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Come si attacca con i terzini in Serie A
30 nov 2017
Quello dell'esterno basso è un ruolo sempre più prezioso in fase offensiva, la Serie A lo sfrutta in tanti modi diversi.
(articolo)
12 min
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La modernità di Facchetti colse impreparato Gianni Brera, che quando lo vide col numero “3” sulle spalle lo definì «un Ribot stolidamente umiliato a ronzino», un meraviglioso atleta stretto tra le stanghe plebee del ruolo di terzino marcatore. Facchetti aveva giocato da centravanti fino ai diciott’anni, quando già sfiorava il metro e ottantotto, e correva i cento metri in undici secondi netti. Helenio Herrera pensò di sfruttarne la prodigiosa accelerazione arretrandone il raggio d’azione: un’intuizione che contribuì a creare la figura leggendaria del “terzino fluidificante” (termine tanto sgradevole quanto fortunato, sopravvissuto persino a Football Manager).

Fedele allo spirito del tempo, Brera condivideva una visione statica dei ruoli, una logica da catena di montaggio per cui gli attaccanti dovevano attaccare, e i difensori dovevano difendere. In questo scenario tattico, l’efficacia di un terzino si misurava unicamente dalla capacità di limitare l’impatto dell’ala avversaria. Cinquant’anni dopo, in un calcio sempre più fluido, le funzioni hanno definitivamente preso il sopravvento sulle posizioni, e i terzini sono sempre più centrali nell’economia delle rispettive squadre: Sarri faceva muovere la catena sinistra al ritmo di Ghoulam, Di Francesco ha consegnato le chiavi della Roma in mano a Kolarov, Allegri ha sfoderato la Juventus più brillante in corrispondenza del picco di forma di Alex Sandro e Dani Alves.

I terzini agiscono in una zona di campo determinante per gli equilibri della partita, la più lontana in linea d’aria dalla porta avversaria, di conseguenza quella in cui è concesso il più ampio spazio di manovra. In Italia come all’estero, sono poche le squadre che applicano con continuità il pressing alto, e ancor di meno quelle che provano a sostenerlo per tutta l’ampiezza del campo, privilegiando per ovvi motivi la copertura del centro e la compattezza nella propria metà campo. Inevitabilmente, i terzini hanno ereditato parte di quelle funzioni prima delegate ad altre posizioni, specialmente in fase di costruzione e rifinitura.

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L’evoluzione del gioco ha completamente capovolto la prospettiva di Brera: i giocatori in grado di coniugare corsa, letture difensive, qualità tecnica e visione di gioco sono pochi e sempre più necessari. Rinunciare a schierarli nella posizione di terzino sarebbe nella stessa misura percepito come un umiliante sacrificio. La scarsità dell’offerta ha costretto la domanda ad adeguarsi, ad accettare la specializzazione, a riciclare giocatori con caratteristiche spiccate, purché funzionali al progetto tattico.

Nel nostro campionato, che continua a proporre esempi di diversità tattica, il ruolo del terzino presenta il più vasto campionario di eterogeneità. Dal metro e novantuno di Masina al metro e sessantotto di Mário Rui; dalla reattività elastica di Nagatomo alla potenza dirompente di Lukaku; dalle accelerazioni gravitazionali di Laxalt al passo di milonga di Ansaldi; dalla versatilità tecnica di Cacciatore all’efficacia monodimensionale di Biraghi.

L’utilizzo specifico che gli allenatori ne fanno in fase di possesso varia da squadra a squadra, ma come vedremo anche da giocatore a giocatore, in base al contesto della partita, ed è interessante capire come le qualità del singolo possano conciliare, ed eventualmente valorizzare, i princìpi che muovono il collettivo.

Il Chievo coinvolge i terzini a ogni altezza del campo con un’interessante varietà di movimenti. La sovrapposizione interna di Cacciatore passa alle spalle del difensore del Verona, impreparato a contenerlo.

