Enrico Preziosi ci ha messo 8 giornate per esonerare il primo allenatore della stagione, Aurelio Andreazzoli, e anche per noi che abbiamo imparato a conoscerlo diventa difficile stabilire se è “troppo presto” o “troppo tardi” per esonerare un tecnico del Genoa nella scala-Preziosi.
C’erano diversi candidati per il suo successore, su uno spettro piuttosto eterogeneo di stranezza. Gattuso avrebbe rifiutato l’offerta dopo una lunga trattativa; Pioli è andato al Milan; Davide Nicola forse non ha convinto o chissà, e Massimo Carrera è rimasto “in stand-by” per diversi giorni, finché forse non se lo sono dimenticato. Davide Ballardini sarebbe tornato al Genoa addirittura per la quarta volta, ma sarebbe stato clamoroso richiamare un tecnico che l’ultima volta era stato mandato via dal presidente con la benedizione: «È una brava persona ma non sa mettere la squadra in campo». A un certo punto si è parlato anche di Guidolin, ma alla fine hanno deciso di non scongelarlo.
Sedersi sulla panchina del Genoa è una scelta difficile e coraggiosa: da una parte il richiamo di un club storico, di una squadra di Serie A di buon livello, di una tifoseria fantastica; dall’altra parte condizioni di lavoro estreme, tortuosissime. Secondo alcuni retroscena Andreazzoli si sarebbe presentato in panchina alla partita col Parma già da esonerato e forse anche da questo sarebbe scaturita la brutta prestazione da cinque gol subiti.
Chiudere una stagione dall’inizio alla fine sulla panchina rossoblù è l’equivalente di arrivare in cima al Cerro Torre per uno scalatore. In pochissimi sono riusciti ad arrampicarsi sull’aguzza cima della Patagonia; solo una persona è arrivata in fondo a una stagione del Genoa di Preziosi, ovvero Gian Piero Gasperini, che a quanto pare il presidente in estate ha cercato di richiamare come si fa con l’ex che ancora consideriamo l’amore definitivo e irripetibile della nostra vita. L’unica persona in grado di renderci migliori.
Alla fine l’incarico è stato affidato a Thiago Motta, la scelta più pazza e interessante fra quelle possibili. Motta ha giocato una sola stagione a Genova con la maglia rossoblù, decisiva per rilanciare una carriera partita in modo promettente al Barcellona ma che stava cominciando ad arenarsi. Dopo una grande annata con Gasperini in panchina, Motta si è trasferito all’Inter, di cui è diventato uno dei pilastri indiscussi nell’anno del triplete.
È stata una scelta coraggiosa perché Thiago Motta non ha ancora allenato una squadra professionista. La sua esperienza finora è limitata all’under-19 del Paris Saint Germain, e la sua fama è arrivata soprattutto grazie a un’intervista a La Gazzetta dello Sport in cui aveva dichiarato di poter giocare a calcio col modulo 2-7-2. Una dichiarazione che ha letteralmente fatto impazzire il giornalismo sportivo italiano e che ha generato titoli come: “Il calcio secondo Thiago Motta: ‘Posso giocare col 2-7-2”; “Thiago Motta e il suo 2-7-2 che potrebbe rivoluzionare il calcio”; “Come giocherebbero le migliori squadre d’Europa col 2-7-2 di Thiago Motta”; “Dal 2-7-2 di Thiago Motta al 5-5-5 di Oronzo Canà, i moduli più pazzi della storia del calcio".
In quei giorni le parole di Thiago Motta erano entrate in quella piega oscura di internet tra il lol e il bizzarro che attira i click delle persone sui feed dei social network, e per questo erano state rilanciate ovunque. E se all'inizio erano state condivise per sbeffeggiare un personaggio che in Italia non è mai stato capito, a un certo si è fatto il giro e quel modulo è diventato uno slogan anti-nostalgico - il presupposto per immaginare un calcio fantascientifico in cui i paradigmi si sono rovesciati. Thiago Motta come Martin Lutero.
Oggi che Thiago Motta si è seduto sulla panchina del Genoa tutti le rilanciano domandandosi insomma come giocherà la squadra con il modulo che rivoluzionerà la storia del calcio. Come se la caveranno Romero e Zapata da soli nella difesa a due? Come faranno a non pestarsi i piedi Schone, Radovanovic, Lerager e gli altri centrocampisti del Genoa nel centrocampo a sette?
C'è solo un problema in tutta questa narrazione beffarda e cioè che Thiago Motta non ha mai detto davvero che giocherà col 2-7-2. Leggendo l’intervista a Gazzetta sembra piuttosto chiaro che la sua non sia altro che una provocazione, fatta per rispondere a chi gli chiedeva se avesse un modulo preferito. «Per me la squadra si può leggere anche partendo dalla fascia destra arrivando alla sinistra: che ne dice se giochiamo con il 2-7-2?».
