre un sistema unico, arricchito in questa stagione dall’evoluzione a “tuttocampista” del Papu Gomez, capace di abbassarsi sulla linea difensiva a cucire il gioco oltre ovviamente a rifinirlo sulla trequarti. Lo sviluppo offensivo della manovra della squadra rimane comunque fondamentalmente centrato sul gioco esterno e sulla formazione di superiorità numerica e posizionale sulle fasce. La pass map dell’Atalanta è riconoscibile tra tutte quelle della Serie A per la formazione di triangoli e rombi esterni e un sostanziale svuotamento del centro del campo, utilizzato solo per passare da un lato all’altro del campo. Il Verona di Juric, allievo di Gasperini, ha in gran parte ricalcato con estremo successo lo stile di gioco dell’Atalanta.
Le peculiari e simili tra loro pass map di Atalanta e Verona.
In generale il gioco offensivo delle squadre della Serie A mostra una notevole variabilità tattica tra loro. Anche le squadre con mezzi tecnici inferiori provano mediamente a giocare un calcio propositivo e offensivo che rispecchi le idee dei propri allenatori. È il caso del Bologna di Mihajlovic e del Lecce di Fabio Liverani ad esempio, due squadre che in questa stagione, con alterna fortuna, non hanno mai rinunciato a offrire un calcio offensivo organizzato e intraprendente.
In questo senso, è sorprendente che la produzione offensiva del campionato italiano sia la migliore tra i principali 4 campionati europei per quanto riguarda i tiri in porta (10.6 tiri in open play p90) e la seconda per xG in open play (1.25 p90, contro 1.28 della Bundesliga).
La fase di recupero palla
Assieme al gioco di posizione, l’altra grande scuola tattica ad aver più influenzato la tattica è quella tedesca, con particolare riferimento all’utilizzo del pressing e del gegenpressing utilizzati, oltre che come forma attiva di recupero del pallone anche come mezzo per preparare transizioni offensive pericolose grazie a un recupero del pallone in zone favorevoli.
Anche in questo senso non si può dire che la Serie A non sia stata influenzata. Se è vero infatti che l’indice PPDA medio del campionato italano è più alto solo di quello della Spagna (15.3 per la Liga, 15.8 per l’Italia), è anche vero che il numero di palloni recuperati in zona offensiva segue esattamente l’andamento opposto, con le squadre tedesche che recuperano alto mediamente quasi 14 palloni a partita, mentre quelle italiane ne recuperano uno in meno, peggio solo delle squadre della Liga.
Può sembrare un controsenso, ma non lo è: la costruzione dell’indice PPDA misura le azioni difensive di una squadra in zone avanzate di campo, ma non direttamente la sua efficacia nel tradurre le stesse in palle recuperate. Alla luce di questo possiamo dire che la Serie A è un campionato dove si pressa in maniera abbastanza aggressiva, ma non sempre efficace. Al contrario le squadre italiane brillano nella rapidità nel trovare un tiro dopo un’azione difensiva portata in zone avanzate di campo: la media del campionato dei cosiddetti “high press shot” (cioè i tiri effettuati 5 secondi dopo una palla recuperata grazie a un’azione difensiva portata nella metà campo avversaria) è più alta (3.13 tiri a partita) di quella di Bundesliga (2.90), Premier Leauge (2.60) e Liga (2.06). Ben 7 squadre italiane occupano, insieme a Bayern Monaco, RB Lipsia e Manchester City i primi 10 posti nei migliori 4 campionati europei nella graduatoria degli high press shot.
Dati forniti da StatsBomb.
La maggior parte delle squadre del nostro campionato predilige un pressing orientato sull’uomo. Tra le 5 squadre che hanno il PPDA più basso – in ordine Bologna, Torino, Atalanta, Juventus e Milan – solo la squadra di Sarri ha mostrato fasi di pressing meno incentrato sul controllo individuale degli avversari e più attente a giocare sulle linee di passaggio degli avversari. Il Sassuolo di De Zerbi è l’esempio più chiaro di squadra che attua un pressing chiaramente orientato a manipolare lo spazio attorno al portatore di palla avversario attraverso un posizionamento difensivo che vuole indirizzare e intercettare le traiettorie di passaggio.
C’è, in ogni caso, un gruppo abbastanza nutrito di squadre che fa della difesa posizionale una scelta strategica. Il Parma, l’Udinese e la Lazio preferiscono attendere gli avversari nella propria metà campo per avere campo lungo da attaccare in ripartenza. La Sampdoria di Ranieri, attentissima a tenere strette e ordinate le linee del suo 4-4-2 è un altro esempio, molto ben riuscito, di squadra attenta a difendere compatta nella propria metà campo.
Al di là delle filosofie difensive di ogni squadra, comunque, la flessibilità delle squadre è una cifra tattica caratteristica del campionato di Serie A. Le singole squadre sono capaci di modulare le loro strategie di recupero palla in funzione degli avversari e dell’andamento della partita. Non solo sono in genere capaci di alternare fasi di pressing offensivo a difese basse e attendiste nella propria metà campo, ma possono modulare anche la tipologia di pressing alternando al bisogno il controllo degli spazi, con marcature più ravvicinate sugli organizzatori di gioco avversari o, magari, sui trequartisti.
In questo senso, è decisamente un cliché quello che vede quello della Serie A come un calcio prevalentemente difensivo e vagamente noioso. In realtà, la caratteristica principale, che in fondo costituisce proprio la ricchezza del campionato, è l’estrema variabilità tattica che è possibile ritrovare e la generale flessibilità degli approcci adottati dagli allenatori, capaci di variare spartito tattico in funzione di avversari e specifiche esigenze delle partite. Dentro questa variabilità si può riconoscere come le tendenze tattiche che maggiormente hanno influenzato il calcio mondiale nell’ultimo decennio abbiano influenzato a vari livelli anche la Serie A, grazie anche alle esperienze all’estero dei migliori allenatori italiani ma anche allo studio sempre più attento degli allenatori più giovani.
La fluidità degli schieramenti per ottimizzare la disposizione in campo nelle varie fasi di gioco è diventata nel giro di pochi anni quasi la norma in Italia. L’attenzione mai nascosta del nostro campionato per la fase difensiva e l’equilibrio non sembra comunque ostacolare un approccio offensivo più ricco e coraggioso e più in generale la ricerca di innovazione e di cambiamento. Da un punto di vista tattico, insomma, la Serie A - con squadre molto diverse tra loro, e per certi versi estreme, come, ad esempio, Atalanta e Sassuolo - è senza alcun dubbio uno dei più interessanti campionati europei.