Quali sono gli esterni bassi più coinvolti nella circolazione della palla

Per stabilire quali squadre assegnano maggiori responsabilità ai terzini in fase di sviluppo della manovra, ho misurato in percentuale il rapporto tra i passaggi che passano per i loro piedi e il totale dei passaggi tentati. Per tutto l’articolo ho considerato terzini anche gli esterni di una difesa a tre, oppure a cinque, questione di punti di vista.

Le squadre che utilizzano stabilmente una difesa a quattro occupano i primi posti con percentuali tra il 22% e il 20% (Roma, Chievo, Verona, Juventus, Udinese), mentre le squadre che utilizzano una difesa a tre occupano gli ultimi posti con percentuali tra il 16% e il 15% (Inter, Sassuolo, Genoa, Spal, Lazio - l’Inter rappresenta l’unica eccezione alla regola, ma ci torneremo successivamente).

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Questi dati ci permettono di introdurre la prima, sostanziale differenza nel contributo degli esterni bassi alla fase offensiva: quelli schierati in una difesa a 4 sono mediamente coinvolti in un numero maggiore di passaggi rispetto a quelli schierati in una difesa a 3. Come è facile immaginare, il giocatore di fascia è un riferimento immediato nei moduli con due difensori centrali, che trovano nel passaggio laterale la prima opportunità per aggirare il pressing avversario. Al contrario, giocare con tre difensori centrali consente di coprire il campo in ampiezza, creare da subito superiorità numerica, e coinvolgere i giocatori di fascia soltanto successivamente, quindi con frequenza minore.

La Roma è la squadra che maggiormente coinvolge i terzini nelle prime fasi di gioco, come sottolinea anche il calo nei passaggi p90 di De Rossi, che registra il dato più basso dal 2010 (61). La manovra si orienta immediatamente sulla fascia per risalire il campo attraverso i meccanismi consolidati delle catene laterali, con i movimenti opposti di mezzala e ala per muovere le difese avversarie, e i terzini che agiscono di fatto da registi.

Il 4-3-3 di Di Francesco coinvolge continuamente i terzini nel possesso. Qui Strootman esegue il tipico movimento della mezzala che si allarga per liberare numerose linee di passaggio. Kolarov opterà per il lancio lungo sulla fascia opposta.

In maniera simile, anche il Chievo costringe le difese avversarie a continui scivolamenti laterali per difendere le combinazioni fra terzino, mezzala e trequartista. L’intesa fra Cacciatore e Castro è così preziosa che, in assenza di un mancino naturale come Gobbi, Maran ha preferito adattare a sinistra Tomovic piuttosto che rompere la catena di destra. Cacciatore è uno dei pochi terzini del campionato perfettamente a suo agio con entrambi i piedi, e questo gli permette di alternare lo spartito di gioco, ad esempio facendo ampio uso delle sovrapposizioni interne alle spalle dei difensori, quindi più difficili da controllare (quel movimento che in inglese si definisce under-lapping).

L’Inter, al contrario, rappresenta una singolare eccezione tra le squadre che utilizzano una linea di difesa a 4. Spalletti sembra aver risolto l’annosa lacuna di qualità nel reparto terzini coinvolgendoli il meno possibile nella manovra, a differenza di quanto avveniva nella passata stagione (questa è una delle principali differenze tra Spalletti e Pioli nell’interpretazione dello stesso modulo, il 4-2-3-1). La presenza di tre registi disposti ad altezze diverse, come Skriniar, Vecino e Borja Valero, ha creato un blocco centrale di grande affidabilità, che assicura un’uscita pulita del pallone e di conseguenza una maggiore sensazione di controllo sulla partita rispetto al passato, anche sul piano nervoso.

Anche la Sampdoria, tra le squadre che giocano con la difesa a quattro, si affida molto ai difensori centrali per la prima impostazione, specialmente alla conduzione palla al piede che trascina in avanti il baricentro della squadra quando il pressing avversario lo consente. In questa prima fase, i terzini si mantengono sostanzialmente in linea con la difesa per non compromettere la compattezza in caso di palla persa, un difetto comune alle squadre che abbassano il mediano e alzano molto i terzini nel tentativo di replicare la salida lavolpiana (il caso studio “Roma di Luis Enrique” ha fatto scuola in questo senso).

