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Il controverso torneo di tennis organizzato in Russia
18 nov 2025
Un'esibizione finanziata da Gazprom sta attirando diversi tennisti d'élite.
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7 min
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IMAGO / ITAR-TASS
(copertina) IMAGO / ITAR-TASS
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Nel mondo del tennis sono stati tre gli effetti più visibili della guerra tra Russia e Ucraina. Il primo è la squalifica, come successo negli altri sport, della Russia dalla Coppa Davis (privandola forse di alcune vittorie); il secondo è l’assenza di tornei ATP in territorio russo e bielorusso; il terzo, più indiretto, è la protesta permanente di alcune tenniste ucraine - Marta Kostyuk ed Elina Svitolina - che rifiutano di stringere la mano ai tennisti russi e bielorussi. Una protesta che ha fatto discutere, dato che Svitolina non ha stretto la mano (ma ha dato un cenno d’intesa) anche a Daria Kasatkina, critica della Russia di Putin e che ha recentemente adottato la cittadinanza australiana, rifiutando così di tornare in Russia. Un bel po' di tensione c'è stata a Parigi, quando Marta Kostyuk ha ricevuto fischi per essersi rifiutata di stringere la mano ad Aryna Sabalenka.

Le proteste proseguono ma della questione ucraina non si parla quasi più, almeno a livello tennistico. E complici gli sviluppi geopolitici non sembra nemmeno che si sia vicini a una riammissione delle bandiere russe e bielorusse in campo tennistico. Proprio per questo fa ancora più rumore la presenza di tanti tennisti russi, tra i migliori e non, alla Northern Palmyra Trophies, torneo di tennis che si giocherà il 29 e il 30 novembre a San Pietroburgo, Russia.

A partecipare ci saranno giocatori, principalmente russi, di ottimo livello. I capolista tra gli uomini sono Daniil Medvedev, numero 13 del mondo, e Karen Khachanov, mentre tra le donne Veronika Kudermetova, Diana Shnaider e Anastasia Potapova. Quello che fa più rumore però è la presenza dei non-russi, o quantomeno dei non-russi di facciata. Ci saranno infatti Alexander Bublik, di nazionalità kazaka ma nato a Gatcina, a sud di San Pietroburgo, e Yulia Putintseva, anche lei di passaporto kazako ma nata a Mosca.

Più interessante il plotone degli stranieri presenti. Dato che si tratta di un evento a squadre parliamo dei due capitani, nello stile della Laver Cup: il serbo Janko Tipsarevic, ex numero otto del mondo, e lo showman ed ex tennista Mansour Bahrami, ma soprattutto l’olandese Tallon Griekspoor, numero 25 del mondo e unico europeo tra i tennisti finora annunciati (tra cui ci sarà anche l’ex tennista russo Mikhail Youzhny). Ancora più nette le opinioni di Karen Khachanov, il secondo tennista più di alto profilo presente al torneo. Il russo pare in passato abbia anche litigato con Andrej Rublev a riguardo del suo mancato supporto alla guerra, dicendo (secondo i report) che la Russia avrebbe dovuto mostrare la sua grandezza al cospetto del mondo.

Perché se ne sta cominciando a discutere? Apparentemente l’NPT sembra un'esibizione come tante altre, con la sola differenza, rilevante però, che si gioca in Russia. Un fatto non neutro, soprattutto se vediamo chi c'è a finanziare il torneo. Dietro alla Northern Palmyra Trophies (nato nel 2022) c’è infatti la Gazprom, ricchissima e potentissima compagnia statale del settore energetico-minerario, e tra i principali finanziatori non solo della guerra stessa in Ucraina ma secondo il Financial Times anche di bande di volontari che combattono, chiaramente per la Russia, in suolo ucraino. E il nome della Gazprom compare in maniera evidente sul sito del torneo, che in teoria avrebbe numerosi partner (mai menzionati), ma nella sezione dedicata del sito fa campeggiare un logo gigante della Gazprom, a scanso di equivoci.

È questo che sta rendendo la partecipazione a questo torneo piuttosto controversa.

Per quanto marginale l’NPT, a detta degli organizzatori, ricopre un ruolo “diplomatico” nel tentare di riavvicinare la Russia con l’Europa. Un modo anche per portare il tennis in una regione del mondo dove, per già citati motivi, non c’è più. E l’organizzatore vero e proprio del torneo è l’agenzia Formula TX, che in passato organizzava eventi ATP in Russia come l’ATP250 di San Pietroburgo e anche al di fuori, ad esempio l’ATP 500 di Vienna. La direttrice generale della Formula TX (e quindi ex organizzatrice anche degli eventi ATP e WTA a San Pietroburgo) è Natalia Kamelzon, strenua sostenitrice di Vladimir Putin tanto da aver fatto mettere ad una squadra di un torneo di club del suo circolo a Mosca non solo la dicitura Russian Army, ma anche la Z tanto cara alla propaganda russa in relazione alla guerra. E sicuramente la nomenklatura russa non si è fatta sfuggire l’opportunità di mettere il cappello sul torneo, con tanto di autorità locali di San Pietroburgo e politici russi coinvolti nelle premiazioni e in generale interessate a promuovere il torneo.

