Questo articolo è stato realizzato in collaborazione con NOW TV.
Espugnando l’Olimpico con un netto 3-0, il Napoli ha in parte vendicato il brutto scherzo che la Lazio gli aveva tirato all’andata. In quella partita la squadra di Inzaghi aveva dettato un contesto di gara sgradito al Napoli, provocando il grippaggio del gioco offensivo di Sarri che da poco aveva perso Milik e stava iniziando a provare Mertens al suo posto al centro dell’attacco.
È un dato di fatto che la squadra di Sarri abbia delle sofferenze quando deve scardinare un blocco basso a protezione della zona centrale del campo: in questa stagione il Napoli ha lasciato 16 punti per strada quando ha affrontato squadre sistemate in campo con la difesa a 3: la metà di quelli persi contro squadre schierate con una prima linea da quattro uomini.
Inzaghi ha tentato di continuare con la stessa strategia dell’andata, schierando la sua squadra con i 3 centrali (come anche nei derby di Coppa Italia contro la Roma, ma che in campionato non proponeva dal 15 gennaio contro l’Atalanta): Bastos, Wallace e Radu, con Basta e Lukaku sulle fasce. Proprio Basta aveva destato un’ottima impressione nella partita di novembre da centrale di destra, con la licenza di uscire aggressivamente dalla linea per andare a prendere l’uomo che sul lato creativo del Napoli (risaputamente il sinistro) andava a piazzarsi nello spazio di mezzo.
La cerniera di centrocampo ieri era composta da Parolo, Murgia e Milinkovic-Savic; davanti a loro Felipe Anderson, uno degli uomini più in forma dei biancocelesti, dietro Immobile unica punta.
Le scelte di formazione di Sarri, soprattutto se confrontate con quelle della gara d’andata, potevano inizialmente sembrare improntate ad una maggiore prudenza. In realtà, però, il tecnico toscano ha semplicemente scelto gli uomini più in forma in rosa: Allan ha scalzato Zielinski nelle ultime uscite e la stessa cosa si può dire di Strinic, preferito a Ghoulam.
Solo nella scelta di Jorginho su Diawara si poteva ipotizzare il tipo di partita che Sarri avrebbe voluto giocare. Sarri ha rinunciato alle maggiori capacità di copertura di Diawara, superiore a Jorginho per tackle e intercetti, per avere maggiore qualità nel palleggio, non solo davanti alla difesa. Parliamo di un giocatore molto più presente in zona palla che ieri è uscito dall’Olimpico con 161 passaggi giocati e una precisione del 93,8%.
Accompagnare il fraseggio su entrambe le fasce e per tutta la lunghezza del campo, per creare i presupposti per la superiorità numerica: questo è un lavoro che Jorginho al momento fa ancora meglio di Diawara.
L’importanza del contesto
Come accennato, la Lazio ha provato a dettare un contesto di gioco disagevole per il Napoli come nella partita di andata: in fase difensiva i biancocelesti lasciavano gli avversari liberi di palleggiare, tenendo la linea di difesa a 5 molto bassa ai limiti dell’area di rigore, e una cerniera formata dai centrocampisti molto vicina a protezione della zona centrale.
Felipe Anderson e Immobile orientavano la pressione sul portatore di palla, il primo con l’intenzione di ostacolare una linea di passaggio verso Jorginho, il secondo con l’idea di non liberare alcun canale per vie centrali. In questa fase Parolo, Murgia e Milinkovic-Savic non avevano reali compiti di marcatura sugli avversari, il loro compito era quello di occupare la zona centrale, restando vicini tra loro oltre che ai difensori.
Quando il Napoli ha impostato l’azione nella propria trequarti, la Lazio ha provato anche a pressarlo in alto: con Felipe Anderson che restava in marcatura su Jorginho, Parolo e Milinkovic-Savic mettevano pressione su Hamsik e Allan da dietro; mentre i laterali, Lukaku e Basta, uscivano sui terzini partenopei quando questi ricevevano il pallone.
Una tale applicazione difensiva contro un avversario forte tecnicamente ha richiesto ai giocatori della Lazio un impegno enorme, dal punto di vista mentale prima che fisico. La Lazio ha mostrato qualche crepa già prima del gol del Napoli che ha sbloccato la partita, in particolare sulle incursioni di Allan, che è scappato alle spalle di Milinkovic-Savic.
La Lazio fino al doppio cambio ha mantenuto un baricentro estremamente basso e ha accentrato il gioco su Lukaku, cercato dai lanci di Wallace e Strakosha.
A mettere in difficoltà la difesa dei padroni di casa non è stata solo la qualità del Napoli, ma anche la scadente uscita del pallone della stessa Lazio. Nelle intenzioni di Inzaghi, la Lazio avrebbe dovuto ricercare una salita del pallone rapida attraverso il lancio lungo, sfruttando il vantaggio della fisicità di Immobile e Milinkovic-Savic per poi andare a contestare le seconde palle con il resto della squadra. Nella realtà, le rifiniture del quadrilatero centrale formato dai tre centrali di difesa e da Murgia sono state di bassissima qualità: l’ex capitano della Primavera laziale ha passato la palla con 71% di precisione, risultando il peggiore in campo da questo punto di vista; Wallace ha sbagliato tutti i lanci tranne uno indirizzati sulla corsa di Lukaku.
Non è solo colpa dei singoli interpreti ma ancora una volta è colpa anche del contesto: Immobile non ha fatto la differenza nei duelli aerei dal lato di Koulibaly; Milinkovic-Savic era sempre troppo basso quando la Lazio recuperava il possesso del pallone.
