
La parola equivoco è stata una costante della carriera di Thiago Motta, da calciatore come da allenatore. Quando giocava, soprattutto quando veniva convocato in Nazionale, in molti non erano disposti a riconoscerne le qualità, nonostante un palmarès piuttosto eloquente. Troppo cadenzato e cerebrale il suo gioco per poter essere compreso dallo spettatore medio, nonostante fosse ritenuto indispensabile da tutti i grandi tecnici con i quali ha lavorato. Vi ricordate Buffon che impazzisce perché nessuno riusciva ad apprezzarne il talento?
Poi è diventato allenatore, e fu l’ormai celebre intervista del 2-7-2 ad attirargli il sarcasmo di una parte del pubblico: Thiago Motta descritto come l'ultimo esemplare di quei santoni ossessionati da Guardiola che pretendono di rovinare il calcio per come lo abbiamo sempre conosciuto.
Passano gli anni, l’ex centrocampista dell’Inter si ritaglia un posto sulle panchine di Serie A e, nonostante l’aura da sofista che alla stampa piace costruire attorno a un certo tipo di allenatore, Motta raggiunge risultati estremamente tangibili: una salvezza pressoché miracolosa con lo Spezia e due anni eccezionali al Bologna. L’esperienza al Dall’Ara contribuisce a generare l’ennesimo equivoco sul tecnico italobrasiliano.
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