La lista dei presenti fa discutere. Innanzitutto Daniil Medvedev, che in passato si è espresso in maniera critica sull’invasione russa (chiaramente non oltre certi limiti) e si era detto dispiaciuto per quello che i tennisti ucraini stavano passando nel Tour. D’altro canto però non molti forse ricordano cosa disse dopo l’Australian Open perso contro Rafa Nadal, in cui reagì male ai fischi del pubblico fino a dichiarare (preso dal momento) che da quel momento in poi avrebbe giocato solo per sé stesso, per i soldi e per la sua famiglia, esprimendo al contempo il desiderio di tornare a giocare davanti ai tifosi russi. Medvedev disse proprio «Se capiterà un torneo a Mosca durante gli Slam, giocherò a Mosca». Ovviamente un'ipotesi impraticabile, e anche Medvedev è stato subissato di critiche in patria per il suo mancato apporto alla causa della guerra russo-ucraina, ed è la prima volta che partecipa alla NPT nonostante trattative negli anni precedenti (secondo gli organizzatori).

Nel reparto europeo fa più rumore la presenza di un giocatore come Tallon Griekspoor. Il tennista olandese però già l’anno scorso era stato annunciato (e poi rinunciato per un infortunio) come partecipante e ha un legame particolare con la Russia, dato che nel torneo ci sarà anche la sua fidanzata Anastasia Potapova. Più semplice a livello ideologico la faccenda per quanto riguarda Janko Tipsarevic, ormai politico in carriera nel partito populista serbo SNS, con legami fortissimi tra il premier Vucevic e la Russia di Vladimir Putin. L’anno scorso c’era anche un altro tennista serbo, Dusan Lajovic, e soprattutto due tennisti spagnoli come Roberto Bautista-Agut e Pedro Martinez (?), e le posizioni politiche del primo sono piuttosto note.

L'anno scorso ha partecipato Thanasi Kokkinakis, e in Australia le reazioni erano state negative, con tanto di Tennis Australia che aveva sconsigliato privatamente a Kokkinakis di partecipare alla ricca esibizione russa. Nel 2023 il torneo aveva destato talmente scandalo che Reuters aveva contattato direttamente la WTA per chiedere se ci sarebbero state sanzioni, con la WTA che ha risposto che le tenniste sono da considerare professioniste indipendenti, e quindi non ci sarebbero state sanzioni. Nel 2023 doveva partecipare anche Jasmine Paolini, ma rinunciò convinta da Lesia Tsurenko. In Italia la notizia è passata senza troppo clamore, anche perché Paolini non era ancora la tennista di altissimo profilo di oggi.

L’ATP e la WTA hanno bandito la bandiera russa e bielorussa dai tornei e in generale le due nazionali, ma non hanno preso alcuna misura o reprimenda per questo torneo. La decisione è comprensibile, dato che esce dai circuiti ufficiali sotto l’egida ATP/WTA. Resta però un ulteriore segnale di ipocrisia delle due organizzazioni. Kamelzon infatti è stata tra le organizzatrici dell’ATP 250 giocato a Tel Aviv nel 2022 e vinto da Novak Djokovic, nel 2024 invece l’ATP aveva coinvolto Alexey Selivanenko, vice presidente della federazione russa di tennis, nell’organizzazione dell’ATP 250 di Gijòn, che sarebbe dovuto tornare in Spagna.

Il legame tra i due tornei sembra casuale, ma dietro c’è un’altra questione geopolitica: la guerra tra Israele e Palestina. Lo sponsor principale del torneo di Gijòn era infatti l’israeliana Watergen, che aveva coinvolto i russi nell’organizzazione di Tel Aviv nel 2022 e pianificava di farlo anche nel caso di Gijòn, ma il torneo è saltato per motivi non prettamente sportivi, ovvero il riconoscimento ufficiale da parte della Spagna della Palestina, e senza che l’ATP opponesse resistenza.

Proprio per questo la pratica di alcuni tennisti di cambiare nazionalità e mantenere così bandiera nel circuito, pur essendo palesemente russi, rende un po’ ipocrita la gestione della vicenda da parte delle principali company tennistiche, che si rifiuta di fare lo stesso per altre nazioni coinvolte in conflitti bellici a forte asimmetria distruttiva. Allo stesso modo tennisti come Bublik e Rybakina hanno cambiato nazionalità molto prima dell’invasione russa, per la convenienza economica data dal supporto di una federazione ricca come quella kazaka. Non è un vero e proprio political statement partecipare ad un torneo di tennis (anche se nel caso di Tipsarevic non può non esserlo), e forse noi come pubblico osservante a volte ci facciamo coinvolgere molto più da certe sovrastrutture rispetto ai tennisti stessi, che hanno detto e dimostrato più volte di seguire una sola via, legittima, quella del guadagno. E poi, è davvero così diverso a livello morale prendere soldi da questo tipo di eventi rispetto al Six Kings Slam di matrice araba?

Resta importante la consapevolezza che partecipare a eventi di questo tipo non è neutro, ma una presa di posizione.

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