Con il possesso palla che veniva presto restituito al Napoli, la Lazio ha accentuato la pressione su se stessa e alla prima distrazione ha concesso una rete. In una situazione di palla contesa a lungo dalla due squadre, Parolo ha dimenticato Hamsik. Lo slovacco, che è il deus ex machina (o il Mr. Wolf, se preferite un riferimento più recente) della sua squadra, riceve palla dal filtrante di Jorginho che taglia fuori tutti i centrocampisti laziali. Dopo una combinazione rapida, anche fortunosa con Mertens, Hamsik crossa sul secondo palo dove Callejon segna praticamente a porta vuota.
Cattivi segnali
Il gol è arrivato al venticinquesimo del primo tempo, ma non ha spostato gli equilibri della partita: la Lazio ha continuato con la sua tattica prettamente difensiva; il Napoli ha palleggiato senza affanni, ricorrendo anche all’aiuto dei piedi educati di Pepe Reina, per consolidare il possesso e per stanare la Lazio dalla propria metà campo. Le occasioni con cui il Napoli si è reso pericoloso, prima e dopo il gol, sono quasi sempre nate da una rifinitura sbagliata della Lazio, che ha permesso all’avversario di riconquistare il pallone non lontano dall’area di rigore.
L’uscita dagli spogliatoi dopo l’intervallo ha mostrato un cambiamento, ma in peggio: la Lazio è sembrata ancora meno aggressiva nelle marcature e nel pressing, meno precisa nelle scalate, generalmente più lunga sul campo. Nei primi tre minuti del secondo tempo, la Lazio ha toccato il pallone 18 volte, compreso il calcio d’inizio; nello stesso lasso il Napoli ha effettuato 86 tocchi.
Ancora sull’1-0 l’azione con la quale il Napoli arriva al tiro dalla distanza con Hamsik (respinto da Strakosha) è un impressionante possesso di 2 minuti, durante i quali gli uomini di Sarri provano a sfondare prima a destra, poi a sinistra, poi di nuovo a destra.
In generale, il Napoli ha giocato la sua partita con piena consapevolezza tattica: ogni singolo meccanismo nel sistema di Sarri ha il suo specifico significato. Per fare due esempi, basti notare come la mezzala sul lato opposto a dove si svolge l’azione non affianca mai la punta, ma si abbassa per coprire le spalle al vertice basso di centrocampo, che si allarga a facilitare il palleggio sulla catena di fascia. Oppure, come il terzino sul lato debole non offra mai un appoggio per il cambio gioco, che il Napoli deve sempre effettuare più lentamente girando palla dietro, ma si allinei con i centrali difensivi per preservare il Napoli dai rischi di un contropiede (meglio di come facessero i centrali del Napoli di Benitez, alti sul campo allo stesso modo di quelli di Sarri).
Inzaghi ha fiutato l’aria di inizio ripresa e ha provato ad organizzarsi per un doppio cambio, ma la situazione in campo è precipitata prima che potesse effettuarlo: dopo aver scaldato due volte le mani a Strakosha, il Napoli ha trovato il raddoppio di Insigne, propiziato ancora una volta da Marek Hamsik.
Il taglio profondo di Marek Hamsik spinge Bastos a stringere la sua posizione al centro, abbandonando la marcatura di Insigne. Basta è troppo lontano dal compagno per scalare sul fantasista napoletano.
Terzo posto
Il doppio cambio di Inzaghi (Hoedt per Wallace, Keita al posto di Murgia) non ha cambiato il mood della partita, che è proseguita sulla stessa falsa riga almeno fino a quando il Napoli non ha abbassato l’intensità della propria azione con e senza la palla.
A quel punto, intorno al ventesimo del secondo tempo, la Lazio ha iniziato a fare gioco: ha trovato le tracce dalla difesa che aveva preparato, con Hoedt più preciso di Wallace; ha liberato un attaccante alla conclusione con maggiore frequenza, grazie alle combinazioni ravvicinate tra Anderson, Keita e Immobile; ha portato molti uomini in area, con Patric (subentrato a Basta) sempre pronto a chiudere da destra l’azione che si sviluppava di preferenza sul lato opposto.
Ovviamente, sbilanciata in avanti, la Lazio ha lasciato altre occasioni al Napoli che nel frattempo ha ritrovato nuova linfa dalla panchina con Rog e Milik, subentrati ad Hamsik e Mertens. Fino a trovare il gol finale di Insigne, che ha fissato il gol sullo 0-3.
Con sette punti di distanza a otto giornate dalla fine, con il vantaggio negli scontri diretti e un calendario più semplice di quello degli avversari, il Napoli può ritenersi al sicuro da una rimonta della Lazio verso il terzo posto. La distanza in classifica tra le due si è vista in campo nel complesso della doppia sfida, oltre che nel resto del campionato.
L’assenza di Biglia si è fatta sentire, così come quella di De Vrij in area e tra le linee, ma non può essere una giustificazione. La Lazio ha scelto di giocare una partita troppo passiva, supportando i propri migliori giocatori in attacco solo quando ormai tutto era perduto: nel primo tempo la Lazio ha prodotto 0,16 Expected Goals; ha creato occasioni per 1 xG solo nell’ultima mezz’ora.
Sarri ha gli stessi punti dello scorso anno dopo 31 giornate, ma senza il suo uomo da 36 gol: un’ulteriore testimonianza della bontà del lavoro del tecnico, che a fine campionato manderà quattro uomini in doppia cifra di gol con tutta probabilità.
Sarri stesso non ha mai puntato il dito verso il suo attacco, neanche nelle settimane immediatamente successive all’infortunio di Milik; invece ha sempre posto l’accento su alcune prestazioni negative della sua difesa. Rispetto allo scorso anno, il Napoli ha subito 6 gol in più. E chissà come sarebbe oggi la classifica senza quei gol in più.
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