In un momento successivo, i terzini diventano però fondamentali per sostenere in ampiezza il rombo di centrocampo, a differenza di quanto accade nell’Inter che può invece contare sulle ali. Partendo da lontano, i terzini della Samp trovano spesso occasione di proporsi in corsa per il cross, e a seconda del registro della partita sono utilizzati in maniera più o meno aggressiva anche nelle fasi di pressing e riaggressione. Consapevole del grande sacrificio richiesto in entrambe le fasi ai suoi terzini, Giampaolo ha fin qui amministrato con sapienza le rotazioni, alternando le opzioni di maggiore tecnica (Strinic e Sala) con quelle di maggiore corsa (Bereszynski e Murru) in base al piano gara imposto dagli avversari.

Attraverso il rombo, la Samp consolida il possesso nella metà campo avversaria. A quel punto Strinic trova tanto spazio per proporsi, mentre Sala si stringe per mantenere equilibrio.

Gli specialisti, in pillole

  • Corse interne con la palla, corse esterne senza palla, controlli in corsa, cambi di passo, finte a rientrare, cross precisissimi, gol decisivi. Anche se solo per 11 partite, Ghoulam è stato il miglior interprete possibile del ruolo, guidando la categoria per passaggi, precisione passaggi, passaggi-chiave e precisione nei dribbling. Potevamo intuirlo quando si presentò al pubblico italiano battendo sul tempo Maicon.

  • Oltre a Ghoulam, primatista assoluto, i terzini più coinvolti nella manovra, tenendo conto dei passaggi realizzati, sono Hysaj, l’onnipresente Kolarov, Florenzi, Bruno Gaspar, Spinazzola, ben tre terzini della Juventus (Alex Sandro, Lichtsteiner e Asamoah), e due terzini della Samp (Strinic e Sala).

  • Tra un problema muscolare e l’altro, Ansaldi tenta 3.5 dribbling a partita con una percentuale di riuscita del 75%. Ne tenta di più in rapporto ai minuti giocati (5.1) il solo Lukaku, che subentra spesso dalla panchina proprio per vincere i duelli individuali e spaccare la partita, ma ne esce vincitore soltanto nel 44% dei casi. Anche in materia di inserimenti e assist per i compagni, Ansaldi ha dimostrato di poter ancora dire la sua, con la consueta eleganza.

  • Gianluca Di Chiara, reduce da un’ottima stagione in Serie B con il Perugia, si posiziona nono nella classifica dei passaggi chiave p90 (1.5): un paio di settimane fa risultava sorprendentemente terzo. Davanti a lui agisce solitamente Lazaar, che risulta invece quinto per dribbling: ne tenta 3,2 a partita con il 53% di riuscita. Affidandosi alla catena sinistra, il Benevento potrebbe trovare qualche lume di speranza sotto la polvere delle 14 sconfitte.

  • Fedele al suo passato da attaccante, Borini risulta il giocatore con più tiri tentati (2.1 p90) nei minuti in cui ha giocato da esterno a tutta fascia. Il secondo è Kolarov, che non rinuncia alle sassate dalla distanza, anche quando non strettamente necessarie.

  • Il terzo in questa classifica dei tiri tentati è Florenzi, il quarto è Faragò del Cagliari, che l’anno scorso giocava ala destra nel Novara, ma ha già segnato due gol e si è preso la fascia che doveva essere di Van Der Wiel. In estate ha detto che è stato difficile riadattare la posizione, ma tutto sommato divertente: «ormai i compagni mi chiamano con i nomi di tutti i terzini famosi, oggi ho sentito che mi urlavano Maicon».

