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Theo Hernandez è la migliore arma offensiva del Milan
24 gen 2020
L'impatto devastante del terzino francese sulla Serie A.
(articolo)
9 min
(copertina)
Foto di Marco Luzzani / Getty Images
(copertina) Foto di Marco Luzzani / Getty Images
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Nelle esperienze contraddittorie con Alavés, Real Madrid e Real Sociedad, Theo Hernández si era fatto conoscere come un terzino offensivo e incostante nel rendimento. Una convinzione radicata è che in Serie A terzini così votati all’attacco non sopravvivono se non migliorano in fase difensiva, e sembrava che anche Theo avrebbe dovuto lavorare sulla parte difensiva del suo gioco per riuscire a imporsi nel nostro campionato.

A metà stagione Theo è invece uno dei migliori terzini della Serie A contando esclusivamente su quanto produce in attacco. Anzi, contando innanzitutto sui gol segnati: già 5, come Dybala, Higuaín, Quagliarella e Balotelli, senza battere punizioni e rigori e senza essere uno specialista degli inserimenti nell’area avversaria sulle palle inattive. Theo non gioca nemmeno da esterno di centrocampo nella migliore squadra del campionato per produzione offensiva (l’Atalanta) come Gosens, l’unico difensore che ha segnato più di lui (6 gol). Anzi, il suo rendimento è ancora più incredibile se si pensa alle difficoltà offensive del Milan, e basta dire che con 5 gol Theo è il miglior marcatore dei rossoneri.

È vero che non sa difendere?

Affronto subito la critica più frequente che gli viene mossa, cioè che, riducendo la questione in termini semplici, non sappia difendere. Non è proprio così, anche se è vero che diversi gol subiti dal Milan hanno avuto origine da un suo errore. A Bologna, Theo ha segnato un gol ma ha anche inciso in negativo sul risultato (3-2 per il Milan), con un autogol e un calcio di rigore causato per un fallo su Orsolini. Contro il Napoli, non ha seguito il tentativo dei compagni di mandare in fuorigioco Lozano e rimanendo più basso ha tenuto in gioco il messicano, bravo a segnare di testa dopo che il tiro di Insigne aveva colpito la traversa.

Theo è il giocatore che resta indietro e tiene in gioco Lozano.

In altre occasioni le sue attitudini offensive, valorizzate dalla posizione avanzata che gli chiede di tenere Stefano Pioli, hanno sbilanciato il Milan dal suo lato. Ne ha approfittato ad esempio la Lazio, che ha vinto a San Siro (2-1) risalendo velocemente il campo in due occasioni sulla fascia sinistra rossonera dopo aver recuperato la palla. Nel primo caso la Lazio è ripartita manovrando in superiorità numerica nella zona lasciata scoperta dalla salita di Theo. Lazzari ha potuto crossare indisturbato dopo il passaggio di Luis Alberto e Immobile ha segnato di testa anticipando Duarte.

Nei minuti finali, sul risultato di 1-1, una sovrapposizione di Theo è stata fermata da Lazzari nell’area della Lazio e, sul lancio di Bastos, Luis Alberto si è trovato ad avanzare senza opposizione palla al piede nella metà campo milanista. Correa si è smarcato a sinistra di Duarte e, dopo aver ricevuto il passaggio di Luis Alberto, ha segnato il gol decisivo.

Più di recente, un passaggio sbagliato da Theo all’altezza del centrocampo ha innescato una ripartenza dell’Udinese conclusa con il gol di Stryger Larsen. De Paul ha cercato di premiare il taglio di Lasagna verso la fascia sinistra rossonera con un lancio, Donnarumma è uscito con coraggio senza però riuscire ad allontanare la palla e così Stryger Larsen ha segnato con un tiro dalla fascia a porta vuota.

Più che dare risalto ai limiti difensivi di Theo, comunque, queste azioni mostrano le difficoltà che ha ogni tanto il Milan a coprire la salita del suo terzino sinistro, a trovare equilibrio nelle transizioni quando perde la palla da quel lato. Il Milan è spesso vulnerabile nella zona di campo liberata da Theo, e attaccare gli spazi sulla sua fascia sinistra dopo aver recuperato il pallone è una strategia adottata da molte avversarie.

Forse uno dei più grandi limiti difensivi di Theo è la scelta dei tempi di intervento, la sua tendenza a non aspettare quasi mai nella sua zona e a uscire dritto sull’avversario senza pensarci troppo. È chiaro che ha molta fiducia nella sua capacità di dominare fisicamente il duello e sa che se anche viene saltato la sua velocità gli permette di recuperare lo svantaggio. Difendendo in modo così aggressivo, però, rischia sempre di scoprire la sua fascia, anche perché quando affronta l’avversario non si preoccupa molto di indirizzarlo verso il lato che desidera.

Finora la partita in cui è stato saltato più volte (6) è stata quella contro la SPAL, quando si è trovato a gestire l’agilità e la rapidità sui primi passi di Strefezza, a cui comunque non ha permesso di scappargli alle spalle anche dopo essere stato saltato, e poi la fisicità di Petagna, che si allargava sulla sua fascia. Contro il Sassuolo, ha invece ingaggiati diversi duelli spettacolari contro Berardi, che non lo puntava frontalmente ma ricevendo spalle alla porta, utilizzando la sua abilità nel proteggere la palla per portarlo fuori posizione e aggirarlo appoggiandosi ai compagni.

Cercare lo scambio con un compagno vicino è forse la strategia più efficace per manipolare l’aggressività di Theo e avanzare nello spazio creato dalla sua uscita. Ci è riuscito ad esempio Stryger Larsen nella partita tra Milan e Udinese: sul risultato di 2-1, l’esterno danese ha attirato Theo verso di lui, poi lo ha aggirato scambiando la palla con de Paul e si è trovato libero di crossare per Lasagna, che di testa ha segnato il momentaneo 2-2.