Nonostante ciò, sembra che quasi nessuno abbia capito che non stava dicendo davvero che il suo modulo ideale era il 2-7-2, compreso l'intervistatore stesso, che subito dopo gli chiede dove avrebbe inserito il portiere. Motta ha risposto che lo considera un centrocampista, ma non perché lo avrebbe effettivamente schierato a centrocampo ma perché dividendo il campo verticalmente il portiere finirebbe nella fascia centrale del campo, se per l'appunto lo leggessimo da sinistra verso destra, invece che dal basso verso l'alto come facciamo di solito.
In altre parole, Thiago Motta ha detto che il 2-7-2 è solo un 4-3-3 letto in orizzontale, e lo ha citato proprio per relativizzare l’importanza dei moduli nella sua visione del calcio. Tanto che poco prima, nella stessa intervista, dice che «Il calcio non è il biliardino: non contano i numeri ma i movimenti». E la cosa paradossale è che tutti hanno decontestualizzato queste dichiarazioni per parlare proprio di moduli - di uno schema immaginario che ha finito per prendere sempre più forma.
Per dire, i titoli di queste ore sono: “Come funziona il 2-7-2 di Thiago Motta?”; “Il Genoa riparte dal 2-7-2”; “Thiago Motta e il 2-7-2 col portiere a centrocampo”; “Il 2-7-2: la pazza idea di Thiago Motta”. “È possibile un modulo 2-7-2?” si chiede Fanpage, mentre il Sun è piuttosto diretto: «Thiago Motta è vicino al lavoro al Genoa, dove vuole schierare il rivoluzionario 2-7-2 con il portiere a centrocampo». Un video sul sito di Gazzetta da una parte dice che il 2-7-2 è tale solo dividendo il campo per strisce verticale e leggendolo in orizzontale, e dall’altra però viene presentato come una cosa realistica, per quanto strana, e lo si mette in campo. “L’insolito modulo teorizzato da Thiago Motta”; «A Genova porterà una novità tattica: il modulo 2-7-2. Sui social network molti utenti lo hanno scherzosamente paragonato al 5-5-5 di Oronzo Canà» scrive Repubblica.
In tutti questi pezzi nessuno prova a mettere davvero 7 centrocampisti incluso il portiere (tranne il Sun, che disegna un campetto col portiere regista: se non è il futuro del calcio è forse il futuro dell’informazione), ma al contempo nessuno dice chiaramente che il 2-7-2 non è davvero un modulo per come lo intendiamo ma una provocazione di Thiago Motta per sminuire l’importanza dei moduli che il giornalismo e l'opinione pubblica italiana continuano invece a dargli.
Dando per scontato che è impossibile che i giornalisti non abbiano davvero capito che non stiamo parlando di un vero modulo (e quasi tutti gli articoli lo confermano), i pezzi vengono comunque tutti confezionati come lo fosse. Facendosi scudo del fatto che tecnicamente non è un’affermazione del tutto falsa dire che Thiago Motta abbia detto di giocare col 2-7-2. L’unico motivo può essere il cinismo del clickbaiting ovviamente. Ma se l’aspirazione a fare click può essere persino rispettata, è significativa di una voglia di semplificare anche a costo di mistificare.
C’è sempre una tensione tra giornalisti e allenatori sulla questione del modulo. Tra i tecnici che vogliono esprimere una visione più complessa e i giornalisti che vogliono ridurla alle semplicità di tre cifre che possano essere immediatamente comprensibili dal pubblico. Da qui tutte le dichiarazioni provocatorie di alcuni allenatori, tra cui quella più citata che i moduli “sono solo numeri di telefono”. Questo non per dire ovviamente che i moduli non esistono, ma che a questi vanno abbinati sempre dei principi che poi sono la parte più determinante nella visione del calcio di un tecnico. Nell’intervista a Gazzetta, Motta aveva espresso diversi concetti interessanti, più significativi delle sue idee. Ad esempio ha sottolineato l’importanza della semplicità e del palleggio, ma anche l’ambizione a giocare un calcio offensivo. La squadra che immagina è «Corta, che controlli il gioco, pressi alto, capace di muoversi sempre insieme con e senza palla, con i giocatori che abbiano sempre il compagno vicino e 3-4 soluzioni per la giocata».
Un video in cui si vede insistere in particolare sulla riaggressione.
Il suo PSG under-19 in Youth League è sembrato una buona espressione di questi principi. La squadra gioca cercando di palleggiare sin dalla difesa, avanzando per il campo attraverso triangoli ravvicinati tra i giocatori. Una squadra che vuole attirare la pressione coinvolgendo anche il portiere per poi giocargli alle spalle. Una squadra ambiziosa che dice molto ma ovviamente non tutto di quello che possiamo aspettarci da Thiago Motta in Serie A, dove dovrà affrontare problemi diversi con una rosa diversa.
Nel frattempo, con la scusa del 2-7-2, Thiago Motta è stato presentato come una specie di stregone pazzo. Quasi ovunque si è sottolineata l’ispirazione a Guardiola, che in effetti Motta ha citato, ma che aiuta nella percezione pubblica a infilarlo nella categoria degli allenatori che vogliono farla difficile, scollegati dal calcio reale. Un modo di presentare le cose che poi condizionerà i giudizi futuri su Motta. E così, se il suo Genoa dovesse fallire sarà più facile dire che non aveva il senso della realtà.