  • Faragò è molto utile anche per via dell’altezza (187 cm). È il secondo terzino del campionato per duelli aerei vinti p90, subito prima di Masina (191 cm) e subito dopo di De Silvestri (186 cm). Dopo aver spostato con il fisico Souprayen, ha segnato il secondo gol in questo campionato. La stessa quota è stata raggiunta da Kolarov, Marusic e Ghoulam, ma il più efficace in rapporto ai minuti giocati è ancora Faragò.

Quali sono gli esterni bassi che creano più occasioni

Con lo stesso metodo utilizzato in precedenza, stavolta applicato al dato dei passaggi chiave, è possibile farsi un’idea di quanto i terzini influiscano sulla più stretta produzione offensiva. Il risultato, in termini percentuali, corrisponde quindi alla fetta dei passaggi chiave prodotti dai terzini rispetto alla torta dei passaggi chiave prodotti fin qui dalla squadra.

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Al primo posto in questa classifica c’è ancora la Roma, un dato che - oltre a confermare la centralità dei terzini nel 4-3-3 di Di Francesco - è un altro attestato dell’incredibile impatto di Kolarov sul campionato (è secondo tra gli esterni bassi per passaggi chiave p90, 2.5, alle spalle di Ghoulam). Sorprendentemente, al secondo posto c’è la Lazio, che risultava ultima nella classifica precedente. Inzaghi utilizza poco gli esterni nella circolazione della palla, potendo contare su un foltissimo blocco centrale, ma li coinvolge con grande efficacia al momento di servire gli attaccanti, facendo ampio uso dei cross.

Al terzo e al quarto posto figurano Cagliari e Chievo, per merito del contributo di Faragò e Cacciatore (rispettivamente 4° e 6° per passaggi chiave). Al sesto posto troviamo la Fiorentina: nella squadra di Pioli spicca invece Biraghi, che sfiora gli 8 cross p90 ed è nettamente il terzino che ne tenta di più, pur mantenendo una rispettabile precisione intorno al 25% (con il 38.5%, il più preciso in assoluto è Spinazzola, poi ancora Faragò e Cacciatore).

L’idea di Pioli è quella di attaccare il campo con il numero minimo indispensabile di passaggi, per questo accetta le notevoli disattenzioni difensive mostrate da Biraghi in cambio della sua capacità di servire, anche da molto lontano, le folate di Gio Simeone verso la porta avversaria.

Un esempio dell’intesa tra Biraghi e Simeone, che va consolidandosi partita dopo partita.

Capovolgendo la classifica, risalta all’ultimo posto il misero 9% dell’Inter, che anche sotto la lente delle statistiche conferma di non chiedere nulla più a D’Ambrosio e Nagatomo che qualche passaggio in appoggio, qualche sovrapposizione, qualche inserimento - anche se spesso inutili e non premiati vista la voracità di Perisic e, soprattutto, Candreva. Per rendere l’idea, se Roma e Lazio arrivano al tiro una volta ogni quattro attraverso il passaggio di un terzino, nell’Inter lo stesso rapporto è di uno a undici.

Penultima è l’Atalanta, che agli esterni richiede principalmente compiti di raccordo per risalire il campo, e arriva al tiro attraverso le invenzioni dei trequartisti; terzultima è l’Udinese, che come l’Inter si appoggia molto sulle ali, di solito Jankto e De Paul, e chissà se gli equilibri cambieranno nel momento in cui sarà visibile l’impronta di Oddo.

Come risulta evidente, concentrarsi sulla quantità di occasioni create permette di superare le differenze tra i moduli di base, facendo emergere l’identità di ciascuna squadra, i suoi canali preferenziali, i suoi punti di forza. Ovvero, di distinguere con precisione le squadre che fanno ampio uso degli esterni bassi in tutte le fasi di gioco (come Roma e Chievo), da quelle che li coinvolgono unicamente nell’ultimo terzo di campo (come Lazio e Sassuolo), da quelle che li coinvolgono il meno possibile (come l’Inter).

Nel laboratorio tattico del nostro campionato, il ruolo del terzino è in continuo aggiornamento, seguendo in linea di successione diretta quell’evoluzione che nasce dall’arretramento di Giacinto Facchetti.

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