Un riferimento indispensabile per il Milan

Insomma, lo stile di Theo tende a squilibrare la squadra e impone a chi gli gioca vicino un’attenzione particolare per coprire le sue uscite. Nel bilancio del Milan, però, gli squilibri che causa Theo sono ampiamente superati da quello che offre in fase offensiva. Semplicemente appoggiandosi a Theo, il Milan sa di avere sempre un’uscita sicura per far avanzare l’azione anche quando non riesce ad aprire spazi con la costruzione bassa. Per i compagni a sinistra, Theo è un riferimento costante in verticale, mentre se l’azione non avanza a destra, con la sua posizione in ampiezza il terzino francese è un riferimento su cui cambiare il gioco. In ogni circostanza l’uscita su Theo è la via più semplice per il Milan per portare la palla nei pressi dell’area.

In ogni partita c’è sempre stato finora almeno un momento in cui le linee avversarie erano disordinate e Theo le ha attraversate palla al piede, con conduzioni inarrestabili che sono forse la giocata che più ha esaltato i tifosi milanisti in questa stagione così povera di soddisfazioni. Theo non è imprendibile solo quando può partire palla al piede con le linee avversarie aperte, ma sa anche crearsi da solo gli spazi in cui avanzare, ricevendo da fermo e con le linee schierate davanti a lui. In queste situazioni, per dribblare l’avversario cerca il contatto fisico, protegge palla con il corpo sapendo che è molto difficile spostarlo e poi riesce a girarsi anche in spazi piccolissimi, lasciandosi l’avversario alle spalle.

Dopo Ola Aina, che nel Torino gioca da esterno del 3-5-2, Theo è il difensore che dribbla di più in Serie A. È anche in assoluto uno dei giocatori che tenta più dribbling, e se le sue iniziative sono fondamentali per creare vantaggi in una squadra che fatica a produrre chiare occasioni come il Milan, è anche vero che per ora tende a raccogliere meno di quanto semina. Il rapporto tra dribbling riusciti e tentati è sotto il 50% (cioè sbaglia più dribbling di quelli che gli riescono), e la frequenza con cui crea occasioni è un po’ bassa per la quantità di volte che arriva negli ultimi metri e può rifinire l’azione. Con una media di 1,1 occasioni create per 90 minuti, Theo è distante da Kolarov (1,8), un riferimento per i terzini creativi in Serie A, ed è dietro anche a terzini o esterni del 3-5-2 meno tecnici di lui e meno in grado di alternare cross e passaggi smarcanti, come Dalbert, Lirola, Ken Sema, Lulic o Lazzari.

Theo sta però facendo la differenza nel modo più importante, segnando, e il merito non è solo del ruolo avanzato che gli ha cucito Pioli. Gli esempi di terzini che vengono alzati fin dalle prime fasi dell’azione sono molti (Pioli ad esempio lo chiedeva a Biraghi alla Fiorentina), quasi nessuno però riesce a segnare con la continuità che sta avendo Theo.

A differenza di altri terzini magari anche più tecnici e più lucidi nelle loro scelte, Theo ha però le intuizioni di un attaccante. Quando parte palla al piede, oppure si sovrappone a un compagno, spesso sceglie il corridoio interno proprio per trovarsi in una posizione favorevole per tirare in porta. Spesso poi all’origine dei suoi gol ci sono giocate che di solito associamo a un attaccante. All’Udinese, per esempio, ha segnato calciando al volo una palla che si stava abbassando poco oltre l’area di rigore dopo un calcio d’angolo, con una prontezza e una tecnica di calcio tipica dei grandi talenti offensivi. A Bologna si è invece inserito in area partendo dal lato opposto rispetto allo sviluppo dell’azione, e ha segnato nell’area piccola sull’assist magnifico di Suso.

L’intuizione meno scontata è però forse quella che lo ha portato a segnare contro il Parma. Sul tiro da fuori di Bonaventura, dopo una bella combinazione che aveva coinvolto Calhanoglu e Krunic, nell’area del Parma non c’è nessun giocatore del Milan. Partendo da sinistra, Theo è l’unico che crede di poter andare a recuperare la palla sulla respinta di Sepe. Si lancia in area e, dopo che il tentativo di spazzata di Darmian sbatte prima sul suo corpo e poi su quello di Bruno Alves, ha effettivamente la possibilità di tirare in porta. A quel punto conclude in modo raffinato, con l’esterno del piede sinistro, spedendo la palla nell’angolo più lontano. Un gol arrivato in modo un po’ fortuito, che però ha premiato la sua scelta coraggiosa di andare in area sulla respinta di Sepe, un’intuizione che hanno di solito gli attaccanti specializzati nella finalizzazione.

In questo momento ci sono pochi dubbi sul fatto che Theo Hernández sia il miglior giocatore del Milan, il più continuo, il più sfacciato e ambizioso, quello che più di tutti alza la pericolosità dell’azione quando tocca la palla. Il fatto che sia un terzino forse amplifica queste percezioni e rende ancora più incredibile il suo impatto, ma è anche un richiamo a non fidarci troppo di convinzioni sempre più messe in discussione dall’evoluzione dei ruoli e ad abbandonare certe rigidità nei giudizi sui calciatori. Saper difendere, preoccuparsi di quello che succede nella sua zona quando non ha la palla, continua a essere fondamentale per un terzino, ma non è più l’unica misura del suo valore, o quella principale.

Sicuramente in Serie A ci sono difensori più bravi di Theo, pochissimi però trasmettono la stessa sensazione di pericolosità quando tocca la palla, e questo finora è bastato per farlo diventare uno dei migliori terzini del campionato.

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